incidentali, frasi
Una frase incidentale (detta anche semplicemente incidentale) è una frase inserita all’interno di un’altra frase (detta frase ospite) con cui non forma una struttura sintattica. La frase incidentale, cioè, non instaura con la frase ospite alcuna relazione di dipendenza in termini di coordinazione o subordinazione. Da un punto di vista semantico si collega logicamente alla frase ospite, di cui costituisce un inserto: un’incidentale è perciò sintatticamente libera e semanticamente pertinente rispetto al contenuto della frase di cui è inserto.
Esistono varie etichette terminologiche per indicare le incidentali. In generale i termini incidentale, parentetica e inciso sono considerati sinonimi. Il diverso modo di collegarsi con la struttura di riferimento, però, può rappresentare un criterio per differenziare le frasi propriamente incidentali dalle incidentali secondarie (Serianni 1989) o parentetiche (➔ parentetiche, frasi). Le frasi propriamente incidentali sono prive di nessi introduttori; le frasi parentetiche sono introdotte da nessi coordinanti o subordinanti, ma caratterizzate da una specifica funzione parentetica.
Le frasi incidentali si inseriscono all’interno di una frase o di un periodo, a cui si affiancano o di cui interrompono la sequenza sintattica senza formare con essi un’unica struttura (1 a.-b.):
(1) a. Napoleone ‒ è noto a tutti ‒ fu un grande stratega
b. La crisi non durerà ancora a lungo, mi auguro
L’eliminabilità dalla frase ospite ‒ (2 a.) ‒ senza che essa risulti ellittica e la caratteristica di mobilità entro la sequenza ‒ (2 b.) ‒ confermano il carattere di indipendenza sintattica delle inserzioni incidentali:
(2) a. Napoleone Ø fu un grande stratega
b. la crisi ‒ mi auguro ‒ non durerà ancora a lungo
In alcune classificazioni le frasi incidentali sono attribuite alla categoria delle frasi principali e descritte secondo i criteri formali a esse applicati.
Le frasi incidentali possono essere di tutti i tipi previsti per le principali (3-5; ➔ modalità):
(3) benché fosse tardi ‒ era già mezzanotte passata ‒, facemmo un’altra partita
(4) è giusto chiedersi che esiti ha avuto (quali risultati?) la decisione del governo
(5) alla fine ho ritrovato le chiavi sotto casa (chi l’avrebbe mai detto!)
Si distingue per l’uso tipicamente incidentale l’interrogativa retorica (➔ interrogative retoriche):
(6) il mio amico ‒ lo dirò o tacerò? ‒ non è stato sincero con lei
Le incidentali possono dar luogo a coordinazioni e subordinazioni in proprio. Il segmento inserito, cioè, può essere strutturato al suo interno per coordinazione (7) e/o subordinazione (8):
(7) i miei condomini (non mi interessa e ho risposto di no) mi hanno votata per sostituire l’Amministratore
(8) di musica classica ‒ devo essere sincera, perché non avrebbe senso negarlo ‒ mio marito non capisce un granché
Può anche incassare segmenti parentetici successivi (i cosiddetti incisi a grappolo):
(9) Mario ‒ non si può negarlo, credo ‒ è un ragazzo molto onesto
Alcuni verbi che normalmente danno luogo a reggenza argomentale (➔ argomenti) possono occorrere nell’inciso. In tale posizione essi sono inserti di strutture interpretabili potenzialmente come loro costituente argomentale diretto (10 a.-b.-c.):
(10) a. alle cinque la manifestazione dovrebbe essere finita, penso
b. Mario vuole incontrare te, presumo
c. non hai rivelato, mi auguro, il nostro segreto
In altre lingue l’ambiguità di struttura creata da tali verbi in posizione parentetica ha portato a interpretarli come verbes d’opération (Benveniste 1966), comment clauses (Quirk et al. 1985), verbes recteurs faibles (Blanche-Benveniste 1989), perché essi rappresenterebbero strutture parentetiche anomale che reggono, seppur in modo slegato, la frase in cui sono inseriti. Per l’italiano il corrispettivo è la classe dei cosiddetti verbi parentetici, costituita essenzialmente da verbi di credenza (ritenere, immaginare, credere, sapere, ecc.) e da ➔ verba dicendi (dire, affermare, riportare, ecc.; Schneider 2007). La funzione svolta dai verbi parentetici può essere intesa come una sottoscrizione o adesione al contenuto della frase ospite. Altri verbi che possono essere usati in modo simile sono: sperare, augurarsi, spiacersi, ecc., che indicano l’orientamento emozionale dell’emittente; ammettere, dedurre, che esplicitano un’operazione di inferenza, e alcuni verbi di percezione (sentire, vedere).
