TEBALDINI, Francesco
– Originario di Osimo, dove la famiglia Tebaldini è documentata dalla seconda metà del XV secolo, la data di nascita è ignota.
Compare la prima volta in un atto del 5 gennaio 1569, nel quale lo zio Latino, consigliere della Comunità, presenta al Consiglio una supplica volta a ottenere per il nipote il permesso di introdurre nella città la tipografia acquistata altrove, in cambio della promessa di eseguire la stampa degli statuti cittadini, deliberata dalle autorità nel 1567 per l’importo di 100 fiorini. La notizia contrasta però con le sottoscrizioni delle due prime stampe eseguite da Tebaldini, che recano come luogo Osimo e l’anno 1567: Constitutiones, ordinationes, statuta et decreta del sinodo diocesano e Dispareri, egloga pastorale dell’autore locale Pierleone Claudi. Inoltre, nel 1568 risulta a nome di Tebaldini la stampa degli Statutorum ac legum municipalium terrae Montis Fani (sic il frontespizio) «impressum in Monte Fano» (Montefano, oggi in provincia di Macerata).
Tebaldini non fu in grado di eseguire l’incarico ricevuto dalla Comunità e trasferì la commessa al tipografo di origine veronese Astolfo Grandi, che, dopo avere iniziato a stampare nella sua città nel 1559-60 ed essere transitato per Rimini, si era stabilito infine ad Ancona, dove esercitò l’arte fino al 1576, per poi trasferirsi a Fermo, dove aveva già stampato nel 1562 e concluse i suoi giorni nel 1579. Fu lui a stampare nel 1571 il Magnificae et vetustissimae civitatis Auximi volumen, in quo leges, statuta constitutiones, et decreta.... con Osimo come luogo di stampa, ma probabilmente il lavoro fu eseguito nella officina di Ancona. In verità, nel 1569-70 risultano almeno altri cinque libri con il nome di Grandi stampati a Osimo, ma ciò non dimostra che egli vi avesse impiantato una stamperia. È anche probabile, come sostiene Claudia Giuliani (1998), che Tebaldini non abbia posseduto agli esordi una tipografia propria e abbia stampato le edizioni con date 1567 e 1568 ad Ancona, nell’officina di Grandi.
Dal 1579 risulta attivo a Ravenna, dove stampò le Rime di Giulio Morigi, membro della locale Accademia dei Selvaggi e archivista del Comune, e il carmen di Antonio Maria Sorbedio per le nozze di Francesco I de’ Medici e Bianca Capello (In nuptias serenissimorum Francisci, et Blancae magnorum Etruriae ducum).
A Ravenna il libraio ed editore anch’egli veronese Cesare Cavazza aveva introdotto la stampa nel 1578, ottenendo dal Consiglio comunale, con delibera del 23 ottobre, la provvigione di 14 scudi annui per dieci anni per l’affitto di una casa, con obbligo di stampare gli statuti cittadini e tutte le altre pubblicazioni necessarie. Ma Cavazza non rispettò i patti e il Consiglio fu costretto a rivolgersi ad altri tipografi, finché, il 19 aprile 1580, deliberò di servirsi di Tebaldini e trasferì a lui la provvigione revocata a Cavazza (Bernicoli, 1935, p. 180). Già prima di questa data Tebaldini aveva eseguito lavori per il Comune: il 21 marzo 1580 risulta un pagamento a suo favore per la stampa delle fedi per l’ufficio della Sanità. Il 25 maggio 1583 presentò però al Consiglio una istanza per il rimborso delle spese sostenute per una detenzione subita tre anni prima. Nell’istanza si legge che «dell’anno 1580 d’ordine del Magistrato di quel tempo stampò alcuni indulti et privilegi di questa magnifica comunità; onde per tal cagione detto stampatore stette preggione in seccreta da 28 giorni con molto suo patimento et ancora pagò lire ventiquattro de bolognini tre per le spese, cattura, processo et altro» (p. 181). Sembra dunque che Tebaldini sia stato detenuto e condannato alla pena pecuniaria per avere impresso documenti illecitamente, sebbene tenesse a dichiarare la sua innocenza, o comunque che l’inizio della sua collaborazione con la Comunità non sia stato privo di incidenti. Negli anni successivi la produzione che soddisfaceva esigenze di ordine amministrativo fu regolare, così come i relativi pagamenti da parte del Comune ed egli si fregiò nelle sottoscrizioni del titolo di «stampator dell’illustre Communità».
