MITTERRAND, François-Maurice-Marie (App. III, 11, p. 138)
Dopo aver militato nell'Union Démocratique et Socialiste de la Résistence (UDSR), nel 1946 si presentò nel dipartimento della Nièvre, dove la sua lista (Liste commune d'action et d'unité républicaine) ottenne il 25% dei voti inserendosi tra il Partito comunista e la SFIO.
Pur tenendo una posizione politica non eccessivamente chiara, M. fece parte di quel raggruppamento delle sinistre repubblicane (RGR) comprendente, oltre all'UDSR, il Partito radicale e altre formazioni minori, che si opponeva alla politica del "tripartitismo" (democratici cristiani, comunisti e socialisti). Chiamato nel 1947 da P. Ramadier nel primo governo della IV Repubblica al ministero dei vecchi Combattenti, fu successivamente nominato segretario di stato alla presidenza del Consiglio, incaricato delle Informazioni. Nel 1949, con la presidenza Bidault, lasciò gl'incarichi governativi interessandosi ai problemi dei territori francesi d'oltremare: si fece allora promotore di una politica di conciliazione tra gli opposti interessi dei grandi coloni francesi e degl'indigeni. Nel luglio 1950 R. Pleven, nuovo presidente del Consiglio, gli affidò il ministero della Francia d'oltremare, e da questa posizione M. sviluppò la sua politica di negoziati e di riforme per ridurre l'influenza dei comunisti sulle popolazioni africane; questa sua politica attirò i deputati africani nell'UDSR, dove egli accrebbe la propria influenza fino a diventarne presidente (1953) Pubblicò in quell'anno Aux frontières de l'Union Française, dove, pur non mettendo in discussione la presenza francese in Africa, criticava la politica coloniale fino a quel momento seguita. Nel 1954 entrò nel governo Mendès France, dove assunse il ministero degl'Interni ponendo al centro dei propri interessi il problema algerino, schierandosi a favore dell'intervento armato contro i ribelli; deplorò tuttavia i metodi usati dalla polizia e nel 1955 riuscì a far approvare un piano di riforme favorevoli agli algerini. Nel 1956, dopo il rinnovo dell'Assemblea nazionale, entrò a far parte del governo di Guy Mollet come ministro della Giustizia e da questa posizione tentò di fronteggiare l'estremismo degli ultras per l'Algeria francese. Con l'avvento di de Gaulle (1958), contro il quale si schierò decisamente, M. diede inizio al lavoro di riunificazione di tutte le forze della sinistra non comunista; nel 1963 pubblicò Le coup d'Etat permanent, che costituisce una dura requisitoria contro il gollismo.
Nel 1965 si presentò alle elezioni presidenziali con un programma che, pur eterogeneo, riuscì a raccogliere consensi ottenendo il 44,8% dei voti contro il 55,2% di de Gaulle. Alla testa della Federazione della sinistra democratica e socialista (formata dalla SFIO, dal Partito radicale e da altre forze minori) inserì per la prima volta, nel suo progetto di unità della sinistra, anche il Partito comunista. Attaccato dai socialisti e dai comunisti, nel novembre 1968 si allontanò dalla Federazione, tornando ai vertici della vita politica nel 1969, dopo la rovinosa sconfitta del candidato presidenziale socialista G. Deferre. Fu in quel momento che intorno a M. si coagularono le diverse forze che lo avevano combattuto mentre M. stesso passò dal riformismo liberale al socialismo, impegnandosi nel lavoro di ricostruzione del Partito socialista. Nel 1972 concluse l'accordo con i comunisti, elaborando un "Programma comune", frutto di pazienti e laboriosi patteggiamenti. Impostando la collaborazione a sinistra, M. respinge il moderatismo dei vecchi capi della SFIO e intende il socialismo come una permanente lotta contro lo sfruttamento.
La concezione di M. sull'autogestione e sulla necessità di evitare che al capitalismo succeda un'altra forma di sfruttamento, è chiaramente espressa nel saggio del 1973 dal titolo La Rose au poing. Nel 1974, con la scomparsa di Pompidou, egli si confronta come candidato della sinistra unita con Giscard d'Estaing, ottenendo il 49,33% dei voti contro il 50,66% di Giscard. Da quel momento il Partito socialista è in continua ascesa a ogni consultazione elettorale, mentre si accentuano i contrasti con il PCF, che pure ha iniziato la svolta "eurocomunista". È del settembre 1977, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea (marzo 1978), la clamorosa rottura con il PCF che chiedeva la rigida applicazione, in caso di vittoria, del salario minimo garantito, l'estensione della nazionalizzazione a oltre 1400 aziende industriali, una diversa concezione delle alleanze e della force de frappe in politica estera. Rottura che non è stata ultima causa del parziale insuccesso di M. nelle elezioni del marzo 1978.
Bibl.: C. Manceron, Cent mille voix par jour pour Mitterrand, Parigi 1966; R. Cayrol, François Mitterrand, 1945-1967, ivi 1967; J.-M. Borzeix, Mitterrand lui même, ivi 1973; F. O. Giesbert, François Mitterrand ou la tentation de l'histoire, ivi 1967 (trad. it., Bologna 1978).