GARELLI, Franco
Nacque a Diano d'Alba, nelle Langhe, il 19 ott. 1909 da Mario e da Maria Teresa Banzano.
Dopo aver frequentato il liceo classico M. d'Azeglio a Torino, dove la famiglia si era trasferita alla fine della Grande Guerra, si laureò in medicina e chirurgia. Contemporaneamente agli studi universitari si dedicò, da autodidatta, al disegno e alla realizzazione di piccole sculture in cera o legno, ispirandosi ai lavori di Michelangelo Buonarroti che studiò sulle riproduzioni conservate presso la Biblioteca civica di Torino. Nel 1927 esordì alla Promotrice di Torino con una, non meglio nota, Testa in cera che aveva presentato alla selezione della mostra.
Nel 1932-33 entrò in contatto con i futuristi L. Colombo (Fillia), M. Rosso e P. Oriani, oltre che con lo stesso F.T. Marinetti, con i quali condivise la volontà di aderenza al mondo contemporaneo, in polemica con il recupero dell'arte del passato proposta, in particolare a Torino, da F. Casorati. Punto di riferimento per le nuove generazioni di artisti torinesi era allora L. Spazzapan, che il G. frequenterà anche in seguito.
Nella prima metà degli anni Trenta il G. si distinse soprattutto come acuto illustratore caricaturale. Partecipò alla prima Mostra documentaria di vita goliardica, organizzata dal GUF (Gruppo universitario fascista) di Torino nel 1933, dove s'incaricò di affrescare la "sala della goliardia". L'anno seguente prese parte alla prima edizione dei Littoriali dell'arte a Firenze. Nel capoluogo toscano risiedette per circa un anno svolgendo il servizio di leva; dalla fine del 1935 fu in Abissinia con il grado di sottotenente medico.
Nel 1936 allestì la sua prima personale al Salone della stampa di Torino esponendo alcuni disegni realizzati in Africa; parte di essi e delle lettere di questi anni sarà poi raccolta nel libro Con gli alpini in Africa orientale, edito a Milano da Treves nel 1937. Dal 1936 al 1941 pubblicò alcune illustrazioni su La Stampa, L'Italiano e La Gazzetta del popolo di Torino, per i quali divenne corrispondente dai territori dell'Africa orientale.
Nel corso degli anni Trenta, intanto, la ricerca plastica del G. trovava nuovi sviluppi in opere in terracotta di grandi dimensioni. Le sculture di questo periodo - monumentali e cave all'interno, come il David del 1940 (l'opera è conservata presso gli eredi a Milano, come la maggior parte della produzione del G.) - risentono fortemente dell'opera di Arturo Martini, che il G. ebbe modo di conoscere personalmente nel 1940 ad Albisola, centro ligure di lavorazione della ceramica.
Dal 1941 al 1943 partecipò alla seconda guerra mondiale, e venne insignito della croce di guerra al valor militare. Nel dopoguerra insegnò come libero docente di otorinolaringoiatria nel corso di chirurgia plastica della facoltà di medicina di Torino ed ebbe contemporaneamente un'intensa attività espositiva.
La partecipazione al prestigioso premio Torino del 1947, organizzato da L. Spazzapan con l'intento di raccogliere le nuove direzioni della ricerca artistica, fu per il G. un trampolino di lancio: nello stesso anno prese parte alla Quadriennale di Torino (partecipò in seguito a molte delle iniziative espositive della Società promotrice di belle arti) oltre che, nel 1948, alla Rassegna nazionale d'arti figurative a Roma (ossia la Quadriennale, dove esporrà regolarmente) e alla Biennale di Venezia.
Le opere di questi anni, come la drammatica serie di disegni dedicati alle Fucilazioni e come l'olio su tela Natura morta esposto alla Biennale veneziana del 1948, mostrano una scomposizione degli oggetti di evidente ascendenza neocubista e picassiana, in sintonia con la temperie artistica italiana del dopoguerra. Nella conferenza Dipingere oggi, tenuta durante una personale alla galleria La Bussola di Torino nel 1949 (pubblicata dalle edizioni Impronta senza indicazione di data), il G. confermava il suo debito verso Picasso, al quale si veniva ad affiancare, nella ricerca plastica, l'influenza di J. Lipchitz.
