Franco Modigliani
Studioso molto fecondo e dotato di una straordinaria capacità di comunicare le proprie idee, Modigliani occupa una posizione di rilievo tra i grandi economisti del Novecento che, a partire dagli anni Quaranta del secolo passato, realizzarono la progressiva assimilazione delle idee avanzate da John M. Keynes nella General theory of employment, interest and money (1936) all’interno della visione condivisa dalla maggioranza degli economisti. Fondamentali i suoi contributi alla teoria del risparmio e del consumo (è sua a questo riguardo la Teoria del ciclo vitale, menzionata nell’attribuzione del premio Nobel nel 1985). Anche da cittadino statunitense ha mantenuto intensi e permanenti legami con l’Italia, favorendo in ogni modo gli studi di giovani economisti italiani, intervenendo con frequenza nel dibattito sulla politica economica italiana anche attraverso scritti sui maggiori quotidiani e facendo sentire la sua voce autorevole e rispettata in alcuni momenti drammatici della storia del nostro Paese.
La maggiore fonte di notizie sulla vita e sul nucleo del pensiero di Franco Modigliani, nato a Roma il 18 giugno 1918 e morto a Cambridge (Mass.) il 25 settembre 2003, è rappresentata dal volume autobiografico Avventure di un economista, pubblicato nel 1999 e curato da Paolo Peluffo. Da questa raccolta di memorie apprendiamo che l’interesse per i problemi dell’economia si manifesta quasi per caso durante gli studi di giurisprudenza.
Nel 1936 Modigliani partecipa con un saggio sul controllo dei prezzi a uno dei Littoriali della cultura (concorsi interuniversitari per studenti istituiti dal regime del tempo, ma ampiamente frequentati da giovani brillanti anche antifascisti) e inaspettatamente, come egli ci dice, vince. L’argomento del controllo dei prezzi è ripreso in due scritti del 1937 (La funzione del partito nel controllo dei prezzi; Economia corporativa e controllo dei prezzi). L’uscita di Modigliani dall’Italia avviene un anno più tardi, prima della laurea in giurisprudenza e viene decisa in conseguenza delle leggi razziali. Il padre della sua fidanzata (poi moglie) Serena, Giulio Calabi, a quel tempo amministratore delegato delle Messaggerie Italiane (una casa di importazione di stampa estera sulla quale le autorità italiane cercavano di influire), giudica la permanenza in Italia non più compatibile con la nuova situazione e decide con grande rapidità di lasciare il Paese. Modigliani accetta di seguire la famiglia di Serena prima in Svizzera, poi a Parigi.
Nel 1939 Franco e Serena si sposano e successivamente rientrano brevemente in Italia per la discussione della tesi di laurea di Franco, senza incidenti. Nell’agosto di quell’anno, pochi giorni prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, i giovani sposi emigrano negli Stati Uniti. Una borsa di studio della New school for social research (un’istituzione attenta alla sorte di numerosi studiosi europei in esilio) permette a Modigliani di riprendere gli studi di economia. Suo maestro è Jacob Marshak. Per lui Modigliani avrà parole di grande apprezzamento intellettuale e umano. Il contatto con le idee di John M. Keynes e la loro assimilazione sono di questo periodo. La rielaborazione e la maturazione di queste idee avviene tra il 1942 e il 1944, quando il suo primo importante contributo viene completato e pubblicato su «Econometrica».
La sua carriera accademica negli Stati Uniti lo vede dapprima, nel 1942, al Bard college (un college della Columbia University), alla New school nel 1944, poi alla University of Chicago, alla Cowles commission e alla University of Illinois nel periodo tra gli anni 1948 e 1952, al Carnegie institute of technology (oggi Carnegie-Mellon University) dove rimane fino al 1960, e successivamente al Massachusetts institute of technology (MIT) dove resta sino al termine della sua vita scientifica, inizialmente come visiting professor, poi come professore e negli ultimi anni come emeritus. È qui, in un edificio che guarda sul Charles river che negli anni lo incontrano numerosi economisti italiani che si recano negli Stati Uniti e in particolare al MIT per periodi di studio. Con i giovani in fase di formazione egli è prodigo di suggerimenti e di aiuti. Tra questi giovani economisti c’è anche Ezio Tarantelli che Modigliani ricorderà alla televisione italiana con parole di profonda commozione la sera dell’assassinio per mano delle Brigate rosse, il 27 marzo 1985.
Nel dicembre del medesimo anno gli viene conferito il premio Nobel «per le sue ricerche pionieristiche sul risparmio e sui mercati finanziari». In occasione del banchetto che segue la consegna dei premi Modigliani, prendendo la parola per la breve allocuzione prevista dal protocollo, parla del suo rapporto con l’Italia e con gli Stati Uniti e dice tra l’altro:
Nella mia vita non ho mai creduto nel nazionalismo nel senso di my country, right or wrong. Sono nato italiano, ma ho lasciato l’Italia quando ho ritenuto in coscienza che quel paese si comportasse in modo immorale, con le leggi razziali e poi con l’alleanza militare con Hitler. Ho amato l’America che mi ha accolto e dove ho studiato e insegnato. Ma non ho interpretato il mio essere americano come una cieca adesione a tutto ciò che l’America fa (Avventure di un economista, cit., p. 128).
