FRANCHI
. Comparsi nella storia della Gallia romana già nel sec. III d. C., solo alla fine del sec. V diventano l'elemento predominante. La loro storia prima dell'installamento nella Gallia è pressoché sconosciuta. Sappiamo da Vopisco, ma la notizia non è sicura, che verso il 245 una banda di Franchi tentò una scorreria in Gallia ma fu da Aureliano, ancora tribuno, respinta presso Magonza.
Il nome è d'origine incerta: anziché nome etnico o nazionale, è probabilmente una designazione complessiva di popoli diversi che i Romani conoscevano già e indicavano col loro nome: i resti dei Chamavi, Chatti, Salî, Chasuarî o Chatruarî, Bructerî, Teucterî, Amsivarî e altri spinti da motivi di guerra a unirsi. Il nome di Franchi compare fra le tribù del Basso Reno. L'ignoranza della loro origine diede poi motivo a genealogie erudite e naturalmente false: così Gregorio di Tours (fine sec. VI) dice la Pannonia paese d'origine; lo Pseudo Fredegario (sec. VII) parla di Troia; altri parlarono di Franco, figlio di Manno, riprendendo forse solo il racconto di Tacito sull'origine dei Germani.
L'indebolirsi della linea romana sul Reno, avvenuto sotto Valeriano e Gallieno (253-268) per le lotte civili in Italia e l'invasione dei Goti sul Danubio inferiore rese possibile a varie tribù franche di attraversare il Reno. Il generale Postumo, comandante del limes, combatté nel 258 e nel 259 per respingerli: una schiera franca riuscì a giungere sino alla Spagna, dove rovinò Tarragona. Postumo, proclamatosi imperatore, attese a restaurare il confine renano con notevoli fortificazioni, combatté coi barbari sulla destra del Reno e prese il titolo di Germanico. Nuove scorrerie si ebbero sotto Tetrico (270-273); Aureliano a sua volta batté i Franchi e nel 274 ne menò trionfo. Nel 277 l'imperatore Probo affidò ai suoi legati la guerra contro i Franchi, mentre egli combatteva contro gli Alamanni. I prigionieri, trasportati sulle coste del Mar Nero, s'impadronirono di alcune navi e ritornarono al loro paese d'origine sul Mar del Nord dopo aver saccheggiato varie coste del Mediterraneo. Si trattava evidentemente dei Salî in comunicazione col mare attraverso la Batavia. Infatti verso il 285 troviamo Sassoni e Salî sulle coste della Manica a saccheggiare. Dalla Batavia pare li abbia respinti verso il 288 il prefetto Costanzo. Movimenti sincroni avvenivano per opera di tribù franche renane. Le loro scorrerie a sud del Reno furono respinte da Massimiano, che li inseguì sulla destra del fiume, li sconfisse e costrinse il loro re Gennobaude a chiedere pace. Verso il 294 la tribù dei Chamavi comparve sulla sinistra del Reno; Costanzo Cloro accorse, li batté e li respinse.
Per qualche anno pare che le armi posassero. Ma già nel 306-310 l'imperatore Costantino dovette ricacciare i Franchi Brutterî, che avevano invaso la Gallia, e inseguirli oltre il Reno, devastando i territorî di varie tribù. Tuttavia altre tribù franche, operarono varie scorrerie fra il 313 e il 320: Costantino nel 313 festeggiò in Treviri una sua vittoria sui Franchi; il figlio Crispo nel 320 combatteva però ancora coi Salî. Costantino rinnovò le fortificazioni del Reno e i movimenti dei Franchi ricominciarono solo nel 341; l'imperatore Costante li batté e li costrinse alla pace.
Ma nel 350 la guerra scoppiata fra Costanzo e Magnenzio rese possibili nuove invasioni in Gallia. Il confine era rimasto sfornito di difensori: i Salî si stabilirono nella Batavia, altre tribù occuparono Colonia e la regione renana. Provvide con celerità ed energia a ristabilire l'ordine il cesare Giuliano, che impose ai Franchi la restituzione di Colonia e iniziò le operazioni per eliminare i gruppi franchi dal territorio romano (357). I Salî che si piegarono alla volontà imperiale furono lasciati nella Tossandria in qualità di dediticii, sudditi. I Chamavi furono respinti, ma Giuliano acconsentì a un trattato con il loro re Nebigasli. I barbari presero impegno di non disturbare la navigazione sul Reno e il territorio romano, e di mettere reparti armati a disposizione dell'esercito romano (359). L'imperatore attraversò il Reno, sconfisse i Chattuarî e li costrinse a pace (360). L'opera di restaurazione fu compiuta con la ricostruzione di varî castelli e Giuliano assunse il titolo di Francico.
