RAIMO, Franzone
RAIMO (de Raimo, di Raimo, Raymo), Franzone. – Nacque a Napoli tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, esponente di una nobile famiglia originaria di Capua, associata al locale Seggio dell’Olivo, detto anche de’ Cavalieri.
Probabile capostipite della famiglia è l’eponimo Raimo, proprietario dei feudi di Caiazzo e di Aversa (morto prima dell’ottobre del 1176, cfr. Pergamene Caiazzo, n. 24, in Catalogus Baronum, 1984, pp. 240 s.: «Marcus miles, filius quondam Raymi militis ex civitate Caiatie»), mentre l’antenato più celebre è Lazzaro, preteso fondatore nel 1228 del più antico lebbrosario in Europa, l’ospedale extraurbano dell’Ordine di S. Lazzaro Gerosolimitano a Capua (antecedente del più noto Lazzaretto vecchio di Venezia, fondato nel 1249 sull’isola di S. Maria di Nazareth e denominato così da San Lazzaro, patrono dei lebbrosi, e dal toponimo Nazarethum), ove furono collocate reliquie di s. Raimo (S. Erasmo), s. Stefano e s. Paolo (l’atto di fondazione della cappella, tradito da una piuttosto dubbia versione volgare, è rogato alla presenza del «giudice a contracto» Pier delle Vigne: cfr. Di Capua Capece, 1750, pp. 68-70; Camera, 1841, pp. 119 s.).
Dalla metà del Trecento i Raimo furono associati al Seggio di Montagna a Napoli (cfr. Toppi, 1659-1666, I, p. 311; Delle Donne, 2012, p. 54), iniziando a ricoprire incarichi di rilievo in città, e a metà del Quattrocento si innestarono nella nobiltà di Sarno con un ramo parallelo, di cui il più celebre esponente nel XVII secolo è fra Paolo, commendatore del priorato di Capua dell’Ordine di Malta (cfr. Casale - Marciano, 2005, p. 26). A Napoli i Raimo tennero l’ufficio di regio archivarius quasi ininterrottamente dal 1360 al 1524: Pietro ricoprì la carica nel 1360 (e morì nel 1384, come attesta l’iscrizione della sua sepoltura nella chiesa di San Severino: cfr. D’Engenio Caracciolo, 1624, p. 332, e De Lellis - Conforto, 1701, pp. 129 s.); suo figlio, Berteraimo, nel 1415 e nel 1426; Francesco di Berteraimo nel 1419; archivarii furono poi ancora Bernardo, Franzone, Ludovico, Giulio, Giovan Battista e Michele (cfr. Toppi, 1659-1666, I, pp. 40 s.; nel 1607 l’ultimo Raimo archivarius è Giuseppe, sollevato dall’incarico per la sua negligenza: cfr. ibid., p. 63). Il casato risulta estinto nelle liste compilate nel 1671: già nel 1622, fra Paolo lamentava la decadenza della sua casata e le sue difficoltà a pagare la tassa di ingresso nei Cavalieri gerosolimitani (Casale - Marciano, 2005, pp. 41-46).
In un arco di tempo quasi identico, nel corso del XV secolo, sono attestati due personaggi della famiglia napoletana dei Raimo la cui identità non è escluso che possa coincidere. Il primo, il già ricordato Francesco, figlio di Berteraimo di Pietro e archivarius sotto Giovanna II nel 1419, fu poeta della corte di Alfonso il Magnanimo: di lui rimane traccia nell’epistolario di Bartolomeo Facio, che lo ricorda in una lettera del 1448-1449 come capace di improvvisare più di cinquecento versi alla presenza del comune amico Iacopo Curlo a Pozzuoli («nihil enim iocundius esse potuit commemoratione illius nostrae diuturnae consuetudinis Puteolanae et versificationis suavissimae, qua stans pede in uno plus quam quingentos versus interdum effingebas, praesente Iacobo Curlo nostro, viro claro et tui observantissimo», cfr. Bartholomei Facii De viris illustribus liber, 1745, p. 88); dalla stessa lettera si evince che fu proprio Francesco a sollecitare a Facio la stesura dei Rerum gestarum Alfonsi primi regis libri X («Nam quod me hortaris ut prosequar opus tua diligentia incoeptum, facis amice et pro officio. Tuarum enim partium videtur esse, quem ad incipiendum opus incitasti, eumdem ad perficiendum adhortari», ibid., p. 89).
