fratello
In senso proprio f. in D., come d'altronde nell'uso del Duecento, è la forma normale, senza valore alterato, ma nelle sue opere essa compare molto meno frequentemente (6 casi nella Commedia, 2 nelle Rime e 1 nel Fiore) che ‛ frate ' (v.) nell'accezione di " fratello ".
Il termine compare in If XXV 28 Non va co' suoi fratei per un cammino; XXVI 54 par surger de la pira / dov'Eteòcle col fratel fu miso; XXXI 120, Pd XIX 137, XXV 94, Rime LXXVII 12, Fiore CCXXII 6. Così in If XXXII 21 va sì, che tu non calchi con le piante / le teste de' fratei miseri lassi, il termine si riferisce ai due dannati della Caina, i fratelli Alberti, " fratelli quanto a la generazione... ma non quanto alla carità dell'animo, che non ebbono punto l'uno verso l'altro " (Buti). Ma si può anche intendere che il dannato voglia ricordare che coloro che sono qui puniti furono uomini come D. e quindi suoi f., oppure che i compagni di pena sono membri della stessa famiglia (cfr. cotal famiglia, in If XV 22). Estensivamente, con un tono confidenziale e affettuoso, Amore chiama D. dolce fratello (in rima con cattivello), in Rime LXXII 14.