In queste parole limpide appare un tratto rilevante della sua personalità: un’attitudine positiva verso la vita che lo porta a guardare sempre al futuro, oltre le tragedie della storia.
La produzione scientifica di Franco Modigliani è molto ampia. I suoi più importanti contributi scientifici sono oggi raccolti nei sei volumi dei Collected economic papers, pubblicati tra il 1980 e il 2005.
Numerosi saggi a doppia firma testimoniano della sua grande capacità di appassionare e coinvolgere giovani ricercatori. Tra questi un nutrito gruppo di scritti lega il nome di Modigliani a quelli di ricercatori italiani: a quello di Giorgio La Malfa (1966); a quello di Franco Cotula (1973); di Tarantelli (1973, 1976, 1979); di Tommaso Padoa Schioppa (1977a e b); di Domenico Siniscalco (1982); di Tullio Jappelli e Marco Pagano (1985, 1989); di Fiorella Kostoris Padoa Schioppa e Nicola Rossi (1986); di Enrico Perotti (1991); Maria Luisa Ceprini (2000a e b); ancora di Jappelli (2005). In questa stessa linea vanno considerati i volumi scritti con Mario Baldassarri e Fabio Castiglioni (1996) e con F. Kostoris Padoa Schioppa (1998).
E a testimonianza del sodalizio intellettuale di Modigliani con i suoi allievi italiani si può fare riferimento anche al ricordo che Baldassarri ha pubblicato nel 2003 sulla «Rivista di politica economica». In italiano ricercatori che da Modigliani hanno ricevuto aiuto generoso e costruttivo nella fase di perfezionamento dei loro studi hanno curato tre raccolte di suoi scritti (Tarantelli nel 1975, T. e F. Padoa Schioppa nel 1987, Carlo D’Adda nel 1992). Nel 2007, dopo l’apertura dell’archivio privato di Franco Modigliani, Pier Francesco Asso ha curato la pubblicazione di una raccolta di scritti in buona parte inediti e lettere, riguardanti i rapporti con l’Italia, preceduta da un’introduzione accurata e ricca di notizie.
I riconoscimenti da parte di società scientifiche sono stati di primissimo piano. In particolare Modigliani è stato presidente della Econometric society e dell’American economic association. In Italia la sua appartenenza come socio straniero all’Accademia nazionale dei Lincei data dal 1991.
L’introduzione al primo volume dei Collected papers è preziosa per chi si interessa al pensiero scientifico di Modigliani. Essa offre al lettore un filo interpretativo unificante di una produzione ampia e diversificata. Secondo l’autore, l’intento generale della sua opera è quello di mettere in evidenza il contributo duraturo della rivoluzione keynesiana. Questo disegno si articola in tre maggiori linee di ricerca:
1) integrare i principali nuclei costitutivi della Teoria Generale con la teoria economica più tradizionale e accreditata, la quale riposa sul postulato basilare del comportamento razionale massimizzante da parte degli agenti economici; 2) sottoporre a verifica e stimare la struttura risultante per mezzo di dati empirici; 3) applicare i risultati a problemi di intervento, ivi compreso quello sollevato dalla controrivoluzione keynesiana riguardo all’esistenza o meno di una ragione per adottare politiche attive.
È questo un programma così manifesto in tutta l’opera scientifica di Modigliani da non poterlo mai dimenticare. Lo stesso Keynes della General theory of employment, interest and money (1936) del resto fu tutt’altro che insensibile al proposito espresso nel primo dei precedenti tre punti.
Nel seguito mi soffermerò su tre nuclei dell’‘operazione’ compiuta da Modigliani sulla General theory caratterizzanti tutta la sua opera scientifica. Questi nuclei possono venire così indicati: 1) fondamento teorico dell’equilibrio di sottoccupazione; 2) essenza e implicazioni della teoria del ciclo vitale (Life cycle hypothesis); 3) valenza macroeconomica dei problemi finanziari dell’impresa e della struttura temporale dei tassi di interesse. Si tratta di nuclei teorici fondamentali all’interno di una corrente di pensiero il cui sbocco è rappresentato dalla cosiddetta sintesi neoclassica. Questa corrente di pensiero, inaugurata da John R. Hicks (Mr Keynes and the ‘Classics’. A suggested interpretation, «Econometrica», 1937, 5, 2, pp. 147-59) e divenuta con il passare del tempo prevalente nella cultura economica anglosassone, percepisce la rilevanza interpretativa del contributo di Keynes, centrato sulle idee di domanda effettiva e di equilibrio di sottoccupazione, ma nel medesimo tempo ritiene che nella visione neoclassica, centrata sul comportamento razionale degli individui e sull’interazione di tutti i mercati, sia presente il riferimento a un corpo teorico affermato con il quale è necessario fare i conti (su questo punto si veda anche Pasinetti 2005). Nei termini più elementari la sintesi neoclassica combinerà una visione keynesiana del funzionamento dell’economia nel breve periodo con un’interpretazione neoclassica dei meccanismi che agiscono nel lungo periodo. In questa prospettiva il tempo viene a giocare un ruolo importante di cui l’analisi economica deve tenere conto a livello teorico e a livello empirico. Modigliani in effetti non fu soltanto uno scienziato teorico, ma un ricercatore empirico curioso e di grande ingegno.
