BARBACOVI, Francesco Vigilio
Nacque a Taio in Val di Non (Trento) il 12 sett. 1738 da famiglia benestante. Dopo aver compiuto gli studi di retorica e di filosofia a Trento e dopo aver appreso da sé la giurisprudenza pratica, esercitò l'avvocatura nelle Valli.
Nel 1767 subentrò a C. A. Pilati nella cattedra di diritto civile a Trento ed entrò quindi nell'anuninistrazione vescovile, percorrendo una rapida e brillante carriera. Difatti nel 1772 il principe-vescovo C. Sizzo lo nominò assessore nel tribunale ecclesiastico. Due anni dopo fu chiamato a far parte del consiglio aulico, con uno stipendio doppio di quello dei suoi colleghi e con la facoltà di conservare la carica di assessore del tribunale ecclesiastico, ma con l'obbligo di abbandonare la cattedra di diritto. Nello stesso anno cominciò a esercitare una parte importante nel dissidio che opponeva il Magistrato consolare di Trento, erede delle antiche libertà municípali, all'autorità vescovile, scrivendo per ordine del principe Sizzo le Vindiciae Celsissimi Tridentinorum Principis adversus Magistratum municipalem tridentinum (Tridenti 1774) e ottenendo piena vittoria davanti al tribunale imperiale.
Il B. già in questa prima fase della sua vita rivelò il suo carattere vanitoso ed avaro, mostrandosi inoltre servile con i potenti e prepotente con i deboli. Tuttavia egli possedeva una profonda cultura, una straordinaria capacità di lavoro, non disgiunta da una certa genialità nella soluzione dei problemi d'ordine giuridico.
Si ebbe modo di constatarlo allorché il principe-vescovo P. V. Thun, succeduto al Sizzo nel 1776, fu sollecitato dall'imperatore Giuseppe II nel 1783 a emanare un nuovo codice civile, che garantisse nel suo principato una migliore amministrazione della giustizia, togliendo gli abusi e le discordanze, che col tempo si erano insinuate nel foro tridentino, e adottando possibilmente la recente legge austriaca, gia applicata nelle giurisdizioni tirolesi del Trentino. Il principe-vescovo nel gennaio del 1784 affidò al B. la compilazione di un nuovo codice civile, con un termine di quattro mesi per la redazione definitiva, pensando che un'opera di adattamento non richiedesse più di tanto. Ma il B. aveva ben altro in mente: egli si accinse alla redazione di un nuovo codice di procedura civile, ispirandosi non tanto alla legislazione austriaca, quanto alle proprie convinzíoni teoriche, fondate sulle esperienze locali e sulla conoscenza storica del suo paese. Si ebbe così, sullo scorcio del 1785, quella che è l'opera sua più importante, il Progetto di un nuovo codice giudiziario nelle cause civili.
Nella sua redazione il B. fu ispirato da un illuminato senso civico e si rivelò come precursore dei giuristi moderni nell'aspirazione a ridurre quanto più possibile il numero delle liti, rendendo contemporaneamente più regolare e più spedita l'amministrazione della giustizia. In tale modo il codice barbacoviano costituisce uno dei più alti risultati conseguiti dalla riforma giudiziaria europea nella seconda metà dei sec. XVIII, collegandosi con le leggi processuali prussiane e con quelle austriache dei 1781, ma in parte anche con fonti italiane, come il diritto statutario trentino e il processo rotale romano. Il codice del B., dopo varie correzioni dell'autore e dopo avere ottenuto l'approvazione del principe-vescovo, fu pubblicato nella sua redazione ufficiale nel 1788 e divenne operante nello stesso anno, rimanendo in vigore fino a che nel Trentino non fu introdotto il regolamento giudiziario austriaco (1807).
Nel 1792 il B. fu nominato cancelliere aulico; in tale carica si fece apprezzare per l'ingegno vigoroso e sottile, ma si attirò anche il disprezzo di molti per la mancanza di carattere e la dubbia correttezza negli affari. Nel 1796 venne in odio al principe-vescovo, uomo di pochi scrupoli e incline alla violenza, e fu perciò costretto a dare le dimissioni dalla carica.
All'arrivo delle truppe francesi guidate dal Bonaparte sia il principe-vescovo sia il B. fuggirono da Trento. A Vienna si ebbe una conciliazione fra i due con piena soddisfazione del B., che seppe trarre profitto dalle difficoltà in cui versavano allora l'impero e i governi da esso sostenuti. Ciò non impedì che nel 1806, visto l'andamento delle cose, egli tornasse a Trento, onorato dalle autorità locali e in seguito da quelle del Regno Italico, cui egli non lesinò le sue lodi. E a Trento visse da allora fino alla morte, ugualmente onorato dal restaurato governo austriaco, che di nuovo trovò in lui un pedissequo incensatore. Lavorò con ìntensità fino agli ultimi giorni della sua vita, nonostante la cecità che lo afflisse in vecchiaia, alternando gli studi giuridici e letterari, di cui fa fede una strabocchevole produzione a stampa, con polemiche pubbliche e private, che non gli tornano certo ad onore.
Morì a Trento il 23 luglio 1825.
Bibl.: Per un elenco completo delle opere giuridiche e letterarie del B., che nonostante la sua dottrina non può essere esente dalla taccia di grafomane, cfr. L. Oberziner, in Memorie della imperiale regia Accademia di scienze, lettere e arti degli Agiati di Rovereto,Rovereto 1903, pp. 522 ss. Per la sua attività di giurista cfr. l'ampio studio di F. Menestrina, Il codice giudiziario barbacoviano del 1788,Lipsia 1913. Sulla sua attività di penalista cfr. P. Lanza, F. V. B. e i suoi discorsi intorno ad alcune parti della legislazione,in Pro Cultura, Trento, II (1911), pp. 1-27. Per una valutazione sommaria della sua opera cfr. P. Del Giudice, Fonti, in Storia del diritto italiano, diretta da P. Del Giudice, II, Milano 1923, pp. 302-305; G. Salvioli, Storia della procedura civile e criminale, II, Milano 1927, p. 781 n.; Novissimo Digesto Italiano, II, p. 273. Per più particolareggiate notizie sulla sua vita, oltre ai due Opuscoli anonimi, ma certamente opera dello stesso B., Apologia del cancelliere aulico di Trento F. V. B., s. l.1798, e Memoria intorno alla vita e agli studi di F. V. B., Padova 1821, cfr. l'ampio profilo biografico di L. Cuccetti, in E. Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, VII, Venezia 1840, pp. 450-481; D. Reich, Licenziamento e autodifesa di F. V. B.,Trento 1899; F. Menestrina, G. D. Romagnosi a Trento,in Tridentum, XI (1908-1909), pp. 138-153; M. Rigatti, Un illuminista trentino: C. A. Pilati,Firenze 1923, pp. 257 ss.; P. Pedrotti, Alcune lettere di F. V. B. a S. Moll,in Studi trentini di scienze storiche, XXXIII (1954), pp. 71 ss.; P. Berselli Ambri, L'opera di Montesquieu nel settecento italiano,Firenze 1960; M. Deambrosis, Filogiansenisti, anticuriali e giacobini nella seconda metà del settecento nel Trentino, in Rassegna storica del Risorgimento, XLVIII, 1 (1961), pp. 79 ss.; Encicl. Ital., VI, p. 117.