ANELLI, Franco
Nato a Lodi (Milano) il 18 ott. 1899, da Francesco e da Elvira Mascarelli, dal 1921 frequentò gli studi universitari, dapprima a Pavia e quindi dal 1925 a Bologna, ove nel 1927 si laureò in scienze naturali seguendo l'indirizzo geologico-minerario.
Già prima della laurea, comunque, il suo interesse per la ricerca scientifica, soprattutto in campo paleontologico, aveva avuto modo di manifestarsi: nel 1925, infatti, aveva visto la luce a Lodi un suo studio sui resti fossili di mammut presenti nel greto del fiume Lambro (Resti fossili di mammut nel Lambro, in Arch. stor. per la città e i comuni del circond. e della diocesi di Lodi, XLIV [1925], pp. 132 s.). Subito dopo la laurea trovò lavoro presso una società mineraria friulana; e il trasferimento in quella regione, tipicamente carsica e ricca di tradizioni speleologiche, gli permise di approfondire quella passione che, manifestatasi in lui già durante il periodo universitario, doveva divenire lo scopo principale della sua esistenza.
Nel 1930 apparve infatti la sua prima pubblicazione speleologica relativa all'esplorazione e allo studio della grotta di Castelcivita nel Salernitano (La grotta di Castelcivita nel Salernitano, in Le Grotte d'Italia, IV [1930], 1, pp. 215-233), nella rivista edita dall'Istituto italiano di speleologia. E proprio questo ente, da poco creato presso le grotte demaniali di Postumia, lo aveva chiamato nel gennaio del 1930 a ricoprire la carica di conservatore del Museo speleologico, incarico che l'A. avrebbe conservato fino all'aprile del 1945, quando le grotte demaniali passarono alla Iugoslavia e l'Istituto italiano di speleologia di conseguenza cessava di esistere.
Come conservatore dei Museo speleologico ebbe anche il compito di promuovere ed organizzare la nascente speleologia italiana: grazie alle sue doti di entusiasmo e di dedizione i gruppi speleologici, fino ad allora poche decine, si moltiplicarono ed in breve tempo giunsero a superare il centinaio. Fu anche uno degli organizzatori più attivi della grande mostra speleologica di Postumia del 1933, tenuta nell'ambito delle manifestazioni per il I congresso nazionale di speleologia.
Presso la sede dell'Istituto italiano di speleologia l'A. creò e diresse il catasto speleologico nazionale, con l'intento di raccogliere e conservare in una unica sede le notizie fondamentali relative a tutte le cavità naturali note nel Paese. Il catasto funzionò sempre molto bene e rappresentò anzi un ulteriore potente incentivo per il lavoro dei giovani che si avvicinavano alla speleologia, e ciò fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando anche il catasto dovette interrompere le attività.
Nonostante l'intenso lavoro organizzativo a Postumia non trascurò la ricerca scientifica, occupandosi essenzialmente di paletnologia e paleontologia nelle grotte della regione: sono di quegli anni, per citare solo le più importanti, le ricerche paletnologiche nella grotta Betal a Otocco (Ricerche paletnologiche nella grotta Betal presso Postumia, in Atti del I congr. speleol. naz., Trieste 1933, pp. 231-237), ove rinvenne e studiò una importantissima stazione paleolitica; e lo studio dei reperti osteologici di un inghiottitoio fossile nelle cave di Ca' Negra, (Il pozzo ossifero delle cave di Ca' Negra presso punta Salvore nel Vallone di Sicciole, ibid., pp. 224-230). La permanenza presso l'Istituto italiano di speleologia, permise poi all'A. di iniziare ricerche e studi in campi scientifici differenti anche se sempre collegati alle cavità naturali: tra questi il più importante certamente fu la ricerca di meteorologia ipogea nelle grotte di Postumia (in collaborazione con G. Crestani, Ricerche di meteorologia ipogea nelle grotte di Postumia, in Mem. dell'Ist. ital. di speleologia, III [1939], pp. 1-162) a cui seguirono molte altre, per giungere a una migliore conoscenza del clima negli ambienti carsici profondi e superficiali (Sfiatatoi di grotta nella regione di Postumia, in Le Grotte d'Italia, s. 2, I [1936], pp. 50-54; Osservazioni di meteorologia ipogea nelle grotte di Castel Lueghi, ibid., V [1944], pp. 5-34). Tali studi ancora oggi costituiscono un modello per l'impostazione di ricerche meteorologiche in una qualsiasi area carsica. Oltre che studioso fu anche un grande esploratore del mondo sotterraneo, e molte delle più notevoli scoperte compiute in Italia nel periodo 1930-40 si debbono a lui; tra queste la più importante di tutte, fu fatta nel gennaio del 1938, quando scoprì le grotte di Castellana e ne iniziò l'esplorazione (Prime ricerche dell'Istituto italiano di speleologia nelle Murge di Bari, ibid., s. 2, III [1938], pp. 11-34).
