FABRI, Francesco Saverio
Nacque a Medicina (Bologna) l'11 genn. 1761 da Giovanni Battista, esponente di una famiglia notabile e membro del Consiglio comunale, e da Antonia Capuzzi di Lugo. Dopo avere compiuto i primi studi nel paese natale frequentò i corsi di disegno e di architettura presso l'Accademia Clementina di Bologna sotto la direzione, nei diversi anni di iscrizione, degli architetti F. Tadolini, P. Fancelli, G. Jarmorini e del medicinese A. Venturoli, esponenti e divulgatori - soprattutto il Tadolini e il Venturoli - di quel classicismo moderato neocinquecentesco introdotto e diffuso, a Bologna, da F. Algarotti, M. Tesi e C. Bianconi.
Durante gli anni di frequenza all'Accademia Clementina, dal 1782 al 1788, il F. ottenne diversi riconoscimenti nella sezione di architettura: nel 1782, '83, '84 ricevette il premio di frequenza Fiori con i disegni Pantheon a pianta centrale, Mausoleo di generale e Progetto di palazzo. Negli anni 1783 e 1788 risulta vincitore del premio Marsigli-Aldrovandi nella prima classe di architettura con gli elaborati Facciata di magnifico teatro e Dogana di mare.
Già dal 1784 il F. esercitò l'attività di architetto; risale infatti a questa data la prima commissione, documentata, che egli progettò e realizzò: si tratta dell'altare della Compagnia della Buona Morte nella chiesa della Confraternita dell'Assunta (o del Crocifisso) di Medicina, opera che il F. portò a termine nel 1788 con la collaborazione, per la decorazione plastica, dello scultore L. Acquisti. Ancora in collaborazione con l'Acquisti il F. progettò ed eresse a Medicina il nuovo palazzo Prandi (1785-1792; Rimondini-Samoggia, 1979) e nel 1785 avviò la costruzione del nuovo ospedale di S. Maria del Suffragio, edificio che rimase incompiuto alle fondamenta e i cui disegni sono ancora conservati presso l'archivio storico dell'ospedale di Medicina.
Contemporaneamente alle opere medicinesi il F. svolse lavori, non documentati (cfr. lettera del F. del 1788 a D. A. Prandi, in Rimondini-Samoggia, 1979, p. 109), per la famiglia Tanari di Bologna, compì viaggi ed attese alla compilazione di un trattato di matematica e fisica, corredato di incisioni, sulla scorta del testo di B. Forest de Belidor (ibid., pp. 82, 104, 165). Per la preparazione artistica e la tecnica raggiunta, nel 1789 fu proposto per la nomina di "accademico del numero" dell'Accademia Clementina di Bologna, ma nel frattempo a causa dei frequenti viaggi compiuti, soprattutto a Roma, cominciò a realizzare 'Progetti fuori Bologna e fuori patria. Il 1° nov. 1790 giunse a Tavira, in Portogallo, dove il vescovo di Faro Francisco Gomes do Avelar, che oltre a reggere la diocesi dell'Algarve ne assolveva anche la funzione di governatore civile, l'aveva chiamato perché lo coadiuvasse, in qualità di architetto, in un piano di ricostruzione delle chiese della regione gravemente danneggiate o abbattute dal terremoto del 1755 e nella progettazione di nuovi edifici pubblici. La scelta del F. da parte del vescovo Gomes do Avelar potrebbe essere stata motivata sia dal possibile incontro tra i due personaggi a Roma, dove il Gomes, della Congregazione degli oratoriani, soggiornò per diverso tempo fino al 1788, sia tramite l'oratoriano padre Careno, il quale servì, dal 1788 in poi, da agente del vescovo a Roma per segnalargli tecnici e artisti italiani disposti a trasferirsi in Portogallo (Volkmar Machado, 1823; Cabrita, 1940).
La maggior parte degli interventi del F. sugli edifici ecclesiastici dell'Algarve è sicuramente di restauro e di conservazione, secondo il criterio di rispetto delle preesistenze storiche suggerito dallo stesso vescovo (Oliveira, 1902; Cabrita, 1940), come attestano i caratteri degli edifici sui quali l'architetto operò: la cattedrale di Faro, le chiese parrocchiali di Cacela, Albufeira, Aljezur, São Braz de Alportel, Lagoa, São Martinho de Estoi, São Luis di Faro (Cabrita, 1940). Nella chiesa di S. Maria di Tavira invece il F. intervenne con un progetto radicale di ristrutturazione (1793-95 c.), che conferì alla chiesa un carattere neopalladiano secondo la tradizione accademica bolognese. Il F. mostrò comunque profondo rispetto storico mantenendo il portale ogivale che è sormontato da un timpano mistilineo barocco (Rimondini-Samoggia, 1979).
