SCAGLIONE, Franco
SCAGLIONE, Franco (propr. Francesco Vittorio). – Nacque a Firenze il 26 settembre 1916 da una famiglia di antica nobiltà normanna, giunta in Italia nell’anno 1015, i cui primogeniti erano insigniti del titolo di conti di Martirano-San Nicola e Motta Filocastro (due località della Calabria, allora in provincia di Cosenza).
Suo padre, Vittorio Achille Scaglione, era ufficiale medico dell’esercito, ed era stato decorato per i servizi svolti durante il terremoto di Messina del 1908 e poi durante la prima guerra mondiale; sua madre era Giovanna Fabbri, capitano volontario della Croce rossa. I due si conobbero in un ospedale da campo al fronte e si sposarono nel 1915. Dopo la guerra, Vittorio divenne direttore dell’Ospedale militare di Gorizia, e nel 1919 i due coniugi ebbero il secondo figlio, Eugenio.
Vittorio morì nel 1922, e sua moglie preferì tornare in Calabria, a Carolei (Cosenza, nei pressi di Martirano), nel palazzo di famiglia. Franco frequentò lì le scuole primarie e secondarie, per poi iscriversi al liceo classico Bernardino Telesio di Cosenza. Conseguito il diploma, nel 1934 si iscrisse alla facoltà di matematica e scienze applicate dell’Università di Firenze. Appassionato di automobili e di aerodinamica, dopo due anni passò alla facoltà di ingegneria dell’Università di Bologna, con specializzazione in aeronautica. Subito dopo, però, fu chiamato per il servizio militare, presso la Scuola allievi ufficiali di Pavia, dove fu destinato al genio pontieri. Concluse la ferma con il grado di sottotenente, ma chiese di seguire il corso volontario per entrare nel genio guastatori.
Nel 1940, con l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, Scaglione fu richiamato alle armi e inviato con il XXXI battaglione guastatori in Jugoslavia. Nell’agosto 1941 fu fatto rientrare in Italia per prepararsi alla partenza verso l’Africa; si imbarcò a Taranto sulla motonave Neptunia, che però fu affondata nella notte del 18 settembre da un sommergibile britannico. Scaglione scampò al naufragio e riuscì comunque a raggiungere Tripoli.
Il 24 dicembre 1941, nel corso dei combattimenti per la città di Tobruk, cadde prigioniero delle truppe britanniche nei pressi della piccola località di El Duda. Trasferito in India, fu internato nel campo di prigionia n. 25 a Yol, sulle pendici dell’Himalaya. Liberato solo alla fine del 1946 – nel corso di quello stesso anno era morto il fratello Eugenio, a seguito delle ferite riportate in guerra –, rientrò a Napoli il 26 dicembre e tornò dalla madre, fermandosi per un anno in Calabria. In quel periodo si dedicò all’insegnamento privato di matematica, latino e greco, e approfondì i suoi studi di aerodinamica, continuando a coltivare la passione per le automobili e le belle arti.
Una volta deciso di intraprendere una carriera come disegnatore, all’inizio del 1948 si trasferì a Bologna, contando di trovare clienti nel vivace ambiente automobilistico emiliano. Realizzò alcuni disegni per la carrozzeria modenese Stanguellini e fece costruire dalla carrozzeria Ansaloni (anch’essa modenese) un’originale giardinetta sulla base della FIAT 1100, chiamata Fra.Sca, la sigla con la quale firmava i suoi lavori. Contemporaneamente, presentò anche i suoi figurini ad alcune case di alta moda, riscuotendo un buon successo nelle sfilate.
A Bologna, intanto, Scaglione conobbe Maria Luisa Benvenuti, studentessa all’ultimo anno di lingue straniere all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Dopo un breve fidanzamento, i due si sposarono il 25 settembre 1948 a Fiesole (Firenze), nel convento dei Cappuccini. Il 10 settembre 1950 nacque a Bologna la loro unica figlia, Giovanna.
Scaglione comprese che per seguire la sua più grande passione, le automobili, era però necessario rivolgersi ai carrozzieri torinesi, che potevano meglio valorizzare i suoi disegni. Inizialmente, tuttavia, riuscì solo a vendere alcuni studi alla carrozzeria Balbo, da cui vennero tratte almeno due fuoriserie, basate sulla Lancia Aurelia B50. La sua difficoltà ad affermarsi non nasceva dalla mancanza di talento – che gli veniva largamente riconosciuto – ma da uno spirito libero e indipendente che lo spingeva a rifiutare un impiego fisso e a pretendere – contrariamente alle abitudini del tempo – che gli venisse riconosciuta la paternità dei disegni. Lavorò brevemente alla Pininfarina, ma il contesto troppo rigido e gerarchizzato non gli permetteva di esprimere appieno le proprie idee e potenzialità.