Tanto fu il suo entusiasmo per quella scoperta che da quel momento si dedicò quasi totalmente all'esplorazione e allo studio di questa cavità, battendosi per la sua valorizzazione dal punto di vista turistico, di cui ha tutto il merito.
Nel 1939 divenne il direttore responsabile della rivista Le Grotte d'Italia, mantenendo tale carica fino alla morte; grazie all'impegno da lui profuso tale rivista è divenuta una delle più importanti del mondo nel campo della speleologia, riuscendo anche a superare le gravi difficoltà del periodo bellico e postbellico solo con brevi interruzioni nella sua periodicità.
Nel 1941, l'A. assunse anche la carica di direttore delle grotte demaniali di Postumia, e fu suo il gravoso compito di portare in salvo il prezioso materiale dell'istituto, del museo e del catasto speleologico che in quei luoghi molto prossimi ai confini ed in quel periodo di guerra potevano correre gravi rischi. Sotto il controllo dell'A., quindi, tutto il materiale fu trasferito a Recoaro nella sede delle terme demaniali, ma nel 1944 un ufficiale tedesco riuscì a trafugarlo e a trasportarlo in una località ignota della Germania (La speleologia italiana durante l'ultima guerrae nel dopoguerra, in Atti del I conv. friulano di scienze naturali, Udine 1955, pp. 19-36).
Immediatamente dopo la fine della guerra l'A. cercò di recuperare quel materiale, e vi riuscì nel 1947 anche grazie alla collaborazione di alcuni speleologi suoi amici, ufficiali delle forze inglesi di occupazione della Germania. La vicenda del materiale speleologico, comunque, non si concluse con tale recupero, dato che la Iugoslavia aveva nel frattempo avanzato pretese su di esso; ed è ancora merito dell'A. se finalmente nel 1954 tutte le raccolte scientifiche vennero definitivamente assegnate all'Italia fornendo così il primo nucleo del nuovo Istituto italiano di speleologia che fu costituito a Bologna in quello stesso anno. Il vecchio istituto non esisteva più dopo la perdita di Postumia e l'A. fu assegnato nel 1945 alla Soprintendenza ai monumenti di Udine, ove rimase fino al 1948. Ivi riprese gli studi e le ricerche di paleontologia, tra i quali, importanti furono il rinvenimento di resti di Elephas primigenius nel Lambro (Resti di un Elephas Primigenius nel Lambro presso Livraga (Milano), in Natura, XXXVIII [1947], pp. 59-72) e la campagna di scavi archeologici ad Aquileia (Vestigia preistoriche dell'Agro Aquileiese, in Aquileia nostra, XX [1949], pp. 1-24).
Nel 1948 l'A. divenne professore incaricato di geografia fisica presso la facoltà di scienze naturali dell'università di Bari, insegnamento che mantenne fino al 1961, allorché ebbe quello di geografia generale nella stessa facoltà che conservò fino al 1969, anno della sua collocazione in pensione.
Dal 1949, direttore delle grotte di Castellana, svolse una intensa opera di propaganda, tanto che il luogo divenne in breve una meta turistica internazionale. Nello stesso anno partecipava alla fondazione della Società speleologica italiana, organismo che riunisce tutti i cultori di questa attività; per molti anni ne fu consigliere e dal 1970 al 1973 vicepresidente. Nel 1955 ricostituiva, presso le grotte di Castellana, il nucleo operativo dell'Istituto italiano di speleologia, che riprese così a funzionare sotto la sua direzione (Per la ricostituzione presso le grotte di Castellana dell'Istituto italiano di speleologia, in Attie mem. dell'Accad. pugliese, XI [1953], pp. 31-40).
Sono questi gli anni in cui l'A. realizzò le ricerche scientifiche più importanti: infatti scoperse e studiò una stazione del paleolitico inferiore (Grotta delle Mura di Monopoli, in Actes du I congrès int. de spéléol., IV, Paris 1953, pp. 75-82), gli abbondanti e importantissimi reperti paleontologici della grotta della iena (Un raro reperto di stambecco nella grotta della iena presso Castellana (Bari), in Atti del VII congr. naz. di speleol., Como 1956, pp. 105-107) e concluse lo studio dei reperti ossei della caverna Pocala (Contributo alla conoscenza della fauna diluviale della caverna Pocala di Aurisina (Carso Triestino), in Mem. descrittive della Carta geol. d'Italia, XI [1954], pp. 1-57).
