TURCHI, Francesco
– Nacque a Treviso nel 1515 da Ambrogio, fabbro e commerciante di armi di origine milanese, trasferitosi a Feltre prima del 1504, poi ad Asolo e infine a Treviso. Non si conosce il nome della madre.
Data la condizione agiata della famiglia, ebbe un’eccellente istruzione e si dimostrò ben presto più incline alle arti che al commercio (a differenza dei fratelli e dei nipoti). Entrò quindi a far parte dell’Ordine dei carmelitani osservanti, nel convento trevigiano di Borbiago o in quello di Conscio, approfondì gli studi teologici a Padova e passò infine al convento di Venezia, dove è verosimile ipotizzare che cominciasse a stringere rapporti con Gabriele Giolito, per il quale collaborò tra il 1567 e il 1572. Mantenne comunque relazioni personali assai strette con le principali famiglie trevigiane, a cui non di rado dedicò le sue opere, anche quando la famiglia cadde in disgrazia e gli impegni religiosi lo spinsero lontano dal Veneto.
Nel 1565 fu trasferito a Firenze, dove, su richiesta di Paolo Rondini carmelitano, compose il primo titolo di cui abbiamo notizia: la Canzone al duca Cosimo de’ Medici, di undici strofe e doppio commiato; ne cominciarono ben presto a circolare copie manoscritte, e questa fu la principale ragione per cui Turchi si risolse a pubblicarla nonostante qualche imperfezione formale e metrica, nel 1565, a Firenze per i torchi di Torrentino.
Priore del convento di Grazia del Carmine di Viterbo, divenne membro dell’Accademia degli Smarriti, con il nome di Errante, secondo quanto testimonia L’epitalamio per le nozze di Girolamo de’ Rossi e di Laura Biffolci, «nobilissimi rauegnani», pubblicato a Padova, per Lorenzo Pasquati, nel 1567. A questa data si può far risalire anche l’inizio della fervida attività editoriale di Turchi, che cominciò a lavorare per Giolito poco prima che Lodovico Dolce morisse, curando la nuova edizione delle Rime et satire di Ludovico Ariosto, a cui premise, come recita il frontespizio, le «annotazioni intorno a’ concetti e brevi dichiarazioni di alcune storie che in esse si contengono» (l’edizione fu poi ristampata da altri editori veneziani lungo tutto l’arco degli anni Settanta del Cinquecento). Si firmava «Francesco Turchi trevigiano», omettendo, in questa come in tutte le altre opere profane, il titolo religioso che invece sarebbe comparso nei volumi sacri, ove si nomina semplicemente padre, o fra Francesco da Trevigi (o Trivigi) carmelitano.
Sempre del 1567 è il primo titolo spirituale curato per Giolito: il Trattato pio, et christiano, detto Specchio di croce di Domenico Cavalca, dedicato al priore del convento del Carmine di Venezia, Leandro Albertini.
Il testo circolava, per altri stampatori, da oltre un decennio, ma Turchi sottolineò, nella Dedica, di non avere avuto «temenza (come forse molti harebbono) di porre [...] la falce nell’altrui biade», emendando il testo di errori e dei «periodi laceri» per ridurlo «a più riguardevole forma»: motivo per il quale Salvatore Bongi dubitò della fedeltà e integrità del testo di questa edizione. La Dedica dichiarava, inoltre, a chiare lettere il proposito dell’editore, che da questo momento avrebbe dato ampio spazio alla stampa di opere religiose: giovare al mondo «co’ libri fatti nelle sue bellissime stampe pii e christiani», come aveva giovato «per l’addietro con gli historici et poetici».
A partire dal 1567, in concomitanza con la recrudescenza censoria imposta dall’Inquisizione, Giolito inaugurò la Ghirlanda spirituale e la abbinò alla Collana historica. Turchi fu uno dei principali promotori di questa operazione editoriale (insieme a Remigio Nannini, detto Remigio Fiorentino, Aurifico de’ Bonfigli senese, il francescano Bonaventura Gonzaga e Vincenzo Buondì mantovano) almeno fino al 1572, anno dopo il quale si hanno solo ristampe e il frate carmelitano tornò a occuparsi anche di letteratura profana, lavorando per altri editori.
Al 1568 risale l’allestimento di tre fortunatissimi volumi devozionali: il «secondo fiore» della Ghirlanda spirituale, il Memoriale della vita del christiano del frate Luis de Granada; il Discorso spirituale, dove si tratta della carità et dello innamorarsi in Christo Giesù di un anonimo prelato; la prima edizione dei Salmi penitentiali, di diuersi eccellenti autori. Per questa edizione, Turchi compose la parafrasi volgare in versi sciolti dei Salmi penitenziali e quattro sonetti spirituali, oltre la dedica, nella quale già preannunciava la sua successiva fatica: la traduzione in sciolti delle Hore della gloriosa Vergine Maria regina de’ cieli, stampate nel 1570. Nel 1569, intanto, la Ghirlanda spirituale era giunta a compimento con gli ultimi due «fiori», due volumi a opera di Martino Azpliqueta Navarro, tradotti da fra Cola di Guglinisi e accresciuti da Turchi «di sommarij e della tavola de’ casi più notabili e altre cose necessarie». L’anno successivo, infine, il carmelitano si occupò della curatela del Trattato della santissima communione e del Trattato della tribolatione di Bonsignore Cacciaguerra; dopo queste edizioni la collaborazione con i Giolito progressivamente si esaurì.
