GRANATELLI, Franco Maccagnone principe di
Nacque a Palermo il 21 luglio 1807, primogenito di Goffredo, principe di Granatelli, e di Emanuela Di Blasi. Studiò nel collegio dei gesuiti di Palermo e, sotto la guida di F. Nescé, approfondì gli studi letterari, che avevano già dato prestigio agli zii materni, i monaci cassinesi S.M. e G.E. Di Blasi, protagonisti della cultura politica e giuridica siciliana malgrado la disgraziata fine del nipote F.P. Di Blasi, condannato a morte per avere organizzato nel 1795 un complotto repubblicano.
Divenuto presto personaggio di rilievo nella vita politica e culturale di Palermo, il G., inserendosi nel clima di rinnovamento aperto dall'ascesa di Ferdinando II al trono delle Due Sicilie (fine 1830), cercò di dare il proprio apporto al rinnovamento delle strutture statali nell'ambito di una maggiore autonomia amministrativa dell'isola. Andarono in questo senso la fondazione di un Istituto di incoraggiamento (decr. 9 nov. 1831), la riforma della palermitana Accademia di scienze e lettere, nel 1832, e la coeva creazione della rivista Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia che, raccogliendo i contributi di un'area ampia di intellettuali interessati al tema delle riforme, costituì un caposaldo del giornalismo siciliano.
Nel Proemio al primo numero delle Effemeridi il G., pur dall'interno di un'ottica sicilianista - per il costante appello alla "nazione siciliana", ai suoi istituti, alle sue memorie -, affermava la necessità di una apertura verso l'esterno, per far conoscere, attraverso l'iniziativa giornalistica, le condizioni civili e intellettuali dell'isola (Effemeridi, 1832, t. 1, n. 1, p. VII). Quattro anni dopo era però lo stesso G. a tracciare un bilancio che, pur sottolineando il peso acquisito dal periodico, non nascondeva le difficoltà in cui esso si dibatteva, le stesse che, tra i litigi dei redattori (si registrò una rottura di V. Mortillaro con A. Gallo e il G.) e le divisioni tra protezionisti e liberisti, nel 1840 avrebbero portato alla chiusura.
Socio dell'Accademia di scienze e lettere di Palermo e dell'Istituto di incoraggiamento, eclettico ma molto attento alle trasformazioni dell'agricoltura, il G. si interessò alle dottrine economiche di N. Palmeri e prese parte al dibattito cui esse diedero vita sul Giornale di statistica e sul Giornale di scienze ed arti. Della sensibilità per le condizioni di vita della popolazione diede prova nel 1837, allorché eletto da tre anni senatore di Palermo, dovette affrontare l'emergenza del colera avendo al proprio fianco il barnabita ferrarese U. Bassi, noto per le prediche con le quali suscitava gli allarmi delle autorità governative.
Il colera tolse di scena alcuni fra i protagonisti della cultura del tempo - N. Palmeri, A. Berardi Bivona, L. Garofalo, D. Scinà, A. Di Giovanni Mira - cui il G. dedicò commossi necrologi. In particolare il discorso commemorativo in onore dello Scinà, in cui condannò la politica del governo, costò al G. il posto di senatore ma ne fece anche il destinatario della dedica del saggio (Sulla pretesa separazione dei terreni di Sicilia da quelli della opposta Italia, in Effemeridi, 1840, t. 31, n. 78, pp. 139-146) con cui il naturalista catanese C. Gemmellaro puntò il dito contro la politica accentratrice dei Borboni e la pesante subordinazione della Sicilia a Napoli.
Da allora l'abitazione del G. divenne il ritrovo abituale di quanti cospiravano contro il governo, né mancarono contatti con esponenti del liberalismo nazionale, da G. Mazzini a M. d'Azeglio; nell'autunno 1843 il G. partecipò alle riunioni del comitato siciliano, che era collegato con Napoli, e strinse i rapporti con G. La Cecilia, M. Stabile, A. Marocco, G. Denti, M. Foderà, coltivando progetti di indipendenza all'interno di soluzioni di tipo confederale.
