AVELLI, Francesco Xanto
Nato a Rovigo al principio del secolo XVI, operò come pittore di maioliche, dal 1530 almeno, in Urbino, dove si sposò. Si hanno notizie sino verso la metà del secolo. Seguace di Nicola Pellipario, dal quale viene poi differenziandosi sempre più, l'A. è uno dei più prolifici pittori maiolicari del suo tempo. Alcune centinaia di pezzi si conservano nelle raccolte private e pubbliche d'Italia (Museo Nazionale di Firenze, Museo del Castello a Milano, Museo Correr a Venezia, Museo Civico di Bologna, Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza), d'Europa (Museo del Louvre a Parigi, Victoria and Albert Museum a Londra), d'America (Walters Art Gallery di Baltimora, Maryland). L'uso quasi costante di firmare le sue opere o di siglarle, ed insieme datarle, ha facilitato la costituzione di vaste serie: il Corpus della maiolica italiana segnala un centinaio di pezzi datati dall'A. nel quinquennio dal 1530 al 1535, e sino al 1534 sempre muniti della precisazione "in Urbino"; per gli anni posteriori, sino al 1542, anno nel quale assume due operai ed i suoi modi scompaiono, se ne possono indicare circa altri 80. Un piatto è da lui indicato come eseguito nella bottega di un Francesco di Silvano. A questi vanno aggiunti i pezzi non datati né firmati o siglati. La vasta opera giunta sino a noi comprende serie di tavolette con le "storie persiane" e servizi da tavola e capi singoli per notevoli personaggi e famiglie: Giacomo Pesaro vescovo di Pafo, il gonfaloniere Pucci, Federico Gonzaga, Margherita Paleologo, ecc. Sovente i piatti dell'A., come quelli del Pellipario e di altri, sono completati col lustro oro e rosso tipico delle officine di Gubbio: non avviene però mai di rintracciare abbinata la sigla di Mastro Giorgio con la firma dell'Avelli.
Non molto chiaro appare il periodo di formazione dell'A., avanti il 1530. È probabile che, mossosi dalla natia Rovigo verso Ferrara, egli abbia avuto colà i primi contatti con l'arte della maiolica di netta ispirazione faentina. E potrebbe anche essersi trasferito qualche tempo a Faenza, se si riconoscono come sue alcune opere anteriori al 1530 che presentano alcuni caratteri della sua arte.
Nella fase di piena attività, il quarto decennio del secolo, la sua maniera si mostra ligia ai canoni urbinati, che egli certo contribuisce a consolidare: la "storia" si stende, quasi costantemente, su tutta la superficie del piatto, il disegno delle figure è appesantito da un contorno in bistro, la policromia è intensa, a tavolozza estesa - blu, giallo, arancio piuttosto rossastro, giallo pavona, verde rame, verde giallastro, porpora, nero e bianco - talora con equilibrio tonale, talaltra con compiacenti concessioni alla gamma dei gialli-arancio accesi, e rivela gusto pergli accordi turchese-azzurro graduato nel pavonazzo, giallo graduato nell'arancio, per le vesti, in ciò seguendo modi pelliparieschi. Nella composizione l'A. mostra larga conoscenza degli incisori contemporanei di scuola raffaellesca, dai quali toglie con maggiore o minore libertà: stampe di Ugo da Carpi, di Marcantonio, di Marco Dente, del Caraglio, di A. Musi sono state da lui messe a profitto in più modi. Vezzo frequente, che tradisce la preparazione di cartoni o spolveri, è quello di utilizzare più volte una singola figura, disponendola in vario modo in scene diverse, talora variando particolari dell'abbigliamento, talaltra -addirittura trasformando una Venere in un guerriero, Alessandro in Muzio Scevola o in una donna. Questo è indice di una trascuratezza, di una mancanza di controllo, di un desiderio di rapida realizzazione, che contrasta fortemente con la cura ch'egli pone a rendere possibile l'identificazione dell'opera sua. Sovente, infatti, con la data e la descrizione del soggetto, la firma è così distesa: "Francesco Xanto Avelli da Rovigo in Urbino pinse ".