All’equilibrio di sottoccupazione Modigliani ha dedicato due saggi principali: Liquidity preference and the theory of interest and money («Econometrica», 1944) e The monetary mechanism and its interaction with real phenomena («Review of economics and statistics», 1963). Sui temi di fondo dell’equilibrio macroeconomico e sulla possibilità di esercitare su di esso un controllo Modigliani torna nel 1976 in occasione del Presidential address all’American economic association (la pubblicazione sull’«American economic review» con il titolo The monetarist controversy or, ‘Should we forsake stabilization policies?’ è dell’anno successivo).
Il saggio del 1963 ha lo scopo di introdurre una chiara distinzione tra variabili monetarie e reali che non era stata fatta nel 1944, ma ai fini della discussione dell’equilibrio di sottoccupazione i risultati rilevanti erano già raggiunti nel primo scritto. Modigliani si vale di uno schema macroeconomico per molti versi analogo a quello proposto da Hicks nel 1937 (Mr Keynes and the ‘Classics’, cit.: quel medesimo schema che nei decenni successivi avrebbe avuto un’immensa fortuna nella maggior parte delle esposizioni manualistiche della General theory).
Ma mentre Hicks si era proposto, ribaltando un’asserzione dello stesso Keynes, di dimostrare che lo schema soggiacente alla General theory rientrava come caso particolare in una più generale formulazione del modello macroeconomico neoclassico (classico nel linguaggio di Keynes), l’intendimento di Modigliani è quello di mettere in luce quale delle innovazioni keynesiane sia specificamente responsabile dell’equilibrio di sottoccupazione.
Com’è noto, le più vistose differenze che sussistono tra il modello keynesiano e quello neoclassico sono relative al mercato del lavoro e al mercato monetario. Per Keynes il mercato del lavoro manca delle caratteristiche di automatismo tipiche dei mercati concorrenziali; generalmente il salario nominale è contrattualmente definito e dunque rigido nel breve periodo, e la domanda di lavoro dipende dal livello di attività del sistema produttivo; l’offerta di lavoro è generalmente inefficace nel senso che, se al salario corrente vi sono lavoratori disoccupati che sarebbero disposti a lavorare, questa loro disponibilità non mette in atto alcun meccanismo riequilibratore. L’altro mercato che nella costruzione di Keynes può presentare caratteristiche anomale (non neoclassiche) è quello monetario; la considerazione del programma di transazioni non è sufficiente a interpretare il comportamento di quanti detengono moneta liquida (come voleva la teoria quantitativa); si deve considerare anche il motivo speculativo che può indurre a detenere moneta a preferenza di altre attività finanziarie quando il tasso di interesse corrente è soverchiato dall’aspettativa di guadagno in conto capitale conseguibile dalla posticipazione dell’investimento.
Modigliani si chiede se queste due caratteristiche innovative dello schema keynesiano costituiscano congiuntamente una condizione necessaria e sufficiente perché si generi un equilibrio di sottoccupazione. La risposta è negativa. Ordinariamente si deve ritenere che la rigidità salariale costituisca da sola una condizione sufficiente. Vi è d’altronde una condizione particolare del mercato monetario, la condizione di preferenza infinita per la liquidità, detta anche trappola della liquidità, in cui una massa monetaria grande a piacere può essere detenuta senza che il tasso di interesse, già al suo livello minimo, reagisca (alla luce delle esperienze dell’ultimo decennio del Novecento si può pensare alla situazione in cui si è trovata l’economia giapponese). In questo caso l’equilibrio di sottoccupazione può prodursi esista o non esista la rigidità salariale. In concreto, dunque, la risposta di Modigliani è che ciascuna delle due caratteristiche singolarmente considerate costituisce condizione sufficiente per l’equilibrio di sottoccupazione, anche se la rigidità salariale rappresenta empiricamente la situazione più rilevante.
Si tratta di una conclusione non di poco conto, se si riflette al fatto che, secondo una lettura frequente di Keynes, una diminuzione dei salari monetari in presenza di sottoccupazione, lungi dal provocare un movimento verso la piena occupazione, rischia di contrarre la domanda effettiva e pertanto di aggravare la disoccupazione. In realtà, nel modello keynesiano comprensivo del mercato monetario, che corrisponde al modello di Modigliani nel caso di salari rigidi, una variazione dei salari nominali si riflette nel prezzo di offerta della produzione, nel reddito distribuito in termini nominali e nel valore reale della massa monetaria esistente (che evidentemente viene accresciuto da una riduzione salariale). Se ci si trova in equilibrio di sottoccupazione (e, dovremmo aggiungere, se non vi sono ritardi nell’operare dei meccanismi descritti) non vi è quindi l’effetto perverso di una riduzione salariale.