In un secolo di relazioni franco-romane non è da meravigliare che in tutta la Gallia settentrionale l'elemento franco si fosse installato anche pacificamente in una colonizzazione agricola notevole. Ma più importante certo è l'apporto franco all'opera di organizzazione militare romana. Nel sec. IV i Franchi erano apprezzati per la loro intrepidezza nello sfidare la morte, tanto che durante il sec. IV molti reparti franchi compaiono di presidio in varie regioni dell'Impero. Costantino aveva al suo servizio un ufficiale franco, Bonito, padre di Silvano magister peditum di Costanzo. Alla corte di Costantino II i Franchi erano numerosi e potenti e numerosi sono i generali romani di origine franca nella seconda metà del sec. IV: Laniogauso, Malarico, Teutomere, Mallobaude, Merobaude, Hellebic, Ricomere, Bantone, Arbogasto, ecc.
Alla metà del sec. IV la disposizione delle tribù franche rispetto al confine romano è tale da poter distinguere due gruppi di Franchi, non però così nettamente come la storiografia moderna ha precisato. Quelli stanziati lungo il Reno dai Romani furono detti rivieraschi o Ripuarî, termine però che compare solo nel sec. VIII; essi trovarono maggiore difficoltà nella penetrazione in territorio romano. I Franchi dell'estremo ovest, nella valle dell'Ijssel, lungo il mare e detti perciò Salî, poterono infiltrarsi attraverso alla zona paludosa nel Brabante, dove li lasciò Giuliano.
Verso il 388 il generale Teodosio dovette di già intervenire nella zona batava per respingere un'invasione dei Chamavi: Valentiniano I si chiamò per la vittoria Francico. Quando Magno Massimo venne a guerra con Teodosio (388), la frontiera renana fu abbandonata dalle legioni e il fiume fu attraversato da Brutterî, Amsivarî, Chattuarî, Chamavi: i loro re erano Genobande, Marcomer, Sunno. Le legioni romane di Nannieno e Quintino li ricacciarono dal territorio di Colonia e li inseguirono oltre il Reno. Nel 389 i Franchi ricomparvero sulla sinistra del Reno a saccheggiare, senza trovare ora alcuno ostacolo. Valentiniano venne a trattative con Marcomer e Sunno, ottenendo ostaggi; ma dopo la sua morte il generale Arbogasto inseguì i suoi connazionali sulla destra del Reno (392). Negli anni seguenti fra l'Impero e i Franchi furono conchiusi accordi: un foedus fece dei barbari i difensori del limes. Merito dell'intesa ebbe Arbogasto e il suo protetto, l'imperatore Eugenio (393); Stilicone riconfermò il patto nel 396. La pace così regnò anche quando si svolse in Italia l'invasione visigota (401); ma la resistenza dei Franchi fu scarsa o mancò quando nel 406 il Reno fu attraversato a Magonza dalla massa dei Vandali, Alani e Svevi. I Franchi ripuarî rimasero però nelle loro sedi sulla destra del Reno e con essi trattò, rinnovando gli accordi, l'usurpatore Costantino III.
