STRINGA, Francesco
Nacque a Modena il 20 agosto 1635, secondogenito di Silvestro e di Elisabetta Matteucci (Sala, 2012, p. 75).
All’età di dieci anni iniziò a frequentare l’Accademia di pittura presso il palazzo comunale di Modena, capitanata da Ludovico Lana. Sfortunatamente si trattò di un alunnato di pochi mesi a causa dell’improvvisa morte del maestro. Siccome Modena era priva di altre valide scuole di pittura, Stringa, probabilmente grazie all’ausilio del padre che di mestiere faceva il corriere alle dipendenze delle Camere ducali, cominciò a frequentare la Galleria di corte e ad assorbirne lo straordinario repertorio figurativo.
Nell’aprile del 1650 ricevette il suo primo stipendioe iniziò a imporsi all’attenzione della corte come un artista molto versatile, in grado di soddisfarne le richieste, che si facevano sempre più rilevanti. Realizzò i disegni preparatori per le incisioni che arricchivano le opere letterarie dell’epoca, come quelli per il volume del marchese Cornelio Malvasia sul moto dei corpi celesti (1657), per l’antiporta dell’Idea di Domenico Gamberti (1659), e per le 24 tavole a corredo del Triangolo delle virtù di Girolamo Graziani (1660).
L’esordio da disegnatore andò di pari passo con quello di copista. Tra i primi incarichi figuravano anche le copie tratte da opere prestigiose come la Notte di Correggio, la Cena in Emmaus di Veronese, l’Ecce Homo di Guido Reni, gli Evangelisti di Guercino, solitamente realizzate per requisire gli originali e farli entrare nelle collezioni ducali.
Con l’arrivo di Pietro Giovanni Vernulli e Francesco Maria Capurri, Stringa riprese a frequentare l’Accademia di pittura sotto la guida prima dell’uno e poi dell’altro, fino a ottenere qualche camera all’interno del medesimo palazzo per esercitare il suo mestiere e insegnare a dipingere privatamente.
In quegli anni era attivo a Modena il pittore bolognese Flaminio Torri, soprintendente alle gallerie ducali e figura importante per il percorso artistico di Stringa. Morto nel 1661, la sua carica rimase vacante ancora per parecchi anni, e tuttavia Alfonso IV stabilì che l’amministrazione dovesse fare riferimento a Stringa, il quale veniva stipendiato come aiutante di camera e pittore, ricevendo un compenso assai modesto.
Non è da escludere che risalga proprio a questa fase giovanile la superba Natura morta col busto di Francesco I (Minneapolis, Institute of art). Stando all’indagine iconologica condotta da Steven Ostrow (2011), l’opera sarebbe stata eseguita tra il 1660 e il 1662, ipotesi che non sembra trovare conferma sul piano stilistico a causa dello scarto tra la levatura del quadro e le opere coeve dell’artista.
Alla morte del duca Alfonso IV (1662) gli subentrò la moglie Laura Martinozzi, reggente del ducato estense in attesa della maggiore età del figlio Francesco. La prima intenzione della duchessa fu di celebrare il marito defunto dando vita a quello che venne poi chiamato Pantheon Atestinum. Ella non si accontentò di corredare la chiesa di S. Agostino con i tradizionali apparati effimeri, ma tali apparati vennero plasmati in forma stabile attraverso stucchi, affreschi, dipinti e dorature. Il programma iconografico fu concepito dal gesuita Domenico Gamberti, che elaborò anche l’Orazione funerale, corredata da incisioni di Stringa. Per l’occasione egli dipinse tre lacunari del soffitto, l’arcone del presbiterio, una pala per l’altare della Madonna della Cintura e, nella parte superiore del medesimo altare, un piccolo quadro di cui oggi non resta nulla della pittura originale a causa dei pesanti restauri ottocenteschi.
Una volta smantellato il cantiere di S. Agostino, Laura Martinozzi si trovò alle prese con una situazione economica disastrosa e fu costretta a licenziare, tra gli altri, anche Stringa. è probabile che già da quegli anni egli iniziasse la produzione di tele destinate al collezionismo privato, un’attività da affiancare alle commissioni ufficiali e che costituì una fonte di reddito alternativa al perduto compenso ducale. Sono numerosissimi i soggetti di piccolo e medio formato che danno prova di una feconda attività anche nell’ambito dei quadri da stanza. Ne sono un esempio la Fanciulla con turbante (Modena, Museo civico), S. Giovanni Battista (Modena, coll. privata: Tesori ritrovati, 1998, pp. 126 s.), Sansone e Dalila (già Vienna, Dorotheum), Susanna e i vecchi (Bologna, Fondantico), e tanti altri.
