Coppola, Francis Ford
Regista, produttore e sceneggiatore cinematografico statunitense, di origine italiana, nato a Detroit (Michigan) il 7 aprile 1939. È stato tra i protagonisti del rinnovamento del cinema hollywoodiano degli anni Settanta per l'elaborazione di forme e linguaggi originali, le coraggiose scelte produttive, l'attenzione alle innovazioni tecnologiche e alle loro potenzialità espressive e i suoi film si possono annoverare tra gli esiti più maturi della cosiddetta New Hollywood. Durante la sua carriera ha alternato la realizzazione di opere a basso costo, nelle quali ha sperimentato nuovi modelli formali e produttivi (influenzato in questo dall'apprendistato presso la factory di un regista e produttore come Roger Corman), a prometeiche sfide dal respiro e dalle dimensioni kolossal in cui ha espresso una personale visione del 'tragico'. Discusso da una parte della critica, che ha evidenziato la discontinuità delle sue opere, ma al contempo riconosciuto e apprezzato dal grande pubblico negli Stati Uniti e in Europa, C. ha ricevuto numerosi riconoscimenti per i suoi film, ottenendo cinque premi Oscar, oltre a molte nominations, e due Palme d'oro al Festival di Cannes.
Nato da genitori lucani, passò gran parte della sua adolescenza a New York, dove il padre Carmine suonava il flauto nella NBC Simphony Orchestra diretta da Arturo Toscanini. La passione per il cinema nacque a soli dieci anni, quando cominciò a utilizzare una cinepresa 8 millimetri. Questa passione venne assecondata dalla madre, l'ex attrice Italia Pennino, che lo incoraggiò nella scelta di iscriversi alla Drama School dello Hofstra College. Nel 1960 C. si trasferì a Los Angeles per seguire i corsi di cinema alla University of California. Il primo tentativo di sfondare nel circuito commerciale lo fece con un soft-porno, Tonight for sure (1962), cui seguì Pilma Pilma, una sceneggiatura che vinse il Samuel Goldwin Award, ma che non venne mai realizzata. Affascinato dagli aspetti tecnologici del cinema inventò un macchinario che proiettava dei filmati all'interno di un jukebox, lo 'Scopitone'. Questo antesignano della video-music non ebbe alcuna fortuna, ma la vulcanica vitalità dell'inventore aveva destato l'attenzione di Corman, il quale consentì a C. di fare esperienza in numerosi film indipendenti, offrendogli l'opportunità di dirigere nel 1963 Dementia 13 (Terrore alla tredicesima ora), un horror a basso costo girato in Irlanda. La sua attività di sceneggiatore si sviluppò maggiormente quando venne assunto dalla Seven Arts: partecipò alla sceneggiatura del film di Sydney Pollack This property is condemned (1966; Questa ragazza è di tutti) e di Paris brûle-t-il? (1966; Parigi brucia?) di René Clément, fino a vincere nel 1971 l'Oscar per la sceneggiatura del film Patton (1970; Patton, generale d'acciaio) di Franklin J. Schaffner. Nel 1966 aveva diretto You're a big boy now (Buttati Bernardo!), film di atmosfere adolescenziali. Il tono scanzonato, la freschezza di intuizione registica e il suo passato di autore di libretti per musical convinsero i dirigenti della Warner Bros. ad affidargli la regia di Finian's rainbow (1968; Sulle ali dell'arcobaleno), un musical crepuscolare, con protagonista Fred Astaire, che risultò un disastro commerciale. C. tuttavia riuscì a reperire le risorse finanziarie per girare il personale e amaro The rain people (1969; Non torno a casa stasera), film on the road sulla fuga di una donna, anticipatore di molti temi del cinema di protesta statunitense degli anni Settanta: la strada, la malinconia, la quotidianità opprimente. Il film, che si avvale delle interpretazioni di due attori simbolo del suo cinema, come Robert Duvall e James Caan, non incontrò i favori