ALBERGOTTI, Francesco Zanobi Filippo
Nacque a Firenze il 25 maggio 1654. Nipote per parte di madre di Bàrdo de' Bardi, conte di Magalotti, il quale, andato in Francia al seguito del Mazzarino, aveva raggiunto una posizione influente nell'esercito francese, l'A. nel 1671 entrò egli pure al servizio di Luigi XIV, arruolandosi nel reggimento "Royal Italien", che lo zio era stato allora incaricato di reclutare in Italia.
Partecipò nel 1677, col grado di tenente, all'assedio e alla conquista di Valenciennes e di Cambrai. In quel penodo l'A. fu presentato dallo zio al maresciallo di Luxembourg, François-Henri di Montmorency-Bouteville, e diventò uno dei suoi favoriti, entrando a far parte del circolo suo e del principe di Conti (François-Louis di Bourbon), che godeva le simpatie di mademoiselle di Choin, favorita del delfino e, grazie ad essa, del delfino stesso e della sua corte a Meudon.
Tali amicizie valsero ad accelerare la carriera militare dell'A. e, nel 1685, a proteggerlo dalle spiacevoli conseguenze che avrebbe potuto procurargli un duello avuto in Inghilterra con l'abate di Clermont.
Promosso colonnello di fanteria nel 1680, e nel 1681 naturalizzato francese, servì nelle Fiandre durante le campagne del 1684 (assedio del Lussemburgo) e del 1689 (battaglia di Valcourt). Nel 1690, dopo che il Luxembourg, caduto in disgrazia nove anni prima, fu tornato nelle grazie del re, l'A. fu promosso generale di brigata e continuò a prestare servizio nell'armata delle Fiandre, alle dirette dipendenze del suo protettore. Partecipò così alla battaglia di Fleurus, all'assedio di Mons (1691), dove egli venne ferito, all'assedio di Namur e alla battaglia di Steenkerque (1692). Dopo tale vittoria, l'A. fu inviato dal Luxembourg a Versailles, per presentare una prima relazione a Luigi XIV (4 ag. 1692). L'A. esaltò in tale occasione la condotta dei propri amici (per esempio del Conti) e passò sotto silenzio quella di LouisJoseph e di Philippe di Vendòme e del duca del Maine, che per questo nutrirono verso il Luxembourg un profondo risentimento. Secondo il marchese de la Fare, tale sarebbe stato lo scopo consapevolmente perseguito dall'A., che, d'accordo con il Conti, avrebbe mirato ad escludere i duchi di Vend6me e del Maine dal numero dei favoriti del Luxembourg. Egli, tuttavia, riuscì a mantenere ugualmente con essi rapporti cordiali, meritandosi perciò da numerosi memorialisti dell'epoca (Saint-Simon, Vilars, ecc.) l'accusa di duplicità.
Nel 1693, l'A., a cui non erano venuti meno i favori del Luxembourg, fu incaricato da questo di svolgere una missione analoga dopo la battaglia di Neerwinden, e cioè di recare al re i numerosi stendardi strappati ai nemici. Egli dettò allora a J. Racine una relazione della battaglia, che il Racine trasmise all'abate E. Renaudot, e questi inserì, rimaneggiandola, nella Gazette.
Su proposta del Luxembourg, pur con qualche esitazione da parte di Luigi XIV, l'A. fu promosso nel 1694 maresciallo di campo. Quello stesso anno egli combatté nell'armata di Fiandra, al seguito del delfino. Nel 1695 partecipò al bombardamento di Bruxelles sotto il comando supremo del Villeroy. Frattanto, morto il Luxembourg, l'A. trovò modo di abbandonare il gruppo degli amici di lui e di entrare nel numero dei favoriti dei duchi di Vendòme e del duca del Maine, suoi rivali di un tempo. L'influenza di questo ultimo gli procurò a corte il favore dello stesso duca di Borgogna (secondogenito di Luigi XIV) e di Madame de Maintenon.
