TAVERNA, Francesco
– Nacque a Milano nel 1478, figlio secondogenito di Giovanni e di Polissena Sola.
Il padre non era nobile, ma sicuramente di condizione agiata, essendo proprietario terriero a Landriano nel Pavese. Nulla sappiamo della sua infanzia e giovinezza, eccetto il fatto che dovette compiere studi giuridici all’Università di Pavia che gli consentirono l’ingresso nel Collegio dei giureconsulti di Milano (1514). Il Ducato di Milano era allora sotto il dominio francese e Taverna fu per due volte designato dalle autorità municipali come oratore presso il sovrano Francesco I (nel dicembre del 1516 e nell’agosto del 1518, la prima volta con Benedetto Tosi e la seconda con il medesimo Tosi e Pietro Biraghi) al fine di chiedere sgravi fiscali.
Dopo la restaurazione sforzesca, nel maggio del 1522, il duca Francesco II istituì come supremo tribunale il Senato, del quale chiamò a far parte figure legate alla dinastia e alcuni uomini nuovi versati nel diritto, fra cui Taverna. A riprova del favore ducale, egli ottenne, nell’ottobre di quel medesimo anno, la facoltà di redimere a titolo di donazione irrevocabile il feudo di Landriano. Nel giugno del 1523 fu incaricato di una delle prime missioni politico-diplomatiche quale procuratore del duca per trattare la pace con Carlo V d’Asburgo e la Repubblica di Venezia. In seguito, nel novembre del 1526, fu incaricato di una missione presso papa Clemente VII per regolare alcune questioni con il re di Francia, la Repubblica di Venezia e altri principi nel quadro dell’alleanza contro Carlo V che avrebbe portato il Ducato di Milano a trasformarsi nel campo di battaglia tra le forze francesi e quelle ispano-imperiali. Nel 1528 Taverna fu anche inviato a ottenere denaro in prestito dal re di Francia. Nel marzo del 1530 seguì il duca a Bologna, dove, in occasione dell’incoronazione di Carlo V, furono presi gli accordi per la pace con l’imperatore e il ristabilimento dell’autorità sforzesca sul Ducato, sotto la protezione imperiale.
Allorché, nel marzo del 1531, Francesco II ripristinò il Senato, oltre a Giacomo Filippo Sacco e a Giovanni Battista Speciano, vi nominò Taverna, cui assegnò contestualmente la presidenza del Magistrato straordinario, competente in materia di commercio dei grani. Anche il fratello Luigi fu beneficiato di tale ascesa con la nomina ad avvocato fiscale. In accordo con lui e gli altri fratelli, nel 1532 Francesco istituì un fedecommesso familiare. Ottenne anche un primo riconoscimento da parte di Carlo V che nell’ottobre del 1531 lo creò conte palatino.
Nei primi mesi del 1533 Taverna divenne gran cancelliere, cioè primo consigliere del principe, oltre che depositario dei sigilli ducali e capo della Cancelleria segreta: nel maggio di quell’anno egli già rivestiva tale importante carica, allorché Francesco II lo nominò suo procuratore con il compito di siglare a Barcellona gli accordi matrimoniali, in vista delle nozze con Cristina, figlia del re di Danimarca e nipote di Carlo V.
Nel novembre del 1535, in seguito alla morte del duca senza eredi, mentre il castellano Massimiliano Stampa faceva innalzare le insegne imperiali sul castello sforzesco di Milano, Taverna prestò, insieme con i principali ufficiali ducali, giuramento di fedeltà a Carlo V. Nell’agosto del 1536 l’imperatore gli confermò il feudo di Landriano e le donazioni e concessioni ricevute dal defunto duca sulle entrate di vari dazi e imposizioni. Nell’ottobre successivo, Carlo V siglò il diploma imperiale in cui Taverna era confermato gran cancelliere dello Stato di Milano e, contemporaneamente, nominato conte di Landriano, con facoltà di trasmissione del titolo ai suoi eredi. A quel medesimo anno risale l’acquisto del palazzo nell’odierna via Bigli a Milano cui seguì quello della casa suburbana in contrada Monforte.