del pubblico e della critica, pur tuttavia il regista riuscì a convincere la Warner Bros. a finanziare la casa di produzione American Zoetrope, con l'intento di farla diventare uno studio indipendente gestito da artisti. Dopo aver nominato vicepresidente un promettente cineasta, George Lucas, C. gli affidò la regia di THX 1138 (1971; L'uomo che fuggì dal futuro). Il film fu un ennesimo insuccesso, ma C. aveva raggiunto nel frattempo un'improvvisa popolarità grazie all'Oscar assegnatogli per la sceneggiatura di Patton. Fu grazie all'intuito del produttore Robert Evans, convinto della necessità che fosse un regista italoamericano a dirigere quel tipo di film, che a C. venne affidata la regia di The godfather (1972; Il padrino). Nelle sue mani, la solida, ma poco raffinata saga mafiosa creata da M. Puzo, si trasformò in una tragedia shakespeariana e nella straordinaria metafora di una società ipocrita e violenta che rinuncia ai propri valori pur di conquistare il successo e il potere. C. stesso la definì la storia di un re che aveva tre figli: uno con la sua dolcezza, uno con la sua forza e un terzo con la sua intelligenza. In questo film magistrale, che riportò un grandissimo successo e al quale vennero assegnati tre Oscar, C. riuscì a imporre e a dirigere una serie di attori allora sconosciuti, rilanciando inoltre la carriera di Marlon Brando, che offrì una delle sue più grandi interpretazioni nel ruolo di Don Vito Corleone. L'anno successivo ottenne un altro successo producendo American graffiti dell'amico Lucas, mentre nel 1974 vinse la Palma d'Oro al Festival di Cannes con The conversation (La conversazione), dolente meditazione esistenziale, resa con un raffinato gioco di riprese, in cui è fondamentale il lavoro sperimentale effettuato sul suono. Dopo aver scritto un adattamento per una modesta versione cinematografica di The great Gatsby (1974; Il grande Gatsby) di Jack Clayton, C. dires-se The godfather, part II (1974; Il padrino ‒ Parte II), in cui si racconta l'ascesa del giovane Don Vito, una delle prime significative interpretazioni di Robert De Niro, in una Little Italy povera ma piena di vita, in parallelo con la vita del figlio Michael in un Nevada ricco quanto disperato. Il regista realizzò un nuovo capolavoro (nel 1975 vinse tre Oscar, come migliore film, regia, sceneggiatura) in cui la riflessione sulla società capitalista continua all'interno di un cinema solo apparentemente di genere. Il giovane capomafia, che arriva a uccidere il fratello per preservare il proprio potere, non è solo un personaggio dalla dimensione shakespeariana, ma anche uno dei più affascinanti e carismatici antieroi del cinema americano. Michael Corleone (Al Pacino) rinuncia infatti alla propria anima pur di mantenere intatta la maschera e tenere in vita il simulacro di valori degenerati. La sua tragedia, di cui è il primo a essere consapevole, offre una chiave di lettura illuminante dell'approccio del regista nei confronti del cinema e, in estrema analisi, della vita. In tutta la saga del Padrino si può, infatti, intravedere una sintesi metaforica di autobio-grafismo e rappresentazione, che corrisponde alla profonda ambivalenza di C. rispetto alle scelte creative, segnate in eguale misura dalla necessità espressiva e dalle esigenze commerciali. La sfida che percorre il suo cinema ripropone infatti il rapporto/conflitto tra comuni-tà-individuo e creatività-industria, una concezione tra-gica della vita, che trova l'illusione del riscatto solo all'interno di alcune battaglie ideali. Sull'onda dei successi, C. fondò la rivista, di breve durata, "City", allargò le dimensioni della Zoetrope, ipotecando successivamente tutti i suoi averi per finanziare Apocalypse now (1979), un'avventura