Soltanto dopo il 410 abbiamo scorrerie dei Franchi ripuarî attorno a Treviri che fu anzi saccheggiata (nel 411?, 413?, 420?). Dopo il 420 la regione di Treviri e di Colonia è nelle mani dei Franchi. Anche i Salî si mettono ora - dopo il 420 - in movimento. Dalla Tossandria si spingono a sud, un loro re Clodione occupa Cambrai, un altro, Meroveo, si stanzia a Tournai. Ma Ezio nel 425 assume il governo e si propone di ristabilire il limes del Reno. I Ripuarî furono battuti e ricacciati oltre il fiume (428); solo i Salî, sebbene sconfitti a Helesmes (Dnain), ottennero di rimanere nei territorî occupati a titolo di foederati. Ma anche i Ripuarî erano sotto l'egemonia di Ezio e nel 451 l'esercito romano che sconfisse Attila aveva reparti così di Salî come di Ripuarî (Brutterî). Morto Ezio nel 454 i Ripuarî non trovarono più difficoltà nel loro programma di stanziarsi sulla sinistra del fiume. Prima Colonia e poi Treviri caddero in loro possesso; così anche Toul e Metz. In tal modo si formò sulla sinistra del Reno una Francia ripuaria. Una Francia salica si estendeva invece più a occidente attorno a Cambrai e a Tournai, giungendo sino al corso della Somme. Tale era la situazione alla caduta dell'Impero, nel 476 (per il periodo posteriore v. francia: Storia; germania: Storia).
La storia interna delle popolazioni franche è pochissimo conosciuta per tutto il periodo anteriore sino al loro definitivo stanziamento nella Gallia. Tribù molto disgregate, dominate da una tradizione particolaristica, tendono solo per circostanze esterne a una certa organizzazione unitaria, che sarà poi merito personale di uno dei loro re, Clodoveo di Tournai. Le guerre e le emigrazioni favoriscono il rafforzarsi dell'autorità monarchica, mentre in un'epoca precedente i re avevano un'azione circoscritta dall'esistenza dell'assemblea popolare. Questa pare ancora esistere presso i Ripuarî del sec. V, mentre già era scomparsa presso i Salî, presso i quali vi erano diverse dinastie, forse ramificazioni dei Merovingi. Parrebbe adunque che si trattasse di monarchia ereditaria, almeno per il sec. V; secondo Gregorio di Tours la monarchia si sarebbe introdotta presso i Salî solo dopo l'emigrazione sulla sinistra del Reno. È da giudicare quindi che la monarchia di Clodoveo sia una formazione storica recente, d'imitazione dall'impero romano.
Il re sale al potere per eredità; viene riconosciuto con la cerimonia della sublimazione o elevazione sullo scudo; gli si giura fedeltà, prima per le divinità etniche, poi, dopo la conversione al cristianesimo, sulle reliquie. Il re ha come emblema regio la lancia; porta come i re di altre tribù germaniche la lunga capigliatura. Uso romano, ma forse penetrato da secoli fra le popolazioni germaniche, è l'anello con l'effigie del re, che ora serviva per sigillare i documenti. Un diadema in capo all'uso imperiale; così il seggio regale, così gli abbigliamenti distinti e suntuosi.
Presso i Franchi vi era probabilmente prima dell'emigrazione in terra romana un'aristocrazia militare; l'emigrazione la distrugge e la sostituisce con una nuova aristocrazia fondiaria. Il popolo franco nel sec. V è diviso in tre classi: liberi, semiliberi, schiavi. Così ci appare nella legge Salica, che è certo non anteriore all'ultimo decennio del secolo. Il Franco libero aveva un guidrigildo di 200 solidi; triplice era il guidrigildo di chi era al servizio del re o come funzionario, o come suo conviva o come antrustione (guardia armata). Il servire il re o l'essergli amico costituiva nella società franca, dopo l'emigrazione, un motivo di distinzione e non altro. Il re è alla direzione dello stato e ha tutti i diritti e tutti i poteri. I sudditi gli debbono obbedienza, giuramento; e ad essi egli accorda la protezione della sua parola (sermo regis). Nelle conquiste Clodoveo offre ai vinti la sua protezione.
L'amministrazione della giustizia regia è d'importanza fondamentale nello sviluppo della monarchia dei Merovingi. L'unità giudiziaria pare fosse la centena (v.). Ogni centena ha il suo tribunale, mall, che si raduna nel mallberg. Quivi si compiono gli atti giudiziarî, sotto la direzione del thungino o centenario, che non sappiamo se fosse di elezione regia o di elezione della centena, ed era assistito dai sette rachimbones. Chi rifiuta di comparire al mall della centena, è citato al tribunale del re. La discussione del processo è basata sul giuramento: giuramento dell'accusatore, dei testimoni; se l'accusa è indiziaria, presunta, tocca all'accusato di rispondere giurando e portando dei garanti (coniuratores). Alla prova del giuramento poteva essere sostituita quella del combattimento o giudizio di Dio. Nella legge non si fa più parola del combattimento giudiziario, ma solo delle varie ordalie. Il re franco del sec. V ha di già una corte nella città principale del suo territorio; ha cortigiani, ha funzionarî denominati alla romana e diretti da un capo, detto maior domus regiae.
