SURIANO (Surian), Francesco
SURIANO (Surian), Francesco. – Nacque a Venezia nel 1450. Sebbene manchino prove documentarie è assai probabile che appartenesse a qualche ramo della famiglia Surian.
Le poche notizie sulla sua biografia si possono dedurre dalle tre versioni del suo Trattato di Terrasanta, nelle quali comincia a parlare di sé da quando nel 1462, all’età di 12 anni, si imbarcò per la prima volta verso l’Oriente su una nave mercantile di uno dei suoi zii, per seguire le orme familiari della mercatura, facendo tappa a Lepanto, Beirut e Alessandria d’Egitto, il più importante porto dell’Egitto in cui i veneziani possedevano due grandi fondachi, dove si fermò per un certo periodo. In seguito compì almeno altri sedici viaggi in Oriente, toccando sempre luoghi diversi: fra i più importanti si possono ricordare quelli che lo portarono nel 1464 in Barberia, nel 1468 a Tripoli di Siria, allora il porto più importante per gli scambi commerciali con Aleppo, e nel 1470 a Gaza in Palestina, la stazione principale delle carovane che si recavano in Egitto e in Arabia.
Della sua vita da laico non si sa altro e non si conoscono le ragioni per le quali a venticinque anni decise di diventare francescano presentandosi al convento di S. Francesco della Vigna a Venezia, che lasciò, dopo essere stato accolto nell’Ordine, per aggregarsi alla provincia Serafica in Umbria, come aveva già fatto sua sorella Sista, clarissa del monastero di S. Lucia di Foligno, dove morì nel 1454. Quando, per la sua conoscenza dei luoghi e delle lingue (il greco e l’arabo), i suoi superiori lo destinarono alla missione della Terrasanta, tornò a Venezia per conoscere il nuovo superiore di Terrasanta, padre Paolo da Canneto, che lo designò per un triennio guardiano del convento di Beirut, alla cui volta si imbarcò, assieme ad altri undici confratelli, l’11 agosto 1481, a bordo di una nave guidata da Francesco Bonhaver, giungendovi, con una sosta a Modone, dopo diciannove giorni, per restarvi due anni.
Nel 1483 passò nel convento di monte Sion a Gerusalemme, sede del superiore generale della Terrasanta, probabilmente come suo segretario, e in quel periodo attese alla compilazione della storia della presenza francescana in Abissinia, che scrisse dopo averla appresa dal famiglio dei frati di Sion, Battista da Imola, che fra il 1480 e il 1481 aveva accompagnato per undici mesi i primi missionari di Terrasanta in Abissinia, dove aveva incontrato dieci italiani penetrati in quel territorio per trovare gioielli e pietre preziose.
Dopo tre anni, l’11 agosto 1484 ripartì sulla galea di Agostino Contarini alla volta di Venezia, che raggiunse nel dicembre, dopo un viaggio di ben cinque mesi pieno di pericoli, nel corso del quale toccò Larnaka, Limassol, Pafo, Fineka (a ovest del capo Chelidonia), Rodi, Patmo e Candia, e poté esibire in diverse circostanze le sue qualità di marinaio provetto, in particolare quando, dopo una furiosa tempesta durata quattro giorni che sorprese l’imbarcazione con l’equipaggio e i pellegrini nell’arcipelago greco dopo che avevano lasciato Candia, riuscì a far giungere tutti sani e salvi nel porto di Modone. Ma già all’inizio del mese successivo si recò a Roma prima di tornare in Umbria a Santa Maria degli Angeli per andare a visitare sua sorella, che lo pregò di scrivere ciò che sapeva dei Luoghi Santi, per cui compilò la prima redazione del Trattato.
Nulla si sa della sua biografia per il periodo compreso fra il 1485 e il 1493, quando il 24 maggio i padri dell’Ordine, riuniti a Firenze, lo elessero superiore generale di Terrasanta e delegato e vicario papale per tutto l’Oriente. Valendosi dell’appoggio di Mir Isbeck, gran ministro e generale egiziano che, esiliato dal sultano Kaietbey (Qā’it Bey), aveva trovato assistenza e amicizia presso i frati minori di Gerusalemme, esercitò questo incarico impegnandosi moltissimo nel difendere i diritti dell’Ordine nei confronti sia dei musulmani, sia di altri ordini cristiani, oltre che di alcuni secolari, soprattutto mercanti veneti. Passò anche un inverno al Cairo, dove predicò la quaresima del 1494 alla numerosa colonia dei mercanti veneti, per sbrigare alcune incombenze amministrative e in quell’occasione si recò al monte Sinai, escursione di cui troviamo tracce nel Trattato, nel quale dedicò attenzione alle piramidi, al Nilo e alle tracce del canale che anticamente univa il Mar Rosso al Mediterraneo. Nel 1495 lo troviamo a Damasco, ancora come superiore, per predicare la quaresima ai numerosi mercanti ivi residenti.
