MISTRALI, Franco
– Nato a Parma da Giovanni Giacomo e da Anna Di Franco il 27 luglio 1833, appartenne a una famiglia, nobilitata nel 1816, devota alla casa ducale; egli stesso mostrò sentimenti filo-asburgici e spesso si espresse su posizioni antiliberali.
Ex ufficiale dell’esercito austriaco, dopo l’unificazione nazionale si impegnò nel campo giornalistico, sfruttando le sue capacità di polemista e di scrittore concretizzate anche nella pubblicazione di una ventina di volumi, lodati all’estero, meno in Italia anche per le feroci critiche espresse nei suoi confronti da G. Carducci.
Dopo aver abbandonato la città natale, nel 1868 fondò a Milano un foglio, Il Gazzettino rosso (che si diceva pagato dalla questura per contrastare le frazioni lombarde della democrazia radicale che avevano la loro voce ne Il Gazzettino rosa) di cui uscirono 26 numeri tra il 18 giugno e il 23 luglio. Lasciata Milano, si trasferì a Bologna dove, a partire dal 1° genn. 1869, assunse la direzione de Il Monitore di Bologna, dal 1859 il più importante giornale locale, portavoce del governo, di cui fu anche per alcuni anni proprietario. Nelle pagine del quotidiano il M. firmò con le sue iniziali numerosi articoli di cronaca politica, pubblicò a puntate molti dei suoi romanzi, ma soprattutto si occupò di cronache locali, parlò di feste, di teatro, di divertimenti e tutto ciò divenne poi anche un volumetto pubblicato a suo nome con il titolo Le ciarle bolognesi (Bologna 1869).
Negli anni Settanta il M. ebbe un ruolo importante nel giornalismo bolognese rimanendo per cinque anni a capo del Monitore e, successivamente, fondando Il Piccolo Monitore (1874) e la Stella d’Italia (1878).
Si conquistò vastissima notorietà specie per le denunce e gli attacchi rivolti agli esponenti della vita politica e culturale cittadina: «attaccava tutto e tutti riuscendo a farsi temere e ad aver maggior copia di nemici anziché amici» (Cervellati). Di lui si diceva essere più attento al pettegolezzo e allo scandalo, che non ai temi di fondo della politica, anche se nel Monitore portavano la sua firma non solo articoli di cronaca spicciola, ma anche interventi politici. Soprattutto questi ultimi gli levarono contro molte voci e, proprio allo scopo di combatterlo e per denunciare al pubblico la sua disonestà, nel 1874 alcuni giovani bolognesi fondarono Il Matto, un giornaletto satirico cui collaborarono anche Carducci e L. Stecchetti. Era la risposta al Piccolo Monitore, che il M., come scriveva nell’editoriale del primo numero, dichiarava di aver voluto per condurre «la guerra della verità alla menzogna, della virtù al vizio» (31 genn. 1874).
Nel 1874 il M. restò coinvolto nel fallimento della Banca delle Romagne e fu arrestato. Sorto a Lugo nel 1872, l’istituto di credito era stato ben presto trasferito a Bologna e, nell’occasione, era stata affidata al M. la carica di consigliere delegato nella speranza che il suo blasone nobiliare potesse servire a migliorare l’immagine e la credibilità della banca. Preso dall’entusiasmo per le speculazioni finanziarie che all’epoca attraversava il Paese e spinto da una certa faciloneria, il M. impose che ogni cliente, cui fosse stata concessa un’apertura di credito o un’anticipazione, dovesse assumersi un pacchetto di azioni o un piccolo contingente di buoni cassa. Quella che egli definiva «una magia» parve all’inizio funzionare e portò la banca a finanziare l’apertura a Ravenna del primo cantiere navale con l’opera di maestranze liguri e con il concorso del conte G. Rasponi; in realtà condusse in breve al fallimento dell’istituto di credito e all’arresto del M., che già l’8 ag. 1873 venne sollevato anche dalla direzione del Monitore.