creativa che travalica, nella sua complessità, i limiti stessi del film, peraltro una svolta epocale, non solo nella filmografia dell'autore. Il film è basato sul romanzo Heart of darkness di J. Conrad (un adattamento cinematografico dello stesso romanzo era già stato progettato da un altro cineasta titanico come Orson Welles) e da C. viene ambientato nel Vietnam. La lavorazione fu segnata da un'incredibile serie di incidenti, che saranno raccontati in un bel documentario della moglie Eleanor Neil (Heart of darkness: a filmmaker's apocalypse, 1991), ma l'opera cinematografica risultò ancora una volta straordinaria, tanto da essere riedita nel 2001, integrata da scene mai montate, come Apocalypse now redux. Il film riesce a essere un folgorante viaggio iniziatico, il rito di passaggio nelle tenebre di un mondo che ha perso ogni valore e ogni senso d'orientamento, richiamando in questo un'opera chiave come The waste land di Th.S. Eliot, che nel film viene citata come lettura preferita dal colonnello Kurtz. Con il suo film più visionario e ambizioso, C. vinse nuovamente la Palma d'Oro a Cannes (1979) e riuscì a ottenere anche un insperato successo di pubblico. Fu questo l'apice della sua carriera di regista. Successivamente produsse Kagemusha (1980; Kagemusha, l'ombra del guerriero) di Kurosawa Akira, e, tra mille traversie, Hammett (1982; Hammett ‒ Indagine a Chinatown), progetto in cui C. rivisita nostalgicamente il noir con uno sguardo europeo, attraverso la collaborazione con Wim Wenders, regista del film. C. contribuì inoltre alla valorizzazione e rivalutazione del Napoléon (1927; Napoleone) di Abel Gance, ricostruito nella sua versione originale dal regista inglese Kevin Brownlow: il film, mutilo delle musiche originali, venne presentato nel 1981 al Radio City Music Hall di New York con musiche composte dal padre di C., che nell'occasione accompagnò dal vivo la proiezione. Nel tentativo di sperimentare nuovi temi e modi tecnologici di rappresentazione, C. costruì quindi con One from the heart (1982; Un sogno lungo un giorno) un musical freddo e virtuosistico che si rivelò un colossale insuccesso critico e commerciale. Reagendo alla delusione, girò in pochi mesi due film, tratti dai popolarissimi romanzi di S.E. Hinton, ma sia l'impeccabile The outsiders (1983; I ragazzi della 56a strada), sia l'intenso Rumble fish (1983; Rusty il selvaggio), dedicati all'universo giovanile, raccolsero risultati inferiori alle previsioni. Ambientati nell'Oklahoma degli anni Sessanta, entrambi sono un omaggio al mito di James Dean e costituiscono un dittico sull'innocenza e la maledizione della condizione giovanile, in cui C. fa uso di un linguaggio cinematografico fortemente stilizzato (grandangoli, inquadrature sghembe) e di un espressionismo visivo ottenuto tramite una personale forma cromatica e luministica (anche nell'uso visionario del bianco e nero, come avviene in particolare in Rumble fish). Con questi due film, in cui risulta esplicita la componente di sperimentazione formale propria del cinema di C., il regista aprì la strada al filone del teenager movie sviluppatosi negli anni Ottanta. In seguito, il regista ha riattraversato generi musicali e cinematografici come la musica jazz e il gangster film nel raffinato quanto sfortunato The Cotton Club (1984; Cotton Club). Gravato da enormi e imprevisti costi di produzione, tradito da una critica miope, quest'ultimo film è stato ignorato dal pubblico, mentre contempo-raneamente la Zoetrope è stata costretta a dichiarare bancarotta. Dopo aver coprodotto con Lucas Mishima: a life in four chapters (1985; Mishima), per la regia di Paul Schrader, C. ha accettato di realizzare Peggy Sue got married (1986; Peggy Sue si