ROOSEVELT, Franklin Delano (XXX, p. 101; App. I, p. 982)
Il polso sicuro di R., il suo coraggioso ottimismo e la sua risolutezza nello staccarsi dalle tradizioni permisero al popolo americano, nei primi anni della sua presidenza, di risollevarsi dall'accasciamento più profondo e di superare la crisi economica più grave che gli Stati Uniti avessero mai conosciuto. Già il suo programma iniziale di assistenza federale ai bisognosi, ai disoccupati, agli sfrattati dalle loro case, agli agricoltori che, producendo in perdita, stavano per essere espropriati, rappresentava un aiuto assai più energico e lungimirante dell'assistenza limitata offerta dai precedenti governi e rivolta più ai datori di lavoro che ai lavoratori. L'improvviso attacco di poliomielite, che lo aveva reso invalido per anni e lo lasciò per sempre minorato nell'uso degli arti inferiori, aveva contribuito a raddolcire il suo spirito e ad allargare le sue simpatie umane.
Pronto ad accogliere idee nuove e ad impegnarsi in esperimenti sociali, si circondò di consiglieri esperti e specializzati promuovendoli a cariche governative, e a questo Brains Trust ("consorzio di cervelli", come fu chiamato da detrattori e da amici) toccò l'incarico di formulare il programma politico ed economico dei primi anni, così come le responsabilità più gravose per gli errori commessi. Alcuni di costoro restarono al fianco di Roosevelt per l'intera durata della sua lunga presidenza; altri vennero sostituiti, spesso da uomini più cauti e meno originali, ma l'influenza del Brains Trust rimase profonda.
Il popolo americano, naturalmente era primo nelle sue preoccupazioni, ma egli mostrò a tutti i popoli quella simpatia che venne espressa con particolare forza nel suo messaggio al Congresso americano, assai prima dell'entrata in guerra degli Stati Uniti, sulle quattro libertà: "La prima", egli disse, "è la libertà di parola e d'espressione, dovunque nel mondo. La seconda è la libertà per ciascuno di venerare Dio a suo modo... La terza è la libertà dal bisogno... accordi economici che assicurino a ogni nazione una vita salutare e pacifica per i suoi abitanti... La quarta è la libertà dalla paura... una riduzione degli armamenti in tutto il mondo fino a tal punto... che nessuna nazione sia in grado di commettere atti d'aggressione contro un vicino...". La potenza emotiva di questi sentimenti, che furono vissuti - e forse più intensamente - da Eleanor R., sua moglie, gli guadagnò in patria e fuori una popolarità senza precedenti.
Nondimeno, molte sue azioni e decisioni politiche ed economiche provocarono diffusi risentimenti e fin l'odio più intenso di coloro che disapprovavano i suoi principî o le loro conseguenze pratiche, ritenendo che i fatti corrispondessero così male alle promesse da far dubitare della sincerità delle sue parole. Il suo attaccamento alla presidenza (alla quale fu riconfermato, caso unico nella storia degli S. U., tre volte, nel 1936, nel 1940, nel 1944) fu chiamato sete di potere, la sua attenzione per le classi inferiori venne definita demagogia e il suo intervento nella sfera internazionale fu detto imperialismo. I nazisti e i fascisti non furono i soli a detestarlo. Molti tra i liberali, che in ogni parte del mondo avevano confidato in lui, denunciarono l'ipocrisia dei compromessi adottati nelle riunioni di gabinetto o nelle conferenze dei Tre Grandi. Se la maggior parte dei suoi amici, come Harry Hopkins e Frances Perkins, e la maggioranza dell'opinione pubblica americana lo seguirono fino all'ultimo, alcuni dei suoi intimi collaboratori assunsero poi un atteggiamento ostile e una parte sempre crescente dell'opinione pubblica gli divenne nemica col progressivo dileguarsi della crisi terribile dei primi giorni, che aveva spinto tutti ad afferrare ad occhi chiusi la prima tavola di salvataggio. Per i grossi industriali e commercianti e, col tempo, per molti uomini d'affari di statura minore, Roosevelt fu il simbolo dell'odiato intervento statale; per i partigiani sinceri del liberalismo moderato tradizionale, fu l'uomo che aveva spalancato le porte al socialismo; per coloro che avrebbero desiderato un progresso più deciso verso la sinistra, apparve sempre più pronto al compromesso con gli interessi radicati e i reazionarî.
