Francia di destra, presidente di sinistra
Voto a favore di Hollande o voto ‘contro’ Sarkozy? I francesi hanno abbandonato il presidente uscente e hanno dato fiducia alle promesse di cambiamento di Hollande, il primo socialista all’Eliseo dopo Mitterrand. La sfida per la ‘gauche’ sarà quella di riuscire a coniugare rigore e crescita economica.
Le elezioni presidenziali che si sono tenute in Francia fra aprile e maggio 2012 hanno portato alla vittoria François Hollande, un evento importante non solo per la Francia, ma anche per l’Europa.
Il settimo presidente della Quinta Repubblica, il secondo socialista che, dal 1958 e dopo François Mitterrand, è riuscito ad arrivare all’Eliseo, ha vinto con difficoltà. All’inizio largamente favorito nei sondaggi, Hollande si è ritrovato al primo turno in testa con un piccolo margine di vantaggio: il 28,6% dei voti contro il 27,1% di Nicolas Sarkozy. Dal punto di vista storico, tuttavia, il risultato di Hollande costituisce la seconda performance positiva di un socialista dopo quella di Mitterrand nel 1988. Di contro, è la prima volta che un presidente uscente che si candida per un secondo mandato non si aggiudica il primo turno. Il risultato di Nicolas Sarkozy è il peggiore nella storia della destra repubblicana da quando il presidente viene eletto a suffragio universale. Ma un altro fatto importante ha segnato il primo turno: il successo del voto di protesta a vocazione populista, che ha ottenuto circa il 30% dei voti grazie a due personaggi: Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen. Il candidato del Front de gauche ha raccolto più dell’11% dei suffragi, a conferma che in Francia esiste una cultura politica della sinistra radicale composta da diverse sensibilità – marxista, repubblicana, plebea –, critica nei confronti del capitalismo, della destra, della sinistra riformista e dell’Europa, e favorevole a soluzioni tradizionali e stataliste. Quanto a Marine Le Pen, presidente del Front National, il suo quasi 18% rappresenta un successo. Le Pen ha saputo mescolare i temi tradizionali dell’estrema destra francese, contro l’Europa e l’immigrazione, con alcuni elementi nuovi, come la difesa dello stato sociale (solo per i francesi), della laicità e delle donne, a suo dire minacciate dall’Islam. In questo modo, Le Pen ha saputo consolidare il proprio radicamento negli ambienti popolari, industriali e rurali. François Hollande ha conquistato la vittoria al secondo turno con il 51,6% dei voti.
Nicolas Sarkozy, nonostante una campagna fortemente orientata a destra, che gli ha consentito di compiere una rimonta spettacolare, non è riuscito a mobilitare una parte dell’elettorato dell’estrema destra. Come interpretare, allora, questa vittoria, che ha provocato a sinistra un’esplosione di gioia, sia pure contenuta?
I francesi hanno votato ‘contro’ il presidente uscente, esprimendo così il loro rifiuto verso Sarkozy. Questi ha battuto tutti i record d’impopolarità, sia per lo stile, che ha molto scioccato il suo elettorato, sia per le promesse non mantenute. Il presidente uscente ha subito in pieno gli effetti della crisi economica e finanziaria che ha fortemente deteriorato il clima sociale. D’altra parte, le questioni economiche e sociali erano percepite come prioritarie dagli elettori. Così la Francia, pur esprimendo una maggioranza di destra (al primo turno i voti della destra e dell’estrema destra, sommati, rappresentavano il 56%), ha scelto un presidente di sinistra. Non di meno, sarebbe riduttivo spiegare la vittoria di Hollande soltanto con il rifiuto degli elettori a Sarkozy. In effetti, il 65% di coloro che hanno votato Hollande lo ha scelto perché vuole un cambiamento. Il candidato socialista ha saputo captare la voglia di alternanza, proprio come il suo partito è stato capace di fare a partire dal 2008, vincendo tutte le consultazioni elettorali, con l’eccezione delle europee del 2009. Di conseguenza, con un programma chiaramente riformista, Hollande ha consolidato la tendenza a favore della sinistra. È stato aiutato in questo dalle divisioni di una destra allo sbando, caduta al suo minimo storico, piombata in una guerra tra capi dopo l’annuncio di Sarkozy del suo ritiro dalla politica, indecisa sull’atteggiamento da assumere nei confronti del Front National.
Il risultato delle presidenziali francesi ha pure un incontestabile impatto europeo. In primo luogo, François Hollande intende non soltanto rispettare i programmi ispirati al rigore, ma anche perseguire la crescita economica. Sostenuto da alcuni capi di governo, tra cui il premier italiano Mario Monti, e da diversi rappresentanti delle istanze europee, egli tenterà di isolare il cancelliere tedesco, Angela Merkel, per indurlo a modificare la sua politica, ma senza mettere in discussione il forte legame che unisce Parigi e Berlino.
In secondo luogo, la vittoria di Hollande indica un cambiamento nei rapporti di forza tra sinistra e destra. Dopo anni di dominio della destra, può darsi che il vento stia cominciando a cambiare.
Gli europei subiscono la crisi, chiedono maggiore protezione, riscoprono l’importanza della solidarietà e appaiono meno sensibili al fascino dei leader della destra e alle loro ricette. Tuttavia, niente è ancora deciso. Il gioco politico è reso più complicato dal considerevole slancio dei movimenti populisti, che attaccano i partiti di governo, sia di destra sia di sinistra. L’egemonia culturale della destra si è incrinata, ma non può ritenersi completamente crollata. Soprattutto a causa del ritardo della sinistra su questo terreno, che rappresenta un cantiere decisivo per il suo futuro.
Le ‘due destre’ in guerra tra loro
Per certi versi, sommare i voti delle ‘due destre’ francesi alle ultime elezioni è un’operazione arbitraria: la rivalità fra esse è infatti sempre stata fortissima, come mostra il fatto che i rapporti di Jean-Marie Le Pen con Jacques Chirac e Sarkozy sono stati assai peggiori di quelli con François Mitterrand. Sarebbe però riduttivo spiegare tale rivalità solo in termini di competizione per uno stesso bacino elettorale: essa ha infatti radici profonde nella storia recente della Francia, risalenti almeno alla guerra d’Algeria e alla spaccatura tra avversari e fautori della politica del generale Charles De Gaulle.
Già nel 1965 un giovane Jean-Marie Le Pen dirigeva la campagna elettorale di Jean-Louis Tixier-Vignancour, che si opponeva da destra alla rielezione di De Gaulle dopo aver militato nell’OAS (l’organizzazione terroristica di estrema destra che aveva tentato di impedire il riconoscimento dell’indipendenza algerina).
La dinastia Le Pen
La storia dell’estrema destra francese nel dopoguerra è anche quella di una dinastia politica che è cominciata con Jean-Marie Le Pen, per lungo tempo a capo del Front National e oggi suo presidente, e proseguita con Marine Le Pen – figlia di Jean-Marie e candidata alle presidenziali del 2012, dove ha ottenuto la massima percentuale di voti mai raggiunta da un candidato di estrema destra nella Quinta Repubblica – e con Marion Maréchal-Le Pen, nipote di Jean-Marie e di Marine che, a soli 22 anni, è la più giovane parlamentare nella storia francese.