I rapporti con Cavazza non si interruppero. Nel 1585 con la sottoscrizione «appresso Cesare Cavazza, et Francesco Tebaldini comp.» (ma nel colophon solo «Appresso Francesco Tebaldini da Osimo» come tipografo) apparve il Ritratto spirituale, utile, et molto necessario a’ ciascun grado di religiosi, et virtuosi del teologo carmelitano veronese Cristoforo Silvestrani Brenzone, ristampa della prima edizione Firenze 1584. Il confronto tra le edizioni dei due tipografi ravennati mostra, del resto, una identica impostazione della pagina, serie di caratteri e xilografie comuni, probabilmente di proprietà di Cavazza poi passate a Tebaldini, dimostrazione della povertà di mezzi della tipografia romagnola dell’epoca. Fino al 1586, quando cessò di vivere (prima del 14 novembre), Cavazza impresse a Ravenna con il suo nome complessivamente otto edizioni (ma quattro solo nel 1578 e una all’anno tra il 1581 e il 1584), mentre Tebaldini conta per lo stesso periodo ventisei titoli, il che dimostra come dopo l’iniziale collaborazione con Cavazza egli prese il sopravvento per efficienza e affidabilità.
Dal 1579 utilizzò la qualifica di stampatore arciepiscopale (nell’operetta didattico-moraleggiante del ravennate Pompeo Spreti, Lettera [...] scritta a Camillo suo figliuolo, 1579; poi nelle Constitutiones, et decreta condita in synodo dioecesana Ravennatensi e nei Capitoli, et leggi delli novanta Pacifici di Ravenna, entrambe del 1580). Con ambedue i titoli firmò il trattato De destillatione del medico e storico ravennate Girolamo Rossi del 1581 («apud Franciscum Thebaldinum, impress. illustriss. et reverendiss. Archiepisc. atq. Mag. Communitatis»), opera destinata a risonanza europea. Stampatore della Comunità ravennate si dichiarò anche negli Statuta civitatis Cerviae, del 1588, che dimostrano il tentativo verso la fine dell’attività di estendersi oltre l’orizzonte municipale.
Nel 1587 pubblicò, a istanza del libraio bolognese Tommaso Pasini, De’ veri precetti della pittura di Giovan Battista Armenini da Faenza, con dedica al duca di Mantova Guglielmo Gonzaga. Nel 1589 con Lorenzo Zanotti stampò le Rime spirituali di Bernardino Percivalli e il De peccatorum omnium poenis, in genere, et specie apud Deum, apud homines, et apud naturam ipsam del teologo ravennate Pandolfo Zalamella. La produzione di Zanotti, che lavorò in società anche con altri a Ravenna e a Imola, si aggira sulla decina di stampe nel periodo 1584-89; a Imola si servì di caratteri prestati da Tebaldini.
Nel 1588, scaduta la provvigione decennale, Tebaldini chiese il rinnovo per altri dieci anni, ma il 20 settembre il Consiglio ne concesse solo cinque. Nel frattempo, dal 1586 i librai veneziani Angelo, Pietro e Camillo Giovannelli avevano aperto una nuova libreria a Ravenna, danneggiando gli affari di Tebaldini; questi se ne lamentò presso il Consiglio e nella seduta del 13 giugno 1589 gli fu data ragione, senza però che i Giovannelli cessassero la loro concorrenza.
Il 21 aprile 1590 il Consiglio deliberò l’esecuzione per i torchi di Tebaldini della stampa degli Statuti giunti a compimento dopo una lunga revisione. Ma l’in folio degli Statutorum seu Iuris civilis civitatis Ravennae [...] libri V fu firmato da Pietro e Camillo Giovannelli, che si servirono della tipografia dello stampatore bresciano Sigismondo Bordogna, attivo per qualche anno a Ravenna: il volume reca la data 1590 nel frontespizio e 1591 nel colophon. Il 9 aprile 1592 risulta il pagamento a Pietro Giovannelli di 54 scudi, il saldo di 14 scudi fu versato a Camillo solo il 2 ottobre 1598.
È dunque probabile che Tebaldini sia morto nel corso del 1590, verosimilmente a Ravenna.
