FRATELLANZA MUSULMANA
Movimento sociale (aral-Ikhwān al-Muslimūn) – poi divenuto anche politico – nato in Egitto alla fine degli anni Venti del 20° sec., fondato da Ḥasan al-Bannā᾿. Inizialmente, il suo intento era, anche in risposta alla presenza occidentale in Egitto tramite il Protettorato britannico, quello di ‘re-islamizzare’ la società egiziana tramite un’opera sociale che partisse dal basso, vale a dire tramite l’educazione e la sensibilizzazione alle regole e ai precetti islamici in contrapposizione alla cultura laica delle democrazie moderne. Dopo essere stata repressa negli anni Cinquanta da Nasser (Giamāl Ḥusain ῾Abd an-Nāṣir), a varie riprese la F. m. è stata tollerata o nuovamente repressa dai regimi che si sono succeduti in Egitto, fino all’epoca di Muḥammad Ḥusnī Mubārak. Parallelamente, era riuscita a formare una rete di movimenti collegati anche in altri contesti del mondo arabo e musulmano.
Uno dei contesti nazionali in cui la F. m. svolgeva un ruolo più attivo era la Siria durante il regime di Ḥāfiẓ al-Asad. Qui, il movimento aveva la sua roccaforte nella cittadina di Ḥamā dove, nel febbraio del 1982, il regime di Damasco mise in atto un vero e proprio massacro contro gli appartenenti all’organizzazione e, in generale, contro la popolazione locale. In risposta a una serie di attentati da parte di movimenti fondamentalisti che il governo ricondusse alla F. m., le truppe siriane fecero ingresso nella città, distruggendo gran parte degli edifici e uccidendo migliaia di persone (secondo alcune fonti 7000, secondo altre fino a 30.000). Da quel momento in poi, la F. m. fu messa fuori legge in Siria e i suoi membri fuggirono in esilio, per lo più in Europa, dove avevano fondato un’organizzazione che gravitava intorno alla città di Aquisgrana, in Germania. Con lo scoppio della guerra civile nel 2011, la F. m. tentò di tornare in Siria per prendere parte ai movimenti di opposizione a Baššar al-Asad, ma il protrarsi del conflitto siriano non diede possibilità alcuna al movimento di emergere come protagonista politico.
Un passo storico nella direzione di un vero e proprio ingresso in politica, invece, fu compiuto dalla F. m. egiziana dopo la caduta di Mubārak nel 2011. Già nel 2005, per la prima volta, l’organizzazione aveva ottenuto un risultato storico alle elezioni parlamentari: in quell’occasione, i candidati dei Fratelli musulmani (presenti in liste indipendenti, in quanto l’Egitto vietava la costituzione di formazioni politiche su base religiosa) conquistarono 88 seggi. Tale tendenza sarebbe stata invertita alle elezioni del 2010, anche per via della repressione attuata da Mubārak, ma era sintomatica di una popolarità molto ampia. Le prime elezioni davvero pluralistiche, tra il 2011 e il 2012, non fecero altro che confermare il consenso nei confronti della Fratellanza in Egitto: il Partito libertà e giustizia, sua diretta emanazione, ottenne infatti la maggioranza dei seggi in Parlamento. Alle elezioni presidenziali del 2012, per la prima volta nella storia, un membro della Fratellanza, Muḥammad Mursī, fu eletto presidente dell’Egitto, portando così l’organizzazione verso una nuova fase, caratterizzata dall’amministrazione diretta del governo, oltre che dall’azione sociale che storicamente la contraddistingueva. Prima dell’affermazione in Egitto, un altro partito ispirato alla F. m., il tunisino al-Nahḍa, aveva vinto le elezioni per la formazione della nuova Assemblea costituente della Tunisia, divenendo così un partito di governo.
L’esperienza della Fratellanza al governo in Egitto durò solo un anno, interrotta dall’intervento del generale ῾Abd al-Fattāḥ al-Sīsī. Le politiche di Mursī, giudicate da parte della popolazione e dell’establishment militare autoritarie e troppo ‘filoislamiche’, costituirono il pretesto per un intervento diretto dell’esercito, che con un colpo di Stato depose e arrestò Mursī. Tale scelta fu anche il risultato di una deriva autoritaria di parte del movimento, ritenuto colluso con l’islamismo fondamentalista che stava prendendo piede nel mondo arabo a seguito delle cosiddette primavere arabe. Il nuovo governo egiziano, insieme a quello dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, catalogarono così la F.
m. come organizzazione terroristica, proprio a causa della deriva intrapresa dal movimento. Dopo il 2013, dunque, la Fratellanza tornò a subire ondate di repressione assimilabili a quelle subite negli anni Cinquanta sotto il presidente Nasser, rischiando di provocarne un’ulteriore radicalizzazione. Nel 2015, l’ex presidente Mursī fu condannato a morte da un tribunale del Cairo insieme ad altri 100 attivisti della Fratellanza. Già nell’aprile 2014, il leader del movimento Muḥammad Badī῾ era stato condannato a morte in primo grado insieme a più di 600 membri del gruppo. A giugno 2015, entrambe le condanne dovevano ancora essere confermate, ma testimoniavano il nuovo clima di repressione instauratosi in Egitto.
L’esperienza della Tunisia, al contrario di quella egiziana, costituì un importante momento di svolta e maturazione politica di al-Nahḍa, che dapprima governò in coalizione con due partiti secolari e successivamente riconobbe il risultato delle elezioni parlamentari dell’ottobre 2014, nelle quali il partito islamico perse consensi a vantaggio del partito secolare Nidā᾽ Tūnis.
Bibliografia: I Fratelli musulmani nel mondo contemporaneo, a cura di M. Campanini, K. Mezran, Torino 2010; C. Rosefsky Wickham, The Muslim Brotherhood. Evolution of an Islamist movement, Princeton (N.J)-Woodstock 2013.