Colto, verseggiaore, se non poeta, oltre che pittore - come sappiamo essere stati altri artisti alla corte urbinate -, l'A. dedica nel 1537a Francesco Maria Della Rovere I duca d'Urbino una collana di 42 sonetti intitolati Il Rovere Vittorioso,conservata nella Biblioteca Vaticana, Fondo Urbinate, Cod. lat.794.
In questi sonetti troviamo alcuni accenni biografici di notevole interesse circa l'età sua e il paese d'origine (vedi Vitaletti, 1918, pp. 14, 42).Della sua cultura è indice l'annotazione del soggetto raffigurato e della fonte d'ispirazione, che egli ha cura di porre al rovescio dei piatti: Virgilio, Ovidio, Livio, Valerio Massimo, Trogo Pompeo, la Bibbia, ma anche il Petrarca e l'Ariosto; talora riporta terzine e quartine più o meno interpolate.
L'A. è uno dei pochi ceramisti che mostri interesse anche per fatti della storia contemporanea; le allegorie di questi fatti sono così commentate al rovescio dei piatti: "Nell'anno delle tribulazioni de Italia"; "Clemente in Castel chiuso et Roma langue"; "Di tua discordia, Italia, il premio or hai"; "Fra l'arme e il fuoco stei dal XX al XXX, Italia"; "Versando il Regal Tibro turbid'acque, nel trenta, e'l mar spingendo l'onde a terra, Roma sott'esse ben tre giorni giacque".
Bibl.: A. Darcel, Notice des fayences peintes italiennes, hispano-moresques et françaises et des terres cuites émaillées, Paris 1864, pp. 178 ss.; Ch. D. E. Fortnum, A descriptive catalogue of the maiolica... in the South Kensington Museum,London 1873, pp. 344 ss.; O. Falke, Majolica, Berlin 1907, pp. 91, 133; Id., Die Majolikasammlung Alfred Pringsheim in München, Leiden 1914, II,nn. 257-270; G. Vitaletti, F. X. A., Urbino 1914; Id., Le rime di F. X. A.,in Faenza, VI(1918), pp. 11-15, 41-44; B. Rackham, Guide to Italian maiolica, London 1933, pp. 53, 62; G. Ballardini, Corpus della maiolica italiana.I. Le maioliche datate fino al 1530, Roma 1933, figg. 200, 225, 228, 229, 355, 357, tavv. XXXIII, XXXIV;II. Le maioliche datate dal 1531 al 1535,Roma 1938, pp. 14, 19 ss.; Id., La maiolica italiana (dalle origini alla fine del Cinquecento),Firenze 1938, pp. 50 s.; D. Ballardini Napolitani, Ispirazioni e fonti letterarie nell'opera di F. X. A. pittore su maiolica in Urbino,in La Rinascita,III(1940), pp. 905-922; B. Rackham, Victoria and Albert Museum. Catalogue of Italian maiolica, London 1940, pp. 209 ss., 239 ss.; II, figg. 628-640, 723-730; J. Chompret, Répertoire de la majolique ital.,Paris 1949, I, pp. 188-191, tav. XII; II, fig. alle pp. 121-125; J. P. von Erdberg, Early works by F. X. A. da Rovigo in the Walters Art Gallery,in The Journ. of the Walters Art Gall.,XIII-XIV(1950-51), pp. 31-37, 75; J. P. von Erdberg e M. C. Ross, Catalogue of the Italian Majolica in the Walters Art Gallery,Baltimore, Md., 1952, nn. 47-52; G. Liverani, La maiolica italiana sino alla comparsa della porcellana europea, Milano-Roma 1957, pp. 37 s., fig. 25, tavv. 64 s.; M. Bonomi, Fonti iconografiche delle maioliche di F. X. A.,in Commentari,X (1959), pp. 190-195; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,XXXVI, pp. 340 s. (con ulteriore bibl., sub voce Xanto, Francesco A.); Encicl. Ital., XXXV,p.818 (sub voce Xanto, Francesco A.).