Il regno è diviso in distretti: quando si era in terra germanica il distretto era il gau; dopo il passaggio nel territorio romano si accettò l'esistente circoscrizione gallo-romana delle città (civitates). Funzionario provinciale era il graf, che si confuse poi con il conte gallo-romano. Ma lo stato pretende di conservare il suo carattere germanico: infatti si dice regnum Francorum.
Quale la situazione dei Romani nel regno dei Franchi? Divisione di terre come con gli Ostrogoti e i Visigoti non vi poté essere, dato che Salî e Ripuarî si stabilirono in territorî in cui la romanità era quasi scomparsa. Dovevano però, specie nelle città, esserci ancora dei Romani.
Nella legge Salica, il guidrigildo del romano libero corrisponde a metà del guidrigildo del Franco libero, cioè 100 solidi, come per il semilibero franco. Condizione d'inferiorità? Ma la legge Salica è della fine del sec. V, quando Clodoveo si convertiva al cristianesimo romano e aveva bisogno dell'appoggio delle popolazioni romane della valle della Loira e dell'Aquitania. Il Brunner pensa a un ragguaglio più semplice fra i guidrigildi del Franco e del Romano: mancherebbe nel guidrigildo del Romano solo la parte spettante alla famiglia per il diritto di vendetta (66 solidi ⅓), sarebbe di conseguenza anche la parte del re ridotta da 66 ⅓, a 33 e 1/8 e perciò si avrebbe il guidrigildo di 100 solidi (66 ⅓ + 33).
Giuridicamente nello stato franco vi fu livellamento fra Romani e barbari. Ma non si deve pensare che i Romani siano stati trattati con molti riguardi. La loro condizione si fece migliore soprattutto sotto Clodoveo, la cui conversione al cristianesimo era un interessato omaggio alla romanità; non l'indizio di una politica di conciliazione fra i due elementi, ma un nuovo passo in quella via per la quale già molto era stato fatto in precedenza. È vero che non scomparve l'alterigia del Franco, il suo disprezzo per il Romano, ma lo stato franco non seppe conservare il suo carattere germanico: elementi romani ed elementi germani contribuiscono ugualmente al suo sviluppo e alla sua costruzione. In questo stette la sua forza: Clodoveo, infatti, non fece nelle sue conquiste distinzione fra terre romane e terre franche: costituì uno stato senza unità etnica, sociale, religiosa; chiese solo che si accettasse la sua volontà e gli si pagasse tributo. E in questo era a un tempo la debolezza e la forza dell'organismo merovingico. I Franchi del sec. V, come ce li descrive Sidonio Apollinare, erano di scarsa civiltà. Capelli rossi ricacciati verso la fronte, lasciando la nuca allo scoperto, occhio verdastro, viso glabro, appena dei magri mustacchi. Avevano abiti aderenti, che lasciavano scoperto il ginocchio, camicia di lino, abiti di pelliccia e un largo cinturone stretto al ventre.
Le varie necropoli ci dànno abbondante materiale bellico merovingico. Le principali armi franche erano la francisca, la lancia e la spada. La francisca era un'ascia a un solo fendente, sebbene gli scrittori romani per eleganza la chiamassero bipenne; ed era lanciata in battaglia, a un dato segno, contro gli scudi dei nemici con terribile violenza e sicurezza di colpo. Di solito era appesa al cinturone. La lancia franca era grossa, pesante; ma terribile era l'angone o giavellotto: il manico di legno corto, la parte di ferro lunga sino a un metro, la punta munita di 2 0 di 3 uncini. Anche l'angone si lanciava e il colpo era sicuro. Dal cinturone pendeva ancora la lunga spada a due fendenti: la lunghezza era fra 80 cm. e un metro, la larghezza da 4 ½, cm. sino a 6 cm. Più comune era però lo skramasax, coltellaccio che era quasi una spada: lungo da 44 a 76 cm., largo da 4 a 6 ½ cm. L'armamentario franco comprendeva ancora arco e freccia a punta metallica e lo scudo rotondo, piccolo, di legno ricoperto di cuoio, un umbone metallico al centro. Invece solo tardi usarono elmo e corazza. Dal cinturone di cuoio, chiuso da una larga fibbia di ferro damaschinato d'argento o di bronzo inciso, pendeva ancora un pugnale, un pettine, le forbici, una borsa con monete e altro.