A prova della relazione di reggenza che si instaurerebbe implicitamente tra verbo parentetico e frase ospite, va menzionato il fatto che essi possono integrarsi sintatticamente, il che genera periodi organizzati gerarchicamente (11 a.-b.-c.) il cui senso complessivo è simile a quello originario:
(11) a. penso che alle cinque la manifestazione dovrebbe essere finita
b. presumo che Mario voglia incontrare te
c. mi auguro che tu non abbia rivelato il nostro segreto
Per definire la funzione delle strutture incidentali, è interessante notare che non tutti i verbi di credenza possono essere usati in modo parentetico; ad es., non sono possibili gli usi qui esemplificati:
(12) a. *oggi il treno, dubito, arriverà di nuovo in ritardo
b. *i miei colleghi sono onesti con me, non credo
Non sono accettabili in posizione parentetica verbi che esprimono una sottoscrizione negativa o incerta del contenuto della frase ospite, perché essi violano un principio di pertinenza: non ha senso sottoscrivere con un grado di attendibilità negativo qualcosa che è già stato dato per certo o valutato positivamente. Esiste tuttavia una versione sintatticamente strutturata dei costrutti in (12 a.-b.) in cui l’integrazione rende possibile la coerenza:
(13) a. dubito che oggi il treno arriverà di nuovo in ritardo
b. non credo che i miei colleghi siano onesti con me
L’accettabilità di tali ricostruzioni è resa possibile dalla unificazione di differenti piani prospettici. Nella formulazione con l’inciso (es. 12) si registra una contrapposizione di punti di vista (uno, positivo, nella frase ospite, e uno, negativo, che distingue l’inciso); nella versione integrata (es. 13), invece, il punto di vista manifestato è solamente uno, quello introdotto dalla frase reggente.
Il comportamento dei verbi parentetici è utile per dimostrare, perciò, che le frasi incidentali introducono nella struttura di riferimento (per meglio dire, nel loro cotesto; ➔ contesto) un nuovo punto di vista, che deve attenersi a particolari condizioni di coerenza. Vale a dire che l’accostamento dei piani prospettici non deve inficiare le relazioni logico-semantiche all’interno del pensiero rappresentato:
(14) * Laura ‒ avrei voluto sapere ‒ non era al corrente di ciò che era successo
Il rapporto che si instaura tra il punto di vista dell’inciso e quello della frase ospite è di tipo meta-enunciativo: il punto di vista incidentale, cioè, opera sul contenuto del cotesto focalizzando su aspetti relativi al suo significato e al suo valore comunicativo.
Tale processo di focalizzazione (o polifocalizzazione; ➔ focalizzazioni) entro uno stesso enunciato crea piani prospettici differenti e induce un mutamento nell’orizzonte dell’emittente e del ricevente (Cignetti 2001). Già Fornaciari (1881) faceva riferimento alla compresenza di differenti piani prospettici nella formulazione del pensiero e nella sua enunciazione:
Siccome i varii giudizii s’intrecciano nella mente e s’incrociano l’uno nell’altro, e l’uno si compie o si rafforza, nell’atto di enunciarsi, coll’altro; così anche le proposizioni, per rendere più pronta e vigorosa la comunicazione del pensiero, si attraversano in varii modi tra gli elementi di altre proposizioni (Fornaciari 1881: 465).