Presidente della rifondata Accademia di scienze e lettere, nel discorso inaugurale del 19 nov. 1843 il G. auspicò per il futuro il superamento di tutte le divisioni come premessa essenziale per lo sviluppo economico e civile dell'isola. Nel settembre 1847, in un clima ormai prerivoluzionario, il G., già collaboratore del periodico palermitano La Falce fondato nel 1844 da V. Beltrani, fu sottoposto a controlli di polizia e, la notte del 6 settembre, ebbe la casa perquisita. Resosi latitante, il 18 sett. 1847 riuscì a imbarcarsi con passaporto francese su un battello che lo portò a Gibilterra e di lì a Cork, in Irlanda, dove lo raggiunse qualche mese dopo la notizia dell'insurrezione palermitana del 12 genn. 1848. Gli parve allora che fosse venuto il momento per dare voce all'aspirazione della Sicilia ad avere un Parlamento separato da quello napoletano e iniziò la stesura di una Memoria in cui, se da un lato esaltava il sistema dell'autogoverno e condannava il centralismo di stampo francese cui l'isola era sottoposta dal 1815, dall'altro auspicava, nel ricordo della costituzione siciliana del 1812, un ordinamento che, per evitare una sicura guerra doganale, mantenesse su una base comune soltanto i rapporti economici e commerciali.
Sulla via del ritorno in patria, il 21 febbr. 1848 il G. incontrò a Londra il ministro degli Esteri H.J. Temple visconte Palmerston cui presentò la sua Memoria e chiese il sostegno inglese per assecondare l'aspirazione della Sicilia a proclamare una monarchia costituzionale. Giunto a Palermo nel marzo 1848, fu eletto al Parlamento in rappresentanza di Mazara e fece parte della commissione (con G. La Farina e il colonnello G.A. Lanzirotti) deputata a presentare un progetto di legge per l'organizzazione della guardia nazionale. Con L. Scalia fu poi inviato in missione a Parigi e a Londra per ottenere il riconoscimento del governo rivoluzionario: in precedenza, però, aveva fatto tappa a Torino dove era stato ricevuto dal re e aveva discusso con V. Gioberti e C. Balbo l'ipotesi di eleggere al trono di Sicilia un principe di casa Savoia. In Francia e in Inghilterra, oltre a trattare forniture belliche per la Sicilia e a farsi notare per le maniere poco convenzionali, il G. ebbe incontri ad alto livello in vista di una possibile mediazione internazionale. Consapevole dell'importanza dell'opinione pubblica, il G. spedì opuscoli e materiale propagandistico nei circoli, nelle sale di lettura, nell'ateneo di Manchester e nella sede della borsa di Liverpool, una città in cui approdavano spesso navi commerciali siciliane e in cui risiedeva il console G. Hopkins, un messinese suo amico.
Domata la rivoluzione, il restaurato governo borbonico promosse un'azione penale contro il G. e lo Scalia, imputati di aver armato una nave in territorio britannico. L'accusa non poté essere provata e il processo, svoltosi a Londra con molto clamore (lo stesso Palmerston era stato chiamato a testimoniare), si concluse positivamente per gli imputati il 6 luglio 1849. Ciononostante fu disposto il sequestro dei loro beni e aperto a loro carico un nuovo processo che terminò nel marzo del 1851 con una transazione: i due imputati consegnarono all'incaricato del Regno delle Due Sicilie tutto ciò che apparteneva a quel governo ottenendo in cambio il dissequestro dei loro beni.
Nel frattempo il G., contrariato dalle ambiguità della politica inglese, aveva deciso di redigere un memoriale che suonasse anche come accusa per l'abbandono della causa siciliana. La tesi da lui sostenuta nello scritto apparso a Londra nel giugno 1849 (Sicily and England. A sketch of events in Sicily in 1812 & 1848, illustrated by vouchers and State papers) metteva appunto sotto accusa l'Inghilterra per l'abbandono della causa siciliana, in parallelo con quanto avvenuto nel 1815.
