Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Ai circoli privati viennesi è legata, in prevalenza, la musica di Schubert, un compositore che trascorre la sua breve esistenza ai margini della società “ufficiale”, vittima dell’acuto disagio esistenziale della generazione romantica. La musica di Schubert è caratterizzata da una facile vena melodica, di marca specificamente viennese, e da una concezione formale alternativa a quella beethoveniana. Nucleo centrale dell’arte di Schubert è il Lied, nel quale il compositore dimostra una stupefacente capacità di individuare e restituire in musica i più alti contenuti poetici.
Schubert e l’humus musicale viennese
L’attività e la carriera artistica di Franz Schubert si svolgono quasi per intero all’interno della sua città, Vienna, e i circoli privati della capitale asburgica rappresentano i luoghi ideali nei quali viene suonata la maggior parte della sua musica. Schubert compone e suona danze, variazioni, fantasie, sonate e musiche d’intrattenimento d’ogni tipo (oltre naturalmente ai Lieder) per una cerchia intima e ristretta di amici, le cui riunioni prendono il nome di “schubertiadi” dal nome del loro principale animatore. A queste serate musicali intervengono, tra gli altri, pittori come Moritz von Schwind e Leopold Kupelwieser, scrittori come Franz Grillparzer, poeti come Johann Mayrhofer e Franz von Schober, musicisti come Anselm Hüttenbrenner e come Johann Michael Vogl, cantante dell’opera di corte, che portano nei salotti viennesi molti dei Lieder schubertiani. Non pochi fra questi personaggi mostrano insofferenza per le regole della vita borghese e conducono un’esistenza sciolta dai vincoli della famiglia, del matrimonio e della carriera.
Lo stesso Schubert è incapace di adattarsi alla professione che gli parrebbe destinata, quella di maestro di scuola; è incapace, del pari, di inserirsi nella vita musicale viennese “ufficiale” (nel 1826 resta senza esito, ad esempio, la sua impacciata domanda a Francesco II per ottenere la carica vacante di maestro di cappella – Kapellmeister – di corte), come di approfittare della popolarità che gli proviene dalle sue musiche, per ricavare benefici economici dalle relative edizioni. Scarso successo ottengono anche i ripetuti tentativi di affermarsi nei teatri di Vienna, componendo Singspiele e musiche di scena. La sua mancata integrazione nella società del tempo deriva da un accentuato disagio esistenziale e da un sostanziale rifiuto delle istituzioni: per tutto l’arco della sua breve esistenza Schubert conduce una vita precaria, alternando periodi in cui esercita la professione di maestro ad altri in cui è insegnante privato alle temporanee dipendenze di un aristocratico, ad altri ancora in cui è ospite di amici. In questo, Schubert incarna perfettamente il modello dell’artista romantico – nessuna figura gli si attaglia meglio di quella del Doppelgänger, il protagonista dell’omonimo Lied su testo di Heinrich Heine – in conflittuale rapporto con la realtà.
All’ambiente viennese sono legati anche certi caratteri intrinseci della musica di Schubert, quali l’esuberanza e la facilità melodica, la spontaneità e la leggerezza dell’intonazione, il tono amabilmente confidenziale di molte composizioni. Queste qualità appartengono a un gusto diffuso e caratteristico dell’epoca, che si incarna in una certa melodiosità di stampo liederistico e in certe inflessioni ritmiche danzanti, che connotano la civiltà musicale viennese per tutto l’Ottocento.
Musicista dalla straordinaria fecondità creativa, nell’arco di un’esistenza brevissima Schubert compone oltre 600 Lieder, sinfonie e musica da camera, brani corali sacri e profani, musica per pianoforte, un’ampia produzione che comprende innumerevoli capolavori.
I Lieder
Nel Lied si può identificare il nucleo centrale dell’arte di Schubert, che in questo genere coltivato con frequenza pressoché quotidiana sino agli ultimi giorni di vita – trova subito una strada personale, manifestando, in tutta la sua profondità, la sua personalità artistica. Forma congeniale e prediletta, perché adatta all’espressione soggettiva e spontanea e all’approfondimento del momento introspettivo, il Lied schubertiano realizza una compenetrazione profonda, e ancora inedita, tra musica e poesia: la musica non si limita a riflettere l’atmosfera e il carattere generale del testo poetico, ma vi aderisce perfettamente sia dal punto di vista prosodico sia da quello concettuale, contribuendo a sviscerarne gli aspetti reconditi e a rafforzarne l’effetto. Le scelte poetiche sono le più varie e vedono rappresentati Eschilo, Shakespeare, Herder, Goethe, Schiller, Klopstock, i poeti romantici tedeschi e Heine. Alla poesia di Heine, Schubert si avvicina nel 1828, suo ultimo anno di vita, con i sei Lieder compresi nella raccolta pubblicata postuma con il titolo di Canto del cigno (Schwanengesang).