All’ombra dell’autorità cesarea il ruolo di Taverna si accrebbe notevolmente, dal momento che Carlo V divise il governo politico del Milanese, affidato al cardinale Marino Caracciolo, da quello militare, assegnato ad Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto, sebbene nel 1538 il secondo assunse entrambe le funzioni. In questa situazione, il ruolo del gran cancelliere crebbe sensibilmente, configurandosi, da un lato, come punto di riferimento dell’amministrazione e coordinatore dell’attività di governo del Consiglio segreto a Milano – specie nei lunghi periodi in cui il marchese del Vasto era impegnato alla guida dell’esercito imperiale in Lombardia – e, dall’altro, come autorevole mediatore, essenziale nel maneggio quotidiano dei rapporti tra il rappresentante dell’imperatore e i governatori delle città, le comunità locali, i vescovi, i feudatari e tutti gli altri poteri presenti nel territorio. Un ruolo per certi versi di regista del potere milanese che Taverna seppe gestire con notevole abilità in anni assai travagliati a causa della guerra e della costante e pressante esigenza di finanziarla tramite imposizioni fiscali straordinarie, prestiti e anticipi di denaro che richiedevano negoziati continui con la corte, i finanzieri, le comunità e i corpi lombardi. Egli seppe inoltre coltivare buoni rapporti con Antoine Perrenot de Granvelle, vescovo di Arras, uno dei più influenti consiglieri di Carlo V.
La posizione di Taverna non conobbe significativi mutamenti nel 1546 con l’arrivo al governo di Milano di Ferrante Gonzaga, con il quale collaborò strettamente: egli continuò a tenere i rapporti tra il governatore e il Consiglio segreto, durante le frequenti assenze del primo per ragioni belliche, testimoniati da una copiosa documentazione. Tuttavia, il gran cancelliere, nel corso del 1553, si unì al coro di critiche rivolte alla gestione politica e militare di Gonzaga di cui si fece forte Filippo II per spingere il padre Carlo V a richiamare Ferrante a corte nel gennaio del 1554. In quei difficili frangenti, il governo civile dello Stato di Milano fu attribuito al Senato, al suo presidente e al gran cancelliere e il comando dell’esercito imperiale a Gómez Suárez de Figueroa.
Contrasti e veleni a corte e a Milano durante la lunga transizione da Carlo V a Filippo II spiegano perché Taverna fu convocato dall’imperatore nel dicembre del 1555 per discolparsi delle accuse contro Gonzaga, ma, a causa della sua veneranda età di 78 anni, ai malanni e soprattutto alla complessa situazione, l’ordine fu lasciato cadere. Ciò non evitò che nel luglio del 1556 Taverna fosse arrestato per ordine diretto di Filippo II e sottoposto a processo per vari abusi – fra cui la falsificazione di un documento di Gonzaga – e soprattutto per sospetta intelligenza con i francesi. A suo favore si spesero le autorità municipali milanesi, nonché il cardinale Cristoforo Madruzzo, al governo di Milano tra il 1556 e il 1557. Questi, peraltro, beneficiò di maggiori margini di manovra proprio grazie alla forzata assenza dalla scena di una figura assai ingombrante come Taverna. Nel giugno del 1558, Filippo II inviò un dispaccio al governatore Gonzalo Fernández de Córdoba, duca di Sessa, con cui assolveva da tutte le accuse Taverna e ne ordinava la liberazione dagli arresti domiciliari e il reintegro nell’ufficio di gran cancelliere. Il 21 luglio seguente, nel corso di una breve, ma significativa cerimonia nel palazzo ducale, il governatore lesse la missiva alla presenza delle autorità e del medesimo Taverna.
Morì a Milano il 14 agosto 1560 e, dopo un solenne funerale con la partecipazione delle alte cariche della città e dello Stato, fu sepolto nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Maria della Passione.
Dal matrimonio con Clara Tolentina non nacquero figli. Tuttavia, egli ebbe quattro figli naturali che legittimò: Cesare, suo erede e successore come conte di Landriano, Alessandro, Sforzino e Ludovico.
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