ZIGLIARA, Francesco (
in religione Tommaso Maria). – Nacque a Bonifacio, in Corsica, il 29 ottobre 1833 da Francesco e da Maddalena Costa, in una famiglia di origini italiane di piccoli commercianti e proprietari di uliveti. Ebbe una sorella, Giuseppina, e tre fratelli: Giovanni e Vincenzo e un terzo fratello che, in seguito a una grave malattia, morì il 18 maggio 1865.
Il giovane Francesco compì gli studi nella città natale, dapprima presso i Fratelli delle scuole cristiane e poi sotto la guida del padre gesuita Luigi Piras, da poco rientrato dalla Francia, quasi un secondo padre con cui instaurò un legame profondo destinato a durare tutta la vita.
Zigliara, maturata fin da ragazzo la decisione di dedicarsi alla vita religiosa, entrò nell’ordine dei domenicani, dove il 12 ottobre 1851 fu avviato al noviziato presso Anagni, sotto la guida di padre Vincenzo Collu. Si trasferì a Roma per compiere gli studi di filosofia e greco (padre Reginaldo Barbiani fu il suo professore di greco) e successivamente si dedicò allo studio della teologia nel convento di S. Domenico di Perugia, dove il 24 aprile 1855 fu nominato suddiacono e il 22 dicembre del medesimo anno diacono. L’anno seguente, il 17 maggio 1856, ricevette l’ordinazione sacerdotale dall’arcivescovo di Perugia, il cardinale Gioacchino Pecci, futuro Leone XIII. Perfezionò poi i suoi studi a Roma, dove il 6 ottobre 1859 conseguì il lettorato in sacra teologia. Dopo avere insegnato presso il collegio perugino di S. Tommaso, Zigliara insegnò l’italiano e la Summa Theologiae nel convento di Corbara in Corsica e, in seguito, filosofia e teologia a Viterbo rispettivamente nel seminario cittadino e nel convento di S. Maria dei Gradi, dove rimase per circa dieci anni (dalla fine di ottobre del 1860 alla fine di novembre del 1870). In questo decennio dovette fronteggiare diversi problemi sia familiari, come difficoltà economiche e la scomparsa di un fratello, sia politici, legati dapprima alla formazione di un governo provvisorio in Viterbo, e poi all’assedio della città da parte delle truppe francesi di Napoleone III, fino alla sua definitiva annessione al Regno d’Italia (1870). Nel periodo del governo provvisorio, però, Zigliara si trovava in Corsica e ritornò a Viterbo quando la situazione si era momentaneamente stabilizzata. Nonostante le difficoltà connesse anche alle sue posizioni tomistiche, non accolte da tutti gli altri docenti, quelli di Viterbo furono anni intensi di studio e di produzione filosofica, che lo portarono alla pubblicazione dell’ampio Saggio sui principi del tradizionalismo (Viterbo 1865) in polemica con la posizione tradizionalista di padre Gioacchino Ventura di Raulica che, secondo lui, avrebbe basato il suo pensiero su san Tommaso fraintendendolo. Altro scritto polemico del periodo, sempre in difesa della dottrina tomistica, fu l’opuscolo Sopra alcune interpretazioni della dottrina ideologica di s. Tommaso di Aquino del professore Gerardo Casimiro Ubaghs (Viterbo 1870), nel quale Zigliara confutava l’innatismo del pensatore belga che erroneamente aveva fondato il suo sistema sulla dottrina del dottor Angelico fuorviandola e falsandola.