Con salari monetari flessibili l’automatismo dei mercati viene ripristinato. Il funzionamento del sistema può essere descritto dicendo che il livello dell’attività economica si determina sul mercato dei fattori, il tasso di interesse riflette la composizione della domanda in termini di consumi e investimenti, e la massa monetaria (esogena), in ultima analisi, determina il livello dei prezzi. Siamo dunque in un mondo neoclassico (anche se i meccanismi che portano all’equilibrio di piena occupazione possono richiedere tempo). In definitiva la flessibilità dei salari e dei prezzi costituisce una caratteristica desiderabile; inoltre salario reale e piena occupazione sono grandezze strettamente interrelate. Ciò non toglie che in presenza di disoccupazione, sia determinata da rigidità dei salari nominali, sia causata dalla lentezza degli automatismi del mercato malgrado la flessibilità di lungo andare, la politica economica debba intervenire per sostituire le forze mancanti o rafforzare le tendenze troppo deboli.
Modigliani ha dedicato a questo tema la parte forse preponderante della sua attività di ricerca lungo l’arco di tempo della sua vita scientifica. Agli studi sul risparmio, come già ricordato, ha fatto esplicitamente riferimento la motivazione per l’attribuzione del premio Nobel. Si tratta dunque di un filone importantissimo.
Alcune riflessioni preliminari appaiono nel saggio Fluctuations in the saving-income ratio. A problem in economic forecasting del 1949. La sistemazione teorica del problema avviene progressivamente, con contributi pubblicati nel 1954 (con Richard Brumberg), 1972 (con Jacques Drèze), 1979 (di nuovo con Brumberg) e 1988. Alla verifica empirica dell’ipotesi del ciclo vitale sono anche dedicate numerose ricerche di cui le più note sono quelle pubblicate nel 1960 con Albert Ando, nel 1963b, nel 1970; all’indicazione di queste verifiche si possono aggiungere altri due scritti (Recent declines in the savings rate. A life cycle perspective, 1990, e L’enigma del risparmio cinese e l’ipotesi del ciclo vitale che nel 1996 Modigliani generosamente diede alla neofondata «Rivista italiana degli economisti»). Un saggio pubblicato nel 1975, The life cycle hypothesis of saving twenty years later, contiene una panoramica generale dei risultati teorici e ha molto contribuito alla divulgazione del pensiero dell’autore. Dopo l’assegnazione del Nobel, un’aggiornata e completa esposizione della teoria del ciclo vitale viene fatta nella Nobel lecture, tenuta nel dicembre 1985 e pubblicata con il titolo Life cycle, individual thrift, and wealth of nations nell’«American economic review» del giugno 1986. Successivamente, con il saggio pubblicato nel 1988 sul «Journal of economic perspectives», Modigliani si propone di chiarire quale posto il motivo della trasmissione ereditaria debba occupare nella teoria del risparmio durante il ciclo di vita.
La stilizzazione del comportamento di un risparmiatore fatta da Modigliani è di grande semplicità. Egli attribuisce una parte del merito per l’intuizione originaria a Margaret Reid, «una meravigliosa ricercatrice la quale non ha mai pubblicato il suo lavoro», secondo le parole che Modigliani pronunciò nel 1986 a Bologna, in occasione di una lezione tenuta per le celebrazioni del IX centenario.
Nella versione più elementare del modello del ciclo di vita un risparmiatore risparmia durante gli anni lavorativi per poter consumare durante gli anni del pensionamento. Il fenomeno della trasmissione ereditaria fa parte degli affinamenti. Sostanzialmente la ricchezza accumulata rappresenta il complesso delle risorse accantonate per gli anni della vecchiaia. Con riferimento all’intero arco della vita i consumatori tendono a consumare il loro intero reddito e a rendere uniforme il consumo annuo, cosicché il rapporto tra il consumo e il reddito dell’intera vita tende al 100%. Tutto ciò non limita in alcun modo la possibilità che la società nel suo complesso possieda sempre una ricchezza, cospicua quanto si vuole; semplicemente questa ricchezza passa di mano.