Il secondo personaggio, Franzone, è il primo dei quattro autori degli Annales Fransoni, Ludovici de Raimo senioris et junioris et Lancellotti Hierosolymitani (cfr. Potthast, 2003, p. 399), il diario dei principali eventi del Regno di Napoli dal 1197 al 1503 redatto in volgare e in latino da alcuni membri della famiglia Raimo e interpolato in alcuni testimoni con i Notamenti di Antonio d’Afeltro, notaio e cronista napoletano del XVI secolo congiunto dei Raimo (sua è, ad esempio, secondo Bartolomeo Capasso, una nota relativa al 1460, che giustifica l’omissione di notizie non accurate sulla guerra angioino-aragonese negli Annales in presenza del resoconto storico offerto da Giovanni Pontano: «hic sequebantur aliqua gesta regis Ferdinandi I cum duce Ioanne Andegavensi, quae non descripsi accurate: narrat enim omnia Pontanus in suis libris De bello Neapolitano»: cfr. Capasso, 1902, p. 186, n. 1).
Non vi sono dati inoppugnabili per affermare che Francesco e Franzone siano la stessa persona, ma certo il nome ‘Franzone’ potrebbe essere una variante onomastica per ‘Francesco’, accrescitivo cioè di Franco (‘Francone’), modellato alla stessa stregua dell’ipocoristico ‘Franzino’ (con esito meridionale da -nc- a -nz-). Per di più, nel 1443, anno a partire dal quale Facio potrebbe aver conosciuto Francesco a Napoli, Franzone assunse l’incarico di commissario per l’esazione delle collette nella provincia della Calabria (Capasso, 1902, p. 184; Fonti aragonesi, 1964, p. 43): l’appellativo di «Valentinorum decus» con cui Facio saluta Francesco in calce alla sua lettera, infatti, potrebbe riferirsi alla carica tenuta a Monteleone di Calabria, l’antica Valentia romana (oggi Vibo Valentia).
Volendone accettare l’identificazione, la carriera di Francesco/Franzone andrebbe quindi dal 1419 al 1473-74 almeno. Una tale longevità professionale non stupisce a confronto con i dati della carriera di Ludovico il Vecchio, attivo come ufficiale regio dal 1459 al 1513 (erronea l’identificazione di Ludovico il Vecchio e il Giovane come giuristi del XVII secolo in Casale - Marciano, 2005, p. 28). Francesco è inoltre attestato come archivarius solo nel 1419: rigettandone l’identità con Franzone, si dovrà pensare che, dopo il suo incarico sotto Giovanna II, egli sia rimasto alla corte di Alfonso senza alcun titolo o che si siano smarriti tutti i documenti che lo riguardavano. Un cedolare delle imposte sui villaggi posti sotto il dominio di Napoli, datato 1469 e oggi perduto, informava che Ludovico il Vecchio, estensore del documento, fu luogotenente di Franzone («Infrascripta Casalia civitatis Neapolis exemplata et copiata per me Loysius de Raymo de Neapoli, locumtenentem nobilis viri Franzoni de Raymo de dicta civitate», Chiarito, 1772, p. 137), notizia confermata ancora per l’anno 1474 (cfr. Capasso, 1902, p. 184). Una conferma dell’identità Francesco/Franzone si ricava anche da alcune notizie su Franzone redatte in forma autobiografica e copiate in un’appendice posta in calce a due mss. Vaticani degli Annales (Ottob. lat. 2647, cc. 38v-39r, e Reg. lat. 378, c. 276): oltre a confermare che Franzone, come Francesco, era figlio di Berteraimo («In anno 1418 morì Berteraimo de Raymo mio padre»), esse registrano il nome e la data di morte della madre («Et anno 1455 morì Madama Spiciola mia matre a dì XXVII de Ottubre»), il nome e la data di morte del fratello Bernardo («Et anno 1462 a dì 25 di marzo X ind. morì Bernardo de Raymo mio frate») e il nome, la data di morte e il luogo di sepoltura della moglie («Et anno 1464 de die dominico de notte a dì 8 de decembre morì Miula mia molliere et fo sotterrata ad S. Francisco de la Limosina de Napuli»). A queste si aggiunge anche una notizia relativa all’anno di morte dello stesso Franzone («Et anno domini 1473 morio Franzone de mense Maii»).
