PICABIA, Francis (propriamente Francisco Martínez de Picabia de la Torre)
Pittore e scrittore, nato il 22 gennaio 1878 a Parigi, dove è morto il 30 novembre 1953.
Figlio di un diplomatico cubano e di madre francese, inizia molto presto la sua carriera di pittore con una produzione "impressionista" di gran successo, ispirata soprattutto a Pissarro e Sisley. Personalità tra le più significative e sconcertanti della prima avanguardia, ironico, aggressivo, iconoclasta nei confronti dell'arte e della vita, è esemplare di quel momento di crisi del linguaggio figurativo, nelle cui manifestazioni si ritrovano le radici di molti degli atteggiamenti della neoavanguardia del secondo dopoguerra.
Del 1908 è la sua rottura con un'arte rivolta al passato per una ricerca di nuove formule, in un'esuberante mutevolezza che sarà caratteristica del suo personaggio. Importanti sono stati, in questo momento, l'incontro con G. Buffet, musicista, sua prima moglie, il suo accostamento alla poetica fauve, al cubismo, l'amicizia con G. Apollinaire, con M. Duchamp, la sua attiva partecipazione alle riunioni nell'atelier di J. Villon che diedero vita alla Section d'or e alla formulazione della poetica dell'orfismo. Del 1909 è Caoutchouc, ritenuta da alcuni critici la prima opera astratta; del 1912 Procession à Séville, Paris, Tarantelle, Danse à la source.
Nel 1913 si reca a New York, in occasione dell'Armory Show dove sono esposte alcune sue opere, e qui realizza acquarelli e disegni della Fille née sans mère. Tornato a Parigi, espone al Salon d'Automne Edtaonisl e Udnie e dipinge Je revois en souvenir ma chère Udnie, Impétuosité Française, Embarras, Mécanique, tutti legati in qualche modo al suo primo impatto con il mondo americano e dove già risaltano alcune delle motivazioni più tipiche del suo lavoro: il valore strutturale del titolo, il significato psicologico del colore, la sorpresa, la metafora musicale. Nuovamente a New York nel 1915 riallaccia i contatti con l'ambiente che gravitava intorno ad A. Stieglitz e alla sua galleria 291. È il momento in cui, con M. Duchamp e Man Ray, P. pone in modo concreto le basi del dadaismo americano. Dipinge La musique est comme la peinture e una serie di opere "meccaniche": Voilà la fille née sans mère, Très rare tableau sur la terre, C'est claire comme le jour, ecc. A Barcellona, nell'inverno 1916-17, pubblica Cinquante deux miroirs e fonda la rivista 391. Nel 1918 a Losanna pubblica Poèmes et dessins de la fille née sans mère, L'îlot de Beau-Séjour dans le canton de nudité, L'athlète des pompes funèbres, Râtelures platoniques. Iniziano i primi rapporti con il Dada di Zurigo. Accanto ad opere in cui l'aspetto grafico e la scrittura sono dominanti, P. ne crea altre introducendo elementi e materiali bizzarri (piume, occhiali, mollette per capelli). Dal 1919 è, con T. Tzara, uno dei principali animatori del Dada parigino: nel 1919 pubblica Pensées sans language, Poésie Ron-ron; nel 1920 due numeri della rivista Cannibale oltre al Jésus-Christ rastaquouère e al libello Unique eunuque. Continua la serie di opere ispirate alla macchina e in altre opere introduce elementi figurativi molto tradizionali in liberi montaggi (La nuit espagnole, Optophone, ecc.). Dopo il 1925, stabilitosi sulla Costa Azzurra, esegue le serie dei "mostri", delle "spagnole", poi quella delle "trasparenze", opere accademiche alle quali una certa stranezza è conferita dalla tecnica della sovrapposizione di diversi disegni. Dal 1940 al 1943 P. dipinge per un mercante di Algeri nudi accademici e commerciali; dopo il 1945 riprende a dipingere con rinnovata vitalità in una maniera astratta dei dipinti "sur-irrealisti" dai titoli imprevedibili: Je ne veux plus peindre, Tu ne le vendras jamais, Quel est le titre?
Personaggio discusso, con alcune ambiguità di fondo, P. continua a destare interesse, e non solo nella critica, come dimostrano i successi di recenti retrospettive (Torino, 1974; Parigi, 1976.) Vedi tav. f.t.
Bibl.: 391, a cura di M. Sanouillet, Parigi 1960 (il secondo volume di analisi della rivista è stato pubblicato nel 1966); M. Sonouillet, Picabia, ivi 1964; P. De Massot, Francis Picabia, ivi 1966; W. A. Camfield, The machinist style of Francis Picabia, in The art bulletin, XLVIII (1966), n. 3-4, pp. 309-22; G. Buffet, Aires abstrait, Ginevra 1967; M. Le Bot, Francis Picabia et la crise des valeurs figuratives, Parigi 1968; F. Will-Levaillant, Picabia et la machine: symbole et abstractions, in Revue de l'art, 1969, n. 4, pp. 74-82; Catalogo della mostra a cura di W. A. Camfield, Guggenheim Museum, New York 1970; G. Everling, L'anneau de Saturne, Parigi 1970; F. Picabia, Écrits: 1913-1920, ivi 1975; W. I. Homer, Picabia's 'Jeune Fille américaine dans l'état de nudité' and her friends, in The art bulletin, LVII (1975), i, pp. 110-15; M. Fagiolo Dell'Arco, Francis Picabia, Milano 1976; Catalogo a cura di J. H. Martin e H. Seckel, Grand Palais, Parigi 1976.