Nella società vi sono evidentemente «giovani» e «vecchi» (o se si preferisce «lavoratori» e «pensionati»). Ciascuno formula un proprio piano di consumo distribuendo sull’arco della vita attesa le proprie risorse complessive, date dai redditi di lavoro attesi e dalla ricchezza accumulata, con la conseguenza che la funzione aggregata del consumo ha per argomenti sia il reddito da lavoro (base delle aspettative sui futuri redditi da lavoro), sia la ricchezza accumulata. Numerosi affinamenti sono possibili, introducendo il tasso di interesse nei calcoli relativi al trasferimento delle risorse nel tempo e la possibilità di trasferimenti ereditari, sostituendo la massimizzazione esplicita di una funzione di utilità intertemporale alla semplice ipotesi di consumo uniforme nel tempo o ancora introducendo esplicitamente l’incertezza nel problema di decisione. Ma le implicazioni essenziali possono essere ricavate anche dalla versione più elementare del modello. Ecco le principali: in primo luogo si adduce un plausibile motivo per cui, individualmente, si risparmia anche in una società stazionaria. Il risparmio dei giovani può essere esattamente controbilanciato dal consumo dei vecchi, senza alterazione del livello complessivo della ricchezza accumulata dalla società. In secondo luogo, sempre con riferimento a una società stazionaria, il rapporto ricchezza reddito trova la sua spiegazione fondamentale in un dato che nelle società odierne risente di una forte componente istituzionale: il rapporto tra durata media del pensionamento e durata media della vita. Quanto maggiore è il numero degli anni non produttivi, tanto maggiori devono essere il risparmio e la ricchezza accumulata rispetto al reddito (per la precisione in un’economia stazionaria con risparmio aggregato nullo e sotto ipotesi di uguale numerosità alla nascita delle diverse classi di età ci si dovrà aspettare un rapporto ricchezza/reddito pari alla metà del numero medio di anni di pensionamento). Contrariamente a quanto talvolta si è supposto, il rapporto consumo/reddito (se si esclude il proposito di effettuare lasciti ereditari) non ha dunque nulla a che fare con la «frugalità» o la «parsimonia» della società.
Se l’economia anziché essere stazionaria sperimenta una crescita regolare, le implicazioni sono meno immediate: è noto che in questa situazione il rapporto risparmio/reddito deve uguagliare il tasso di crescita dell’economia moltiplicato per il rapporto ricchezza/reddito, ossia, utilizzando i simboli S per risparmio, Y per reddito, W per ricchezza e g per tasso di crescita dell’economia, S/Y = ΔW/W·W/Y = g W/Y. Considerando dato il tasso di crescita dell’economia (o meglio dipendente da fattori demografici e/o dalla crescita della produttività del lavoro), e prescindendo per un attimo dalla variabilità del rapporto ricchezza/reddito, il rapporto risparmio/reddito sarà tanto maggiore quanto maggiore è il tasso di crescita dell’economia. Pertanto due economie con identico comportamento individuale potranno esibire differenze nel rapporto risparmio/reddito a causa del diverso tasso di crescita. Si può però dimostrare che il rapporto ricchezza/reddito non è indipendente dal tasso di crescita. In particolare se la crescita è dovuta a fattori demografici il rapporto ricchezza/reddito sarà tanto minore quanto maggiore è il tasso di crescita. Ciò è dovuto al fatto che le generazioni giovani saranno più numerose delle generazioni anziane e pertanto nella media gli individui con scarsa ricchezza accumulata peseranno più degli individui con abbondante ricchezza accumulata.
Vi sono infine implicazioni della teoria del ciclo vitale rilevanti per la politica economica. Se è vero infatti che il consumo non dipende soltanto dal reddito, ma anche dalla ricchezza, il legame tra fenomeni monetari e fenomeni reali si arricchisce di tutti i meccanismi attraverso i quali le variazioni della quantità di moneta possono influire sul valore di mercato della ricchezza privata: oltre ai tassi di interesse e alla massa monetaria, tutti i prezzi delle attività finanziarie e reali. Non deve sorprendere che un economista come Modigliani, estremamente attento agli aspetti operativi della teoria, attribuisca grande rilievo alle implicazioni di politica economica della sua costruzione.
Un contributo fondamentale Modigliani lo ha dato anche alla moderna teoria della finanza. Tre saggi, tutti scritti con Merton H. Miller, sono fondamentali: The cost of capital, corporation finance and the theory of investment (1958); Dividend policy, growth and the valuation of shares (1961); Corporate income taxes and the cost of capital: a correction (1963). A questi va aggiunto Inflation, rational valuation and the market (1979) scritto con Richard A. Cohn, in cui viene esaminato l’effetto dell’inflazione sul valore delle azioni e successivamente MM–past, present, future (1988) che fa il punto sull’intero filone di studi.
