BABEUF, François-Noël
Nacque a S. Quintino il 23 novembre 1760. Di umile condizione e di pochi studi, fu dapprima modesto impiegato, a Noyon, e poi, dal 1785 a Roye Commissaire à terrier. Era ancora a Roye nel 1789, quando redasse parte del cahier di quel distretto, proponendo l'abolizione del sistema feudale. Venuto subito dopo a Parigi, visse poveramente di espedienti, non ultimo quello di un libello, anonimo, contro Mirabeau. Riuscì anche a stampare il suo Cadastre perpétuel (1789), in collaborazione col matematico Audiffred. Nel 1792, venuto in qualche rinomanza negli ambienti rivoluzionarî, più per il suo giornale Le Tribun du Peuple, in cui egli firmava Gracchus, che per il Cadastre, fu da prima membro del consiglio generale del dipartimento della Somme e poi amministratore del distretto di Montdidier. Ma quest'ultimo ufficio gli fu fatale, perché egli avrebbe sostituito un nome ad un altro nel procedere alla vendita di alcuni beni nazionali. L'accusa, quantunque oscura e mal documentata, fu così formidabile che il B. fu condannato, il 23 agosto 1793, a 20 anni di ferri, in contumacia. Da allora, la storia della sua breve vita si confonde con quella delle sue dottrine rivoluzionarie.
In un libro pubblicato nel 1791, Du système de dépopulation, il B. aveva attaccato Robespierre; poi, nel n. 33 del suo giornale, e più gagliardamente nel n. 35, espose e illustrò a lungo un programma comunista, contro il quale polemizzò lo stesso suo amico Antonelle nel n. 9 de L'Orateur plébéien e nel n. 144 del Journal des hommes libres, sostenendo praticamente impossibile il comunismo. Forse, senza la reazione termidoriana, le idee del B. non sarebbero uscite dall'indeterminatezza propria di tutte le idee rivoluzionarie che fermentarono nell'età sua; ma dopo Termidoro, il B. insorse perché i frutti della rivoluzione fossero conservati. "Poiché lo scopo della società è di raggiungere la felicità comune", bisogna impedire che tale felicità sia turbata, e bisogna che quelli i quali hanno spogliato i poveri siano costretti a dividere con i poveri il frutto delle spoliazioni. Bisogna inoltre che vi siano istituzioni capaci di "assicurare e mantenere inalterata l'eguaglianza di fatto" e di sostituire alla massima ipocrita: "rispetto alla proprietà", l'altra: "rispetto alle proprietà rispettabili". L'eredità, dunque, è ingiusta; tutte le forme di lavoro debbono essere egualmente rimunerate; tutte le terre debbono essere in comune e i prodotti del lavoro di tutti a disposizione di tutti. La rivoluzione francese "non è che l'avanguardia di una ben più grande rivoluzione, l'ultima delle rivoluzioni. Periscano, se necessario, tutte le arti, ma resti l'eguaglianza... Se sulla terra vi sarà un solo uomo più ricco degli altri, l'equilibrio sarà rotto e l'infelicità rispunterà certamente". In sostanza, una eguaglianza relativa è difficile a mantenere, mentre è facile mantenere l'eguaglianza assoiuta, a conseguir la quale anche la guerra civile è giustificata. A questi principî fu ispirato il Manifesto degli Eguali, scritto da Sylvain Maréchal (l'autore del Dictionnaire des Athées) nel 1796, specie di statuto della setta comunista che faceva capo al Babeuf. E questi principî furono ribaditi durante il processo che seguì alla scoperta della cospirazione (dovuta a un delatore, certo Grisel) e all'arresto del B. e dei suoi complici (maggio 1797). L'accusatore nazionale Viellart non aveva dunque, torto a dipingere il B. come rivoluzionario autentico; condannato a morte, il B. s'inferse un colpo di pugnale al momento dell'esecuzione, il 27 maggio 1797.
Bibl.: Ph. Buonarroti, La conspiration pur l'Égalité dite de B., voll. 2, Bruxelles 1828; A. Sudre, Histoire du Communisme, Bruxelles 1850; V. Advielle, Histoire de Gracchus B. et du Babouvisme, voll. 2, Parigi 1884; A. Espinas, La Philosophie sociale du XVIII siècle et la Révolution, Parigi 1896; id., Babeuf, Parigi 1899; A. Lichtenberger, Le Socialisme et la Rév. franç., Parigi 1898; A. Lecocq, La question sociale au XVIII siècle, Parigi 1909. V. anche il Procès de B., raccolta del dibattimento e delle carte sequestrate a B., Parigi 1797, voll. 2; e, per alcuni rapporti tra Babeuf e Barras, P. Robiquet, Babeuf et Barras, in Revue de Paris, 1896; idem, Buonarroti et la secte des égaux, Parigi 1910.