SAVANNI (Savani), Francesco
SAVANNI (Savani), Francesco. – Nacque a Brescia probabilmente nel 1723. Stando all’atto di morte, del 1772, aveva allora 63 anni (Archivio di Stato di Brescia, Fondo Ospedale, Obituarii, 1, 1767-1785, c. 41, in Boselli, 1966, p. 84). Tuttavia, più fonti smentiscono l’età lì dichiarata: lo scultore Giovan Battista Carboni scrive che «morì con poca fortuna di denaro in ettà di anni 49 li 4 di maggio l’anno 1772» (G.B. Carboni, Notizie istoriche..., 1776-1779, a cura di C. Boselli, 1962, p. 17); e tale notizia è confermata da un altro documento che lo indica residente in «[contrada] Pozzo dell’Olmo» nel 1770, all’età di 45 anni (Brescia, Archivio parrocchiale S. Faustino, Stati delle Anime 1769 sino 1770, in C. Sabatti, Documenti e regesti artistici, 1998, p. 272).
Francesco era figlio primogenito di Natale, «agente principale di casa Archetti» (G.B. Carboni, Notizie istoriche..., cit., p. 16), ricca famiglia di imprenditori che aveva acquisito il titolo marchionale di Formigara nel 1743; non si conosce il nome della madre, morta precocemente, se il marito risulta «vedovo» già nel 1739 e risposato con certa Caterina nel 1740; dal primo matrimonio nacquero anche Anna Maria, Rosa e Teresa; nel 1745 Savanni era residente in una casa degli Archetti con la moglie Maddalena Zamboni e la figlia Costanza (Brescia, Archivio parrocchiale S. Agata, Stati delle Anime, 1746, cc. 102 e 109, in C. Sabatti, Documenti e regesti artistici, cit., p. 269), forse morta in tenera età, poiché non compare nel testamento paterno (Archivio Stato di Brescia, Notarile Brescia, Notaio Fada Lorenzo, filza 12494: Testamenti, cc. 149v-150v, in C. Sabatti, Documenti e regesti artistici, cit., 1998, pp. 299 s.). Per quanto non benestante, dal testamento non si evince alcuna condizione di estrema miseria; è però interessante che vengano chiamati come garanti delle volontà il conte Faustino Lechi e Domenico Mazza, noti benefattori di artisti bresciani. Inoltre, Savanni fa cenno a degli «scolari», lasciando intendere l’esistenza di una bottega ancora attiva.
Diversi indizi suggeriscono una formazione del giovane Francesco in ambito filippino. Cacciato dal padre, che lo avrebbe voluto contabile e non artista, divenne scolaro di Angelo Paglia, che aveva la bottega adiacente all’oratorio filippino della Pace; gli fu quindi facile passare nella bottega del bolognese Francesco Monti, mentre questi dipingeva le volte della chiesa della Pace con il quadraturista Giovanni Zanardi (1738-41). Qui Savanni si diede allo studio del disegno – il corpus grafico dei due artisti è stato spesso confuso dagli studi – ma apprese soprattutto la libertà di stesura e certe sprezzature formali nello scorcio e nella prospettiva delle figure, elementi già evidenti nella prime opere note, il S. Vincenzo Ferreri ed altri santi nella parrocchiale di Concesio (1746-54) e le due Allegorie dell’Autunno e della Primavera, firmate e datate 1754, in collezione privata bresciana.
Il giovane artista fu indubbiamente attratto dal barocchetto corposo ed espressivo di Giovan Battista Pittoni, attivo nella stessa chiesa della Pace; tuttavia, sin dai primi anni Cinquanta, subì il fascino del veronese Giambettino Cignaroli e, poco dopo, del più anziano Antonio Balestra; non solo in certi volti più regolari e delineati, ma anche nell’impianto più solido e nella partizione più decisa delle ombre, preludio al successivo interesse per Pompeo Batoni. Nacquero così la Madonna del Rosario della parrocchiale di Manerbio, del 1751; la S. Liberata della parrocchiale di Bocchere, firmata e datata 1752 (L’Occaso, 2013, p. 67); il S. Francesco di Sales consegna la regola a s. Francesca da Chantal del 1752 circa, firmato ma non datato, ora nella villa palladiana di Parona, ma proveniente da S. Maria della Visitazione di Darfo, dove si fa più forte il riferimento a Balestra.
Sin dai primi anni Cinquanta Savanni riscosse successo presso l’élite culturale bresciana; già nel 1752 realizzò, a fianco di Pietro Scalvini, il disegno per una delle incisioni a corredo dei Componimenti presentati al serenissimo principe Francesco Loredano; tra gli autori delle rime figurano due nobili strettamente legati ai filippini, Giulio Baitelli e Giorgio Barbisoni, amici e compagni di letture di Gian Maria Mazzucchelli; furono forse i due gentiluomini a fare da tramite per la prima prestigiosa commissione nella villa di quest’ultimo, dove lavorarono sia Savanni sia Scalvini.