Le incidentali vengono segnalate attraverso l’intonazione e la punteggiatura. Nello scritto, un uso codificato dell’interpunzione ne consente facilmente la riconoscibilità e decodificabilità nella lettura. Esse possono infatti essere racchiuse tra ➔ parentesi tonde (15), trattini lunghi o lineette (16; ➔ trattino), ovvero poste tra due virgole (17):
(15) all’improvviso ieri (che cosa strana) ho ricordato il sogno che facevo da bambina
(16) la punteggiatura ‒ è facile notarlo ‒ spesso suggerisce il ritmo e il tono emotivo delle parole
(17) Piero, l’ho notato in più di una occasione, è un ragazzo riservato
A differenza delle parentesi e dei trattini, la ➔ virgola non costituisce un segno esclusivo di incidentalità (Simone 1991). Se un inciso non è interposto ma posposto alla frase ospite, è delimitato da una virgola singola (18) o da un trattino (19) e da un punto fermo:
(18) Mario non è uno stinco di santo, bisogna dire
(19) nessuno è rimasto ferito ‒ mi risulta
La lineetta che chiude un inciso in un periodo può essere seguita, se occorre, dalla virgola (20) o dal punto e virgola (21):
(20) se anche tu riuscissi a farmi cambiare idea su di lui ‒ cosa che io escludo ‒, non riuscirei a trattarlo con indifferenza
(21) splendeva il sole ‒ era maggio inoltrato ormai ‒; come sempre mi affannavo a finire il lavoro
Le convenzioni grafiche per la segnalazione delle incidentali nello scritto richiamano un uso della punteggiatura come corrispettivo della delimitazione intonativa che tali entità ricevono nel parlato, e che per altri casi è ritenuto inappropriato.
Nell’organizzazione intonativa dell’enunciato, inteso come unità nell’analisi del parlato (Cresti 2000), possono essere prosodicamente delimitate molte unità, che nella trasposizione scritta non vengono di necessità segnalate attraverso espedienti diacritici. Ad es., il soggetto grammaticale a volte ha una realizzazione prosodica che lo stacca dal predicato (➔ soggetto); lo stesso può valere per un verbo e il suo complemento (➔ dislocazioni). Le regole del nostro sistema di scrittura (➔ lingua scritta), tuttavia, non consentono o non impongono di separare tali entità con una virgola. Le unità parentetiche, invece, sono di necessità delimitate da segni di punteggiatura, perché la loro autonomia, oltre che intonativa, è sintattica.
Nel parlato l’unità parentetica è segnalata dall’➔intonazione e possiede caratteristiche ben definite e riconoscibili all’ascolto (Firenzuoli & Tucci 2003). Essa è caratterizzata da:
(a) un sensibile abbassamento della media della frequenza fondamentale in attacco dell’unità (che ci consente di percepire una sorta di ‘scalino intonativo’; ➔ fonetica articolatoria);
(b) lo svolgimento dell’unità su un piano intonativo più basso rispetto a quello della frase ospite;
(c) una variazione della velocità di eloquio.
Benveniste, Émile (1966), De la subjectivité dans le langage, in Id., Problèmes de linguistique générale, Paris, Gallimard, 1966-1974, 2 voll., vol. 1º, pp. 258-266 (trad. it. in Problemi di linguistica generale, Milano, Il Saggiatore).
Blanche-Benveniste, Claire (1989), Constructions verbales ‘en incise’ et rection faible des verbes, «Recherches sur le français parlé» 9, pp. 53-73.
Cignetti, Luca (2001), La [pro]posizione parentetica: criteri di riconoscimento e proprietà retorico-testuali, «Studi di grammatica italiana» 20, pp. 69-125.
Cresti, Emanuela (a cura di) (2000), Corpus di italiano parlato, Firenze, Accademia della Crusca, 2 voll.
Firenzuoli, Valentina & Tucci, Ida (2003), L’unità informativa di inciso: correlati intonativi, in La coarticolazione. Atti delle XIII giornate di studio del Gruppo di fonetica sperimentale (AIA) (Pisa, 28-30 novembre 2002), a cura di G. Marotta & N. Nocchi, Pisa, ETS, pp. 185-192.
Fornaciari, Raffaello (1881), Sintassi italiana dell’uso moderno, Firenze, Sansoni.
Quirk, Randolph et al. (1985), A comprehensive grammar of the English language, London - New York, Longman.
Schneider, Stefan (2007), Reduced parenthetical clauses in Romance languages. A pragmatic typology, in Parentheticals, edited by N. Dehé & Y. Kavalova, Amsterdam - Philadelphia, Benjamins, pp. 237-258.
Serianni, Luca (1989), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
Simone, Raffaele (1991), Riflessioni sulla virgola, in La costruzione del testo scritto nei bambini, a cura di M. Orsolini & C. Pontecorvo, Firenze, La Nuova Italia, pp. 199-231.