è sposata), il cui modello evidente è It's a wonderful life di Frank Capra, rinnovato da un improvviso cambio di tono. Il film non si spinge fino all'ottimismo della volontà, elemento caratterizzante il cinema di Capra, ma rivela una malinconica, sorprendente celebrazione dell'aurea mediocritas. La sua attività è proseguita negli anni Ottanta con la realizzazione del cortometraggio in 3D Captain Eo (1986), interpretato da Michael Jackson, di Gardens of stone (1987; Giardini di pietra), dolente meditazione sul dopo-Vietnam, e di Tucker: the man and his dream (1988; Tucker ‒ Un uomo e il suo sogno), prodotto da Lucas, opera in cui si possono cogliere evidenti tracce autobiografiche. Nel raccontare la storia del costruttore che osò sfidare le grandi industrie automobilistiche, C. ha realizzato un vero autoritratto e celebrato, con immagini ispirate al disegnatore N. Rockwell, l'idealismo di uno spirito libero che si scontra inevitabilmente con il sistema, uno dei temi portanti della sua intera cinematografia insieme a quello dell'esaltazione del ruolo della famiglia. Segnato ineluttabilmente dalla tragica scomparsa del figlio Gian Carlo, C. ha tentato di reagire impegnandosi nella re-gia dello scherzoso episodio Life without Zoe (1989; La vita senza Zoe), scritto dalla figlia Sofia per il film collettivo New York stories, e quindi dedicandosi alla terza parte di The godfather. Impeccabile nella fattura e grandioso nella messa in scena, The godfather, part III (1990; Il padrino ‒ Parte III) appare però privo di reale ispirazione ed eccessivamente manieristico nelle sequenze italiane ispirate alla cadenza della tradizione operistica. Il successivo Bram Stoker's Dracula (1992; Dracula di Bram Stoker) è l'unico film realizzato dal regista di un progetto dedicato alla rivisitazione d'autore di cinque classici del cinema horror. Strabiliante sul piano dell'immagine ed estremo nella partecipazione romantica al dramma di un nuovo antieroe, Bram Stoker's Dracula è il film degli anni Novanta in cui emerge con maggior vigore il suo stile personale. In quest'opera il colore rosso, espressione visiva dell'horror, diventa elemento metaforico dominante, sete di sangue e passione fatale e divorante. In Jack (1996), la vicenda di un'anima infantile imprigionata in un corpo che invecchia precocemente, viene enfatizzato uno dei motivi tipici del suo cinema, ossia l'ossessivo rapporto con il Tempo. In The rainmaker (1997; L'uomo della pioggia), adattando un romanzo di consumo di J. Grisham, C. ha apparentemente utilizzato le forme del filone giudiziario spogliandole però del ritmo tipico del genere e utilizzando invece sensibili dilatazioni e sospensioni temporali. Molti progetti del regista sono rimasti incompiuti come il film in bianco e nero tratto dal romanzo On the road di J. Kerouac; contemporaneamente ha manifestato un progressivo distacco dal mondo del cinema, accentuato dalla tragedia familiare, che ha indubbiamente influito sulle sue esigenze creative. È per tali motivi che negli ultimi tempi ha preferito la produzione alla regia. Tra i film più interessanti da lui prodotti in tempi recenti si ricordano Mary Shelley's Frankenstein (1994; Frankenstein di Mary Shelley) diretto e interpretato da Kenneth Branagh, Don Juan DeMarco (1995; Don Juan De Marco maestro d'amore) di Jeremy Leven, Sleepy Hollow (1999; Il mistero di Sleepy Hollow, come produttore esecutivo) di Tim Burton, e The virgin suicides (2000; Il giardino delle vergini suicide), intenso film di esordio come regista della figlia Sofia (New York 1971), simbolicamente segnato dal mistero doloroso della morte e dalla drammatica incomunicabilità tra genitori e figli.
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