TACCONI, Francesco
Figlio di Agostino (risulta sconosciuta, invece, l’identità della madre), nacque attorno al 1429 forse a Pavia: in un rogito cremonese del 1° settembre 1450 si dichiarava infatti ventunenne pavese abitante a Cremona (Artisti, committenti, 2013, p. 78, doc. 107).
La prevalente residenza cremonese è attestata fino a circa il 1470 (Cremona, Biblioteca statale, Ms. Bonetti, 1, s.v.), e fin dagli anni Cinquanta la qualifica di pittore, a volte in coppia con il fratello Filippo (ibid.; Artisti, committenti, 2013, ad ind.). Il 16 novembre 1458 la Cancelleria sforzesca gli rilasciò una lettera di passo della durata di un anno per recarsi con due soci «ad partes mundi» (Malaguzzi Valeri, 1902, p. 218), e altre ancora il 19 febbraio 1460 (Motta, 1885, p. 119 nota 1).
Il 4 aprile 1464 il Comune di Cremona accordò l’esenzione fiscale a lui e al fratello Filippo, entrambi riconosciuti «famosi pictores» e autori della decorazione di una loggia del palazzo comunale, oggi perduta (Grasselli, 1827, pp. 242 s.).
Nel 1465 fu testimone a due atti cremonesi, insieme al più noto collega Bonifacio Bembo (Marubbi, 2005, p. 267 nota 6; Artisti, committenti, 2013, pp. 168 s., doc. 498).
La presenza di Francesco a Cremona nei decenni di grande fioritura artistica sotto i Bembo ha indotto gli studiosi a suggerirne la formazione nella loro bottega (Puerari, 1957). Nulla, tuttavia, si è ancora individuato di questa presumibile produzione tardogotica degli inizi, causa soprattutto l’oggettiva difficoltà di trovare utili raffronti nel catalogo accertato del Tacconi, basato su due soli titoli appartenenti alla vecchiaia.
Intorno al 1470 il centro di gravitazione della sua attività si spostò nel contado parmense, al servizio del conte Pier Maria Rossi, il più potente feudatario del ducato sforzesco: il 7 novembre 1475, infatti, Tacconi gli rilasciò una quietanza di pagamento relativa a una lista di lavori, alcuni già eseguiti, altri da completare o ancora da eseguire, distribuiti tra Torrechiara e Roccabianca (Motta, 1885; Talignani, 2009, pp. 212 s., doc. 50); nessuna di tali opere è superstite o identificabile con certezza.
Solo di recente il riesame di una serie di affreschi dentro e fuori Parma, tutti commissionati dai Rossi o dal loro stretto entourage ed estranei ai caratteri della pittura parmense coeva, ha portato alla ricomposizione, in via di assestamento, di un corpus di opere, dagli stilemi omogenei anche se di problematica datazione, da ricondurre alla più antica attività di Tacconi che finora si conosca (ibid., pp. 123 s., con l’avvertenza che la paternità delle figure dipinte in terretta verde nella camera d’oro della rocca di Torrechiara, avanzata con cautela, va meglio riconsiderata alla luce di Tanzi, 2017, con riepilogo aggiornato). Del gruppo farebbe parte una Madonna col Bambino della badia di Torrechiara, verso gli ultimi anni Sessanta, cui seguirebbero nel decennio successivo una lunetta con Dio Padre, l’Annunciazione, il Crocifisso tra due angeli nell’oratorio di S. Rocco a Casale di Felino; il ciclo di monocromi in terra verde eseguiti per una stanza del castello di Roccabianca con Pianeti, costellazioni e segni dello Zodiaco nella volta, e Storie di Griselda alle pareti (dal 1954 al Castello Sforzesco di Milano); e tre lacerti con episodi della Vita di s. Lorenzo già nella cappella Baiardi della distrutta chiesa di S. Pietro Martire a Parma, ora in Galleria nazionale. L’insieme evidenzia lo stile di un maestro tardogotico cremonese, venato di rimandi bembeschi, specie nelle tipologie dei volti giovanili, sia femminili che maschili, però connotato da una certa asprezza grafica ed espressiva ben visibile negli stessi volti, tondeggianti ma profilati con insistenza e senza mai un cenno di sorriso, nelle pieghe degli abiti, abbondanti ma ammassate, negli interni cubici e privi di decori fioriti. Gli affreschi di Roccabianca più degli altri rivelano un impegno esecutivo a tratti modesto e una sostanziale ripetitività di modi, approssimati nella resa spaziale, quasi seriali nel comporre le figure, standardizzati nelle espressioni.