I Franchi erano nel giudizio dei Romani del sec. IV e del V un popolo bellicoso e tremendo. Proverbiale poi era l'incapacità loro di stare ai patti promessi; d'altra parte Salviano ricorda come caratteristica dei Franchi l'ospitalità. La Legge Salica ci rappresenta ancora il popolo in qualche atteggiamento fiero e grossolano. Piaceva al Franco ingiuriare l'avversario dicendolo vile, lepre oppure fraudolento, volpe, e accusarlo di aver disertato il posto in battaglia. Ci si dice nella Legge di bande di uomini che assalgono persone e case; di gente che ruba i prodotti agrarî, il bestiame, gli schiavi.
L'assassinio e le ferite hanno una grande importanza nella legge Salica che rispecchia un momento in cui il principio della composizione tende a sostituire il diritto della vendetta. Questa vige ancora per certi gravi delitti quali la violazione della sepoltura, l'omicidio, l'adulterio, lo stupro, il ratto. Se l'offeso invoca il tribunale, questo costringe l'offensore a comparire e ad acconsentire alla compensazione, faidus, per sfuggire alla faida, l'inimicizia e la vendetta dell'offeso. La compensazione è fissata in base al wergeld, che è il valore della persona (praetium sanguinis). Per ferite la compensazione è il corrispettivo della diminuzione del valore della persona; per furti è il corrispettivo del danno recato alla persona. Lo stato compare di già come rappresentante dell'ordine pubblico violato dal delitto ed esige dall'offensore il fredus (friede, pau). Chi cerca di sfuggire alla compensazione per mancanza di denaro, comporrà con la sua persona, cioè con la vita. Questa tariffa meticolosa riguarda gli uomini liberi. Lo schiavo è considerato con estrema asprezza ed esposto alla pena di morte; mentre il libero per qualsiasi delitto si salva con l'ammenda. Ma feroce è la disposizione verso i delitti di violazione e saccheggio di sepoltura; il colpevole è dichiarato fuori della società, respinto dall'ospitalità degli stessi suoi parenti.
Non mancano nella Legge disposizioni contro i sortilegi e le stregonerie, accenni a un culto politeistico scomparso e non molto riconoscibile. I concilî del sec. VI e disposizioni legali vietarono la conservazione di statue di divinità. Anche la predicazione ecclesiastica, dal sec. VI in poi, colpisce gli usi ma con notizie assai vaghe. Gregorio di Tours dice che i Franchi silvarum atque aquarum, avium bestiarumque et aliorum quoque elementorum finxere formas ipsasque ut deum colere eisque sacrifitium deliberare consueti (Hist. Fr., 11, 10). Di qualche tempio barbarico abbiamo traccia in scrittori del sec. VI, ma sono pochissimi casi. Secondo Ennodio (Vita Ant., 13) i Franchi avrebbero usato anche i sacrifici di vittime umane. La tarda conversione al cristianesimo, iniziatasi sotto Clodoveo e sviluppatasi solo nei primi decennî del secolo VI, lasciò ai Franchi per molto tempo una mentalità idolatra e consuetudini superstiziose.