Durante la guerra di successione spagnola l'A. ottenne numerosi importanti incarichi militari. Nel 1700 gli fu affidato il comando del Reggimento reale di Monferrato. Trasferito all'armata d'Italia nel 1701, promosso luogotenente generale (1702), sotto il comando supremo di Joseph-Louis, duca di Vendòme, egli guidò, con alterni successi, l'avanzata delle truppe francesi negli stati di Modena, conquistando Modena, Reggio, Correggio e scontrandosi con le truppe imperiali presso Luzzara e presso S. Felice. Nel 1703, dopo che il duca di Vend6me ebbe conquistato la piazza di Governolo, l'A. penetrò prima nel Bolognese, poi fino a Massa e a Finale. Trasferito nel 1704 nel Piemonte, partecipò all'assedio di Vercelli e di Ivrea e l'anno successivo, morto il Magalotti, ebbe il comando del reggimento "Royal Italien". Nello stesso 1705 partecipò, con il Vend6me, alla battaglia di Cassano.
Nel 1706, dopo la battaglia di Calcinato, il Vendôme gli affidò l'importante compito di inseguire le truppe di Eugenio di Savoia e di tagliare loro la ritirata. A quanto narra il Cavaliere di Quincy e sembra confermato dal Dangeau, l'A. cadde presso Salò in una imboscata tesagli da Eugenio di Savoia. Fu allora incaricato di marciare su Ferrara, per occuparla prima degli imperiali; ma, avendo allungato il cammino per timore di altre imboscate, egli vi giunse quando Eugenio di Savoia vi aveva già insediato i suoi soldati. Secondo il Quincy, soltanto le alte protezioni di cui godeva l'A. a corte fecero passare sotto silenzio l'intero episodio. In effetti, nella relazione del duca di Vendòme non vi sono che considerazioni elogiative sul valore dell'Albergottì.
Più nota, ed altrettanto equivoca, è la parte avuta dall'A, quello stesso anno durante la battaglia di Torino. Gli fu allora affidato il comando di quarantasei battaglioni collocati sull'altura dei Cappuccini. Benché Filippo d'Orléans, al quale spettava il comando supremo durante la battaglia gli avesse chiesto di far scendere in campo almeno una parte dei suoi uomini, l'A. rimase bloccato sull'altura, probabilmente obbedendo ad un ordine del marchese di La Feuillade, che dissentiva da Filippo d'Orléans sul piano della battaglia. Dopo la sconfitta, fra le cause della quale il mancato intervento delle truppe da lui comandate ebbe peso determinante, fu affidato all'A., il compito di proteggere con i suoi battaglioni indenni il ripiegamento dell'esercito francese verso le Alpi del Delfinato. L'abilità mostrata in questa occasione, le reiterate proteste contro l'ordine stesso di ritirata, e probabilmente l'azione svolta presso Luigi XIV, per addossare la responsabilità dell'accaduto al La Feuillade, suo superiore diretto, riuscirono a salvare completamente l'Albergotti.
Distaccato presso l'esercito di Fiandra nel 1707, sotto il comando del maresciallo di Vilars, l'A. fu incaricato l'anno successivo di occupare la città di Ath, all'interno della quale esistevano forti connivenze con i Francesi. Ma, a quanto narra il Saint-Simon, L'A. arrivò in ritardo, permettendo così alla guarnigione di prendere misure difensive. Con maggiore abilità si comportò l'A. nella battaglia di Malplaquet (1709), dove fu ferito, e soprattutto a Douai, piazzaforte affidatagli nel 1710, da lui difesa con grande valore e con numerosissime sortite contro gli assedianti per cinquantadue giorni, fino alla resa concessagli alle più onorevoli condizioni. Su proposta dello stesso Vilars, il re lo nominò allora cavaliere dello Spirito Santo e gli assegnò il governatorato di Sarrelouis. La cerimonia della sua vestizione ebbe solennemente luogo a Marly il 1 genn. 1711.