A Ravenna stampò almeno quarantuno edizioni (dati Edit16) oltre ad almeno ventinove fogli volanti, bandi, editti e indulgenze usciti con il titolo di stampatore della Comunità o arcivescovile. Il catalogo è vario, ma orientato soprattutto verso una dimensione municipale. In poesia sono pochi i libri d’autore (la tragedia Camaldo di Girolamo Sorboli, 1586; Bruno Giardini, Sonetto con l’espositione di Francesco Camerani [1588?]) e prevalgono le antologie e i componimenti d’occasione (Oratione, rime, et versi latini, di diversi eccellentiss. autori, in morte di Luca Lunghi pittore ravennate..., 1581; Girolamo Sorboli, Canzone nella promotione di mons. Clemente Bontadosio al vescovato di Nicastro, 1586, e Canzone nella venuta del sereniss. sig. donno Alfonso II d’Este duca quinto di Ferrara, in Romagna, [1589?]; Raccolta di componimenti poetici di diversi auttori, nelle nozze delli molto magnifici SS. il signor Francesco Monaldini, et la signora Isotta Raisa ravennati, 1589). In ambito storiografico si segnala la storia della famiglia Rossi di Parma del giurista ravennate Vincenzo Carrari (Historia de’ Rossi parmigiani, 1583), nelle scienze il citato trattato De destillatione (intesa in tutte le sue forme, compresa quella dei metalli) di Girolamo Rossi e la Regola, per la quale brevemente s’insegna di trovare l’epatta, l’aureo numero, et li tempi della luna di Marco Bussato. La presenza dei classici è limitata a due soli titoli in volgarizzamenti eseguiti da Giulio Morigi: dei Tristia di Ovidio (Delle disaventure d’Ovidio libri cinque, 1581) e di Lucano (Delle guerre civili, 1587).
Tebaldini non disdegnò tuttavia di imprimere testi di più facile smercio quali avvisi, relazioni, lunari, opere burlesche in veste dimessa e con notizia bibliografica incompleta: Capitolo del melone (1579); Avvisi venuto di Francia [...] dove si descrive la morte del signor duca di Guisa, et del cardinal suo fratello (ante 1588); Caso, et miracolo grande successo novamente in Provenza in una città adimandata Arli... (non prima del 1579); Lunario e pronostico sopra l’anno bisestile 1580 (1579).
Adottò due marche, ma con frequenza incostante: l’albero d’olivo con radici affioranti e cartiglio con il motto «CAESA VBERIOR» e la Carità, in cornice figurata, in due varianti: una donna eretta rivolta al sole, con una fiamma che si sprigiona dal suo capo; una donna rivolta al cielo con braccia aperte e fiammelle dietro le spalle. Spesso Tebaldini accolse nei suoi frontespizi immagini legate all’autore o al contenuto, a esempio nelle edizioni di Statuti figurano gli stemmi comunali e nella Venuta di Alfonso II lo stemma degli Este.
Fonti e Bibl.: S. Bernicoli, Librai e tipografi a Ravenna a tutto il secolo XVI, in L’Archiginnasio, XXX (1935), pp. 170-188 (in partic. pp. 178-184, 186); G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, ad ind.; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del ’500 in Italia, Firenze 1989, pp. 83 s., 206; F. Petrucci Nardelli, La lettera e l’immagine. Le iniziali ‘parlanti’ della tipografia italiana (secc. XVI-XVIII), Firenze 1991, p. 61; M.G. Tavoni, Il libro illustrato in Emilia Romagna nel Cinquecento, in La stampa in Italia nel Cinquecento. Atti del Convegno, ...1989, a cura di M. Santoro, I, Roma 1992, pp. 461-477 (in partic. pp. 475-477); C. Giuliani, La stampa a Ravenna nel XVI secolo. I primordi, in Il libro in Romagna. Produzione, commercio e consumo dalla fine del secolo XV all’età contemporanea. Convegno di studi, Cesena... 1995, a cura di L. Baldacchini - A. Manfron, I, Firenze 1998, pp. 179-197; R. Bigliardi Parlapiano, L’arte della stampa nella provincia di Ancona, in ‘Collectio thesauri’. Dalle Marche tesori nascosti di un collezionismo illustre, II, L’arte tipografica dal XV al XIX secolo, a cura di M. Mei, Ancona-Firenze 2005, pp. 29-38 (in partic. p. 34); Censimento nazionale delle edizioni del XVI secolo (Edit16), a cura dell’Istituto centrale per il Catalogo unico, http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/.