Si susseguirono alcune opere in cui Francesco mise in campo quanto appreso fino a quel momento, da Monti e da Pittoni, dipingendo tele dal grande valore pittorico e cromatico, anche se talvolta un po’ faticose nella composizione, come la bella Elemosina di s. Guglielmo per la chiesa di S. Giuseppe a Brescia, firmata e datata 1753. Più debitrici agli schemi pittoniani sono la Madonna col Bambino e i ss. Domenico, Faustino e Giovita della parrocchiale di Cazzago S. Martino, del 1754 circa, firmata; i Ss. Francesco e Carlo Borromeo adorano il Santissimo Sacramento della parrocchiale di Offlaga (1753-55), dipinti per il filippino Giulio Barbisoni e di cui rimangono alcuni disegni già attribuiti a Monti (Loda, 1997, pp. 25-27); una Via Crucis nella parrocchiale di Torbiato (1755 circa); le due tele nel santuario della Formigola di Offlaga, S. Faustino e S. Apollonio vescovo, con un’apertura paesaggistica di grande interesse.
Per la villa del conte Mazzucchelli a Ciliverghe, Savanni affrescò la volta con I Galli Cenomani si alleano con Annibale, firmato e datato 1755; lo sforzo di dare forma a una dotta dissertazione e ai suoi protagonisti è forse all’origine dei pareri discordi circa questa impresa oggettivamente un po’ discontinua, in cui Savanni riuscì a creare comunque una composizione ariosa, non senza accenti ironici nei ritratti degli affaccendati studiosi occhialuti; soprattutto, fu l’inizio del confronto con l’arte dei Carloni, verso cui sarebbe stato sempre sensibilissimo. Per la parrocchiale di Ciliverghe dipinse anche la Deposizione di Cristo dalla Croce e la Madonna tra i ss. Vincenzo Ferrer e Francesco di Paola.
I numerosi cicli ad affresco perduti – molti di questi a fianco di Zanardi – e documentati dalle fonti furono comunque successivi al lavoro per Mazzucchelli. Sebbene non siano riferibili a Savanni gli affreschi della cappella di villa Lechi a Montirone, fu forse grazie a Faustino Lechi che il giovane pittore riuscì a entrare in contatto con Carlo Innocenzo Carloni, ingaggiato dal conte nel 1745-46 e tornato più volte in città. È assai probabile che il giovane Savanni fosse assunto tra le maestranze locali in qualcuno dei cantieri carloniani, ma quanto basta perché potesse apprendere e trovare modelli alternativi a quelli di Monti, e non tanto da riconoscervi distintamente la mano, come pure si è tentato di fare.
A conferma del favore goduto presso la nobiltà e i circoli culturali bresciani, Savanni fu coinvolto in altre due imprese editoriali, le Notizie di s. Costanzo eremita bresciano (1756) e, soprattutto, le Rime e lettere di Veronica Gambara (1759), in cui copiò semplificandolo un presunto ritratto della poetessa, forse la sua prima prova nel genere. Dei numerosi ritratti attestati dalle fonti, dovevano rivestire un certo interesse quelli di alcune dame illustri per il loro intelletto – Diamante Medaglia Faini, Giulia Baitelli, Camilla Solar d’Asti Fenaroli – ricordati in collezione Brognoli (P. Guerrini, La galleria d’arte..., 1986, p. 159); sopravvivono un bel Ritratto del conte Francesco Alciati nel Museo Lechi di Montichiari, di fine anni Sessanta (Anelli, 1992, pp. 52 s.), e un Ritratto di dama di casa Lana (1763) in collezione privata bresciana (Anelli, 1987, p. 135). Forse fu proprio Faustino Lechi ad affidare a Savanni e Antonio Dusi il compito di stilare l’elenco dei dipinti del padre Pietro, nella divisione ereditaria con il fratello Galliano (21 settembre 1768); lo stesso pittore aveva già periziato i dipinti della chiesa di S. Orsola, nel 1758.
Gli affreschi di poco successivi denunciano ancora un grande attaccamento ai modelli pittoniani, come la Cacciata dei mercanti dal Tempio della parrocchiale di Dello o il dilavato Battesimo di Cristo in S. Lorenzo a Brescia, entrambi del 1756 circa. Alla fine del decennio Savanni lavorò anche in palazzo Martinengo da Barco a Brescia (ora sede della Pinacoteca Tosio Martinengo).
