parentetiche, frasi
La frase parentetica è un particolare tipo di frase incidentale (➔ incidentali, frasi), apparentemente coordinata o subordinata alla frase di cui è inserto (detta frase ospite), ma che, in realtà, non partecipa alla configurazione logico-sintattica di questa. In altri termini, la parentetica è una frase semanticamente connessa al contenuto della frase ospite, ma logicamente indipendente; essa, cioè, funziona come ‘aggiunta’ non necessaria alla determinazione dei rapporti logico-sintattici che definiscono il senso della struttura che la contiene.
Alcune frasi si aggiungono sotto forma di inserto entro un’altra frase o periodo ma non formano con essa un’unica struttura sintattica. Tali frasi-inserto possono esser prive di nessi di collegamento, come frasi sintatticamente autonome (in questo caso si parla di frasi propriamente incidentali):
(1) Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone (Manzoni 1997: 12)
(2) Quella giovanetta rispose finalmente alle mie lettere, mi promise amore e fedeltà, nell’istesso tenore, suppongo, in cui l’aveva promesso sei mesi prima ad un giovane che sposò alcune settimane appresso (Verga 1996: 6)
oppure possono essere introdotte da congiunzioni coordinative:
(3) Mentre scrivo – ed è già notte – sento passare sulla mia testa i grossi aeroplani da trasporto tedeschi che vanno verso sud (Bassani 1984: 211)
(4) Eppure – o che l’infatuazione m’inganna, ma non credo – avevo trovato la via della salvezza (Pavese 1990: 41)
o subordinative (➔ congiunzioni):
(5) il qual desiderio, come dicevamo poco innanzi, non è mai soddisfatto; e il piacere propriamente non si trova (Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare, in Leopardi 1992: 115)
(6) Chiunque poi vive in città grande, […] io non so (eccetto se, ad esempio tuo, non trapassa in solitudine il più del tempo) come possa mai ricavare dalle bellezze o della natura o delle lettere, alcun sentimento tenero o generoso (Il Parini ovvero della gloria, in Leopardi 1992: 132)
Infine, esse possono avere l’aspetto di frasi dipendenti di vario tipo (gerundive, participiali, ecc.); in questo caso si parla di frasi parentetiche:
(7) La bella donna, non pensando a l’onte / ch’ei preparava, gli fe’ lieta ciera (Tassoni 19242: canto VIII, ottava 73)
(8) Un giovane catecumeno, Celtizio, rapì una vedova, che aveva fatto voto di continenza, per sposarla. Prima di unirsi, oppresso dal sonno e spaventato da un sogno, la consegnò intatta al vescovo di Setif che l’aveva richiesta con grande forza (Agostino 1999: 7, 3)
(9) Cara Jenny, per disegnare bene, bisogna essere molto cattivi, ricordatelo. Bisogna smontare il mondo, per ricostruirlo poi pezzo a pezzo, con infinita pazienza (Bassani 1984: 15)
Il fatto che una frase-inserto non presenti introduttore e sia dunque interpretabile come sintatticamente autonoma (esempi 1 e 2) non basta per distinguere le frasi che sono da considerarsi incidentali da quelle che invece non lo sono. Anche frasi apparentemente coordinate o subordinate, infatti, possono costituire un inserto della struttura in primo piano (esempi 3-9).
Le frasi-inserto non introdotte (quelle propriamente incidentali) hanno autonomia sintattica e vanno perciò considerate frasi principali. Quelle introdotte, invece, hanno tratti che le accomunano alle frasi coordinate o subordinate (sono sintatticamente integrate nella configurazione della frase reggente); semanticamente, però, condividono con le frasi incidentali il fatto di essere espressione di un differente punto di vista.
Una frase parentetica è quindi una frase-inserto che formalmente presenta i caratteri di una coordinata o di una subordinata, ma è in realtà una struttura aggiunta di tipo incidentale, caratterizzata dal fatto di manifestare un punto di vista diverso e autonomo rispetto a quello della struttura ospite.