In quegli anni la frequentazione costante di Albisola e Vallauris, piccolo centro di produzione ceramica della Provenza dove Picasso lavorava dal 1947, permise al G. di entrare in contatto con A. Fabbri, L. Fontana, T. Mazzotti e A. Sassu. Tra il 1948 e il 1949 ad Albisola avvenne l'incontro con gli esponenti del gruppo informale nordeuropeo Cobra - A. Jorn, K. Appel, e G. Beverloo (Corneille) - con i quali partecipò alle attività del Laboratorio sperimentale di Alba, animato nel 1955 da G. Gallizio e Jorn. L'interesse per le ricerche materiche e gestuali condotte ad Alba portò il G. a prendere parte l'anno seguente a Torino alla Manifestazione del Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista.
Dal 1951 al 1963 il G. insegnò anatomia artistica all'Accademia di belle arti di Torino. Mentre esponeva le opere in ceramica in numerose rassegne, tra cui la Biennale di Venezia del 1950, la Triennale milanese del 1951, il Premio nazionale Albisola del 1954 e il XIII Concorso nazionale delle ceramiche di Faenza del 1955 (dove ottenne il primo premio dell'Ente provinciale per il turismo di Ravenna), il G. cominciò a dedicarsi alla fusione in bronzo.
Spingendo la scomposizione cubista e le suggestioni surrealiste, approfondite a contatto con il gruppo Cobra, fino all'esasperazione degli spazi vuoti all'interno del corpo della figura, l'artista giunse a risultati di notevole ambiguità spaziale e intensità drammatica, come in Uomo esposto alla Biennale di Venezia del 1954. Nello stesso periodo il G. realizzò alcune sculture aggregando frammenti prelevati dal quotidiano (bastoncini di legno, cortecce, pasta alimentare), poi fissati con cera e spago e infine fusi in bronzo (Mano di legno, 1953).
Nel 1954 passò a saldare insieme spezzoni e scarti industriali di ferro, inaugurando una personale tipologia di figura, dove l'alternanza tra pieni e vuoti dà vita a emblemi di scarnificata umanità, come avviene in Ulisse del 1955, esposto nello stesso anno alla VII Quadriennale romana, o nelle Figure presentate alla Biennale di Venezia del 1956. Queste opere, che proseguono la tradizione della scultura in ferro di Picasso e di J. González, sviluppata in quegli anni in direzione analoga da J. César, segnano l'appartenenza del G. al rinnovamento della scultura italiana verso l'informale, trovando affinità per la tecnica con i contemporanei lavori di E. Mannucci.
L'insistenza drammatica sul tema della condizione umana, che nel panorama europeo trovava confronti, oltre che in César, in artisti quali L. Chadwick, E. Paolozzi, G. Richier, T. Roszak, si caratterizzò tuttavia nel G. per un'impronta strutturale, di ascendenza futurista, finalizzata non tanto all'erosione, quanto alla costruzione di un'"anatomia analogica, immaginaria ed esatta a un tempo" dell'uomo (Guasco).
L'affermazione del G. come esponente della cultura informale avvenne a Torino intorno alla rivista e galleria Notizie, diretta da L. Pistoi. In quegli anni il G. fu uno dei tramiti per l'introduzione nell'ambiente artistico torinese di M. Tapié, che aveva conosciuto nel 1956 con F. Assetto a Venezia e a Parigi, e che divenne suo amico e punto di riferimento critico. Nel catalogo della personale del 1957 alla galleria Il Naviglio di Milano, presentata da Tapié, il G. formulò la sua concezione della scultura come "endospazio", nella quale combinava la teoria della compenetrazione dei piani di U. Boccioni con il nuovo linguaggio informale.
Sempre nel 1957 il G. soggiornò a Parigi, dove espose con M. Moreni alla galleria Rive droite e, insieme con F. Assetto, nel 1958, alla galleria Stadler. Da questo momento il G. fu inserito da Tapié nelle grandi rassegne di confronto dell'arte informale in Europa, Stati Uniti e Giappone: "The international art of a new era" a Osaka (1958), "Arte nuova" al Circolo degli artisti di Torino (1959), fino a "Strutture e stile", allestita alla Galleria civica d'arte moderna di Torino (1962) e a Bochum (1963). Nel 1960 partecipò inoltre all'inaugurazione dell'International Centre of aesthetic research, fondato a Torino da Tapié, Assetto e L. Moretti, e alla mostra "Ensemble", organizzata dallo stesso istituto.