Quanto risulta difficoltosa la resa prospettica della Gloria di casa Martinengo sullo scalone, troppo stretto e lungo, tanto sono sciolti e delicati i soffitti in due salette minori; una certa freschezza traspare anche dai coevi affreschi decorativi della volta di S. Faustino in Riposo, con quadrature di Antonio Mazza, riemersi dopo il recente restauro. Le incertezze di questi anni sono ampiamente superate nelle magnifiche Storie della Vergine per la chiesa del Patrocinio a Brescia, dipinte a monocromo sul principiare degli anni Sessanta, con quadrature di Saverio Gandini, su commissione di Domenico Mazza.
Il primo capolavoro di Savanni – vera e propria sintesi dei primi anni – è la Madonna del patrocinio davanti alla Trinità (Bianchi, 1991, p. 216), perfetta fusione tra solidità balestriana e cromatismo pittoniano; dipinta per la parrocchiale di Coccaglio nel 1757-58, fu lodata dallo stesso Tiepolo, che la vide in una sosta durante il suo viaggio verso la Spagna.
Dalla fine degli anni Cinquanta, Savanni avviò un confronto con le due tele di Batoni presenti nella chiesa della Pace dal 1737 e dal 1746 (Frisoni, 1997), come coerente sviluppo dei precoci interessi verso il classicismo veronese; non si limitò, però, alle pur evidenti citazioni letterali – la Vergine in trono e s. Filippo Neri in S. Maria Elisabetta (1765 circa) – ma abbandonò il panneggio pungente di Paglia e il tratto compendiario di Monti. Echi batoniani riemergono regolarmente nel corso degli anni, ma Savanni restò sempre un pittore sostanzialmente lontano dal classicismo levigato e freddo, che riuscì a superare grazie alla profonda umanità delle figure, attrici di un palcoscenico barocchetto fatto di sguardi appassionati e schietti, mosse da una stesura cromatica liquida e con ampie campiture di luce e di colore.
Forti ricordi di Cignaroli emergono nell’Immacolata e s. Antonio abate della parrocchiale di Rino di Sonico, del 1758 circa, e nell’Educazione della Vergine della parrocchiale di Dosso di Marmentino (1761-62); figure dai gesti e dai panneggi ampi e monumentali convivono con colori diafani e sfuggenti nel magnifico dipinto con S. Benedetto comanda a s. Placido di estrarre s. Mauro dalle acque, firmato e datato 1760, dalla distrutta S. Francesca Romana e ora in collezione Rovetta (il bozzetto preparatorio è da poco riemerso sul mercato antiquario).
Entro la prima metà del settimo decennio si collocano il Transito di s. Giuseppe in S. Bernardino ad Acquafredda, del 1760 circa (L’Occaso, 2013, p. 67); S. Luigi Gonzaga davanti alla Vergine (Brescia, S. Agata, da S. Antonio Abate); l’Incoronazione della Vergine con s. Giovanni Battista, s. Antonio abate e s. Lorenzo, firmata e datata 1763, per la parrocchiale di Magasa e commissionata dell’abate Giovanni Maria Zeni; i Ss. Carlo Borromeo, Giovanni Nepomuceno e le ss. Agata, Caterina e Apollonia in San Giovanni Battista a Rezzato, del 1763 circa; la complessa Deposizione della parrocchiale di Fiumicello (1763); la Deposizione di Cristo con i ss. Giovanni e Carlo Borromeo per la chiesa di S. Giorgio a Brescia (1763 circa), ora presso il Museo diocesano, quasi una citazione dal dipinto di Balestra in S. Agata; il Martirio di s. Bartolomeo della parrocchiale di Lavenone (1765 circa). Le numerose tele per la parrocchiale di Corticelle Pieve sono riferibili ai primi anni Sessanta e sono frutto della committenza del dotto arciprete Angelo Zanardelli, accademico degli Erranti in contatto con lo stesso Mazzucchelli.
A questi anni risalgono anche alcuni cicli decorativi di chiara discendenza carloniana, dalla forte verve prospettica e scenografica, come la Trinità adorata da s. Giacomo e la Carità nelle volte della parrocchiale di Corticelle Pieve e il Cristo col Tetramorfo della chiesa di S. Giorgio a Brescia, tutti del 1765 circa; sono queste preludio alla splendida e carloniana Santissima Trinità nell’abside della SS. Trinità di Crema (1766), dove Savanni lasciò anche due scene con il Battesimo di Cristo e la Trasfigurazione nel presbiterio.
Rispetto al giovanile scalone di palazzo Martinengo da Barco, i soffitti bresciani con il Sacrificio di Ifigenia (1765) per palazzo Duranti-Caldera e il Convito di Giove, a fianco di Zanardi, in casa Cappellotti, entrambi del 1765, hanno un respiro più ampio e maturo, al pari degli Episodi della vita della Maddalena nella parrocchiale di Tavernola Bergamasca, eseguiti dopo il 1769, anno d’ingresso del parroco committente, Giacomo Foresti. Al 1769 è riferita anche l’Immacolata, unico frammento superstite della decorazione del refettorio di S. Bernardino a Chiari.
