Truffaut, Francois
Il regista dei sentimenti
Tra i più importanti registi del cinema francese del Novecento, François Truffaut usò il mezzo cinematografico per raccontare e analizzare i sentimenti. I suoi personaggi, adulti e bambini, sono i portavoce degli stati d’animo dell’autore nelle difficili esperienze della vita, narrate con uno stile semplice, diretto e sincero, che vuole riproporre le emozioni vissute
Quando era ancora bambino, nei duri anni dell’occupazione tedesca, il regista François Truffaut, nato a Parigi nel 1932, era solito rifugiarsi nelle sale cinematografiche della sua città, dove conobbe il grande critico André Bazin.
Adolescente problematico, fu anche rinchiuso in riformatorio, dal quale lo fece uscire proprio Bazin che lo aiutò a trovare un lavoro nella redazione della rivista Travail et culture. Trascorso un periodo in carcere per diserzione dopo essere stato arruolato nel 1951 per la guerra in Indocina, ancora grazie a Bazin iniziò a scrivere come critico cinematografico per due importanti riviste di cinema, Arts e Cahiers du cinéma: grazie alla forte personalità e all’indole polemica divenne presto molto conosciuto.
In breve tempo Truffaut passò dietro alla macchina da presa e, dopo aver diretto alcuni cortometraggi, nel 1959 girò il suo primo film, I quattrocento colpi.
Fu proprio con quest’opera che Truffaut, insieme ad altri giovani registi francesi, diede vita al movimento della nouvelle vague. Questo nuovo modo di fare cinema nacque dal bisogno da parte degli stessi autori di manifestare, ognuno attraverso storie diverse e ognuno con un uso personale della macchina da presa, le proprie emozioni avvicinandosi il più possibile alla realtà.
Ispirato ai primi anni di vita del regista, I quattrocento colpi racconta la difficile adolescenza di Antoine Doinel, personaggio con cui Truffaut si identifica. Il giovane protagonista vive in un piccolo appartamento nella periferia di Parigi con i genitori adottivi che, presi dai loro problemi, non si curano di lui. L’indifferenza delle persone care e l’incapacità di Antoine di comunicare con il mondo degli adulti – compresi gli insegnanti, che non fanno altro che punirlo perché indisciplinato – lo spingono alla ribellione. Così il ragazzo comincia a non andare più a scuola, a non obbedire ai genitori, a dire le bugie, finché un giorno, in seguito al furto della macchina da scrivere di suo padre, Antoine viene denunciato e consegnato dai genitori alla polizia. Rinchiuso in riformatorio riesce a fuggire. Dopo una corsa interminabile si trova di fronte il mare, che non aveva mai visto. Si bagna i piedi, poi indietreggia e il film si conclude sul suo primo piano, a indicare che la sua storia non è ancora risolta.
Truffaut continuò a seguire le vicende di Antoine Doinel, interpretato dall’attore Jean-Pierre Léaud, in altri quattro film. Così in un episodio del film collettivo L’amore a vent’anni (1962) narra le prime esperienze della sua giovinezza, mentre in Baci rubati (1968) racconta i primi amori, fino a seguire il suo personaggio durante le vicende del matrimonio (Non drammatizziamo... è solo questione di corna, 1970) e infine del divorzio (L’amore fugge, 1979).
L’amore per il cinema – che l’aveva aiutato sin da bambino a superare difficoltà e paure – e per i grandi film fu alla base di tutta la sua carriera di cineasta: Truffaut fu un grande regista e un appassionato spettatore di film di altri autori. Il suo culto per il cinema è testimoniato da Effetto notte (1973), un atto di amore dedicato proprio a questo mondo. Attraverso il mezzo cinematografico egli volle indagare sul sentimento e sulla passione amorosa. Come in uno dei suoi più celebri film, Jules e Jim (1962), dove la protagonista, innamorata contemporaneamente di due uomini, si trova di fronte a una scelta difficile se non impossibile.
Fu autore che spaziò su più tematiche: da quelle fantascientifiche (fantascienza) di Farenheit 451 (1966) alle atmosfere thriller di La sposa in nero (1968), o ancora a quelle dell’infanzia con Il ragazzo selvaggio (1969). Notevoli, nella sua ultima fase creativa, furono anche Adèle H., una storia d’amore (1975), Gli anni in tasca (1976), La camera verde (1978), L’ultimo metrò (1980), da La signora della porta accanto (1981) sino a Finalmente domenica!, uscito nel 1983, un anno prima della sua scomparsa avvenuta a Neuilly-sur-Seine (Parigi) nel 1984.