Dai cinque volumi degli atti del processo per bancarotta (conservati presso l'Archivio di Stato di Bologna) non risultano azioni disoneste da parte del M., ma piuttosto la sua incompetenza e superficialità nel mettere in pratica strumenti per uscire dalla crisi. A ciò va aggiunto lo scontro politico. «È certo che gli avversari del Governo si gettarono con gioia sul giornalista ufficioso e sul banchiere favorito dal prefetto. Molti mesi prima della crisi la Gazzetta dell’Emilia si era dichiarata contro la banca, aveva diffidato i suoi clienti di non pagare con buoni della banca ed aveva perfino soppresso nei listini di borsa i titoli quotati dalla stessa. Senza le fiere inimicizie dell’ambiente bolognese e senza la crisi generale del credito, forse la banca si sarebbe salvata» (Lodolini, p. 6). Probabilmente la misura dell’arresto immediato del barone fu esagerata, sicuramente risultò dannosa perché impedì qualsiasi forma di concordato e il salvataggio dei cantieri navali di Ravenna.
Alla fine di giugno del 1874 fu celebrato il processo contro il M. che, giudicato colpevole, venne condannato a cinque anni di reclusione e tradotto al carcere bolognese di S. Lodovico, dove rimase fino al 1878.
Non si trattava, per il M., della prima denuncia e, neppure, della prima condanna. Nel 1873 infatti, ancora direttore del Monitore, era stato all’inaugurazione del tronco ferroviario Sant’Antonio-Borgoforte nel Mantovano e, sul treno di ritorno dalla cerimonia, in preda all’ubriachezza, aveva rotto vetri, strappato tendine e aggredito verbalmente altri passeggeri tanto da meritarsi una lieve condanna da parte del pretore di Mantova il 2 apr. 1874.
Tra il 1873 e il 1874 (quando era già in carcere a Bologna) fu poi coinvolto in due aspri confronti, seguiti da azioni giudiziarie, con E. Panzacchi e Carducci.
Panzacchi, il 1° apr. 1874, denunciò al procuratore del re il M. per «diffamazione e ingiurie atroci» (atti del tribunale correzionale di Bologna); e aggiunse anche querela contro il procuratore generale del re presso la corte d’appello perché «avendo egli fra i detenuti in queste carceri di S. Lodovico il M., e correndogli l’obbligo di sorvegliare e limitare le sue azioni secondo le prescrizioni e lo spirito morale del regolamento carcerario, tanto nella condotta del detenuto rispetto alle relazioni interne del carcere, come nelle sue relazioni con la società civile, egli permette che detto M., rompendo ogni legge di moralità e di pudore si costituisca diffamatore quotidiano della peggior fatta con offesa di onesti cittadini e grave scandalo pubblico». Il M., sebbene carcerato, continuava infatti a esprimere giudizi e aprire polemiche dalle pagine dei suoi giornali. Solamente l’imperizia giuridica di Panzacchi, che non aveva citato nella denuncia le parole offensive a lui dirette, consentì al M. di ottenere un giudizio di non luogo a procedere.
Diverse furono le ragioni dello scontro con Carducci: in questo caso il M. da querelato si fece querelante, accusando il poeta e altri collaboratori de Il Matto di aver pubblicato un testo in cui lo si accusava di plagio. Dalla redazione del giornaletto satirico si rispose con attacchi feroci contro il Mistrali. Il processo si concluse con la sola incriminazione del gerente responsabile de Il Matto, mentre contro gli altri venne scelto il non luogo a procedere per l’impossibilità da parte del giudice istruttore di attribuire ai singoli redattori gli articoli ritenuti offensivi dal Mistrali.
Le radici dell’opposizione di Carducci andavano più indietro nel tempo, all’arrivo del M. a Bologna, quando il poeta aveva scritto ne L’Amico del popolo del 24 ag. 1869: «Ma come? Qui a Bologna, in Bologna sede gloriosa degli studi, tra queste memorie dell’antichità veneranda, tra queste illustrazioni del presente, tra l’Archiginnasio del Medioevo e l’Instituto moderno, Franco Mistrali rizzerà in punta di piedi la sua paurosa persona, rigetterà indietro le spalle deformi, solleverà l’orribile testa, e dirà con una smorfia da Truffaldino: Io sono un dotto, io sono uno scrittore?». Nell’occasione il M. non reagì e non querelò Carducci, ma da allora tra i due fu scontro aperto: il M. continuò a pubblicare libri e a considerarsi autore di larga fama; il poeta non esitò a definirlo espressione di cialtroneria politica e di miseria artistica.