Il principale tratto che accomuna le frasi-inserto introdotte a quelle non introdotte è la loro ➔ intonazione (cfr. Firenzuoli & Tucci 2003).
Nella scrittura, come accade per le frasi propriamente incidentali, le frasi parentetiche sono segnalate da segni di interpunzione. Tipicamente, sono delimitate da due virgole (➔ virgola), ma possono anche essere racchiuse tra ➔ parentesi o lineette (➔ paragrafematici, segni; ➔ trattino).
Ciò che è posto tra due virgole, talvolta, risulta ambiguo:
(10) Gianni le stava mentendo di nuovo, ma Marta lo capì subito, dunque decise di lasciarlo
In (10) la coordinata conclusiva (dunque decise di lasciarlo) può essere interpretata come risultato della struttura principale + coordinata avversativa; la sequenza logica sarebbe:
(10) a. Gianni le stava mentendo di nuovo + Marta lo capì subito → dunque decise di lasciarlo
La coordinata conclusiva, però, può anche essere interpretata come la conclusione della sola principale (Gianni le stava mentendo di nuovo); l’inserto introdotto dal nesso avversativo, che potrebbe essere più chiaramente segnalato dall’uso di lineette o parentesi, non parteciperebbe in tal caso alla relazione logica, che si instaurerebbe a prescindere dalla sua realizzazione:
(10) b. Gianni le stava mentendo di nuovo (Marta lo capì subito) → dunque decise di lasciarlo
In altri casi l’ambiguità è resa impossibile dal contesto:
(11) a. Gianni le stava mentendo di nuovo, ma Marta lo capì subito, dunque il tempo non lo aveva cambiato
In (11 a.) la coordinata conclusiva (dunque il tempo non lo aveva cambiato) si coordina direttamente alla frase principale, di cui è la logica conclusione; la struttura tra virgole è inequivocabilmente una frase parentetica, che si aggiunge e non partecipa alla relazione logica. Infatti la sequenza con interpretazione non parentetica di tale struttura non risulterebbe logica:
(11) b. Gianni le stava mentendo di nuovo + Marta lo capì subito → ?dunque il tempo non lo aveva cambiato.
Dal punto di vista della posizione, le frasi parentetiche possono occupare sia una posizione compatibile con quella proiettata dalla sintassi di base della frase ospite (12) sia una posizione, entro certi limiti, diversa (13):
(12) nonostante gli alunni fossero in classe (e la campanella era suonata da un pezzo), l’attenzione dell’insegnante era rivolta altrove
(13) vedo che, pur avendo sicuramente ragione di abbattersi, Mario è disposto a cercare un nuovo lavoro
Se alla frase ospite si aggiunge una frase parentetica introdotta da nessi coordinativi, si accostano due diversi punti di vista: tale accostamento può avere una varietà di funzioni logico-semantiche. Ad es., le parentetiche possono esprimere:
(a) aggiunta valutativa:
(14) i ragazzi speravano di risolvere velocemente il problema (e naturalmente di passare ad altro)
(b) attenuazione o rafforzamento:
(15) Sara non prova più nessun rancore per Marco – o almeno così sembra a me
(16) non si può, e molti come me lo sostengono, paragonare la morale cattolica alla legge civile
(c) riformulazione:
(17) Luca aveva indovinato l’ora dell’appuntamento, o meglio l’aveva indovinata il suo stomaco, quindi Marta poteva dirsi contenta
(d) causa e conseguenza:
(18) come capofamiglia, e come persona tenuta a guidarti e perciò in parte anche responsabile, devo avvertirti del pericolo che vedo
(e) opposizione:
(19) Carlo vorrebbe farmi credere – ma io non ci credo assolutamente – di essere dispiaciuto per quello che mi ha detto ieri
La situazione si presenta più complicata nei casi in cui le frasi parentetiche sono introdotte da congiunzioni subordinative. Alcuni definiscono questo tipo di frasi incidentali secondarie (Serianni 1989: 527) o parentetiche con valore di subordinate (Borgato & Salvi 1995: 172), dato che le loro funzioni logiche sarebbero riconducibili a quelle delle subordinate avverbiali. Altri, invece, le considerano strutture indipendenti, sintatticamente (Haegeman 1991) o informativamente (Ferrari et. al. 2008).
