FRANCHI
Con il nome di F. (lat. Franci), derivato da un termine germanico che significava 'coraggiosi', i Romani, a partire dal sec. 3° d.C., definivano una confederazione di piccole tribù germaniche allora stanziate lungo la riva orientale (media e inferiore) del Reno, non diverse - almeno a giudicare dal punto di vista della cultura attestata archeologicamente - dalle altre tribù loro vicine come i Sassoni o i Frisi, ma evidentemente caratterizzate da una particolare forma di coraggio e valore in battaglia. Probabilmente con il nome di F. i Romani indicarono tribù in precedenza già note nelle fonti, come per es. Catti, Ampsivari, Camavi. Si distinguevano i F. Sali, stanziati più a N, vicino al mare, fino alla foce del Reno, e i Ripuari, localizzati nella zona di Treviri e Colonia, ritenuti più feroci dei precedenti. Non sono note le lontane origini dei F.; del resto, secondo la moderna ricerca scientifica, non appare del tutto corretto porsi il problema delle origini remote delle tribù germaniche che invasero l'Impero romano, poiché tutte mutarono profondamente - tanto che si può parlare di una sorta di 'nuova nascita' - nel corso delle migrazioni e dei reciproci rapporti di scontro o di scambio sia con le altre popolazioni barbariche sia con gli stessi Romani.Nel 253 i F. insieme agli Alamanni attaccarono l'Impero e furono fermati a fatica da Gallieno. In seguito però trovarono un accordo con i Romani, tanto che Giuliano nel 358 assegnò ai F. Sali come sede la Toxandria (l'od. Brabante olandese), probabilmente con il compito di proteggere la frontiera romana, e più tardi Stilicone rinnovò i trattati con loro (395). Pur proteggendo la frontiera, la colonizzazione franca tendeva a debordare verso Occidente, sfruttando anche la presenza di laeti, contadini di stirpe germanica già stanziati nelle regioni dell'od. Belgio e della Francia settentrionale. Questo movimento divenne pressoché irresistibile dopo che nel 406 numerose tribù germaniche sfondarono il confine del Reno, gettando nel caos la Gallia romana. La prima città controllata dai F. - non si sa se presa con la forza o con l'accordo dei Romani - fu Thérouanne, sulla strada militare da Boulogne a Colonia; in seguito essi occuparono Arras, Cambrai e Tournai (inizi del sec. 5°). L'azione dei F. era ambigua, perché poteva essere classificata sia come opera di riconquista romana - giacché essi riconoscevano l'autorità imperiale - sia come un ulteriore passo avanti nella germanizzazione della Gallia. Ancora nella guerra condotta da Ezio contro Attila i F. stettero a fianco dei Romani. I Ripuari, dal canto loro, colonizzarono la zona della Mosella e le Ardenne. Alla morte di Ezio (454) singoli generali romani, come Egidio e Siagrio, controllarono in modo autonomo, con l'aiuto dei federati F. Sali, la Gallia settentrionale ancora per un quarto di secolo.Sui F. Sali si era andata affermando nel frattempo l'autorità del 're di Tournai' Childerico I, della stirpe dei Merovingi (v.). Il primo esponente noto della dinastia merovingia è Clodione, che aveva combattuto contro Ezio intorno al 446; è dubbio se Clodione possa essere già considerato un re, ma di certo solo una parte dei F. era sotto il suo comando. Dopo di lui Meroveo (figlio o fratello di Clodione) combatté a fianco di Ezio contro Attila ai Campi catalaunici (451). Meroveo - l'eponimo della stirpe - fu il padre di Childerico I, il primo personaggio della dinastia del quale si possiedano notizie storiche soddisfacenti. Childerico riconobbe l'autorità di generali romani come Egidio o Paolo, collaborando a frenare la spinta dei Visigoti, che dal Sud della Gallia cercavano di spingersi nelle regioni centrosettentrionali.I primi re merovingi fondavano il loro potere non solo sulla propria abilità di capi in guerra, ma anche sulla sacralità pagana che attorniava la loro persona: i Merovingi erano i reges criniti ('re dai lunghi capelli') garanti della sfera della fertilità, come avrebbe ben chiarito molto più tardi - sia pure con intenti derisori - il racconto del biografo di Carlo Magno, Eginardo (Vita Karoli Magni; MGH. SS rer. Germ., XXV, 1880⁴, pp. 2-3). La scoperta, avvenuta nel 1653 presso Tournai, della tomba di Childerico ha rivelato i tratti romanizzanti del potere di questo antico re merovingio, espressi da oggetti come gli ornamenti d'oro, il suo anello-sigillo, le monete imperiali (Parigi, BN, Cab. Méd.). Si può quindi affermare che gli antichi capi franchi risentivano di un doppio influsso culturale, classico e germanico.Da