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SARCEY, Francisque

di Mario Bonfantini - Enciclopedia Italiana (1936)
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SARCEY, Francisque

Mario Bonfantini

Critico teatrale francese, nato l'8 ottobre 1828 a Parigi, ivi morto il 16 maggio 1899. Licenziato dell'École Normale, nel 1851, il S. fu professore di scuola media fino al 1858. Ma il temperamento vivace, incline alle discussioni e alle polemiche, lo trascinava al giornalismo: la profonda passione per il teatro ne fece un critico. Dal 1867 fino alla morte esercitò, dalle colonne del Temps, una vera e propria dittatura. Negli ultimi anni si rivelò vivace conferenziere letterario: esperienza dalla quale cavò uno spiritoso libretto (Comment je devins conférencier, 1893); così come le memorie della sua gioventù di studente liberale, da lui non mai rinnegata, gli dettarono interessantissimi Souvenirs de jeunesse (1884).

Ma la vera professione del S. fu la critica teatrale, che assorbì tutte le energie e tutti gl'interessi di una monotona vita di tranquillo borghese parigino. Conoscitore impareggiabile del teatro francese da Corneille in poi, capace di proficui confronti col teatro classico e col teatro inglese in virtù della sua solida cultura, egli difese per trent'anni la teoria che era quella di Flaubert: dell'arte per l'arte. Sennonché nel suo spirito, limpido e onesto, ma limitato, l'arte si riduceva al "mestiere"; mentre la critica di ogni nuova commedia si limitava a scrutare se essa rispondesse a quella certa sua idea del "teatro francese", se la sua tecnica e le sue qualità sceniche potevano veramente farla considerare come un'opera teatrale: "ceci est du théâtre", era la frase che rappresentava per lui la massima lode. Così quest'uomo di vigoroso stile, di solido e robusto ingegno, malgrado la sua rara intelligenza dell'arte di Corneille, di Racine e di Molière, si ridusse alla fine a ripudiare Shakespeare: a impersonare agli occhi di tutta la giovine letteratura la tipica figura del borghese retrogrado, incapace per definizione di sentire quanto di vero e di poetico ci fosse, sia nella scuola realistica sia nei tentativi simbolistici. La sua immensa autorità sul pubblico parigino finì al servizio di un gusto schiettamente reazionario. Le più importanti sue cronache teatrali furono pubblicate dopo la sua morte da A. Brisson: Quaranle ans dethéâtre (1900-1902 voll. 8).

Bibl.: L. de Anna, F. S.: sa vie et son œuvre, Firenze 1919; O. Mirbeau, Gens de théátre, Parigi 1924, pp. 12-20, 185-92, 197-204; M. Parodi, F. S., critico del buon senso, in Rivista d'italia, II (1928), pp. 258-65.

Vedi anche
Henry Becque Becque ‹bèk›, Henry. - Drammaturgo francese (Parigi 1837 - ivi 1899). Esordì con un melodramma, Sardanapale (1867), derivato da G. Byron e musicato da V. de Joncières. Ebbero favorevoli accoglienze la commedia L'enfant prodigue (1868) e il dramma Michel Pauper (1870). Dopo due brevi commedie: La Navette ...
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