Da Viterbo Zigliara fu poi chiamato a Roma a insegnare nel convento di S. Maria sopra Minerva, sede della curia generalizia e del collegio S. Tommaso in Urbe, la futura Pontificia Università di S. Tommaso d’Aquino, conosciuta anche come Angelicum. Fu docente di logica e metafisica alla Minerva, dove rifiutò la nomina a priore, e dopo avere ottenuto, nel 1872, la patente in filosofia dal governo italiano, divenne rettore del collegio S. Tommaso in Urbe, nel 1873. Nel medesimo anno, in seguito alla confisca dei beni ecclesiastici da parte del governo italiano, Zigliara, insieme agli altri religiosi e agli allievi, fu costretto a lasciare la Minerva per spostarsi nel seminario francese di S. Chiara in Roma, dove poté proseguire l’insegnamento di filosofia e teologia. Il 23 giugno 1873 fu nominato consultore della congregazione dell’Indice e l’anno successivo divenne membro dell’Accademia filosofico-medica di S. Tommaso d’Aquino. In questo periodo Zigliara pubblicò l’opera in quattro libri, in due volumi, Della luce intellettuale e dell’ontologismo secondo la dottrina de’ santi Agostino, Bonaventura e Tommaso di Aquino (Roma 1874) dedicata all’ideologia di san Tommaso, alla natura della conoscenza tramite la disamina e la confutazione dell’ontologismo.
Il primo libro aveva come oggetto la facoltà intellettiva e la controversia con gli ontologisti sull’intelletto agente, sulla natura dell’astrazione, sugli universali e sulla conoscenza dell’infinito. Nel secondo, invece, veniva mossa tutta una serie di obiezioni all’ontologismo, in particolare alle prove di ragione e di autorità attraverso un attento esame degli autori citati a difesa dell’ontologismo, quali sant’Agostino, sant’Anselmo, san Bonaventura. Dopo avere dimostrato la falsità dell’ontologismo nel terzo libro, Zigliara, nel quarto e ultimo libro, aveva cercato una conciliazione tra le scuole cattoliche mostrando quanto di vero ci fosse nella dottrina degli ontologisti.
Due anni più tardi, il 17 marzo 1876, fu nominato membro dell’Accademia di S. Tommaso e pubblicò la sua opera più rilevante e fortunata, la Summa philosophica in usum scholarum (Roma 1876) a lungo adottata come libro di testo in molti seminari che seguivano la dottrina tomistica, in Europa, Canada e Stati Uniti. L’opera, in tre volumi, era suddivisa in quattro parti che esponevano accuratamente la dottrina aristotelica-tomistica nella logica, nell’ontologia, nella cosmologia, nella psicologia, nella teologia naturale e nell’etica. L’anno seguente fu nominato consultore della Sacra congregazione degli Affari ecclesiastici.
Successivamente Zigliara, in difesa del gesuita Giovanni Maria Cornoldi in polemica con Domenico Palmieri, diede alle stampe l’opuscolo De mente concilii viennensis in definiendo dogmate unionis animae humanae cum corpore: deque unitate formae substantialis in hominae iuxta doctrinam s. Thomae, praemissa theoria scholastica de corporum compositione (Roma 1878), nel quale affermava che il concilio viennese (1313) aveva accettato come sostegno dogmatico la tesi tomistica relativa all’anima umana come forma sostanziale del corpo.
Nel medesimo anno fu eletto papa Leone XIII che, nel suo primo concistoro del 12 maggio 1879, elevò Zigliara al grado di cardinale. In particolare, nei quattordici anni di cardinalato egli fu dapprima cardinale diacono del titolo dei Ss. Cosma e Damiano, successivamente cardinale prete del titolo di S. Prassede e, infine, cardinale vescovo di Frascati, ma a causa del diabete non ricevette l’ordinazione episcopale. Accettò anche di far parte di varie accademie: quella degli Ardenti di Viterbo, quella della Religione cattolica, quella degli Ernici, quella del Collegio teologico di Napoli.
Collaborò alla stesura di molti documenti pontifici: l’enciclica Aeterni Patris (4 agosto 1879) sulla restaurazione della dottrina tomistica nelle scuole cattoliche; il breve Cum hoc sit (4 agosto 1880) sul patronato di S. Tommaso sugli studi; le lettere sulla libertà, sulla famiglia, sulla condizione degli operai e la lettera ai cardinali francesi del 3 maggio 1892. Compilò inoltre uno dei primi testi dell’enciclica leonina Rerum novarum (15 maggio 1891).