Contrariamente a quanto fecero altri colleghi, Stringa decise quindi di non abbandonare la città, bensì di soddisfare il numero sempre crescente di commissioni rivolte alla decorazione delle chiese da parte di pubbliche istituzioni, confraternite e ricchi mercanti. Francesco Sorra, un banchiere modenese, nel 1665 gli commissionò una pala per l’altare di Maria Assunta nella chiesa di S. Carlo a Modena. Ispirandosi all’Assunta di Annibale Carracci (Dresda, Gemäldegalerie), nel 1668 Stringa consegnò un dipinto superbo, lodato anche dalla critica settecentesca (Lazarelli, 1714, pp. 73 s.; Pagani, 1770, pp. 92 s.; Tiraboschi, 1786, pp. 330 s.).
Alla luce di quel successo la Municipalità modenese gli affidò l’esecuzione di tre grandi quadri per il coro della chiesa del Voto (Transito della Vergine; Morte di Giuseppe; S. Francesco), di cui solamente i primi due, custoditi temporaneamente presso il Museo civico di Modena, sono sopravvissuti fino ai nostri giorni.
Di poco successiva è la commissione dell’ancona realizzata per la chiesa di S. Tommaso a Reggio Emilia, di cui si conservano sia un bozzetto preparatorio (Modena, Galleria Estense, depositi) sia uno studio a penna su carta presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Nello stesso periodo venne consacrata la chiesa del monastero della Visitazione, e siccome Laura Martinozzi era particolarmente devota a Francesco di Sales e all’ordine da lui costituito, fu proprio lei a commissionare a Stringa tre quadri per la chiesa: il S. Francesco di Sales che dona l’abito alle monache per l’altare maggiore, la Visitazione (Modena, Museo civico) e la Crocifissione (Baggiovara, chiesa della Visitazione).
Prima di partire alla volta di Londra per accompagnare la figlia Maria Beatrice, promessa sposa al futuro re d’Inghilterra Giacomo II, Laura Martinozzi commissionò a Stringa la decorazione della cappella ducale (oggi distrutta) e della annessa galleria. Il filo conduttore di questi ambienti era la celebrazione dei santi estensi (Contardo, Beatrice I e II). Del complesso sopravvivono solo parziali testimonianze: l’affresco del soffitto della galleria con i tre santi in gloria, tre quadri dedicati a s. Contardo (Modena, Galleria Estense, depositi) e la pala d’altare della cappella (Reggio Emilia, Museo civico).
Durante l’assenza della Martinozzi andò covandosi a corte un vero e proprio colpo di stato in favore del figlio Francesco, che, nel 1674, scalzò la madre dal trono e si autoproclamò duca di Modena con il nome di Francesco II. Fu proprio lui che nominò Stringa soprintendente alle Gallerie ducali, con uno stipendio mensile tra i più corposi dell’intera corte.
In quegli anni l’artista incontrò sempre più il favore di committenze pubbliche e private. Entro il 1676 dipinse il Miracolo di Soriano per la chiesa del Rosario di Finale Emilia. Pochi anni dopo, nel 1680, lavorò a Reggio Emilia, nella chiesa di S. Prospero, dove Francesco II lo incaricò di eseguire una copia della pala di Guido Reni (Madonna in trono con i ss. Crispino, Crispiniano e Paolo Eremita, Dresda, Gemäldegalerie). Contrariamente alle copie precedenti, in quel caso Stringa diede vita a un’opera pienamente autonoma di cui si conserva un disegno preparatorio a Stoccarda (Staatsgalerie). Da questa invenzione scaturì la Madonna col Bambino e s. Geminiano del duomo di Modena, in cui l’autore ripropose il medesimo schema compositivo. Egli eseguì poi per la città di Carpi una pala destinata alla chiesa di S. Giuseppe (oggi al Museo diocesano) e una per il duomo (oggi al Museo civico) in occasione dell’elezione di s. Valeriano a co-patrono della città.
In numerose occasioni Stringa diede prova di essere un pittore di tutto rispetto, ma l’attività al servizio della corte non comportava la messa in gioco esclusivamente di tale capacità. Infatti, nel 1685, con la nuova nomina a soprintendente di tutte le fabbriche e manifatture ducali, ogni piccola spesa doveva passare da lui, essere vagliata e autorizzata. Per tale motivo le sue incombenze spaziavano dalla gestione degli acquisti e dei trasporti di materiale edilizio alla valutazione dei preventivi, dagli accordi economici con i capomastri delle fabbriche alla contabilità e all’abbellimento degli esterni. Si trattava di una considerevole quantità di compiti, che Stringa, avvalendosi anche dell’aiuto di collaboratori fidati come i suoi fratelli Agostino e Domenico, portava a termine nel migliore dei modi.