Ludovico il Vecchio è il membro del ramo napoletano dei Raimo maggiormente attestato: oltre a ricoprire il ruolo di luogotenente di Franzone e di archivarius, fu maestro razionale della Regia Camera della Sommaria nel 1459 e nel 1466, regio tesoriere negli anni 1459-62, 1476, 1488 e 1490, praeses della Regia Camera dal 1464 al 1488 e più volte ancora tra il 1495 e il 1513 (Capasso, 1902, p. 184); morì prima del 1516, come attesta un diploma che riferisce della vacanza dell’ufficio di archivarius dopo Ludovico e Giovanni Battista (Toppi, 1659-1666, III, pp. 316 s.).
Per quanto riguarda gli altri due autori degli Annales, si sa che Lancillotto intraprese nel 1480 la carriera militare, entrando a far parte dell’Ordine dei cavalieri di Gerusalemme e ottenendo la carica di commendatore di Melfi (cfr. Casale - Marciano, 2005, p. 25); nello stesso anno partecipò alla difesa di Rodi dall’attacco della flotta turca (Bosio, 1629, p. 343); nel 1488-89 fu castellano di Belvedere, nella Capitanata, e nel 1492 risulta implicato in una disputa per la commenda della chiesa di San Giovanni di Cristo insieme con fra Niccolò Folliero contro fra Clemente Oliva (cfr. Di Cristoforo, 1746, p. 43). Le notizie su Ludovico il Giovane provengono principalmente invece da Antonio d’Afeltro, il quale nei suoi Notamenti sostiene che nel 1499 «Luise juniore era Razionale della Regia Camera» e dovette essere ancora vivo nel 1538 (Capasso, 1902, p. 185).
Nella loro prima parte, quella cioè compilata da Franzone, gli Annales sono un elenco di notazioni generali sulla storia di Napoli e sulla casata regnante dal 4 settembre 1197, data della morte di Enrico VI di Svevia (o dal 1250, secondo alcuni testimoni manoscritti, data della morte di Federico II), sino al 1468: tale data risulterebbe coerente con la carriera di Franzone (archivarius in quest’anno secondo Toppi, 1659-1666, III, p. 510), la cui ultima attestazione, in qualità di razionale della Regia Camera, risale agli anni 1471-72 (e almeno ancora nel 1474 Franzone era vivo, dato che Ludovico il Vecchio è ricordato in quest’anno come suo luogotenente). Il testo di Lancillotto sembra coprire invece solo tre anni (1485-87: la stesura potrebbe essersi interrotta quando Lancillotto divenne castellano di Belvedere), ma in alcuni codici sono tramandate anche notizie del 1480-81 a lui attribuibili (significativa quella relativa alla difesa di Rodi, cui Lancillotto partecipò in veste di cavaliere gerosolimitano). Dal 1487 al 1503 si trova infine l’ultimo aggiornamento di Ludovico il Giovane, rimasto escluso dall’edizione Muratori e anche dalla successiva edizione di Alessio Aurelio Pelliccia. La divisione tratteggiata non può essere provata con certezza: essa ricalca in buona parte quella proposta da Bartolomeo Capasso, secondo cui il quarto estensore degli Annales, Ludovico il Vecchio, vissuto tra il 1460 e il 1516, sarebbe invece l’autore di quei pochi ‘notamenti’, pubblicati per la prima volta da Pelliccia, che giungono fino al 1501 (erronea, sempre secondo Capasso, è l’attribuzione al biennio 1475-76 nel testo pubblicato da Pelliccia di due ‘notamenti’ di Ludovico il Vecchio, che appaiono chiaramente riferibili agli anni 1495-96).
Quanto alla paternità degli Annales, già Niccolò Toppi (1678, p. 189) presumeva si trattasse di un’opera a più mani, ma riduceva il ruolo di Franzone e di Lancillotto a continuatori di Ludovico il Vecchio e il Giovane; a complicare la questione intervenne Ludovico Muratori, che nella sua editio princeps del 1733 annotò di essere stato avvertito dall’abate Pietro Polidori che in un manoscritto Franzone e Lancillotto fossero indicati solo come possessori del codice; l’edizione successiva dell’opera, pubblicata nel 1780 all’interno della Raccolta Pelliccia, presentò un testo anonimo, preferendo aggirare la questione attributiva (Diario anonimo dall’a. 1193 sino al 1487 diverso dagli Annali del Raymo), ma inserendo per la prima volta anche i Notamenti di Ludovico il Vecchio; fu invece Capasso a stabilire che Franzone, già commissario esattoriale nel 1443, potesse essere anche l’unico ad aver annotato per primo una notizia del 1446 («nacque Alfonso figliuolo del Duca di Calabria»).