Nel periodo delle polemiche contro i rosminiani per l’interpretazione del decreto assolutorio Dimittatur opera (3 luglio 1854) Zigliara, che si annoverava nella schiera di coloro i quali concordavano con i gesuiti sull’eterodossia del sistema rosminiano, scrisse un intervento intitolato Il Dimittatur e la spiegazione datane dalla Sacra Congregazione dell’Indice (Roma 1881). Contro tale intervento l’ormai ex gesuita Carlo Passaglia, docente nell’ateneo torinese, scrisse un ampio volume con serrate argomentazioni di carattere etico-giuridico sulla liceità di rivedere il decreto del 1854: La Congregazione dell’Indice ed il cardinale Zigliara (Torino 1882). La posizione di Zigliara venne poi intrepretata da Cornelio Fabro come quella che aperse la strada alla decisione della congregazione dell’Indice sulla condannabilità delle opere rosminiane esaminate e dimesse (5 dicembre 1881), determinante per l’inizio della quarta fase della questione rosminiana, segnata dal Post obitum (14 dicembre 1887), sentenza di condanna delle quaranta proposizioni attinte dalle opere rosminiane come «poco consone alla fede cattolica» (Fabro, 1988).
Leone XIII affidò a Zigliara l’edizione critica (detta Leonina) delle opere di san Tommaso, della quale curò il primo volume dei commentari dell’Aquinate al Peri Hermeneias e agli Analitici posteriori di Aristotele: Commentaria in Aristotelis libros Peri Hermeneias et Posteriorum analyticorum (Roma 1882).
Zigliara contribuì anche a sostenere il suo antico collegio di S. Tommaso in Urbe, che divenne facoltà di filosofia con decreto del 24 ottobre 1882. Dal 1885 fu chiamato come componente del S. Uffizio e nel 1888 divenne anche prefetto della Sacra congregazione per gli studi.
Per quanto riguarda la sua produzione scientifica si ricordano altresì la Propaedeutica ad Sacram theologiam in usum scholarum, seu tractatus de Ordine supernaturali (Roma 1884) e un trattato incentrato sui sacramenti, del quale riuscì a revisionare le parti sul battesimo e sulla penitenza poco prima della sua morte.
Morì, a causa del diabete, il 10 maggio 1893 a Roma alla presenza dei confratelli che, secondo l’uso dell’ordine domenicano, intonarono la Salve Regina.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico di Santa Maria sopra Minerva, Carte Zigliara; Archivio generale dell’Ordine dei predicatori.
R. Fei, Il cardinale Tommaso Zigliara, O.P., (1883-1893), in Memorie domenicane, LXV (1928), pp. 265-275; O.F. Tencajoli, Il cardinale Tommaso Maria Zigliara O.P., in Memorie domenicane, LII (1935), pp. 160-176; M. Giammarino, Alle origini del neo-tomismo. Il cardinal Tommaso Zigliara (1833-1893) nelle sue opere filosofiche e nell’epistolario, in Memorie domenicane, XCII (1975), pp. 167-339; L. Malusa, Neotomismo e intransigentismo cattolico. Il contributo di Giovanni Maria Cornoldi per la rinascita del tomismo, I, Milano 1986, pp. 255-257; C. Fabro, L’enigma Rosmini, Napoli 1988, pp. 152-155; G. Grasso, Il card. Tommaso Maria Zigliara, o.p., l’uomo, il domenicano, il cardinale, in Angelicum, LXV (1988), pp. 224-239; M.A. Raschini, Z. e Rosmini, in Angelicum, LXVII (1990), pp. 555-577; Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation 1814-1917, a cura di H. Wolf, II, L-Z, Paderborn 2005, pp. 1588-1595; Antonio Rosmini e la Congregazione del Santo Uffizio. Atti e documenti inediti della condanna del 1887, a cura di L. Malusa - P. De Lucia - E. Guglielmi, Milano 2008, pp. 287-297; S. Zanardi, La filosofia di Antonio Rosmini di fronte alla Congregazione dell’Indice 1850-1854, Milano 2018, pp. 48 s.