A volte capitava che fosse lui stesso a stendere il progetto per la decorazione di fabbricati e ambienti ducali, come dimostra lo Studio per la sala del Belvedere sul Secchia nel palazzo ducale di Sassuolo (Archivio di Stato di Modena, Mappario estense, stampe e disegni, 61/24). Esiste poi una nutrita serie di fogli che testimoniano la sua prolifica attività di disegnatore, come quello preparatorio per la pala del Vescovado di Reggio Emilia (Apparizione dei ss. Benedetto, Placido e Scolastica a s. Mauro, Milano, Biblioteca Ambrosiana), il Cristo morto sorretto da angeli del Museo civico di Bassano, la Madonna col Bambino e angeli della Biblioteca reale di Torino, il Massacro della Witt Collection di Londra, di grande importanza perché firmato, e tanti altri.
Gli ultimi anni del ducato di Francesco II furono particolarmente difficili per Stringa a causa di problemi di salute fisica e mentale. Quella di Stringa fu una vita molto tormentata, scandita da un susseguirsi di lutti e tragedie familiari cui si aggiunsero, a quanto pare, le invidie e le maldicenze che egli aveva attirato su di sé nel giungere alla sua posizione di prestigio. Il maestro iniziò così a soffrire di un disturbo depressivo che ebbe ripercussioni sulla sfera lavorativa. Con sempre minor frequenza esaminava preventivi e rilasciava autorizzazioni di spesa, e dal 1689 il suo nome sparì dal libro paga dell’amministrazione statale per ricomparire due anni dopo. Durante quella assenza riuscì comunque a portare a termine una delle più importanti imprese di tutta la sua attività, ovvero il ciclo con le Storie di s. Caterina per il Collegio dei nobili di Parma (1690).
Fu solamente sul finire del 1692 che, una volta terminati i grandi lavori nel palazzo ducale e interrotte le acquisizioni di opere d’arte a causa di problemi politici, il lavoro di Stringa divenne meno frenetico rispetto ai primi anni Ottanta. Questo gli permise sia di frequentare maggiormente l’Accademia di pittura, dove possedeva un paio di stanze in cui insegnare agli allievi, sia di recarsi a Venezia (1693) al fine di consegnare a suor Gabriella Molin, per la chiesa dell’Umiltà, la prima versione della pala di S. Mauro commissionatagli cinque anni prima, cui ne fece seguito una seconda portata a termine l’anno successivo (entrambi i dipinti si trovano oggi a Spilamberto nella chiesa di S. Adriano).
Dopo la morte di Francesco II (1694), Rinaldo d’Este (1655-1737), ultimo figlio di Francesco I e di Lucrezia Barberini, fu costretto a rinunciare alla porpora cardinalizia per reggere le redini del ducato. Nel 1695 il nuovo sovrano incaricò Stringa e il bolognese Marcantonio Franceschini di affrescare i soffitti di due ambienti dell’appartamento di facciata del palazzo ducale di Modena, ovvero il salone d’onore e la camera attigua. In quest’ultima Stringa dipinse le Nozze di Amore e Psiche, un meraviglioso affresco che alludeva al recente matrimonio tra Rinaldo I e Carlotta Felicita di Brunswick-Lüneburg. Nel salone d’onore, invece, alla base dell’affresco della volta, dovevano trovarsi un fregio da lui dipinto e un apparato di stucchi di Antonio Traeri, entrambi smantellati dai rifacimenti seguiti all’incendio del 1815.
Nel 1699 Stringa portò a termine un incarico che dovette certamente essere motivo di giubilo per il duca: uno stendardo con raffigurati i tre santi protettori di Modena (Modena, chiesa del Voto), cioè Geminiano, Omobono e Contardo. In aggiunta alla tradizionale figura di s. Geminiano, gli altri due santi furono eletti a patroni della città proprio in quell’anno su richiesta di Rinaldo I, che in questo modo riuscì a glorificare il casato estense cui Contardo apparteneva.
Durante l’occupazione francese del 1702, che impose la fuga della corte a Bologna con il conseguente licenziamento di gran parte dei salariati, Stringa riuscì comunque a trovare una fonte di guadagno nei ritratti eseguiti per gli invasori, di cui non rimane alcuna testimonianza. Perduta è anche la decorazione di affreschi e stucchi per la rocca di Scandiano, che vide ancora una volta la collaborazione di Stringa e Traeri.
Ormai anziano, Stringa dedicò le sue forze all’insegnamento, sia frequentando più assiduamente l’Accademia sia dando vita a un’accademia del nudo, e formando artisti come Carlo Rizzi, Antonio Consetti e Francesco Vellani.
Morì a Modena il 20 marzo 1709 (Sala, 2012, p. 101).
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