Risalendo ai rapporti intercorsi dal 1812 tra i due paesi e studiando la documentazione posseduta da M. Amari (i proclami di W. Bentinck e i memorandum di W. A'Court, i verbali del Parlamento siciliano e di quello inglese, ecc.), il G. sottolineava la comune origine normanna delle istituzioni delle due isole e, sorvolando sulla tradizione politico-istituzionale che aveva segnato il Regno di Sicilia dal 1734 (anno d'inizio della dominazione borbonica), rivendicava l'importanza per la Sicilia della stagione costituzionale inglese, in contrasto con quella murattiana che aveva improntato la politica napoletana.
Successivamente il G. si dichiarò più volte a favore di un protettorato inglese in Sicilia e nell'autunno del 1849, in una riunione di esuli a Parigi, affermò: "Se questa volta arriviamo a scacciare il tiranno di Napoli e liberar la Sicilia non voglio socialisti, ma una Repubblica aristocratica sotto la protezione dell'Inghilterra" (Librino, p. 29). Coerentemente con tali propositi, quando, nel luglio 1850, si incontrò a Londra con G. Mazzini ricevendone la proposta di far parte, come rappresentante per la Sicilia, di un comitato nazionale che si stava costituendo in quei mesi, il G. avanzò grosse obiezioni al progetto mazziniano e si disse contrario a una nuova rivoluzione offrendo in alternativa quella via del gradualismo che era stata già percorsa dal Piemonte e che, a suo parere, avrebbe portato a muovere guerra all'Austria, a organizzare una Dieta federale, a spogliare il papa del potere temporale e a fare di Roma e degli Stati romani un'unica Repubblica da confederare con il resto della penisola.
Nel novembre 1852 il G., che da qualche tempo era in difficoltà economiche, rischiò la vita per l'incendio della sua casa londinese; subito dopo lasciò definitivamente l'Inghilterra e cominciò a peregrinare tra la Svizzera, Nizza e Torino, dove strinse amicizia con G. Prati. Nell'inverno 1855 prese stabile dimora a Genova. Di fronte al progressivo affermarsi della soluzione monarchico-unitaria, volle difendere con intransigenza gli ideali dell'autonomismo siciliano e, affiancato da F. Cordova, espresse una moderata opposizione ad alcune scelte della politica cavouriana e al progetto politico di G. La Farina, volto a unire la Sicilia al Piemonte; prima ancora, si era opposto al ritorno di un Murat a Napoli. Rifiutatosi di sottoscrivere un indirizzo di ringraziamento a lord John Russell (che il 14 luglio 1856 aveva presentato alla Camera dei comuni un intervento sulla questione italiana), il G., su altro versante, dissentì anche dalle posizioni di M. Stabile. Nelle sue riflessioni politiche - espresse in una memoria e in una lettera dell'8 ott. 1856 - si disse favorevole alla separazione della Sicilia da Napoli e per l'assoluta autonomia e l'indipendenza dell'isola, considerando un ripiego ogni altra soluzione che non rispettasse una rigorosa difesa degli antichi diritti dell'isola.
A Genova, il pomeriggio del 18 sett. 1857, il principe di G. fu colpito da apoplessia mentre si trovava in casa di V. Fardella di Torrearsa; soccorso vanamente dal medico G. La Loggia, spirò dopo poche ore e fu seppellito il 20.