Modernamente con l’espressione teoria della finanza non ci si riferisce semplicemente ai criteri con i quali scegliere i mezzi di finanziamento per una qualunque attività economica, ma si indicano specificamente i criteri di valutazione dei flussi di redditi futuri, sia certi sia aleatori. Con riferimento a un’impresa, se per semplicità si ipotizza assenza di tassazione, è, per es., possibile distinguere tre diversi flussi interessanti da valutare e concretamente valutati dal mercato finanziario: 1) il flusso dei profitti futuri prima della deduzione degli interessi, flusso il cui valore presente definisce il valore di mercato dell’impresa; 2) il flusso dei pagamenti futuri per il servizio dei prestiti obbligazionari emessi dall’impresa, il cui valore presente è dato dal valore di mercato delle obbligazioni; 3) il flusso dei futuri guadagni azionari, il cui valore presente è dato dal valore di mercato delle azioni. Tra questi tre flussi sussiste una relazione elementare: il valore di mercato dell’impresa altro non è che la somma del valore di mercato delle sue azioni e delle sue obbligazioni. L’intuizione di Modigliani e Miller è stata quella di capire che, in assenza di tassazione, il valore di mercato dell’impresa non è influenzato dalla proporzione relativa di azioni e obbligazioni, ma rappresenta un prius rispetto alla composizione del finanziamento in termini di azioni e obbligazioni. La proporzione tra azioni e obbligazioni è soltanto responsabile della scomposizione del flusso dei profitti lordi tra redditi azionari e redditi obbligazionari. Corollario di questa intuizione è il fatto che il costo del capitale per l’impresa è dato dalla media ponderata tra tasso di rendimento delle azioni e tasso di interesse sulle obbligazioni.
L’importanza pratica di questo modo di ragionare si rivela nei criteri con cui decidere se un nuovo investimento (come potrebbe essere l’apertura di una nuova impresa) merita o no di essere realizzato. La risposta è sì, a condizione che il valore di mercato del nuovo investimento superi il suo costo di realizzazione. Si può anche dire che il nuovo investimento merita di essere realizzato se il suo rendimento atteso supera il costo del capitale.
C’è un’importanza ancora più generale della teoria finanziaria di Modigliani che vale la pena di sottolineare soprattutto per il macroeconomista. Quando ci si propone di spiegare il flusso di investimenti per l’intera economia, la variabile esplicativa cui fare riferimento non è rappresentata dal solo tasso di interesse a breve termine controllato dalla politica monetaria, bensì dal complessivo costo medio del capitale. E quando ci si propone di spiegare il consumo aggregato si deve ricordare che il valore di mercato della ricchezza reale (in gran parte corrispondente alla ricchezza azionaria) gioca un ruolo primario. Il mercato borsistico e le indicazioni che da esso provengono hanno dunque piena cittadinanza nel modello macroeconomico di funzionamento dell’economia.
Questa linea di pensiero rende ragione di un altro contributo importante di Modigliani alla teoria della finanza e precisamente a quella parte della finanza che va sotto il nome di teoria della struttura temporale dei tassi di interesse. Di nuovo, correttezza vuole che quando si ragiona di costo del capitale si prenda in considerazione il tasso di interesse sui prestiti a lungo termine, non il tasso a breve termine che è quello direttamente controllato dalla Banca centrale. Gli scritti più rilevanti in questo ambito sono Innovations in interest rate policy (Modigliani, Sutch 1966) e Inflation, rational expectations, and the term structure of interest rates (Modigliani, Schiller 1973).
Nel solco dei maggiori economisti Modigliani è al tempo stesso attratto dalla riflessione teorica sul funzionamento dell’economia e dalla passione per promuovere il cambiamento nella direzione giudicata desiderabile. La sua posizione politica è costantemente ispirata a un progressismo equilibrato. Impegno per la piena occupazione, desiderio di favorire in ogni modo crescita e sviluppo, promozione della classe lavoratrice rappresentano motivazioni profonde della sua azione di economista. Nel medesimo tempo egli sostiene con chiarezza che il mantenimento dell’efficienza e della competitività del sistema economico rappresenta una condizione irrinunciabile per promuovere occupazione e sviluppo sociale. Il legame ideale, oltre che metodologico, con Keynes è dunque forte.
Modigliani è persuaso che queste idee si adattino alla situazione dell’Italia non meno di quanto valgono per gli Stati Uniti. Egli è costantemente presente nel dibattito di politica economica riguardante l’Italia: negli anni Sessanta, quando il Paese si trova per la prima volta dinanzi all’apparente incompatibilità tra piena occupazione ed equilibrio della bilancia con l’estero; negli anni Settanta quando le vicende del prezzo del petrolio mettono in atto una rincorsa tra prezzi e salari che sembra portare il sistema fuori controllo; negli anni Ottanta quando il continuo rinvio del risanamento del bilancio pubblico in presenza di politiche monetarie restrittive fa esplodere il problema del debito pubblico e della credibilità della politica economica italiana; negli anni Novanta quando il problema demografico dell’invecchiamento della popolazione diviene manifesto e il meccanismo pensionistico del riparto (che consiste nell’utilizzare i contributi dei giovani lavoratori per pagare le pensioni ai lavoratori pensionati) deve cedere il passo a più efficaci meccanismi di capitalizzazione.
Negli ultimi anni della sua vita Modigliani è instancabile nel criticare la Banca centrale europea per quella che gli appare come una politica monetaria eccessivamente restrittiva data la congiuntura economica sfavorevole nella quale l’Europa non esprime compiutamente le sue potenzialità.
Scritti giovanili e scritti autobiografici:
Economia corporativa e controllo dei prezzi, «Commercio», 1937.