Ai cinque codici napoletani censiti da Capasso, 1902, pp. 185 s., n. 3 (Biblioteca nazionale, X.C.31, cc. 21r-70v; Museo nazionale di S. Martino, 310; Biblioteca Brancacciana, II.A.10, cc. 41r-66v; Archivio di Stato, 12 – oggi non corrispondente ad alcuno dei tre codici degli Annales ivi conservati, e cioè i mss. Museo 23, 26b e 26h –; e il codice donato dallo stesso Capasso alla Società napoletana di storia patria, presso cui si conservano per la verità due testimoni, i mss. XXVIII.B.3 e XXII.D.7) occorre aggiungere almeno il ms. E.III.7 della Biblioteca universitaria di Genova, cc. 21r-59v, del XVII secolo; il ms. A.4.15 (LXVII.6.12) della Biblioteca teologica San Tommaso di Napoli, del XVIII secolo; il Vaticano Ottob. lat. 2647, cc. 10r-49v, del XVI secolo; e il Vaticano Reg. lat. 378, cc. 247r-275v, anch’esso del XVIII secolo.
Fonti e Bibl.: Annales Fransoni, Ludovici de Raimo senioris et junioris et Lancellotti Hierosolymitani, in RIS, XXIII, a cura di L.A. Muratori, Mediolani 1733, coll. 221-240; Bartholomaei Facii De viris illustribus liber [...], recensuit [...] Laurentius Mehus, Florentiae 1745, pp. 88-90; A.A. Pelliccia, Raccolta di varie croniche diarj ed altri opuscoli [...] appartenenti alla storia del regno di Napoli, I, Napoli 1780-1782, pp. 109-123; Fonti aragonesi a cura degli archivisti napoletani, IV, Napoli 1964, p. 43; Catalogus Baronum. Commentario, a cura di E. Cuozzo, Roma 1984, p. 241.
C. D’Engenio Caracciolo, Napoli sacra [...], Napoli 1624, p. 332; G. Bosio, Dell’istoria della sacra religione et ill.ma militia di S. Giorgio Gierosolimitano, Roma 1629, p. 343; N. Toppi, De origine tribunalium nunc in castro Capuano fidelissimae civitatis Neapolis existentium libri quinque, Neapoli 1659-1666, I, pp. 40 s., 63, 146, 148, 167, 231, 291, 311, III, pp. 75 s., 78 s., 81-83, 92, 94, 97-99, 316 s., 496, 510; Id., Biblioteca napoletana [...], Napoli 1678, p. 189; C. De Lellis - D. Conforto, Discorsi postumi del Signor Carlo De Lellis di alcune poche nobili famiglie, con l’Annotationi [...] e Supplimento [...] del dottor Signor Domenico Conforto, Napoli 1701, pp. 129 s., 241; S. Di Cristoforo, Istoria genealogica della famiglia Fuiero detta volgarmente Folliero, Napoli 1746, p. 43; G. Di Capua Capece, Dissertazione intorno alle due campane della Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni de’ nobili uomini di Capua, Napoli 1750, pp. 68-70; A. Chiarito, Comento istorico-critico-diplomatico [...], Napoli 1772, p. 137; M. Camera, Annali delle Due Sicilie dall’origine e fondazione della monarchia fino a tutto il regno dell’augusto sovrano Carlo III Borbone, Napoli 1841, pp. 119 s.; B. Capasso, Le fonti della storia delle provincie napolitane dal 568 al 1500, Napoli 1902, pp. 184-187; A. Potthast, Repertorium fontium historiae Medii Aevi, IX, 4, Roma 2003, p. 399; A. Casale - F. Marciano, La città nobile di Sarno e fra’ Paolo de Raymo, Striano 2005, pp. 25 s., 28, 41-46; R. Delle Donne, Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo. La Camera della Sommaria e il Repertorium alphabeticum solutionum fiscalium Regni Siciliae Cisfretanae, Firenze 2012, p. 54.