Scritti del G.: Per le vie regie intraprese in Sicilia, ottave, Palermo 1825; Necrologia del dottor Stefano Coppoler di Palermo, in Giornalediscienze, t. XXXI (1830), f. 91, pp. 109-112; Gorgiae visio, carmen, Panormi 1832; Case di educazione, in Effemeridi, t. I (1832), 3, pp. 181 s.; L'arte di preparare le terre e d'ingrassarle, ibid., t. II (1832), 2, pp. 187-189; Sonetto… in lode del celebre Vincenzo Bellini, ibid., 6, p. 280; Intorno ad un frammento di Panphyton Siculum del Cupani donato alla Biblioteca del Comune di Palermo dal principe di G., ibid., t. VI (1833), 18, pp. 253-260; Componimenti in morte di Francesco Peranni generale d'artiglieria, ibid., t. VIII (1833), 24, pp. 260 s.; Sonetto detto nell'Accademia di scienze e lettere di Palermo, ibid., t. XIII (1835), 37, p. 221; Proemio, ibid., t. XIV (1836), 38, pp. III s.; Intorno alla ripristinazione di un antico regolamento chiesto da' coltivatori…, ibid., f. 39, pp. 71-77; Lettera dedicatoria e Ode, in Segno d'amicizia nelle nozze di Ferdinando Malvica con Angela Pagano, Palermo 1836, pp. III, 47-50; Necrologia del cav. Antonio Di Giovanni Mira deceduto il 3 ag. 1837, in Siciliano, 1837, n. 9; Elogio storico del barone Antonio Bernardi Bivona, in Biografiee ritratti d'illustri sicilianimorti nel cholera l'anno 1837, Palermo 1838, pp. 51-67; Su la macerazione del lino per via del vapore, in Effemeridi, t. XVII (1837), 45, pp. 1-5; In morte di Bellini, canto, Palermo 1838; Delle vicende dell'Accademia. Discorso del presidente, in Attidell'Accademiadi scienze e letterediPalermo, n.s., I (1845), pp. 1-16; Biografia del principe di Villafranca Giuseppe Alliata, Palermo 1844; Mémoire sur la découverte de l'Amérique au dixième siècle…, in LaFalce, I (1845), 18, pp. 138-140; Onori ad illustri estinti, ibid., III (1847), 55, pp. 52 s.; Opere edite ed inedite di Franco Maccagnone principe di Granatelli, pubblicate a spese di suo nipote Goffredo Maccagnone, parte I (e unica), Palermo 1871.
Fonti e Bibl.: A. Bernardi Bivona, Cenni sullo stato attuale delle scienze, lettere ed arti in Sicilia, in L'Iride, I (1822), 1, p. 20 n.; L. Vigo, Sullo stato presente dei teatri e dell'arte drammatica in Sicilia, in Effemeridi, t. II (1833), 5, pp. 109 ss.; A. Gallo, Lettera al principe di G., ibid., p. 199; G. La Farina, Istoria documentata della rivoluzione siciliana e delle sue relazioni co' governi italiani e stranieri (1848-1849), Capolago 1850, parte II, pp. 113, 173, 177 n., 181 n., 193 e n.; V. Ragona [G. Carnazza], La politica inglese e francese in Sicilia negli anni 1848-1849, Parigi 1853, p. 101 e n.; G. La Farina, Epistolario, a cura di A. Franchi, I, Milano 1869, pp. 557 s.; G. Di Marzo, Relazione introduttiva, in Primo centenario della Biblioteca comunale di Palermo, Palermo 1875, pp. 49, 99; Carteggio di Michele Amari, a cura di A. D'Ancona, Torino, 1896-1907, ad ind.; Lettere di lord Minto a Ruggero Settimo (17 sett. 1848), a cura di F. Guardione, in IlRisorgimentoitaliano, III (1910), p. 881; Lettere di G. Hopkins console siciliano a Liverpool a' commissarj di Sicilia principe di G. e Luigi Scalia, a cura di F. Guardione, ibid., III (1910), pp. 66-80; Le Assembleedel Risorgimento: Sicilia, Roma 1911 (seduta del 1° apr. 1848); R. Pilo, Esatta cronaca dei fatti avvenuti in Sicilia e preparativi di rivoluzione pria del 12 genn. 1848, in Il Risorgimento italiano, VII (1914), 1, pp. 2-8; E. Librino, Una lettera del ministro di Ferdinando II a Parigi sulla emigrazione siciliana, in La Sicilia nel Risorgimento italiano, III (1933), 2, pp. 25, 27, 29; V. Gioberti, Epistolario, a cura di G. Gentile - G. Balsamo-Crivelli, Firenze 1937, X, p. 260; XI, p. 49; G. La Cecilia, Memorie storico politiche, a cura di R. Moscati, Varese 1946, p. 531; Le relazioni diplomatiche fra il governo provvisorio siciliano e la Gran Bretagna (14 apr. 1848 - 10 apr. 1849), a cura di F. Curato, Roma 1971, pp. 56 ss.; Lettere di Rosolino Pilo, a cura di G. Falzone, Roma 1972, pp. XXVIII, 54, 61-64, 108, 161-166, 183; Il carteggio del marchese di Roccaforte, a cura di N. Giordano, Palermo 1973, pp. 73, 83 s., 93, 117, 126, 181, 195, 295, 364 s.; V. Fardella di Torrearsa, Ricordi su la Rivoluzione siciliana degli anni 1848 e 1849, introd. di F. Renda, Palermo 1988, pp. 40, 57, 132-134, 139 ss.