La funzione del partito nel controllo dei prezzi, «Il ventuno: rivista dei Littoriali per i Gruppi universitari fascisti», luglio-agosto 1937, 6, 47, pp. 30-31.
Riandando al mio passato, «Moneta e credito», dicembre 1989, 42.
Avventure di un economista, a cura di P. Peluffo, Bari 1999.
Crisi del sistema economico, prezzi politici e autarchia. Cinque articoli giovanili (Roma 1937-1938), a cura di D. Parisi, Milano 2007.
Maggiori scritti scientifici:
I più importanti articoli apparsi fino al 1989 sono oggi raccolti nei sei volumi dei Collected economic papers, pubblicati tra il 1980 e il 2005 (poi in seguito sempre indicati con l’abbrevaizione CEP). I volumi curati da E. Tarantelli nel 1975 (Mercato del lavoro, distribuzione e consumi privati), T. e F. Padoa Schioppa nel 1987 (Reddito, interesse, inflazione), C. D’Adda nel 1992 (Consumo, risparmio, finanza), in cui sono presenti le traduzioni italiane degli scritti di Modigliani, sono in seguito sempre indicati con le abbreviazioni ET, PS e CD. Si vedano in particolare:
Liquidity preference and the theory of interest and money, «Econometrica», gennaio 1944, 12, 1, pp. 45-88 (ora anche in CEP; trad. it. in CD).
Fluctuations in the saving-income ratio. A problem in economic forecasting, «Studies in income and wealth», 1949, 11, pp. 369-444 (ora anche in CEP).
F. Modigliani, R. Brumberg, Utility analysis and the consumption function. An interpretation of cross section data, in Post Keynesian economics, ed. K.K. Kurihara, New Brunswick (N.J) 1954 (ora anche in CEP; trad. it. in Economia postkeynesiana, Torino 1958).
F. Modigliani, M.H. Miller, The cost of capital, corporation finance and the theory of investment, «The American economic review», June 1958, 48, 3, pp. 261-97 (ora anche in CEP; trad. it. in PS e CD).
F. Modigliani, A. Ando, The ‘permanent income’ and the ‘life cycle’ hypothesis of saving behavior. Comparison and tests, in Consumption and saving, 2° vol., University of Pennsylvania 1960 (ora anche in CEP).
F. Modigliani, M.H. Miller, Dividend policy, growth and the valuation of shares, «The journal of business», October 1961, 34, 4, pp. 411-33 (ora anche in CEP).
The ‘life cycle’ hypothesis of saving. Aggregate implications and tests, «The American economic review», March 1963, 53, 1, pp. 55-84 (ora anche in CEP).
F. Modigliani, M.H. Miller, Corporate income taxes and the cost of capital: a correction, «The American economic review», June 1963, 53, 3, pp. 433-43 (ora anche in CEP).
F. Modigliani, R. Sutch, Innovations in interest rate policy, «The American economic review», May 1966, 56, 1-2, pp. 178-97 (ora anche in CEP).
The life cycle hypothesis of saving and intercountry differences in the saving ratio, in Induction, growth and trade. Essays in honor of Sir Roy Harrod, ed. W.A. Eltis, M.F. Scott, J.N. Wolfe, Oxford 1970, pp. 197-225.
F. Modigliani, J. Drèze, Consumption decisions under uncertainty, «Journal of economic theory», December 1972, 5, 3, pp. 308-35 (ora anche in CEP; trad. it. in CD).
F. Modigliani, R.J. Schiller, Inflation, rational expectations and the term structure of interest rates, «Economica», February 1973, 40, 157, pp. 12-43 (ora anche in CEP; trad. it. in CD).
The life cycle hypothesis of saving twenty years later, in Contemporary economic issues, ed. M. Patinkin, Manchester 1975 (trad. it. in ET e in CD).
The monetarist controversy or, ‘Should we forsake stabilization policies?’, «American economic review», March 1977, 67, pp. 1-19 (ora anche in CEP; trad. it. in PS).
F. Modigliani, R. Brumberg, Utility analysis and aggregate consumption fnction. An attempt at integration, Cambridge (Mass.) 1979 (ora anche in CEP).
F. Modigliani, R.A. Cohn, Inflation, rational valuation and the market, «Financial analist journal», March-April 1979, 35, 2, pp. 24-44 (ora anche in CEP; trad. it. in CD).
Life cycle, individual thrift, and the wealth of nations, «The American economic review», June 1986, 76, 3, pp. 297-313 (ora anche in CEP; trad. it. in PS; una versione più recente di questo scritto è costituita dalla voce Life cycle hypothesis, in The New Palgrave dictionary of money and finance, 2° vol., London 1992, pp. 580-86).
The role of intergenerational transfers and the life cycle saving in the accumulation of wealth, «The journal of economic perspectives», Spring 1988, 2, pp. 15-40 (ora anche in CEP; trad. it. in CD).
MM–past, present, future, «The journal of economic perspectives», Autumn 1988, 2, 4, pp. 149-58 (ora anche in CEP; trad. it. in CD).
