Rosi, Francesco
Regista cinematografico, nato a Napoli il 15 novembre 1922. Facendo propria la lezione di Luchino Visconti, di cui era stato aiuto regista nella realizzazione di un'opera fondamentale del cinema italiano come La terra trema (1948), R. ha sempre saputo evitare la tendenza al bozzetto e la suggestione del dialetto che, negli anni del suo esordio, spingevano il Neorealismo ad acquisire altre connotazioni sino ad arrivare agli esiti del cosiddetto Neorealismo rosa, ma al tempo stesso non si è mai lasciato affascinare da giochi narrativi troppo sofisticati. È prevalsa in lui l'attenzione al contesto e al valore del documento storico che, nel suo cinema (Salvatore Giuliano, 1962; Le mani sulla città, 1963; Il caso Mattei, 1972; Cadaveri eccellenti, 1976), ha assunto valenze drammaturgiche insolite. Il metodo di R. ‒ consistente nel proporre una sorta di documentario ricostruito secondo l'ottica del giornalismo di denuncia senza tuttavia rinunciare a personaggi di forte rilievo narrativo ‒ ha influito sul lavoro di un regista come Oliver Stone, in particolare nella costruzione di JFK (1991; JFK ‒ Un caso ancora aperto), secondo quanto dallo stesso autore statunitense riconosciuto. Numerosi i riconoscimenti ricevuti dal regista. Oltre a due Nastri d'argento per la regia (nel 1963 per Salvatore Giuliano e nel 1981 per Tre fratelli), ha vinto tre David di Donatello per la miglior regia nel 1976 con Cadaveri eccellenti, nel 1979 con Cristo si è fermato a Eboli r nel 1981 con Tre fratelli; due per il miglior film nel 1985 con Carmen (1984) e nel 1997 con La tregua, cui si è aggiunto nel 1988 un David speciale alla carriera. Nel 1958 con La sfida aveva conquistato il Premio speciale della giuria alla Mostra del cinema di Venezia e nel 1963 il Leone d'oro per Le mani sulla città. A livello internazionale aveva ottenuto nel 1962 a Berlino l'Orso d'argento per la regia con Salvatore Giuliano e nel 1972 al Festival di Cannes la Palma d'oro con Il caso Mattei mentre nel 1979 Cristo si è fermato a Eboli era stato premiato al Festival di Mosca.
Cresciuto in una famiglia della buona borghesia partenopea, R. interruppe gli studi di giurisprudenza quando fu richiamato alle armi, ma dopo l'8 settembre 1943 abbandonò l'esercito, conobbe Carlo Ludovico Ragghianti, impegnato nell'organizzazione del Comitato di liberazione nazionale in Toscana, e raggiunse Napoli liberata. Qui scrisse e interpretò testi per l'emittente radiofonica controllata dall'esercito americano; collaborò al settimanale "Sud" e progettò per l'editore Vallecchi un periodico a fumetti per ragazzi. Nel 1946, come altri giovani intellettuali napoletani, si trasferì a Milano e poi a Roma dove lavorò come figurante nel cinema e come attore di rivista. Una sua analisi di I Malavoglia di G. Verga convinse Visconti a inserirlo nella troupe di La terra trema. Nei primi anni Cinquanta fu aiuto regista di Raffaello Matarazzo, Luciano Emmer, Ettore Giannini (per Carosello napoletano, 1954) e di nuovo di Visconti; partecipò inoltre alla sceneggiatura di Bellissima (1951) di Visconti e di Processo alla città (1952) di Luigi Zampa. Direttore di doppiaggio, fu assistente di Goffredo Alessandrini per Camicie rosse ‒ Anita Garibaldi (1952) e poi di Vittorio Gassman in Kean genio e sregolatezza (1957); esordì quindi nel lungometraggio a soggetto nel 1958 con La sfida, resoconto delle fortune e delle disgrazie di un giovane guappo napoletano, nel quale adattò alle esigenze di una cronaca di vita italiana le scansioni e i ritmi del gangster film. Nell'opera successiva, I magliari (1959), R. seppe tenere a bada l'esuberanza di Alberto Sordi proponendo un quadro convincente del fenomeno dell'emigrazione italiana in Germania, Paese rappresentato nel personaggio di Paula Mayer (Belinda Lee). Ma fu con Salvatore Giuliano, bandito ma anche leggenda popolare, che R. sconvolse le convenzioni del film di finzione. L'eroe protagonista, che compare per la prima volta già cadavere nel cortile di casa De Maria e all'obitorio, viene visto da lontano (si scorge un impermeabile bianco e un binocolo), oppure risulta evocato come sgradito ospite al