In effetti, i nessi che introducono una frase parentetica con valore di subordinata possono veicolare significati di varia natura pur non stabilendo legami di natura sintattica, come avviene, invece, nelle frasi (b) di tutti gli esempi seguenti:
(a) causali:
(20) a. i ragazzi (perché non gli spetta assolutamente) non parteciperanno all’iniziativa
b. non lo mangio perché non mi piace
(b) temporali:
(21) a. in quel momento (dopo aver finalmente chiarito la questione con Luca) mi sentii sollevata
b. verrò dopo aver fatto i compiti
(c) condizionali:
(22) a. la Biblioteca Nazionale riapre alla metà di settembre, se non ricordo male
b. se mi fossi ricordato ti avrei richiamato
(d) finali:
(23) a. il quesito doveva essere posto diversamente – per avere davvero senso
b. per ottenere certi risultati bisogna impegnarsi moltissimo
(e) comparativi:
(24) a. Gianni, come avrai potuto notare, è una persona sensibile
b. Gianni parla come parla un colpevole.
Un discorso a parte andrebbe fatto per le frasi relative (➔ relative, frasi) in posizione parentetica (Scarano 2004):
(25) c’è rispetto di sé e rispetto di sé: non si può, e nemmeno Dio dovrebbe, mettere sullo stesso piano il pesce, che peraltro non era che una delle tante portate alla tavola del decimoquarto, e la libertà (Leonardo Sciascia, Todo modo, cit. in Scarano 2004: 170)
Alcuni addirittura ritengono che il carattere parentetico sia un criterio per distinguere relative non restrittive (o appositive) e relative restrittive (o determinative) (cfr. Cinque 1988).
In realtà, non tutte le relative non restrittive possono dirsi parentetiche:
(26) Un fiumiciattolo, che scorreva ai piedi della collina, era ormai soltanto un alveo pietroso, di pietre bianche come ossame (Leonardo Sciascia, Una storia semplice, cit. in Scarano 2004: 169)
Quella in (26) è una relativa non restrittiva di integrazione. Le relative non restrittive di integrazione fungono da aggiunta (di esplicazione, correzione, completamento) della testa nominale cui si riferiscono; le relative non restrittive parentetiche (25), invece, sono un commento esterno alla struttura ospite ed esprimono un altro punto di vista.
L’informazione parentetica, opzionale rispetto al contenuto della struttura di riferimento, può invece avere effetti a livello della costruzione testuale più ampia. Talvolta, un’inserzione parentetica garantisce la coerenza dei contenuti in primo piano (27 a.), che, senza di essa, risulterebbero incongruenti (27 b.):
(27) a. Mi ricordai oscuramente che l’ultima volta in cui l’avevo vista (cioè intravista, perché allora non avevo sentito il bisogno di guardarla) le nipoti, non appena essa se ne era andata, avevano osservato che non aveva una buona cera (Svevo 1985: 101)
b. ?Mi ricordai oscuramente che l’ultima volta in cui l’avevo vista le nipoti avevano osservato che non aveva una buona cera
Un’inserzione parentetica può anche segnalare una dimensione al di là del periodo, inserendosi in una catena di rimandi necessari alla ➔ coesione del testo. In (28 b.), ad es., l’assenza dei riferimenti, contenuti in (28 a.) nella parentetica, provoca l’interruzione dei legami coesivi del testo:
(28) a. Sara non ce la fa più. Tanto che, come lei stessa ci ha spiegato, ripetendo le terribili frasi che ha dovuto ascoltare, l’effetto che esse hanno su di lei la porta ora a chiedere aiuto
b. Sara non ce la fa più. Tanto che l’effetto che ?esse hanno su di lei la porta ora a chiedere aiuto.
Agostino (1999), Le otto questioni di Dulcizio, in Agostino tra etica e religione, a cura di G. Sfameni Gasparro, Brescia, Morcelliana.
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