Già nel 1958, tuttavia, nel catalogo della personale alla galleria Blu di Milano, il G. rivendicava l'importanza del valore ideografico della figura prendendo le distanze da una riduzione dell'informale a gestualità istintiva, come testimoniato anche da una lettera del 12 febbr. 1958 (Crispolti, 1993), mentre le sculture, di accentuata corposità, mostravano un'articolazione spaziale più complessa, come in Figura sola (chiamata anche Figura R.N.Y) e Figura Cecil, del 1958.
In questi anni cominciarono anche le grandi commissioni per esterni: nel 1957, a Torino, aveva realizzato Fontana Ass, in ferro saldato, per un edificio al parco del Valentino e Figure col sole, grande scultura in ferro a rilievo traforato con funzione anche di fontana, per l'edificio di G. Casalegno e S. Chiosso in via M. d'Azeglio (il lavoro è documentato dal libro Una scultura per una architettura, Torino 1958). Nel 1958, inoltre, risultò vincitore al concorso per la decorazione della parete nord della Biblioteca civica di Torino, che realizzerà nel 1963.
In questi anni il G. partecipò a numerose rassegne d'arte nazionali e internazionali, tra le quali il premio Carnegie a Pittsburg del 1958 (vi espose anche nel 1972) e, nel 1959, la Quadriennale di Roma (presentò il suggestivo Guardiano del faro), la Biennale della scultura di Carrara (dove tornò nel 1962, 1965, 1967) e la V Biennale di arti figurative di Anversa (anche nel 1961); prese anche parte a importanti mostre in Italia e all'estero quali "Scultura italiana del XX secolo" a Messina nel 1957 e "Vitalità dell'arte" (Venezia e Amsterdam, 1959-60).
Nel 1959 trascorse un lungo periodo in Giappone, dove preparò tre mostre personali (Guendai Gallery, Tokyo; Yamada Gallery, Kyoto; Takashimaya, Osaka); nel 1960 espose alcuni disegni all'Istituto italiano di cultura a Tokyo. Della cultura giapponese lo affascinò l'importanza conferita allo spazio vuoto nella rappresentazione, oltre alla diversa sensibilità per la natura e per la qualità dell'epidermide della materia, come si riscontra già nei disegni di questi anni e nelle sculture in legno di grandi dimensioni.
All'inizio degli anni Sessanta soggiornò per qualche tempo a New York. Nel 1960, a Dallas, partecipò alla mostra "Italian sculptors of today" presentata da L. Venturi - che lo definì come "perhaps the major representative in Italy today of art informel" (catal., pp. n.n.) - cui seguì l'anno seguente una personale alla Parma Gallery di New York (testi in catalogo di Venturi e di Tapié).
Nel 1961, nell'ambito delle celebrazioni dell'Unità d'Italia, presentò una scultura ambientale per il padiglione Piemonte nella Mostra delle regioni a Torino, nonché una scultura in alluminio lunga otto metri e una Figura per la mostra "Moda-stile-costume", di cui era vicepresidente. Sempre a Torino, l'anno seguente realizzò un cancello in bronzo per l'edificio della Stipel; nel 1963 vinse il concorso per rilievi in opere pubbliche e disegnò un grande mosaico per il lungomare di Albisola. All'inizio degli anni Sessanta progettò un nuovo studio a Beinasco, presso Torino, dove si trasferì e dove nel 1966 realizzò il Monumento ai caduti su incarico del Comune.
Dalla fine degli anni Cinquanta, intanto, la ricerca del G. si volgeva all'esame di inedite possibilità di torsione delle figure, che apparivano ora più raccolte e bloccate. Nella sala personale alla Biennale di Venezia del 1962, presentato da Tapié, propose quattro sculture di quell'anno (tra cui Viene l'estate), nelle quali le lamine di metallo e i relitti meccanici, manipolati e compressi, lo avvicinavano alle contemporanee ricerche new dada di J. Chamberlain e R. Stankiewicz, oltre che di César. La personale alla galleria d'arte Piemonte artistico e culturale (1962) rendeva conto degli sviluppi di questa fase di transizione, mentre si susseguivano le partecipazioni a numerose mostre ("Arte actual" a Lima nel 1964) e rassegne d'arte (Biennale di San Paolo del Brasile, 1963).
Nel 1964 ottenne la cattedra di figura e ornato al liceo artistico, dopo che nel 1960 era stato ritenuto idoneo al concorso per la cattedra di scultura all'Accademia: fu in questi anni che il G. abbandonò definitivamente la professione di medico.