I maggiori interventi nell'architettura civile furono attuati dal F. nella città di Faro dove, con la facciata esterna dell'Arco da Vila (antica porta araba) e l'ospedale da Misericordia, creò una nuova piazza, esterna alle antiche mura arabe, affacciata sulla laguna. Oltre ad altri edifici, quali il seminario di Faro - di fronte alla cattedrale - e lo stabilimento delle terme di Monchique (non più visibile), il F. progettò per il vescovo-governatore un porto franco e un arsenale per la città di Faro: opere non realizzate di cui restano soltanto i disegni (Cabrita, 1940).
Il periodo 1790-94 rappresentò per il F. un eccezionale banco di prova che gli permise, sempre grazie all'azione del Gomes do Avelar, di farsi conoscere ed apprezzare anche nella capitale portoghese, ove il vescovo dell'Algarve godeva stima e amichevoli rapporti con la corte (J. B. Silva Lopez, Memorias para a historia eclesiastica do bispado do Algarve, Lisboa 1848, pp. 270 ss.).
Dal 1794 il F. fu stabilmente a Lisbona presso il conte de Obidos, dove ricoprì la carica di architetto delle opere pubbliche e insegnante di disegno di un figlio del marchese de Abrantes. Nell'anno 1795 fu incaricato da A. J. de Vasconcellos e Sousa marchese de Castelo Melhor di progettare la integrale ristrutturazione del proprio palazzo e annessa chiesa, posti tra il passeio (oggi praça dos Restauradores) e la salita da Gloria nel centro della nuova Lisbona pombalina.
L'edificio, di cui si conservano diversi disegni presso il Museo nacional de arte antiga di Lisbona, presenta due identiche fronti a timpano poste alle estremità del corpo longitudinale: una costituisce l'ingresso nobile del palazzo, l'altra fungeva da facciata alla annessa chiesa. Nel tardo Ottocento, per volontà del marchese A. J. da Foz (da cui l'attuale nome del palazzo, ora sede della segreteria di Stato per l'Informazione e il Turismo), furono apportate modifiche interne e fu costruita una mansarda sopra la cornice che travisa la sobria ed elegante linea architettonica orizzontale e mortifica la raffinatezza degli elementi decorativi marmorei di sapore accademico bolognese (Rimondini-Samoggia, 1979).
Contemporaneamente ai lavori del palazzo Castelo Melhor il F., nella sua qualità di architetto delle opere pubbliche, progettò e diresse i lavori per il nuovo cimitero di Campo de Ourique, la dogana - presso il forte da junqueira - e lo stabilimento della Corderia. Di queste costruzioni oggi non resta pressoché nulla che possa riferirsi ai lavori dell'architetto. Nel 1797 gli furono affidati i lavori di progettazione e direzione esecutiva della costruzione del.l'ospedale della marina reale (oggi ancora funzionante come ospedale della marina). Le opere, che si protrassero fino ai primi anni dell'Ottocento, imposero al F. di conciliare diverse esigenze: dignità architettonica, rispetto urbanistico (facciata su una piazza dell'antica Lisbona in forte pendenza) e complesse strutture funzionali, che egli affrontò e risolse coniugando l'esperienza operativa, acquisita in Portogallo, con elementi tecnici ed estetici maturati in Italia, il tutto tradotto in un linguaggio di classica razionalità (ibid.).
Degno di nota è anche il grande interesse che il F. pose negli scavi e nei rilievi del teatro romano rinvenuto al centro della vecchia Lisbona nel 1798: egli non solo adottò provvedimenti di tutela e conservazione, ma auspicò presso la corte interventi sistematici di scavo e di studio, proponendo inoltre la pubblicazione di relazioni scientifiche e disegni da lui stesso eseguiti (gli elaborati e i rilievi furono pubblicati solo nel 1815, a cura dell'Accademia delle scienze di Lisbona in L. A. de Azevedo, Dissertação, Lisboa 1815, p. 46). L'affermazione dell'architetto italiano presso la corte è ribadita dalla nomina di "architetto delle opere di Sua Maestà" conferita al F. nel 1799 quando, in occasione della morte del generale britannico principe C. di Waldeck, il reggente Giovanni VI gli affidò la progettazione e l'esecuzione della tomba monumentale nel cimitero degli Inglesi.
Il monumento - ancora esistente - è costituito da una piramide, recante il medaglione con il ritratto del generale, fiancheggiata da rocchi di colonna sormontati da vasi egizi, improntata ad un gusto di chiara ispirazione piranesiana, alla stessa maniera del disegno (esistente in copia presso l'Academia de belas artes) che il F. eseguì in quel periodo per il conipletamento dell'arco di praça do Comercio di Lisbona (realizzato, con altri disegni di altro autore, decenni più tardi).
A partire dal 1801 al F. venne offerta la possibilità di esprimere al massimo livello la sua professionalità e la sua personalità di architetto. Fu infatti incaricato, insieme con l'architetto portoghese José da Costa Silva (anch'egli formatosi presso l'Accademia Clementina di Bologna, poi diffusore in Portogallo, col F., del neoclassicismo moderato clementino), di esaminare e fornire giudizi sul progetto del nuovo palazzo reale dell'Ajuda che l'architetto Manuel Caetano de Sousa andava lentamente costruendo dal 1795 in attardate forme settecentesche.