Le tipologie formali del Lied schubertiano rispondono sostanzialmente a tre modelli. Innanzitutto vi è la forma del Lied strofico, in cui una melodia unica – a volte lievemente modificata – è impiegata per le varie strofe del testo poetico. Vi sono poi i Liederdurchkomponiert, o in forma aperta, in cui non si danno ripetizioni o riprese musicali: su un accompagnamento uniforme, la musica segue da capo a fondo il testo rinnovandosi di continuo; l’unità è assicurata dal tono generale e, a volte, da motivi ricorrenti. Un terzo tipo di Lied, infine, è modellato sulla “scena” operistica: il brano è articolato in più sezioni, diverse per tempo, tonalità e atteggiamento espressivo.
Nel Lied, è essenziale il ruolo del pianoforte che non ha il compito di fornire un semplice accompagnamento, ma è un autentico interlocutore del canto: suggerisce immagini pittoriche o poetiche, svela aspetti nascosti del testo ed esalta il contenuto, gli stati d’animo, le sfumature psicologiche della poesia. L’intuito e il talento di Schubert, a questo riguardo, sono inarrivabili: accanto all’eccezionale inventiva melodica, nei Lieder emerge una straordinaria capacità di individuare musicalmente le immagini poetiche, di penetrare il pensiero del poeta e di restituirlo con un’accresciuta efficacia. La musica di Schubert è tesa a esprimere ciò che sta fra le righe del testo e che è inesprimibile a parole; più che la qualità del testo poetico è determinante l’opera del musicista e Schubert sa mantenere un altissimo livello qualitativo anche in presenza di versi assai modesti.
Una delle prime e perfette realizzazioni di Schubert è Margherita al filatoio (Gretchen am Spinnrade, 1814), il cui testo è tratto dalla canzone strofica presente nella prima parte del Faust di Goethe: l’ostinato del pianoforte raffigura simbolicamente il movimento rotatorio dell’arcolaio, al di sopra del quale il canto dà voce all’agitazione interna della fanciulla, presa dalla passione amorosa; la corrispondenza tra musica e poesia è perfetta, e l’effetto è fortemente espressivo.
Identica perfezione si trova in Il re degli Elfi (Erlkönig, 1815), ballata drammatica sul tema della cavalcata notturna di un padre che tiene fra le braccia il figlioletto morente, mentre il re degli Elfi invita quest’ultimo a seguirlo nel suo regno. La concitazione della cavalcata, l’ansia del padre, il terrore del bimbo sono magistralmente restituiti dalla musica.
Due cicli di Lieder, entrambi su testi del poeta Wilhelm Müller, seguono una trama narrativa che consiste – più che in una vicenda esterna – in un susseguirsi di eventi tutti interiori: La bella mugnaia (Dieschöne Müllerin, 1823) e Viaggio d’inverno (Die Winterreise, 1827). Protagonista è il Wanderer, il viandante, figura chiave del romanticismo tedesco: i 20 Lieder che costituiscono la prima raccolta narrano l’arrivo al mulino (1-4), l’innamoramento (5-9), l’idillio e la felicità amorosa (10-12), la gelosia e la separazione (13-17), la rassegnazione e la decisione di morire (18-20). Protagonista del Viaggio d’inverno è l’amante respinto che vaga in un desolato paesaggio invernale. In entrambi i casi Schubert va ben al di là dei mediocri versi di Müller: nella banale situazione poetica, la sua musica fa risuonare accenti universali.
La musica pianistica, da camera e sinfonica
Schubert coltiva tutti i generi e le forme pianistiche della sua epoca: fogli d’album, fantasie, impromptus, variazioni e sonate; una parte consistente della sua musica pianistica, a due e a quattro mani, è costituita inoltre da danze e tipica musica d’intrattenimento, marce, Ländler, scozzesi, polacche, minuetti, valzer, danze tedesche. Schubert, come molti altri autori romantici, predilige il genere del Charakterstück, il breve pezzo lirico dall’espressività concentrata che rispecchia uno stato d’animo, un atteggiamento, un breve racconto o un paesaggio; in questa categoria rientrano, tra gli altri, gli otto Impromptus op. 90 e op. 142 e i sei Moments musicaux op. 94 che si distinguono per la felicità dell’invenzione melodica e la varietà degli atteggiamenti espressivi e divengono modelli per la musica pianistica dell’Ottocento.
Sino al 1820, Schubert scrive una gran mole di musica strumentale “funzionale”, concepita per l’intrattenimento, che non di rado riflette una spensieratezza di specifica marca viennese. Esempio brillante di questo genere è il Quintetto in La maggiore op. 114 per archi e pianoforte “La trota” (1819), che prende il nome dal Lied Die Forelle, il cui tema è alla base di una serie di variazioni nell’andantino. In questo quintetto, che è annoverato fra le composizioni strumentali schubertiane di maggior successo, il pianoforte – contrapposto oppure fuso con gli archi – dà origine a un ricco gioco di colori, e la composizione rispecchia alla perfezione lo spirito del divertimento viennese.