Nel 1959 organizzò presso l'università di Bari il II congresso internazionale dispeleologia, che ebbe il merito di riportare l'Italia in seno alle nazioni piùavanzate negli studi di questo ramo dopo oltre un decennio di quasi totale assenza.
A fianco dell'attività scientifica, comunque, l'A. svolse una intensa e ininterrotta attività divulgativa, come testimoniano le decine e decine di articoli in riviste divulgative, giornali ed enciclopedie (Le grotte respirano, in Sapere, VII [1941], pp. 1-282; Castellana. Arcano mondo sotterraneo in Terra di Bari, Bari 1954; Speleologia, in Grande Diz. enc. (UTET), Torino 1962, XI, pp. 1152-1154; Speleologia biologica, in Encicl. delle scienze De Agostini, Novara 1971, pp. 387-403). A riconoscimento della sua opera scientifica in campo speleologico ricevette nel 1954 la libera docenza in speleologia, la prima conferita in Italia per questa disciplina.
Inoltre la stima di cui godeva presso tutti gli studiosi del ramo è dimostrata in maniera inconfutabile dalle molte entità naturalistiche che sono state a lui intitolate: un collembolo cavernicolo, Onychiurus anellii (Denis, 1937); un aracnide, Troglohyphantes anellii (Di Caporiacco, 1937); un isopode, Lithobius (Monotarsobius) Dubosqui var. anellii (Arcangeli, 1938); un miriapode, Murgeoniscus anellii (Manfredi, 1940); un coleottero, Globobythus anellii (Karaman, 1957), un fungo, Scolecobasidium anellii (Graniti, 1962); e un minerale, la Francoanellite (Balenzano e altri, 1976).
Il quadro della sua attività scientifica, comunque, non sarebbe completo se non si citassero i lavori sui fenomeni paracarsici e pseudocarsici (Fenomeni carsici, paracarsici e pseudocarsici, in Giorn. di geologia, s. 2, XXXI [1963], pp. 11-25, Nuove osservazioni sui fenomeni carsici, paracarsici e pseudocarsici, in Le Grotte d'Italia, s. 4, IV [1973], pp. 165-198), nonché quelli di terminologia speleologica (Proposta di una nomenclatura italiana dei fenomeni speleocarsici: carsismo superficiale e carsismo sotterraneo, in Rass. di spel. ital., VIII [1956], p. 78; Nomenclatura italiana dei fenomeni carsici, in Le Grotte d'Italia, s. 3, IV [1958], pp. 5-36), con cui contribuì non poco a dare un ordine sistematico alla classificazione dei vari fenomeni speleogenetici.
L'A. morì a Bari il 23 ott. 1977. Gli speleologi italiani hanno voluto ricordarlo ponendo all'interno dellaGrave di Castellana, nel punto in cui egli iniziò nel 1938 l'esplorazione di quella grotta, un suo ritratto in bronzo.
Bibl.: J. R. Denis, Collemboli di caverne italiane, in Le Grotte d'Italia, s. 2, II (1937), p. 52; L. Di Caporiacco, Aracnidi cavernicoli e lucifughi di Postumia, ibid., p. 37; A. Arcangeli, Murgeoniscus anellii, nuovo genere e nuova specie di isopode terrestre italiano, ibid., s. 2, III (1938), pp. 37-43; P. Manfredi, VI contributo alla conoscenza di miriapodi cavernicoli italiani, in Atti della Soc. ital. di scienze naturali, LXXIX (1940), p. 226; A. Graniti, Scolecobasidium anellii n. sp., agenti di annerimenti superficiali di stalattiti, in Giorn. bot. italiano, LIX (1962), pp. 360-365; Biografia dei relatori, in Atti del seminario di speleogenesi Varenna 1972, in Le Grotte d'Italia, s-4, IV (1974), pp. 16-17; F. Balenzano-Dell'Anna-M. Di Pierro, Francoanellite, a New Mineral from the Caves of Castellana, in Neues Jahrbuch für Mineralogie Monatshefte, 1976, pp. 363-372; P. Forti, Professor F. A., in Le Grotte d'Italia, s.4, VII (1977), pp. 5-15.