I programmi iniziali di Roosevelt furono elaborati sotto l'influenza dei primi risultati dello studio analitico dei cicli economici, studio che maturò nelle teorie generali dell'economista inglese John Keynes. Perciò l'intervento dello stato nell'economia della nazione non si limitò a misure assistenziali, ma comprese anche stanziamenti per sostenere la ripresa industriale e per accrescere il potere d'acquisto dei consumatori. Questo intervento, voluto da R., dovette superare la resistenza tradizionale del capitalismo contro qualunque ingerenza governativa. Tuttavia fu soltanto nel 1938 che R., in conformità all'analisi di Keynes, fece della sua politica fiscale e delle spese deficitarie (giustificate, in parte, dalla necessità del riarmo) uno strumento fondamentale per incoraggiare gl'investimenti privati e per controllare le rovinose fluttuazioni del ciclo economico. La politica fiscale e finanziaria che ne seguì, accelerata dalla guerra, produsse quella piena ripresa economica che non si era potuta ottenere con le prime misure, meno adeguate.
La depressione stimolò in tutti i paesi lo spirito di competizione economica nazionalistica, e Roosevelt non si sottrasse all'influenza di questo spirito quando, all'inizio della sua prima presidenza, declinò l'invito della conferenza economica internazionale di Londra, dichiarando che l'America doveva prima di tutto riordinare casa sua. Ma in seguito tornò alle sue più antiche tendenze alla solidarietà internazionale, così profonde in lui quando lavorava a fianco di Woodrow Wilson e quando, candidato alla vicepresidenza nel 1920, si batté per l'entrata degli S. U. nella Lega delle nazioni. Con lo scegliere Cordell Hull quale segretario di stato, chiamò al governo uno dei principali oppositori dell'imperialismo e delle alte tariffe protezionistiche degli anni precedenti. Diede il suo pieno appoggio agli accordi commerciali reciproci quali strumenti per abbassare, senza dover ricorrere al congresso, negli accordi con ogni nazione la tariffa Hawley-Smoot del 1930, che aveva provocato ripercussioni e rappresaglie internazionali. L'animosità di molti produttori, che consideravano il mercato interno americano come un loro dominio privato, risale in parte a questi accordi che riaprivano gli Stati Uniti al commercio estero. Inoltre Roosevelt rese popolare la politica del buon vicinato con gli altri paesi americani, promuovendo la liquidazione delle prerogative fondate su trattati, che avevano fatto, nel 1939, di alcuni stati dell'America Centrale e delle Antille poco meno che dei protettorati degli Stati Uniti.
Quando la guerra, nel 1939, si annunciava imminente, R. si scostò dalle tradizioni isolazioniste con un messaggio personale a Hitler e a Mussolini, nel quale chiedeva loro di rinunciare all'uso della forza e di cercare pacifici accordi in sede di conferenze diplomatiche. Nello stesso tempo aveva iniziato piani di preparazione militare, e li proseguiva nonostante violenti attacchi di tutti i suoi oppositori americani che lo chiamavano guerrafondaio. Quando poi la guerra coinvolse gli Stati Uniti, assunse la sua responsabilità costituzionale come comandante supremo e fu generalmente considerato un abile capo della nazione in guerra - anche dai suoi critici più aspri - nonostante errori amministrativi, commessi specie nella costituzione di una struttura pletorica di uffici governativi straordinarî. Le conferenze segrete con W. Churchill a Casablanca e a Quebec e gli altri convegni, ad alcuni dei quali presero parte anche Ch'ang Kai-shek e Stalin, al Cairo, a Ṭeherān e a Jalta, diedero qualche fondamento alle accuse di metodi dittatoriali. Tuttavia R. aveva fede nella possibilità e necessità di una organizzazione futura delle Nazioni Unite, che avrebbe dovuto eliminare le discussioni e i trattati segreti della vecchia diplomazia. La morte improvvisa, causata da una emorragia cerebrale il 12 aprile 1945 a Warm Springs (Georgia), gli impedì di vedere da un lato la vittoria in Germania e nel Giappone e la costituzione delle Nazioni Unite, ma dall'altro anche le conseguenze dei suoi patti con Stalin riguardo al diritto di veto e altre possibili cause di conflagrazioni future.
Bibl.: Oltre gli scritti del R. stesso, Public Papers and Addresses, 9 voll., New York 1938-1941 e My Friends (discorsi e messaggi), ivi 1933-1945, cfr. Roosevelt's Foreign Policy, 1933-1941, ivi 1942; B. Rauch, The History of the New Deal, ivi 1944; F. Perkins, The Roosevelt I Knew, ivi 1946; G. W. Johnson, Roosevelt: Dictator or Democrat?, ivi 1941; H. Wish, Contemporary America, 1945. V. anche stati uniti: Storia, bibl., in questa App.