frate (fra)
Nelle scritture pratiche fiorentine del Duecento, la forma ‛ frate ', come il femminile ‛ suora ', fu usata sempre con valore ecclesiastico; eppure in D., sui 45 casi di ‛ frate ', solo 17 hanno valore ecclesiastico; in 28 casi il termine vale " fratello ". Questa accezione, che deve essere intesa come derivazione dell'uso ecclesiastico, compare però sempre in posizione speciale: 19 volte come vocativo, 4 in rima (If XXX 77, Pd XXIV 62, Rime LXXXV 4, Fiore CXCVI 4); rimangono come eccezioni i casi di Pd VIII 76, XV 136 e XXIV 62, Vn XXXIII 4, Rime LXIII 13. Vedi inoltre in Appendice la trattazione sul volgare di Dante.
1. Il valore ecclesiastico deriva dall'uso apostolico (cfr. l'Epistola di s. Pietro 3, 15 " carissimus frater noster Paulus ") ed è rimasto nella tradizione del linguaggio ecclesiastico. Il termine indica propriamente chi appartiene a un ordine mendicante, in If XXIII 3 frati minor; per estensione (v. 103), Frati godenti. In If XXIII 109 si trova nell'apostrofe di D. ai due ipocriti, che sembra voler riprendere la qualifica con cui essi si sono presentati, e rinfacciare la gravità della colpa di cui si sono macchiati (cfr. V. Rossi); ugualmente ai vv. 127 e 142. Indica genericamente chi indossa l'abito religioso, in If XIX 49 Io stava come 'l frate che confessa / lo perfido assessin. Il termine è distinto e contrapposto a prete, in Fiore CI 3 un'or divento prete, un'altra frate. Frequentemente il termine precede il nome proprio: frate Tommaso d'Aquino (Cv IV XXX 3), frate Gomita (If XXII 81), frate Catalan (XXIII 114), frate Alberigo (XXXIII 118), frate Alberto (Fiore LXXXVIII 13, CXXX 4; Rime XCIX 10 nella forma plurale frati Alberti). La forma tronca ‛ fra ' s'incontra in due casi, davanti a nome proprio cominciante per consonante: fra Dolcin (If XXVIII 55), fra Tommaso (Pd XII 144).
Nel senso di " confratello ", ‛ frate ' è usato da Tommaso che parla di Alberto Magno, in Pd X 98 Questi... / frate e maestro fummi, ed esso Alberto / è di Cologna, e io Thomas d'Aquino, e da Francesco che indica i suoi seguaci, in XI 112 a' frati suoi... raccomandò la donna sua più cara, e XXII 50 qui son li frati miei che dentro ai chiostri / fermar li piedi e tennero il cor saldo.
2. Il termine f. è anche l'appellativo caritativo che le anime del Purgatorio usano rivolgendosi a D., per sottolineare un sentimento di fraterna uguaglianza: in Pg IV 127 Ed elli: " O frate, andar in sù che porta?... "; XI 82 " Frate ", diss'elli, " più ridon le carte... "; XIII 94, XVI 65, XIX 133, XXI 13 e 131, XXIII 97 e 112, XXIV 55, XXVI 115, XXIX 15, XXXIII 23. Ugualmente l'appellativo ricorre in espressione vocativa nei luoghi del Paradiso dove le anime si esprimono mosse da un impeto di carità: Pd III 70 " Frate, la nostra volontà quïeta / virtù di carità... "; IV 100, VII 58 e 130, XXII 61. E caro frate è detto s. Paolo da D. che si rivolge a s. Pietro, in Pd XXIV 62. Con il vocativo, in If XXVI 112 " O frati... che per cento milia / perigli siete giunti a l'occidente... ", Ulisse si rivolge ai compagni d'avventura con i quali ha fraternamente condiviso ansie e ideali.
Ancora con il valore di " fratello ", il termine ricorre in Vn XXXIII 4 in questa canzone si lamentano due persone, l'una de le quali si lamenta come frate, l'altra come servo; If XXX 77 l'anima trista / di Guido o d'Alessandro o di lor frate; Pd VIII 76 se mio frate questo antivedesse, / l'avara povertà di Catalogna / già fuggeria; XV 136 Moronto fu mio frate ed Eliseo; Fiore CXCVI 4. In Rime LXIII 13 e LXXXV 4 l'appellativo designa i sonetti; le canzoni e le ballate sono dette invece ‛ sorelle ' (Rime LXXXIV 11).