processo di Viterbo. Cuore del film è un'analisi del potere, in particolare il potere mafioso collegato a quello politico, nella Sicilia del secondo dopoguerra; in tal modo una vicenda appartenente al passato viene sospinta verso il presente, diventando momento di dibattito e storia attuale. In Le mani sulla città, mentre viene posto in scena un agitato andirivieni di uomini di potere, con inserti filmati sul degrado metropolitano di Napoli ‒ l'aspetto più evidente del film ‒, R. disegna tre figure di grande risalto psicologico: il costruttore edile Edoardo Nottola (Rod Steiger), il mellifluo Maglione (Guido Alberti) e il grande tessitore De Angeli (Salvo Randone). Questa tipologia di caratteri viene arricchendosi di personaggi di prepotente personalità, intenti a tessere una rete di intrighi in Cadaveri eccellenti. Con Il caso Mattei si passa a un personaggio storico, il presidente dell'ENI Enrico Mattei che, chiamato ad alienare un 'ente inutile', ne fece un'azienda destinata a una società che guardava verso il futuro e capace di aprirsi al Terzo Mondo. Per raccontare le battaglie, le sfide e la drammatica fine di un personaggio scomodo, R., in un'inchiesta che anticipa stilemi poi tipici del reportage televisivo nei suoi esiti più riusciti e maturi, adotta modi espressivi che rimandano alla frantumazione di un'ordinata cronologia già sperimentata in Salvatore Giuliano. La stessa tecnica viene ripresa nella prima parte di Lucky Luciano (1973), mentre la seconda parte del film rispetta l'ordine cronologico e traccia il ritratto, reso intenso dall'interpretazione di un attore come Gian Maria Volonté, capace di aderire perfettamente al ruolo, di un uomo tranquillo dallo sguardo freddo che vive da pensionato, ma che in realtà è un capomafia destinato a essere ammazzato. Cadaveri eccellenti comincia là dove Lucky Luciano finisce: con l'eliminazione del vertice di una comunità mafiosa, delle cui lotte per il potere il film tratteggia un quadro impietoso su uno sfondo barocco.Il cinema di R. appare dominato da personaggi di forte temperamento e aggressività, che sembrano togliere qualunque spazio alla gente semplice e mite, alla quale però il regista rivolge la propria attenzione in particolari occasioni: per es., ripercorrendo il percorso avventuroso e individualista di un ragazzo spagnolo che diventa torero e idolo di un ambiente dove tutto si risolve nello spettacolo (Il momento della verità, 1965), oppure riprendendo gli stilemi della favola (C'era una volta…, 1967), o ridisegnando in chiave realistica un celebre melodramma (Carmen), o ancora prestando ascolto al coro dei vinti in una revisione critica del mito della Grande guerra (Uomini contro, 1970), oppure infine immergendosi, sulla traccia del libro di C. Levi, nella civiltà contadina (Cristo si è fermato a Eboli) oggetto di un'affascinante interpretazione anche in un film come Tre fratelli, analisi di tre generazioni indissolubilmente legate alla terra degli avi.Il tema della responsabilità collettiva torna in Cronaca di una morte annunciata (1987) dal romanzo di G. García Márquez, traspare in Dimenticare Palermo (1990) e, infine, si impone nettamente nell'invito a non dimenticare che percorre La tregua, film ispirato al libro di P. Levi per il quale R. trova un'articolazione narrativa di estremo rigore sintattico. Affidandosi al doppio registro del ricordo e della riflessione sulla tragica esperienza dei lager nazisti, R. infatti salda insieme elementi appartenenti a codici diversi: la nota scherzosa e la commozione, la dilatazione di carattere epico (l'arrivo al lager dei quattro soldati russi, quasi cavalieri dell'Apocalisse che infrangono la cortina di nebbia) e la registrazione degli stati d'animo che precedono e accompagnano il ritorno a casa dei sopravvissuti, segnati per sempre dalla consapevolezza dello sterminio.
Salvatore Giuliano, a cura di T. Kezich, Roma 1961.
G. Ferrara, Francesco Rosi, Roma 1965.
S. Zambetti, Francesco Rosi, Firenze 1974.
J. A. Gili, Francesco Rosi: cinéma et pouvoir, Paris 1977.
F. Bolzoni, I film di Francesco Rosi, Roma 1986.
M. Ciment, Le dossier Rosi: cinéma et politique, Paris 1987².