Certamente intorno a questa prestigiosa opera - la residenza reale ufficiale dopo la distruzione della città avvenuta con il terremoto del 1755 - all'interno della corte portoghese si animarono discussioni in ordine al carattere estetico conferito al grandioso complesso con conseguente formazione di due posizioni: una a favore del Caetano, l'altra sostenitrice degli innovatori F. e Costa Silva (De Carvalho, L'opera portoghese..., 1979; Id., Os tres…, 1979). Le relazioni critiche di questi due architetti e le loro distinte proposte progettuali di modifica fecero sì che il reggente Giovanni VI affidò loro lo studio e l'esecuzione di nuovi progetti.
La morte del Caetano nel 1802 lasciò definitivamente campo libero al F. e al Costa Silva, i quali furono nominati architetti delle opere reali e incaricati di proseguire, con un nuovo piano unitario, il vasto cantiere partendo dalla facciata secondaria di levante (ora facciata unica e principale). Nel 1804 l'ala orientale della reggia dell'Ajuda era già compiuta nel piano terreno e, in occasione dell'innalzamento delle sei colonne monolitiche, antistanti i tre archi d'ingresso, il F. venne insignito dell'onorificenza della Croce di Cristo da Giovanni VI. Il cantiere dell'Ajuda era ancora in atto il 25 nov. 1807, quando Lisbona fu occupata dai Francesi e la corte si trasferì in Brasile. Il F. tuttavia restò attivo nei lavori e, dal 1812, divenne unico architetto reale del complesso a seguito della partenza del Costa Silva per il Brasile. Sotto la direzione dei F., coadiuvato dal suo assistente Antonio Francisco Rosa, i lavori nel palazzo reale proseguirono con ritmo stentato, anche a motivo della lontananza della corte dal Portogallo, su un terzo dell'area in progetto e limitatamente al settore rivolto verso Lisbona che costituisce l'attuale incompiuto palazzo.
La grandiosa costruzione, anche se non fu mai portata a compimento, influenzò notevolmente per alcuni decenni la produzione architettonica, scenografica e decorativa di Lisbona e più in generale portoghese (ibid.).
Intorno al cantiere dell'Ajuda, sotto la guida del F., si rinnovò nella composizione e nell'indirizzo artistico la Casa del disegno, atelier-scuola dove operavano i collaboratori per i vari settori: architettura, decorazione, pittura. Tra questi si ricordano Manuel Piolti - allievo portoghese del bolognese Giacomo Azzolini - che diresse il settore pittorico-decorativo e scenografico della reggia e un nipote dello stesso F., Francesco Cocchi, chiamato dallo zio a Lisbona nel 1815 per lavorare dapprima come decoratore, in seguito esclusivamente come scenografo teatrale. Gli assistenti e i discepoli del F., A. F. Rosa e Manuel Caetano Gaião, seguirono i praticanti della Casa del disegno; questi stessi architetti proseguirono i lavori dell'Ajuda alla scomparsa del Fabri.
Il F., che nel 1799 aveva sposato Barbara de Sousa Vieira (figlia di un ufficiale di corte), morì improvvisamente a Lisbona il 23 ott. 1817, senza figli, e fu sepolto nella parrocchiale di Santos o velho.
Fonti e Bibl.: Oltre alle fonti citate in Rimondini-Samoggia, 1979, cfr.: C. Volkmar Machado, Collecção de memorias, Lisboa 1823, pp. 229 s.; G. Simoni, Cronistoria del Comune di Medicina, Bologna 1880, p. 469; Id., I monumenti cristiani della Terra di Medicina, II, Medicina 1884, p. 27; F. X. de Ayhade Oliveira, Biografia de D. Francisco Gomes do Avelar, Porto 1902, passim; L. X. Da Costa, O ensino das belas artes nas obras do real palacio da Ajuda, Lisboa 1936, passim; P. J. Cabrita j., D. Francisco Gomes do Avelar, Faro 1940, pp. 41-46; G. de Matos Sequeira, O palacio nacional da Ajuda, Lisboa 1961, p. 18; J. A. França, Una città dell'Illuminismo, la Lisbona del marchese di Pombal, Roma 1972, pp. 148, 164; G. Rimondini-L. Samoggia, A Medicina: Mostra del centro storico e del territorio, in Culta Bononia, V (1973), 2, p. 221; A. M. Matteucci, Esiti bolognesi dell'architettura tardosettecentesca in Portogallo, in Archit. in Emilia Romagna dall'Illuminismo alla Restaurazione, Atti del convegno, Faenza 1974, Firenze 1977, pp. 131 ss.; E. Riccomini, Vaghezza e furore, Bologna 1977, pp. 145 s.; G. Rimondini-L. Samoggia, F. S. F., Bologna 1979; A. de Carvalho, L'opera portoghese di F. S. F., ibid., pp. 155-188; Id., Os tres arquitectos da Ajuda, Lisboa 1979; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 166.