Negli anni seguenti egli combatté ancora nelle Fiandre e sul fronte del Reno (battaglia di Denain, 1712, e conquista del forte di Mannheim, 1713). Dopo questa ultima impresa fu colto da un attacco di apoplessia, che segnò il suo ritiro, anche se non immediato, dalla vita militare.
Nel 1714 per incarico del re svolse una missione a Parma in vista di un eventuale matrimonio, come pare, della principessa di Parma.
L'A. morì a Parigi di un nuovo colpo di apoplessia, il 23 marzo 1717.
Le relazioni ufficiali delle battaglie, a cui l'A. partecipò (Sourches, Mémoires, IX, p. 349; XIII, pp. 154 e 457, ecc.), sono piene di lodi del suo valore. Ma numerosi memorialisti dell'epoca come il Saint-Simon (XXXI, pp. 81-84, ecc.), de La Fare (pp. 299-300), il Quincy (II, pp. 173-177, 206-207), che militò sotto di lui in Italia, il Vilars (II, p. 217) ed il Fénelon stesso (Correspondance, I, p. 504) non solo accusano l'A. di duplicità e slealtà ricordando il suo comportamento verso il Luxembourg e i duchi di Vendòme, ma gli attribuiscono anche gravi deficienze in campo più strettamente militare, documentando il loro giudizio con i diversi fatti di arme di esito sfortunato di cui l'A. fu protagonista.
Fonti e Bibl.: Non potendo dare una lista esauriente dei numerosi documenti riguardanti l'A. esistenti nelle Archives de la Guerre di Parigi e dei numerosi passi che lo riguardano ne giornali del tempo (Gazette e Gazette d'Amsterdam), rimandiamo in proposito alle indicazioni date dal De Boislisle nelle note ai Mémoires del Saint-Simon.
Tra le numerose memorie dell'epoca citiamo: Marquis de Quincy, Histoire nii/itaire de Louis le Grand, Paris 1726, III, pp. 672-673; VI, pp. 202, 321, 339-340; VII, pp. 74-78, 224 e passim; Pinard, Chronologie historique militaire, IV, Paris 1778, pp. 449-453; Fénelon, Correspondance, I, Paris 1827, pp. 504; J. J. Pelet, Mémoires rnilitaires relatifs à la Succession d'Espagne sous Louis XI V,V, Paris 1842, pp. 135-136; VI, ibid. 1845, pp. 655-656; X, ibid. 1859, pp. 25, 49-50 e passim; Marquis de La Fare, Mémoires, in Mémoires pour servir l'histoire de France, Nouvelle édition, VIII, Paris 1839, pp. 299-300; Ph. de Courcillon, marchese di Dangeau, Journal, I, Paris 1854, p. 155;IV, ibid. 1855, p. 137-138; V, p. 148; X, ibid. 1857, p. 298 e 313; XI, ibid. 1857, pp. 92-97; XII, pp. 248 e 274; XIV, p. 430-432 e passim; Saint Simon, Mémoires, I-XXXI, Paris 1879-1920, passim; Marquis de Sourches, Mémoires, IV-XIII, Paris 1885-93, pp. I, 154, 457 e passim; M. de Chamillard, Correspondance et papiers inédits, Le Mans 1884, I, pp. 187, 203, 302; II, pp. 69, 130-132; Maréchal de Vilars, Mémoires, II, Paris 1887, p. 217; III, ibid. 1889, pp. 69, 71-74, 89, 156-163, 193-194; J. Racine, Oeuvres, a cura di P. Mesnard, V, Paris 1887, pp. 241-242; VII, ibid. 1888, pp. 112-114 e 115; Chevalier de Quincy Mémoires, 1-111, Paris 1898-1901, passim. Elementi utili si possono ricavare anche da P. de Ségur, Le Tapissier de Notre-Dame. Les dernières années du maréchal de Luxembourg (1678-1695), Paris s.d., pp. 316-317, 386, 408-409, 424; Hardy de Périni, Batailles françaises, VI, Paris 1906, pp. 170-178 e passim; Dict. de biographie française, I, coll. 1163-1164.