Recent declines in the savings rate. A life cycle perspective, «Rivista di politica economica», December 1990, 80, pp. 5-42 (ora anche in CEP).
F. Modigliani, S.L. Cao, L’enigma del risparmio cinese e l’ipotesi del ciclo vitale, «Rivista italiana degli economisti», agosto 1996, 1, pp. 157-84 (una versione di questo saggio estesa e aggiornata nei dati si trova in «Journal of economic literature», March 2004, 42, 1, pp. 145-70, e ora anche in CEP).
Scritti con coautori italiani e raccolte di scritti curate da autori italiani:
F. Modigliani, G. La Malfa, Su alcuni aspetti della congiuntura e della politica monetaria italiana nell’ultimo quinquennio, «Moneta e credito», settembre 1966, 75, 19, pp. 211-57.
F. Modigliani, F. Cotula, Un’analisi empirica dei flussi finanziari e della composizione della ricchezza finanziaria dell’economia, «Moneta e credito», marzo-giugno 1973, 102.
F. Modigliani, E. Tarantelli, A generalisation of the Phillips curve for a developing country, «Review of economic studies», April 1973, 40, pp. 203-23.
Mercato del lavoro, distribuzione del reddito e consumi privati, a cura di E. Tarantelli, Bologna 1975.
F. Modigliani, E. Tarantelli, Forze di mercato, azione sindacale e la curva di Phillips in Italia, «Moneta e credito», aprile-giugno 1976, 114, pp. 165-97.
F. Modigliani, T. Padoa Schioppa, Disoccupazione, inflazione e svalutazione nell’economia italiana: diagnosi e cure, «Bancaria», marzo 1977a, 3, pp. 219-31.
F. Modigliani, T. Padoa Schioppa, La politica economica in un’economia con salari indicizzati al 100 o più, «Moneta e credito», 1977b, 117, pp. 3-53.
F. Modigliani, E. Tarantelli, Determinanti strutturali e transitorie della mobilità del lavoro, “la congettura di Holt” e l’esperienza italiana, «Moneta e credito», giugno 1979, 126, pp. 123-48.
F. Modigliani, D. Siniscalco, Note in tema di terziarizzazione e deindustrializzazione, «Moneta e credito», 1982, 138, pp. 143-81.
F. Modigliani, T. Jappelli, M. Pagano, The impact of fiscal policy and inflation on national saving. The Italian case, «Banca nazionale del lavoro quarterly review», giugno 1985, 153, pp. 91-126.
F. Modigliani, F. Kostoris Padoa Schioppa, N. Rossi, Aggregate unemployment in Italy1960-1983, «Economica», 1986, 53, pp. S245-S273.
Reddito, interesse, inflazione, a cura di T. e F. Padoa Schioppa, Torino 1987.
F. Modigliani, T. Jappelli, M. Pagano, The impact of fiscal policy and inflation on national saving: a reply, «Banca nazionale del lavoro quarterly review», giugno 1989, 169.
F. Modigliani, E. Perotti, The rules of the game and the development of security markets, «Pacific-Basin capital markets research», 1991, 2, pp. 49-63 (ora anche in CEP).
Consumo, risparmio, finanza, a cura di C. D’Adda, Bologna 1992.
F. Modigliani, M. Baldassarri, F. Castiglioni, Il miracolo possibile, Bari 1996.
Il risparmio nel ciclo vitale, Lezione tenuta all’Università di Bologna nel 1986 per le celebrazioni del IX centenario, Bologna 1996.
F. Modigliani, F. Kostoris Padoa Schioppa, Sostenibilità e solvibilità del debito pubblico in Italia: il conto dei flussi e degli stock della pubblica amministrazione a livello nazionale e regionale, Bologna 1998.
F. Modigliani, M.L. Ceprini, Alla base della disoccupazione europea un’ingannevole politica monetaria, «Rivista di politica economica», luglio-agosto 2000a, 90, 7-8, pp. 5-23.
F. Modigliani, M.L. Ceprini, Come salvare la pensione riformando il metodo di finanziamento dei sistemi previdenziali europei: il caso dell’Italia, «Rivista di politica economica», luglio-agosto 2000b, 90, 7-8, pp. 185-204.
F. Modigliani, T. Jappelli, The age saving profile and the life-cycle hypothesis, in CEP, 6° vol., London 2005, pp. 141-72.
L’impegno civile di un economista. Scritti editi e inediti sull’economia e la società italiana, a cura di P.F. Asso, Siena 2007.
Scritti di autori italiani su Modigliani:
M. Baldassarri, In ricordo di Franco Modigliani: «Voi state andando ad est, ma la rotta è ad ovest», «Rivista di politica economica», settembre-ottobre 2003, 93, 9-10, pp. 3-19.
L.L. Pasinetti, Quanto Keynes c’è in Franco Modigliani?, «Moneta e credito», giugno-settembre 2005, 58, 230-231, pp. 21-41.
Si veda inoltre:
R. Camurri, Modigliani Franco, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 75° vol., Roma 2011, ad vocem.