Per un inquadramento storico dell'operato del G. si vedano: F. Guardione, Il dominio dei Borboni in Sicilia dal 1830 al 1861, II, 1848-1861, Palermo 1901, pp. 239, 326; U. De Maria, L'opera degli emigrati politici siciliani nel carteggio Torrearsa (1849-1856), in Riv.storicadellaSiciliaoccidentale, 1920, pp. 50 ss.; E. Casanova, L'emigrazione siciliana dal 1849 al 1851, in Rass.stor.delRisorgimento, XII (1925), p. 40; N. Vaccalluzzo, Massimo d'Azeglio, Roma 1925, p. 222; E. Casanova, Il Comitato centrale siciliano di Palermo (1848-49), in Rass. stor. del Risorgimento, XIII (1926), p. 13; XIV (1927), p. 288; U. De Maria, L'opera degli emigrati siciliani nel carteggio Torrearsa (quadriennio 1857-1860), in La Sicilia nel Risorgimento italiano, I (1931), pp. 60, 64; L. La Bella, Vincenzo Fardella marchese di Torrearsa, i suoi tempi e i suoi amici, in Arch.stor.perlaSiciliaorientale, VII (1931), pp. 368 s.; VIII (1932), p. 69 n.; F. De Stefano, I Fardella di Torre Arsa. Storia di tre patrioti, Torino 1935, pp. 62 ss.; T. Whitaker Scalia, Sicilia e Inghilterra. Ricordi politici. La vita degli esuli italiani in Inghilterra (1848-1870), Mazara 1948, pp. 85, 102-104, 109, 111, 116, 119, 122-125; R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Bari 1950, p. 311 n.; G. Falzone, Il problema della Sicilia nel 1848 attraverso nuove fonti inedite…, Palermo 1951, adindicem; C. Mandalà, La pubblicistica in Sicilia dal 1830 al 1835, in La Sicilia verso l'Unità d'Italia. Memorie e testi raccolti in occasione del 39° Congr. naz. dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Palermo 1960, p. 171 e n.; G. De Rosa, I gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del '48, con scritti inediti di Luigi Taparelli d'Azeglio, Roma 1963, p. 288; G. Falzone, La Sicilia nella politica mediterranea delle grandi potenze. Indipendenza ed autonomia nei documenti del Quai d'Orsay, Palermo 1974, pp. 16 n., 93 n., 114 e n., 115, 117, 133 s., 230; N. Giordano, La situazione finanziaria e militare del Regno di Sicilia nella imminenza della restaurazione borbonica, Palermo 1975, pp. 7, 13, 36, 71 s., 92 s., 103 s., 107; G. Ciampi, I liberali moderati siciliani in esilio nel decennio di preparazione, Roma 1979, pp. 29, 32, 38, 86, 90 n., 101 n., 102, 113 n., 115-117, 125-128, 131, 132 n., 172, 173 n.; M.I. Palazzolo, Editori, librai e intellettuali. Vieusseux e i corrispondenti siciliani, Napoli 1980, pp. 45, 170 n.; G. Fiume, La crisi sociale del 1848 in Sicilia, Messina 1982, pp. 17, 19, 21, 29 n., 45 e n.; V. D'Alessandro - G. Giarrizzo, LaSiciliadalVesproall'Unitàd'Italia, Torino 1989, pp. 711 s.; M. Meriggi, Società, istituzioni e ceti dirigenti, in Storia d'Italia (Laterza), I, Le premesse dell'Unità, Roma-Bari, 1994, p. 219; F. Curato, Il Regno delle Due Sicilie nella politica estera europea (1830-1859), a cura di S. Candido, Palermo 1995, p. 105 n.; D. Novarese, Istituzioni e processo di codificazione nel Regno delle Due Sicilie. Le leggi penali del 1819, Milano 2000, p. 162; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, IV, pp. 193 s.; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 305 s.