A partire dal 1570 gli venne affidato, in qualità di priore, il convento di Conscio, in provincia di Treviso: vi sarebbe rimasto circa trent’anni, viaggiando spesso per l’Italia, ospite dei conventi dell’Ordine (Firenze, Palestrina, Ronciglione, Pisa, Roma) e naturalmente frequentando con assiduità Venezia per seguire le stampe e proseguire l’attività editoriale: nel 1570 scrisse per Francesco Sansovino la lettera proemiale all’edizione del volgarizzamento della Vita di Giesù Christo di Landolfo di Sassonia; nel 1572, per Francesco de’ Franceschi, la dedica a Lodovico Malaspina e gli argomenti in ottave delle Metamorfosi di Ovidio «ridotte in ottave» da Andrea dell’Anguillara; nel 1575 la dedica all’edizione di Ludovico Avanzi degli Oracoli, cioè Sentenze, et documenti nobili e illustri.
Il lavoro sulle Metamorfosi riaccese l’interesse del frate per la letteratura profana, che procedette con due opere importanti per editori di prestigio: per Manuzio ultimò il lavoro di Dionigi Atanagi sul Libro secondo delle Lettere facete et piacevoli di diuersi grandi uomini, edito nel 1575; per i Giunti approntò una nuova edizione delle Deche di Tito Livio tradotte da Iacopo Nardi, che non si limitò a rivedere, correggere e corredare di sommari: vi aggiunse «il supplimento della seconda deca», dopo aver consultato e tradotto una gran mole di testi latini e greci, di cui nell’introduzione diede ampia rassegna.
Intanto proseguiva l’attività di curatore di testi devozionali: per l’editore Domenico Farri di Venezia diede alle stampe, nel 1573, la Somma antonina; tradusse la Somma de i sacramenti della Chiesa di Tomaso di Caves, pubblicata prima a Brescia per i fratelli Marchetti nel 1574 e poi a Venezia da Pietro Deuchino nel 1575, con nuova lettera prefatoria; sempre nel 1574, per Francesco Ziletti, si occupò dell’edizione delle Homelie di Lodovico Pittorio. Nello stesso anno avviò la collaborazione con Domenico e Giovanni Battista Guerra, con la Somma pacifica (1574) e le Prediche di Bartolomeo Lantana (1579); nel 1580 stampò, sempre presso i fratelli veneziani, la propria Oratione [...] fatta nel capitolo generale dell’istesso ordine, celebrato in Roma, nelle feste delle Pentecoste, dell’anno 1580, con la quale concluse la sua attività.
Morì nel 1599 nel convento di Conscio.
Fonti e Bibl.: Per la biografia di Turchi la fonte principale è S. Augusto, Il primo supplitore di Livio. Note bio-bibliografiche, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, XCVII (1937-1938), 2, pp. 19-52.
Per la ricostruzione dell’attività di poligrafo cfr. C. de Saint-Étienne de Villiers, Bibliotheca Carmelitana..., I, 1752, pp. 521-523, s.v. Franciscus Turchus, alias Turcinus; G. Fontanini, Biblioteca dell’eloquenza italiana [...] con le annotazioni del signor Apostolo Zeno istorico e poeta cesareo [...] accresciuta di nuove aggiunte, II, Parma 1804, pp. 317 s.; Annali di Gabriel Giolito de’ Ferrari da Trino di Monferrato stampatore in Venezia descritti e illustrati da Salvatore Bongi, I-II, Roma 1890-1897, ad ind.; L. Ferrari, Onomasticon. Repertorio bibliografico degli scrittori italiani dal 1501 al 1850, Milano 1943, s.v.; M.E. Cosenza, Biographical and bibliographical dictionary of the Italian humanists and of the World of classical scholarship in Italy, 1300-1800, IV, Boston 1962, ad indicem. Inoltre: L. Braida, Libri di lettere. Le raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini religiose e “buon volgare”, Roma-Bari 2009, pp. 190-192; P. Zaja, Salmi e lirica volgare nel Cinquecento, in La Bibbia nella letteratura italiana, V, Dal Medioevo al Rinascimento, a cura di G. Melli - M. Sipione, Brescia 2013, pp. 549-568; Id., F. T. e i «Salmi penitentiali, di diversi eccellenti autori» (Venezia, 1568), in Quaderni veneti, III (2014), 1-2, pp. 65-73; R. Morace, Introduzione, in Salmi penitenziali di diversi eccellenti autori (Giolito 1568), a cura di R. Morace, Pisa 2016, pp. VII-XV.