Si apriva allora una fase di intensa sperimentazione tecnica e formale, che porterà alla completa trasformazione del tema della figura in oggetto meccanomorfo. Tra il 1963 e il 1964 nacquero i Plamec - rilievi in poliestero con frammenti di oggetti vari fissati dalla resina e coperti di colore industriale - esposti alla personale milanese alla galleria Blu (1964); poco dopo (1964-65) videro la luce le serie dei Salbos, Chiridum, Tankiust (sculture contenenti reti metalliche, emblemi di una nuova osmosi tra spazio e materia, mentre l'uso di catene mobili in altre opere introduceva un elemento d'ordine cinetico).
Alla Quadriennale romana del 1965-66, dove era commissario, espose fuori concorso le sue nuove "macchine" in ferro, come Alciel. Ulteriore sviluppo della ricerca plastica del G. si ebbe nella serie dei Tubi, proposta nella sala personale alla Biennale di Venezia del 1966, dove fu presentato da G. Dorfles.
Si tratta di lamiere di grandi dimensioni ritagliate, avvolte su se stesse e colorate con vernici industriali dagli accesi colori primari, a simulare ironicamente macchine agricole. Con queste "strutture primarie", come il G. stesso le definiva, l'artista approfondì ulteriormente la questione del rapporto tra spazio esterno e spazio interno nella scultura, già altrimenti affrontata nel periodo informale, come egli spiegò nel testo Percezioni svariate (in Civiltà delle macchine, XVI [1968], 5, pp. 29-36). Tali opere collocarono il G. in dialogo con l'orizzonte della nuova scultura minimalista europea e nordamericana, senza dimenticare però suggestioni dalla dimensione del quotidiano care alla pop art (Crispolti, 1988, p. 40).
Intanto continuavano le commissioni pubbliche, per la nuova sede della RAI di Torino (1969) e per la sede della Regione Piemonte (1972), mentre all'inizio del 1973 espose sei sculture della serie dei Tubi alla Quadriennale di Roma.
Il G. morì a Torino il 22 apr. 1973.
Dal 1977 lo studio del G. a Beinasco è stato trasformato in museo. Un gruppo di sue opere è conservato presso la Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino.
Fonti e Bibl.: L. Pistoi, Attualità di una scultura, in Notizie. Arti figurative, I (1957), 3-4, pp. n.n.; R. Guasco, Una cocciuta fedeltà all'immagine dell'uomo, ibid.; M. De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra, Milano 1958, pp. 146 s., 243 s. (con antologia di testi del G. del 1957 e del 1958); G. Ballo, La linea dell'arte italiana…, II, Roma 1964, pp. 198 (ill. 308 s.), 215, 298-300; E. Crispolti, Sculture di F. G., Torino 1966; Id., L'informale: storia e poetica, IV, Assisi-Roma 1971, pp. 252, 280; P. Gallizio e il Laboratorio sperimentale di Alba (catal.), a cura di M. Bandini, Torino 1974, pp. 32-34; M. Stefinlongo, in 1945-1965. Arte italiana e straniera. La collezione della Galleria civica d'arte moderna di Torino (catal., Torino), Milano 1987, pp. 196-198 (ill.), 319 s.; P. Thea, L'Africa di G., in Alba Pompeia, n.s., IX (1988), 1, pp. 71-75; E. Crispolti, F. G. Opere 1950-1970, Torino 1989 (con bibl.); P. Thea, F. G. a Torino, in Alba Pompeia, X (1989), 2, pp. 81 s.; F. Porzio, in C. Pirovano, Scultura italiana del Novecento, Milano 1991, pp. 241, 262 (ill. 322); E. Crispolti, F. G. (catal., galleria Peccolo), Livorno 1993 (con lettere inedite); Un'avventura internazionale. Torino e le arti 1950-1970 (catal.), Torino 1993, pp. 12, 124, 165, 233 (ill.), 355; L. Trucchi - P. Dragone - E. Crispolti, F. G. moderno Ulisse della scultura (catal., galleria Martano, Torino; galleria Martini e Ronchetti, Genova), Genova 1995; G. Di Genova, Storia dell'arte italiana del '900 per generazioni. Generazione primo decennio, Bologna 1996, ad indicem; Torino-Parigi-New York-Osaka. Tapié. Un art autre (catal.), Torino 1997, pp. 33-38, 40 s., 54 s., 58, 63, 99, 100 s., 108, 161 s. (ill. 52 s.); Diz. enciclopedico Bolaffi, V, pp. 272 s.