Basina, che era stata in precedenza moglie del re dei Turingi, Childerico ebbe Clodoveo, che alla sua morte (481) gli successe a capo dei F. di Tournai. Avendo preso atto del crollo definitivo dell'autorità romana, Clodoveo cambiò politica rispetto a quella del padre e fece uccidere il generale romano Siagrio (486). Nel corso del suo regno egli si impadronì della maggior parte della Gallia, ricacciando i Visigoti a S della Loira e sottomettendo alla sua autorità tutte le altre popolazioni franche, oltre ai Burgundi e agli Alamanni.In una data incerta (496, 498 o 506) Clodoveo si convertì e fece convertire allo stesso tempo anche il suo popolo al cristianesimo. Fu una scelta che si rivelò decisiva: da quel momento infatti egli si poté presentare (e lo stesso avrebbero fatto i suoi discendenti) come il protettore delle popolazioni cattoliche gallo-romane, il continuatore legittimo dell'autorità romana. Ciò valse ai F. l'appoggio dei vescovi, indispensabile per governare il paese, visto il grande prestigio che questi ultimi (appartenenti tutti all'aristocrazia senatoria) avevano come portavoce dei gallo-romani.Ebbe così inizio la storia del regno dei F., in cui si fusero, non sempre in modo lineare, le tradizioni romane - per il tramite della collaborazione dei vescovi e dell'aristocrazia gallo-romana - e quelle germaniche. La base del potere del re franco era ancora tribale, fondata sul suo riconoscimento da parte dell'esercito, formato da tutti i liberi in armi e riunito in assemblea generale. Sempre nell'assemblea generale si deliberavano le più importanti questioni, mentre l'assemblea locale (mallius), guidata dal conte, risolveva i problemi di minore rilievo. I conti erano gli ufficiali periferici più importanti, mentre a palazzo il funzionario principale era il maestro di palazzo (maior domus), che amministrava i beni del fisco; si trattava in prevalenza di beni immobili, giacché i F. non conservarono a lungo il sistema di tassazione romana e le entrate principali erano costituite dalle multe. Suddivisi in vari rami, a capo di diversi piccoli regni - lo stato, concepito come possesso personale del re, alla sua morte veniva infatti diviso fra gli eredi -, i sovrani della dinastia merovingia si combatterono spesso ferocemente fra di loro: ciò ritardò l'espansione dei F., che comunque si estese in territori germanici.Tra la fine del sec. 6° e l'inizio del 7°, nell'ambito del dominio franco si andarono distinguendo il regno di Austrasia (con capitale Reims e poi Metz), quello di Neustria (prima Soissons e poi Parigi) e quello di Borgogna (Orléans). Talvolta uniti, talvolta separati, questi regni persero in modo duraturo la loro unità alla morte del re Dagoberto I (638 o 639), che segnò l'inizio della decadenza della dinastia merovingia. Il potere passò progressivamente nelle mani dei maestri di palazzo dei vari regni, che combatterono fra loro finché i maestri di palazzo di Austrasia si imposero in tutto il dominio franco, prima con Pipino di Héristal (687) e poi, definitivamente, con suo figlio Carlo Martello, vincitore degli Arabi a Poitiers nel 733.La forza della dinastia dei Pipinidi risiedeva nelle folte clientele militari di cui disponeva, legate ai loro signori da giuramenti di vassallaggio e remunerate sempre più spesso con concessioni di terra prelevate anche dai beni stessi della Chiesa, la cui collaborazione con i Pipinidi fu da subito molto stretta. Grazie alla mediazione del monaco s. Bonifacio (675 ca.-754), evangelizzatore della Germania, i Pipinidi entrarono in contatto con il papato, che, in cambio dell'appoggio contro i Longobardi, dette il suo assenso alla deposizione dell'ultimo merovingio, Childerico III; così Pipino, figlio di Carlo Martello, ottenne di salire al trono (751). Con ciò si può considerare finita l'antica storia dei F.: al figlio di Pipino, Carlo Magno (v.), spettò il compito di ampliare ulteriormente il dominio franco, creando nell'800 un nuovo impero in Occidente (v. Carolingia, Arte).
Bibl.: J.M. Wallace-Hadrill, The Long-Haired Kings and Other Studies in Frankish History, London 1962; O. Bertolini, Nuove formazioni politiche nel mondo mediterraneo medievale. I Germani. Migrazioni e regni nell'Occidente già romano. I Franchi, in Storia universale, a cura di E. Pontieri, III, Milano 1965, pp. 1-506; G. Fornier, Les Mérovingiens, Paris 1966; E. Zöllner, Geschichte der Franken bis zur Mitte des 6. Jahrhunderts, München 1970; P. Riché, Les Carolingiens. Une famille qui fit l'Europe, Paris 1983.S. Gasparri