La Legge Salica ci mostra i Franchi amanti dell'agricoltura. Ricchezza principale erano i greggi. Conosciuta e usata la cerealicoltura, il giardinaggio, la viticoltura. La Legge rivela un grande rispetto della proprietà privata: forti ammende colpiscono chi strappa i pioli della siepe, chi entra col carro nel campo del vicino, chi lo attraversa quando il grano germoglia, chi manda il gregge a pascolare nelle terre altrui. Ma la colonizzazione dei Salî e dei Ripuarî fu assai ristretta rispetto alle grandi estensioni di territorî sottomessi. I Salî colonizzarono a nord della Cauche e della Silva Carbonaria, nelle valli della Lys, della Schelda. A sud di una linea che va da Saint-Omer ad Aire, Meerghem, Armentières, sino a Maastricht, gli stabilimenti franchi diminuiscono e scompaiono. I Ripuarî colonizzarono le regioni già dette di Colonia, Treviri, Metz, Toul; il centro era la zona dell'Eifel; così nel Lussemburgo e nella Lotaringia, con confini verso sud e ovest corrispondenti all'attuale confine linguistico franco-tedesco. I nomi degli stabilimenti Franchi così Salî come Ripuarî si riconoscono dal suffisso -hem (heine, altoted. = vicus) che diede spesso ingen, inghem; così Capinghem, Radinghem, Loringhem, ecc. Invece molti nomi della zona francese settentrionale con suffisso -court (curtis), weiler, williers (villare), meis (mansum), mesnil (mansionile), e un nome di persona, se da molti sono considerati come fondazioni germaniche (Gröber), da altri sono dette fondazioni di Romani, respinti dai territorî più settentrionali, che per moda imitavano l'onomastica dei conquistatori. Ma certo questi abitati sono di molto posteriori all'invasione. Nulla di conclusivo si può avere dai nomi degli abitati per la questione della vita economica degli abitati barbarici stessi. I termini vicus, villa non indicano determinati installamenti, ma debbono interpretarsi secondo i testi. Caratteristica dei Franchi prima dell'emigrazione è l'installamento rurale famigliare, che deve essere stato portato in terra romana. Il desiderio dei conquistatori di non sparpagliarsi troppo guidò certo alla formazione di gruppi o villaggi. Più tardi anche la villa famigliare si trasformò in comunità.
Il centro di produzione agricola o villa si componeva di un edificio di legno molto semplice, con un'apertura sul tetto; adiacente è la screona o screuna, luogo semisotterraneo per i lavori delle donne (genicium), poi i magazzini e le stalle. Un recinto circonda il tutto. Mobilio scarsissimo: qualche cassa per gli abiti, ecc.
La famiglia ci appare nella Legge Salica ancora un organismo robusto, i cui membri sono solidali gli uni con gli altri. Così l'assassino che non può pagare la composizione invoca l'assistenza dei famigliari (chrone chruda): dodici persone (coniurati) affermano che egli non ha nulla; a sua volta egli entra nella casa, raccoglie terra ai quattro angoli della soglia, la getta sul parente prossimiore; scalzo, in camicia, con lo spiedo in mano, salta la siepe e si dichiara spoglio. La responsabilità collettiva famigliare può essere a sua volta respinta così: chi vuole rompere i legami della parentela, davanti al tribunale, rompe sul proprio capo tre bacchette, le getta ai quattro angoli e dichiara di rinunciare a eredità e interessi famigliari. La famiglia è bene rappresentata dal mundio (mano, protezione) del capofamiglia; questi esercita la sua autorità sulla moglie, sui figli, sui liberti e affrancati, sugli schiavi. Blocco morale, la famiglia è anche blocco economico; il patrimonio fondiario era divisibile esclusivamente tra i figli maschi, per impedire che attraverso i matrimonî le terre uscissero dalla comunità famigliare (principio che portò poi alla cosiddetta legge salica dell'incapacità della donna alla successione regia). La successione ereditaria è regolata in modo rigido: i figli ereditano e dividono in parti uguali. Mancando i figli maschi, subentrano i fratelli, gli altri parenti; ai beni mobili anche le donne. Vi è un altro mezzo per trasmettere ai non parenti la proprietà: l'attore compare davanti al tribunale, investe di quanto possiede un intermediario che prende possesso, alberga ospiti e nell'anno solare trasmette i beni al vero donatario (atto per adfathiniere).
L'esame delle tombe franche rivela nella produzione tecnica franca non caratteri originali, ma il dominio dell'arte orientale barbarica che aveva il suo centro nella zona gotica dal Mar Nero all'Ungheria. Le armi forse sono di produzione franca; gli oggetti d'oro sono d'importazione. I primi documenti della suppellettile tombale franca si hanno nella tomba di re Childerico (morto nel 482).
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