Gli scritti del M. variarono dai romanzi di carattere popolare al racconto storico, testi di non grande valore artistico e deboli anche sotto il profilo storiografico, però capaci di colpire il lettore ottocentesco perché scritti con tono enfatico e roboante. Opere oggi in gran parte dimenticate, anche se nel complesso alcune pagine di storia, di scienza o di economia meriterebbero qualche indulgenza. Sicuramente vale la pena di essere ricordato Il vampiro. Storia vera (Bologna 1869), pubblicato quasi trent’anni prima del Dracula di B. Stoker, considerato il primo romanzo italiano sui «signori della notte», nel quale il M., riprendendo peraltro uno dei suoi primi scritti di genere gotico (I racconti del diavolo. Storia della paura, Milano 1861), narrava la storia di una setta segreta che praticava il culto del sangue.
Nel 1878, uscito di prigione, il M. fondò un nuovo giornale, La Stella d’Italia. Nuovo Monitore di Bologna, che si pubblicò anche dopo la sua morte fino al 1887.
Il M. morì a Porretta Terme (Bologna) il 18 dic. 1880.
Tra le opere del M., oltre a quelle già citate, ricordiamo: Gli ultimi giorni di Venezia o I vespri veronesi e Campo Formio, Milano 1860; Maria Maddalena, gli amori della peccatrice. Storia del Vangelo di Cristo, I-II, ibid. 1860; Fra Hieronimo Savonarola monaco e papa. Storia italiana del XV secolo, ibid. 1860; Cinque anni di reggenza. Storia aneddotica di Maria Luisa di Borbone, ibid. 1860; Storia popolare della rivoluzione in Sicilia e della impresa di Giuseppe Garibaldi, ibid. 1860; I briganti di Calabria, ovvero I Borboni di Napoli, I-II, ibid. 1861; Da Palermo a Gaeta. Storia popolare dell’Italia meridionale, ibid. 1861; Papa Alessandro VI ovvero La famiglia dei Borgia, I-II, ibid. 1861; Ritratti popolari, ibid. 1861; I misteri del Vaticano o la Roma dei papi, I-IV, ibid. 1861; Il duca Valentino e la famiglia dei Borgia, ossia La corte romana ai tempi di papa Alessandro VI, I-II, ibid. 1862; Storia aneddotica politica militare della guerra d’Italia, ibid. 1862; Vita di Gesù. A Renan, ibid. 1863; Morte e testamento politico del commendatore avvocato Urbano Rattazzi, ibid. 1863; Da Novara a Roma. Istoria della rivoluzione italiana, I-VI, Bologna 1864-69; Balilla, ovvero La cacciata degli Austriaci da Genova, Milano 1865; I ricordi di un uomo inutile, Bologna 1869; Sotto la cenere. Memorie di un prete, ibid. 1874; Guido Monatti, Lugo 1876; Povera donna! Studi dal vero, Bologna 1880.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Corte d’appello di Bologna, Corte d’assise, 1875-79 (5 voll.); Tribunale correzionale di Bologna, 1874, f. 1673-1674 (querele tra il M. e G. Carducci, tra E. Panzacchi e il M.); Bologna, Museo civico del Risorgimento, Archivio Franco Mistrali; A. Santini, Perché difesi F. M., Bologna 1879; N. Bernardini, Guida della stampa periodica italiana, Lecce 1890, pp. 318 s.; S. Sani, Bologna di ieri, Bologna 1922, pp. 11-112, 127 s.; O. Trebbi, Nella vecchia Bologna, Bologna 1924, ad ind.; O. Cenacchi, Vecchia Bologna, Bologna 1926, ad ind.; A. Testoni, Bologna che scompare, Bologna 1930, pp. 131, 210; O. Trebbi, Gli antenati bolognesi del nostro giornale, in Il Resto del Carlino, 12 maggio 1935 (numero speciale); A. Lodolini, Un anticarducciano: F. M., Imola 1935; I periodici di Milano, a cura di F. Della Peruta, Milano 1956, p. 37; A. Cervellati, Il barone M. e il «Monitore», in Avanti! (cronaca di Bologna), 17 giugno 1962; E. Bottrigari, Cronaca di Bologna, IV, 1868-1872, a cura di A. Berselli, Bologna 1962, ad nomen; P. Neri, Il giornalismo bolognese nel periodo postunitario, Bologna 1965, pp. 250-256, 308-310, 319-321; L. Arbizzani, La «svolta» di Andrea Costa e la «Stella d’Italia»: il convegno del 14 marzo 1880 a Bologna, in Il Carrobbio, IV (1978), pp. 21-39; G.B. Jannelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri, Genova 1877, s.v. (R. Lasagni).