Nel 1952, finalmente, Giovanni Bertone gli offrì un ruolo da stilista nella sua carrozzeria, garantendogli piena autonomia e libertà di azione, come lui richiedeva; dunque, formalmente Scaglione non fu assunto, ma ricevette un compenso mensile per le sue attività di consulenza. Tuttavia, fatta eccezione per una FIAT 1100 Berlinetta disegnata per la carrozzeria Savio (1952) e la Ferrari 166 Abarth (1953), la collaborazione con la Bertone fu, di fatto, in esclusiva.
Nel periodo in cui lavorò per la Bertone, Scaglione disegnò alcuni capolavori di fondamentale importanza nella storia dell’automobile, come la serie delle Berlinette aerodinamiche tecniche (BAT) sulla base dell’Alfa Romeo 1900, le Giulietta Sprint (1954) e Sprint speciale (1957), oltre alla 208 S della SIATA (Società Italiana Applicazioni Tecniche Auto-aviatorie; 1952), le diverse versioni della Arnolt-Bristol 404 X (1953-54), la NSU Sport Prinz (1958) e numerose fuoriserie in esemplare unico sulla base di auto Aston Martin, Abarth, Alfa Romeo, Jaguar e Maserati. Meritano di essere ricordate anche la Abarth 1500 Biposto del 1952 (il suo primo lavoro per la Bertone, caratterizzato da uno stile avveniristico di ispirazione aeronautica), le Abarth 215 A e 216 A (1956), la Abarth 750 Record (1956) e le Stanguellini 1100 (1954) e 1200 (1958).
Il suo estro creativo – decisamente anticonvenzionale – lo spingeva a fare uso di un’aerodinamica spinta all’estremo per definire una forma molto originale di bellezza artistica. Non era – come nelle vetture statunitensi del medesimo periodo – una semplice trasposizione di elementi di origine aerospaziale con fini esclusivamente ornamentali, ma un’interpretazione estetica degli aspetti tecnici della carrozzeria. Questo approccio molto particolare al design, tuttavia, fece sì che alcune sue proposte – come l’Alfa Romeo 1000 Abarth e la Giulietta SS, che pure fu messa regolarmente in produzione – venissero giudicate troppo stravaganti dall’Alfa Romeo, che in quel momento era il principale cliente della Bertone. Questo creò dei disaccordi tra Scaglione e la Bertone, fino alla definitiva rottura nel 1959.
Scaglione, dunque, riorganizzò la propria attività come stilista realmente indipendente, aprendo un proprio studio, sempre a Torino.
La prima commessa arrivò da Carlo Abarth, per la Porsche 356 B Carrera GTL (poi costruita dalla carrozzeria Motto), cui seguì un lavoro per la giapponese Prince con la Skyline 1900 Sprint (1963), a riprova di come l’attività degli stilisti italiani fosse molto apprezzata anche all’estero.
Intanto, Scaglione avviò una lunga collaborazione con Ferenc ‘Frank’ Reisner (ungherese naturalizzato statunitense), proprietario del marchio Intermeccanica, per cui disegnò quasi tutte le granturismo costruite nel corso degli anni Sessanta: la Apollo GT (1963), la Griffith 600 (1965), la Titania Veltro (1966), la Torino (1967), la Italia (1968), la Murena (1969) e la Indra (1971).
Fra gli altri lavori illustri di Scaglione vanno ricordate la Maserati Tipo 64 Birdcage del 1961 (carrozzeria di Mario Allegretti e Anselmo Gentilini), la Lamborghini 350 GTV del 1963 (prima automobile della casa, carrozzata da Giorgio Sargiotto), la vettura da record Stanguellini Colibrì del 1963 e la celebre Alfa Romeo 33 Stradale del 1967 (costruita dalla carrozzeria Marazzi).
La crisi petrolifera del 1974, però, ebbe un impatto devastante sul mondo dell’auto, e la recessione travolse carrozzieri e piccoli costruttori. L’Intermeccanica fallì e Scaglione ne fu fortemente coinvolto, non solo per il proprio lavoro di stilista, ma anche finanziariamente, poiché aveva investito nell’azienda gran parte dei propri capitali. Questo evento gli causò una grossa disillusione, che lo indusse via via ad allontanarsi dal suo lavoro fino a che, nel 1981, cessò formalmente l’attività e si ritirò a vita privata in Toscana.
Morì a Suvereto (Livorno) il 19 giugno 1993.
Fonti e Bibl.: Akira Fujimoto, Bertone, la forza della fantasia, in Carrozzeria italiana, cultura e progetto (catal., Torino), a cura di A.T. Anselmi, Milano 1978, pp. 68 s.; L. Greggio, Bertone 90 years: 1912-2002, Vimodrone 2007, I, pp. 59-72, II, pp. 47, 50, 52 s., 56, 59, 62, 68; G. Silli - A.T. Anselmi, F. S. designer, Torino 2008; A. McCredie - P. Reisner, Intermeccanica: the story of the prancing bull, Poundbury 2010, passim; M. Grandi, Il paradigma S., Torino 2016; A. Sannia, Enciclopedia dei carrozzieri italiani, Torino 2017, I, pp. 81, 87, 115 s., 208, 303, II, pp. 501 s.