Negli ultimi anni della carriera Savanni produsse diversi capolavori; la pienezza delle figure e la vibrante luminosità danno ragione alle parole di Carboni, che ricorda come l’artista «tutte le figure le modelava di cera vestita di tela: formava così l’istoria intiera, quali le copiava col lume di una lucerna, ed anche col chiaro del giorno, formando sempre belle e piaciose falde» (G.B. Carboni, Notizie istoriche..., cit., p. 17): la Trasfigurazione in S. Maria Elisabetta a Brescia, del 1766 circa, di ascendenza ancora balestriana; la Madonna col Bambino e s. Antonio da Padova della parrocchiale di Cossirano, firmata e datata 1769, vicina alla Madonna che presenta il Bambino a s. Luigi Gonzaga della parrocchiale di Urago Mella e al S. Giovanni che comunica la Madonna nel Collegio delle Vergini di Castiglione delle Stiviere; la Madonna con i ss. Stefano e Siro e devoti, datata 1771, nella parrocchiale di Cemmo; l’intensa Ultima cena della parrocchiale di Verolavecchia, firmata e datata 1771. Morì a Brescia il 4 maggio 1772.
Ben lontano dalla mediocrità della quale fu spesso accusato da studiosi avidi di capolavori assoluti, Savanni assume sempre più il ruolo di protagonista nel barocchetto lombardo, perfettamente inserito in quella vivacissima temperie culturale cresciuta nelle zone di confine, che accoglie apertamente l’ariosità dei Tiepolo e dei Carloni, l’espressività delle figure di Pittoni, il fare compendiario del bolognese Monti, ma che non vuole prescindere dalla solidità della forma che veniva offerta, con pari e rinnovato vigore, dal classicismo di stampo romano e veronese. Forse, prima di lui, tra i pittori bresciani, solo Giuseppe Tortelli aveva saputo proporre alla committenza locale una versione così pittoricamente leggera – sapida di sprezzature internazionali – nella pittura sacra e profana. Le stesse oscillazioni attributive tra Savanni, Carloni, Monti e Balestra rendono conto di una ricettività che non deve essere confusa con abile eclettismo; piuttosto, il corpus dei bellissimi disegni, che si va ampliando di anno in anno, rende conto di una mente attenta allo studio, alla rielaborazione e alla fusione di tali fortunati modelli.
Fonti e Bibl.: F. Nicoli Cristiani, Della vita e delle pitture di Lattanzio Gambara..., Brescia 1807, pp. 185 s.; G.B. Carboni, Notizie istoriche delli pittori, scultori ed architetti bresciani. Archiginnasio mans. B. 97/XIV (1776-1779), a cura di C. Boselli, Brescia 1962, pp. 16 s.; C. Boselli, Miscellanea archivistica di storia dell’arte bresciana, in Arte lombarda, XII (1966), 1, pp. 83 s.; P. Guerrini, La galleria d’arte del patrizio bresciano Paolo Brognoli, in Id., Pagine sparse, V, Brescia 1986, pp. 127-173; C. Sabatti, Documenti e regesti artistici, in La pittura del ’700 in Valtrompia (catal., Villa Carcina), San Zeno Naviglio 1998, pp. 254-301.
Trattazioni generali, cui si rimanda anche per la bibliografia precedente: P.V. Begni Redona, F. S., in Brescia pittorica, 1700-1760 (catal.), Brescia 1981, pp. 168-170; A.M. Bianchi, F. S., in Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Torraroli, Milano 1991, pp. 213-216; F. Frisoni, Un momento batoniano di F. S., in Civiltà bresciana, VI (1997), 2, pp. 25-32; A. Loda, Ripensando F. S. (con qualche nota per Francesco Monti e Sante Cattaneo), ibid., 3, pp. 25-32; F. Fisogni, Il Settecento bresciano, in Duemila anni di pittura a Brescia, a cura di C. Bertelli, II, Dal Seicento al Novecento, Brescia 2007, pp. 401-453; A. Loda, Le decorazioni di Savanni e Scalvini a villa Mazzucchelli, in Villa Mazzucchelli: arte e storia di una dimora del Settecento, Cinisello Balsamo 2008, pp. 67-79. Tematiche specifiche: L. Anelli, F. S., in Storia, arte, religione a Trenzano tra il XVI e il XVIII secolo, a cura di C. Barbera, Brescia 1987, pp. 133-135; Id., Ritratto del Gentiluomo Francesco Alciati in parrucca bianca, in Civiltà bresciana, I (1992), 3, pp. 52 s.; S. L’Occaso, Pittura del Sei e Settecento nell’Asolano, in Civiltà mantovana, CXXXV (2013), pp. 57-69.