Dal 1820 Schubert inizia a ricercare un più alto ideale artistico e riversa un impegno maggiore nella creazione: l’attività si fa intensa, addirittura febbrile, e nascono composizioni più ambiziose per dimensioni e contenuto. La Fantasia del viandante D 760 per pianoforte (Wandererphantasie, 1822), ad esempio, mostra la ricerca di nuove vie formali. Come una sonata, la composizione è in quattro movimenti che si succedono però senza soluzione di continuità e sono uniti da una parentela tematica: uno stesso motivo torna periodicamente in tutti i movimenti, mantenendo la stessa struttura melodico-intervallare ma trasformandosi nel ritmo e nel carattere. Grandi dimensioni, sviluppi ampi e ricchi, un’armonia coloristica, lirismo e bellezza delle idee melodiche caratterizzano la Sonata in Do maggiore per pianoforte a quattro mani, detta “Gran Duo”, del 1824, come pure le tre sonate pianistiche del 1825-1826 e ancor più le ultime tre composte da Schubert nel 1828.
A questa nuova stagione creativa appartengono anche capolavori cameristici quali i Quartetti in La minore D 804, in Re minore La morte e la fanciulla (Der Tod und das Mädchen D 810, che contiene una serie di variazioni sul tema del Lied omonimo) e in Sol maggiore D 887; i due Trii per archi e pianoforte op. 99 e op. 100; il Quintetto per archi in Do maggiore D 956; l’Ottetto in Fa maggiore per archi, clarinetto, corno e fagotto D 803.
Quest’ultimo, modellato sul celebre Settimino di Beethoven, unisce allo spirito della serenata settecentesca – dai temi popolari e dalla facile comunicativa – una concezione tematica unitaria e un gusto per il colore armonico e le combinazioni timbriche che ne fanno una composizione inequivocabilmente romantica.
Tra il 1813 e il 1818 Schubert compone sei sinfonie, di stampo classico, limitate nell’organico e nelle dimensioni; altre due ne scrive tra il 1822 e il 1828. I primi segni della maturità giungono con la Quarta sinfonia, detta “Tragica” per l’atmosfera cupa dell’adagio introduttivo.
Ma il vertice, in campo sinfonico, è costituito dai due ultimi lavori, che rappresentano una decisa apertura verso il romanticismo e il futuro. Nella Settima, detta “Incompiuta” perché i movimenti successivi ai primi due non vennero mai completati, i motivi tragici e febbrili, oltre al lirismo trasognato, la dolcezza struggente delle melodie, innalzano il linguaggio sinfonico ad altezze mai toccate prima d’allora. Per forza espressiva e monumentale ampiezza anche l’Ottava sinfonia, detta “La Grande”, costituisce uno degli esiti massimi del sinfonismo ottocentesco.
La forma e il principio costruttivo schubertiano
Il confronto, inevitabile, con le forme beethoveniane ha storicamente giocato a sfavore di Schubert, la cui musica ha tradizionalmente sofferto di un equivoco: nelle grandi composizioni, l’autore viennese non saprebbe esercitare un sufficiente controllo sulla forma che diverrebbe, perciò, svagata e prolissa. In realtà, Schubert non è solo autore fertilissimo di belle melodie e i suoi migliori risultati non vanno ricercati unicamente nei Lieder e nelle forme brevi; la logica formale che governa le composizioni di più ampie proporzioni è diversa da quella beethoveniana, non meno rigorosa, e ad essa non va raffrontata.
Il principio costruttivo schubertiano diverge dalla logica della forma-sonata classica e dall’impostazione “drammatica” beethoveniana: anziché rispettarne il principio dinamico-contrastivo, Schubert procede per espansioni lente e ritorni dell’area tonale, per divagazioni, per allineamento di episodi collegati da reminiscenze e affinità. Da temi di matrice liederistica, Schubert ricava echi, richiami e allusioni, in un processo di allargamento di cerchi concentrici antitetico rispetto allo sviluppo rettilineo della sonata classica. Ciò indebolisce fortemente il senso tonale: pur conservando il principio sonatistico dell’opposizione tematica, sul piano delle aree armoniche Schubert privilegia i rapporti più morbidi e sfumati di terza, anziché i rapporti tensivi, indebolendo così quel rapporto tra tensione e distensione che nella sonata classica è prodotto dalla contrapposizione delle aree di dominante e di tonica.
Anche nell’elaborazione tematica Schubert segue percorsi alternativi a quelli degli sviluppi beethoveniani. Più che lo sviluppo delle idee tematiche, Schubert preferisce l’iterazione, l’amplificazione e la metamorfosi: ogni nuovo tema sembra scaturire per lenta germinazione da un tema precedente e la rilassatezza formale è solo apparente, dal momento che l’unità dell’opera è saldamente assicurata da una rete fittissima di richiami tematici, reminiscenze, associazioni. Nell’abbandono di una forma rettilinea e fortemente orientata dal punto di vista tonale, nell’abbandono della logica consequenziale dello sviluppo motivico stanno gli elementi che più contribuiscono a definire la fisionomia e l’originalità dello stile di Schubert: il suo modo di comporre dà alla forma quell’apertura e quella dilatazione infinite che per i romantici costituiranno la più preziosa delle eredità.