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CUREL, François de

di Silvio D'Amico - Enciclopedia Italiana (1931)
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CUREL, François de

Silvio D'Amico

Drammaturgo francese, nato il 10 giugno 1854 a Metz da famiglia lorenese, rimasta fedele alla Francia, morto il 26 aprile 1928. Educato in un collegio di gesuiti, predilesse i classici e amò le scienze; ottenuta la laurea d'ingegnere, ma impedito dall'autorità tedesca di esercitare a Metz l'industria metallurgica che da un secolo e mezzo era gestita dalla sua famiglia, continuò gli studî menando un'esistenza di gentiluomo di provincia a contatto della natura e dei libri.

La sua attività letteraria s'iniziò nel 1885 con romanzi e novelle, fra cui L'été des fruits secs e Le sauvetage du grand-duc; Charles Maurras, recensendo quest'ultimo romanzo (1889) consigliava pubblicamente l'autore a darsi al teatro. Ma il C. inviò invano, per tre anni, i suoi primi lavori drammatici ai teatri sovvenzionati, Comćdie-Francaise e Odéon; la sua rivelazione avvenne grazie al Théâtre Libre di Antoine (v.), cui egli mandò, con tre nomi diversi, tre lavori, la commedia La figurante (1890) e i drammi Sauvé des eaux (poi trasformato in L'Amour brode, 1893, e poi ancora rifatto in La Danse devant le miroir) e L'envers d'une Sainte (1891). Tutti tre furono rappresentati: l'autore rivelò il proprio nome, e la loro rappresentazione gli diede la fama. Seguirono: Les fossiles (1891), L'invitée (1892), La nouvelle idole (1893), Le repas du lion (1897), La fille sauvage (1901), Le coup d'aile (1905), La danse devant le miroir (rifacimento dei due drammi citati più sopra; 1913); L'âme en folie (1914); Terre inhumaine (1922); L'ivresse du sage (1922); La comédie du génie (1923); La viveuse e le moribond (1925). Fece parte dell'Académie Française.

Fiorito nel tempo in cui il miglior teatro francese pareva orientato, specie sotto l'influsso del Becque e del Théâtre libre, verso il cosiddetto naturalismo, che aveva per programma la riproduzione pessimistica della vita quotidiana, popolare e borghese, nei suoi particolari più amari, l'opera del C. fu interpretata da molti critici dell'età sua come una reazione alla quietudine positivista, un ritorno ai problemi ideali; egli poté sembrare a taluno quasi un Ibsen francese. Ma, in realtà, a lui le ideologie interessano n0n tanto per il loro valore in sé, quanto per i conflitti psicologici che determinano fra i loro opposti seguaci. Se l'atmosfera che si respira in certi suoi drammi richiama Ibsen, certo egli deve ancor più a Corneille per la francese lucidità dei caratteri che egli scolpisce tutti d'un pezzo, nitidi, chiaroveggenti, nonché per la sua predilezione verso certe creature, specie femminili, lucide e volontarie (cornéliennes); e qualcosa deve anche al naturalismo, per la cosiddetta obiettività con cui pone imparzialmente a conflitto i suoi eroi, come sopra una scacchiera. In tal senso egli echeggiò i problemi del tempo suo nei contrasti d'idee rappresentati nei drammi Le repas du lion La nouvelle idole, La fille sauvage, ecc.; mostrandone, cioè, le ripercussioni psicologiche. E un caso di psicologia propose suggestivamente in quell'opera che, dopo due prime versioni, concretò definitivamente nella Danse devant le miroir, generalmente stimato il suo capolavoro.

Sennonché in ultima analisi la sua grande virtù, la perfetta lucidità, è anche il suo difetto: la sua vantata obiettività si risolve non di rado in una sorta di freddezza. Spesso le anime che egli pone di fronte, classicamente consapevoli delle idee che sostengono e che espongono nitidamente, finiscono con l'identificarsi nelle rispettive tesi: sicché il dramma, invece che uno scontro di passioni, minaccia di divenire la vigorosa enunciazione dialettica di due assunti contrarî. Ciò può spiegare come all'ammirazione dei lettori per questo insigne drammaturgo non sempre abbia corrisposto un consenso di spettatori egualmente entusiastico.

Alcuni drammi del de C., specie tra i primi, hanno avuto più redazioni. La redazione definitiva di tutti è raccolta nei varî volumi del Théâtre complet, Parigi 1920 segg.

Bibl.: R. Forster, Il Teatro di F.d.C., Napoli 1899 (sui drammi più antichi); R. Lebrun, F. De Curel, Parigi 1904; B. Villanova d'Ardenghi, Il teatro neoidealistico, Palermo 1908; H. Bordeaux, La vie au théâtre, IV, Parigi 1919; G. de Voisins, F. de C., Parigi 1931.

Vedi anche
Académie française Istituzione sorta (1629 ca.) dalle riunioni di un gruppo di letterati e organizzata regolarmente per opera di Richelieu, che nel 1635 ne divenne ‘protettore’ e le affidò il compito di preparare un dizionario, una grammatica, una retorica e una poetica. Con il successivo protettore, P. Séguier, acquistò ... letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per l. l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque; ... romanzo In linguistica e in filologia, lo stesso che neolatino (➔ neolatine, lingue); filologia r., quella che ha per oggetto di studio, soprattutto comparativo, i testi letterari, antichi ma anche moderni, redatti nelle lingue romanze, e la cultura che essi esprimono. Teatro degli Indipendenti Teatro d’avanguardia fondato a Roma nel 1922 da A.G. Bragaglia. Fu attivo fino al 1931, mettendo in scena, oltre a un repertorio sperimentale, pantomime e spettacoli di danza.
Tag
  • INDUSTRIA METALLURGICA
  • VILLANOVA D'ARDENGHI
  • ACADÉMIE FRANÇAISE
  • CHARLES MAURRAS
  • POSITIVISTA
Vocabolario
de
de 〈dé〉 prep. [lat. de]. – Forma che assume la prep. di quando è seguita dall’articolo, sia che si fonda con questo (del, dello, della, ecc.), sia che si scriva divisa (de ’l, de lo, de la, ecc.) come talvolta nell’uso letter. (è comune,...
de auditu
de auditu locuz. lat. – Espressione corrispondente all’ital. «per sentito dire»: riferire de auditu. Anche, «per avere udito direttamente», nell’espessione giuridica testimone de visu et de auditu (v. de visu).
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