Se si eccettua che possa essere vissuto nel convento di Monteripido, presso Perugia (Cardini, 2002, p. 282), non possediamo sue notizie fino a quella della persecuzione subita da tutti i frati del monte Sion, che durò dal settembre del 1510 all’agosto del 1512. Suriano scontò due anni di prigionia, come rappresaglia per le sconfitte che i cavalieri di Rodi avevano inflitto agli egiziani e ai turchi fra di loro alleati, venendo alla fine liberato, assieme agli altri frati, dall’ambasciatore veneziano Domenico Trevisan.
Dopo che il 24 giugno 1514 fu eletto a succedergli padre Niccolò da Tossignano, terminò il secondo periodo di guardianato in Terrasanta, per il quale era stato designato l’11 giugno 1512, quando si trovava ancora in carcere. Verso la fine del 1514 risulta presente in qualità di legato pontificio presso i maroniti del monte Libano, dove tornò per due volte nel 1515 come commissario apostolico di papa Leone X, portando anche preziosi doni del pontefice, per fermarsi poi nel monastero di S. Marina, sede del patriarca del Libano, situato a 15 miglia da Tripoli. Successivamente ricevette dal sultano d’Egitto Kansu el-Guri (Qānṣūh al-Ghūrī) l’ordine di intervenire presso Alfonso de Albuquerque, allora viceré dei domini orientali della Corona portoghese, per far cessare con la minaccia di rappresaglie le persecuzioni alle quali venivano sottoposti i sudditi egiziani.
Degli ultimi anni della sua vita si sa solo, dalla cronaca redatta verso la fine del XVII secolo da padre Agostino di Stroncone che nel 1528 e 1529 era guardiano di S. Maria degli Angeli presso Assisi (Agostino di Stroncone, 1898, pp. 23 s.), mentre non si sa nulla del luogo e della data della sua morte.
Sulla sua esperienza in Terrasanta redasse un Trattato di Terrasanta e dell’Oriente, opera complessa organizzata sotto forma di dialogo con la sorella, articolata in due trattati, rispettivamente di 135 e 51 capitoli, che si può considerare una sorta di repertorio generale della Terrasanta: «il suo scritto è molto più di un diario di viaggio: è un’opera di ascesi, un processionale, un indulgenziario, una pratica di mercatura, un manuale metrologico che con estrema cura per quanto con molti errori elenca descrizioni, misure, distanze» (Cardini, 2002, p. 282). Dedica infatti numerose pagine alle spezie, anche se più che in chiave mercantile esse vengono inquadrate nell’ambito dei mirabilia della Terrasanta, insieme agli animali, agli alberi e ai frutti (quello che suscita in lui maggior stupore è la banana). Quest’opera, assieme forse ad alcuni consigli forniti da lui direttamente ai suoi confratelli, servì ai francescani per organizzare i Sacri Monti di Varallo presso Varese e di S. Vivaldo presso Firenze. Nel primo trattato prevalgono la descrizione topografica e le considerazioni dettate dal sentimento religioso; nel secondo hanno trovato spazio indicazioni di carattere etnografico sui musulmani, le cui tradizioni vengono generalmente presentate come una sorta di mondo rovesciato rispetto al nostro, e annotazioni sparse ed eterogenee, raccolte probabilmente dal racconto di qualche viaggiatore, su alcuni centri di produzione e di commercio dell’India Anteriore, delle Indie Orientali (sono ricordate anche Sumatra, Giava e Borneo), oltre che osservazioni precise su città e paesi dell’arcipelago greco.
Questa relazione ci è giunta in tre versioni, di cui due manoscritte: la prima compilata nel 1485 nel convento di Piscignano, della quale ci è arrivata una copia non originale; la seconda, compilata a Gerusalemme sul monte Sion nel 1514, di cui ci è pervenuto l’originale autografo: sono piuttosto differenti l’una dall’altra e si conservano nella Biblioteca comunale di Perugia (codici n. 58 ed E.39). La terza è a stampa, rivista da Suriano e pubblicata da Bindoni nel 1524. Su di esse padre Girolamo Golubovich, utilizzando come testo base la versione del 1514, ha curato l’edizione critica (Milano 1900), preceduta da un’ampia prefazione (pp. VII-XLI).
Fonti e Bibl.: T. Tobler, Bibliographia geographica Palaestinae, Leipzig 1867; Marcellino da Civezza, Storia universale delle missioni francescane, VII, parte II, Prato 1891, pp. 662-666; Agostino di Stroncone, L’Umbria serafica, in Miscellanea francescana di storia, lettere e arti, 1898, vol. 7, pp. 23-32 e 73-76; F. Cardini - G. Vannini, San Vivaldo in Valdelsa. Problemi topografici ed interpretazioni simboliche di una Gerusalemme toscana, in Religiosità e società in Valdelsa nel basso medioevo, Firenze 1979, pp. 11-74; J. Guérin Dalle Mese, Égypte. La mémoire et le rêve. Itinéraires d’un voyage, 1320-1601, Firenze 1991, ad ind.; F. Cardini, In Terrasanta. Pellegrini italiani tra medioevo e prima età moderna, Bologna 2002, ad ind.; M.F. Cusato, The delicate dance of the custos: F. S., O. F.M., the franciscan custody of the Holy Land, and Islam (1493-1514), in Franciscana, 2016, vol. 18, pp. 137-177.