Tre atti (di cui due inediti) del 1476, 1477 e 1478 attestano Tacconi ancora a Parma.
A distanza di anni il pittore comparve a Venezia, dove potrebbe essere emigrato già nel 1488, se non prima (Bonetti, 1939, pp. 41 s. nota 5), in compagnia del genero, il pittore parmense Filippo Mazzola. Qui lasciò due opere. La prima, dal 1855 alla National Gallery di Londra, è una piccola tavola con Madonna col Bambino, firmata e datata ottobre 1489, concordemente ritenuta copia con qualche adattamento di un perduto originale di Giovanni Bellini. La seconda commissione, datagli dai procuratori de supra per il compenso di 70 ducati, sono le quattro grandi tele (ora presso l’Ateneo di S. Basso) per le portelle dell’organum magnum della basilica di S. Marco, raffiguranti l’Adorazione dei pastori e l’Adorazione dei Magi (esterne), la Resurrezione e l’Ascensione (interne), firmate e datate 24 maggio 1490 (Sansovino, 1581, 1604; trascrizioni in Bisson, 2012; Talignani, 2019, pp. 196-198). Le pessime condizioni conservative delle tempere marciane ne hanno ostacolato il giudizio: uno dei più severi, ma anche uno dei più fondati, resta quello di Giovambattista Cavalcaselle, che vi vedeva il fare tipico dei «quattrocentisti di secondo e terzo ordine» (cit. da Marcon, 2006, p. 344) e qualche influsso padovano mantegnesco. Le quattro portelle mostrano in effetti tutta la fatica di un maestro ormai sessantenne costretto a misurarsi con le novità veneziane. Il tentativo di imitazione dei modelli belliniani sfocia nell’impacciata ripresa di uno schema iconografico e nel prestito qua e là di alcuni motivi compositivi. Nel complesso, qualità e stile riecheggiano ancora gli esiti delle lontane prove parmensi. Per la durezza quasi legnosa di volti e panneggi e per lo schematismo delle figure e della messa in scena si è intravista una possibile tangenza con i modi dei maestri lignari responsabili della cassa dell’organo (Ceriana, 2004 (2005), pp. 57 s.).
La mancanza di ulteriori notizie in Venezia fa supporre che Francesco lasciasse di lì a poco la laguna per tornare a Parma, magari col genero Mazzola, documentato di nuovo in patria dal 1491. Dal 1494 Tacconi è attestato a Parma (Pezzana, 1859) e vi è segnalato da ulteriori carte inedite del 1494-96. Nel 1497 fu pagato per la pittura della «ramata de la ferata» della cappella dell’Immacolata Concezione in S. Francesco al Prato, un arredo altrimenti ignoto (Testi, 1910, pp. 100 s.).
Negli estremi anni di vita Francesco dovette rientrare a Cremona: nel 1500 ottenne l’incarico di decorare una facciata del Torrazzo con una Giustizia e altre figure, compreso un Leone di s. Marco in rilievo e altri ornamenti, il tutto andato distrutto; alla fine del 1504 dettò testamento, lasciando erede l’unica figlia Jacoba Ippolita (Bonetti, 1939).
Cremona, Biblioteca statale, Ms. Bonetti: C. Bonetti (sec. XX), Notizie estratte da documenti di archivi cremonesi, 1, s.v. (per gli atti relativi alla presenza di Tacconi a Cremona); Parma, Archivio di Stato, Notai di Parma, 100, 103, 205, 206 (per gli atti che registrano Tacconi a Parma il 21 ottobre 1476, 28 settembre 1478, 12 aprile 1494, 18 luglio 1495, 4 settembre 1496), 160 (il 17 marzo 1477, in M. Gentile, Fazioni al governo, Roma 2009, p. 324). F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare […], emendata, e più d’un terzo di cose nuove ampliata dal m.r.d. Giovanni Stringa (1581), Venetia 1604, p. 28v; G. Grasselli, Abecedario biografico dei pittori, scultori e architetti cremonesi, Milano 1827, pp. 242 s.; A. Pezzana, Storia della città di Parma, V, Parma 1859, p. 247 nota 1; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy: Venice, Padua, Vicenza, Ferrara, Milan, Friuli, Brescia from the Fourteenth to the Sixteenth century (1871), a cura di T. Borenius, III, London 1912, pp. 331 s.; E. Motta, Curiosità di storia italiana del secolo XV tratte dagli archivi milanesi: un documento per il pittore F.T., in Bollettino storico della Svizzera italiana, VII (1885), 6, p. 119; E. Malaguzzi Valeri, Pittori lombardi del Quattrocento, Milano 1902, p. 218; L. Testi, Pier Ilario e Michele Mazzola. Notizie sulla pittura parmigiana dal 1250 c. alla fine del secolo XV, in Bollettino d’arte, IV (1910), pp. 49-67, 81-104; C. Bonetti, Cremona durante le guerre di predominio straniero, 1499-1526 (note e appunti), Cremona 1939, pp. 41-44; A. Puerari, Boccaccino, Milano 1957, p. 28; F. Debolini, scheda n. 173, Pittore parmense (dopo il 1474): Storie di Griselda, Pianeti e Segni dello zodiaco, in Museo d’arte antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca, a cura di M.T. Fiorio, I, Milano 1997, pp. 240-254; A. De Marchi, scheda 92, in Galleria nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano 1997, pp. 96 s.; M. Ceriana, La cornice e le statue lignee, in E. Daffra - M. Ceriana, Il Polittico di San Bartolomeo di Cima da Conegliano, in Arte veneta, 2004 (2005), n. 61, pp. 52-69; M. Marubbi, Una revisione delle presenze bembesche in S. Agostino a Cremona sulla soglia dell’Osservanza e oltre, in Società, cultura, luoghi al tempo di Ambrogio da Calepio. Atti del convegno, Bergamo… 2002, a cura di M. Mencaroni Zoppetti - E. Gennaro, Bergamo 2005, pp. 265-281; S. Marcon, Giovan Battista Cavalcaselle e le portelle di Gentile Bellini e F.T. per gli organi di San Marco. Il disegno come metodo critico, in Florilegium artium. Scritti in memoria di Renato Polacco, Padova 2006, pp. 337-344; A. Talignani, La Madonna in mandorla dell’abbazia di Torrechiara e una proposta di catalogo per F.T., in L’abbazia benedettina di Santa Maria della Neve a Torrechiara, a cura di F. Tonelli - B. Zilocchi, Parma 2009, pp. 123-142, 212 s., doc. 50; M. Bisson, Meravigliose macchine di giubilo. L’architettura e l’arte degli organi a Venezia nel Rinascimento, Venezia-Verona 2012, pp. 417 s.; Artisti, committenti, opere e luoghi. Arte e architettura a Cremona negli atti dei notai (1440-1468), a cura di V. Leoni - M. Visioli, Pisa 2013, ad ind.; M. Tanzi, Bonifacio Bembo. Two panels for a Cremonese altarpiece, Torino 2017, passim; A. Talignani, Pittori di Parma in trasferta a Venezia, presso Giovanni Bellini: Cristoforo Caselli, F.T., in Giovanni Bellini “…il migliore nella pittura”. Atti del convegno internazionale di studi, Venezia… 2016, a cura di P. Humfrey et al., Venezia 2019, pp. 181-201 (in partic. pp. 195-198).