FRATTE (v. vol. III, p. 731)
Gli scavi condotti tra gli anni '60 e '70 consentono un migliore inquadramento topografico e storico dell'insediamento etrusco-campano di F. sulla cui identificazione con Marcina o con Irna il dibattito si è arricchito di ulteriori contributi.
L'area, occupata dalla c.d. acropoli - definita tale sia per la particolare configurazione della collina tufacea sia perché è stata ipotizzata la presenza di un tempio etrusco-italico sulla base di alcuni filari di blocchi squadrati di tufo - altro non è che un lembo dell'insediamento antico salvato dalla speculazione edilizia degli anni '50. Le strutture messe in luce nel corso degli scavi appartengono a una piccola area del sito antico, le cui unità abitative si dispongono ai lati di una larga strada acciottolata, conservata, attualmente, per una lunghezza di c.a 30 m. L'espansione moderna ha tagliato l'abitato antico distruggendone tutto il lato meridionale; i diversi recuperi effettuati nel 1947 e nel 1958-59 sono quindi frammenti di una stessa realtà abitativa che lentamente si va delineando.
L'area indagata è occupata prevalentemente da modesti vani abitativi in strutture a secco e da più complesse strutture funzionali caratterizzate da una rete di canali, pozzi, cisterne che permettono di qualificarla come un quartiere artigianale, i cui livelli cronologici sono ancora da puntualizzare. Un terminus ante quem si ricava dall'impianto di alcune tombe a cassa e a camera sul lato S che obliterano strutture pertinenti all'abitato. Questo risulta dunque anteriore agli anni finali del IV sec. a.C., momento in cui si datano i corredi delle tombe a camera. Che l'abitato fosse molto più esteso è documentato da tracce di edifici, resti di fornaci, lembi di strade acciottolate, oggi inglobati nella costruzione dell'attuale centro di Fratte.
Le necropoli si dispongono prevalentemente a N: oltre quella già nota, composta da c.a 90 tombe (scavi 1927), si sono successivamente rinvenuti (scavi Panebianco 1962-63 e 1971-74, inediti) due gruppi di sepolture. Costituiti il primo da c.a 82 tombe e il secondo da c.a 148, fanno parte di un'unica vasta necropoli caratterizzata da sepolture a fossa, con cadavere in posizione supina, a volte in cassa lignea, e con copertura a tumuletto di terra o a tegoloni a doppio spiovente o a lastre di calcare. L'analisi dei corredi evidenzia un periodo di vita del centro tra la metà del VI e gli ultimi decenni del V sec. a.C. I corredi relativi al primo periodo della necropoli sono caratterizzati dalla presenza prevalente del bucchero pesante sulla cm produzione locale non sembra vi siano dubbi, mentre la ceramica d'importazione associata, piuttosto povera, è costituita da esemplari del Tardo Corinzio o della produzione vulcente del Tardo Corinzio. La comparsa delle coppe ioniche di produzione coloniale segna il passaggio alla seconda metà del VI sec. a.C. caratterizzata, nei corredi, dalla prevalenza della ceramica a bande di tipo ionico. Alla fine del VI sec. appare la ceramica attica a figure nere, di solito in corredi particolarmente ricchi; nella prima metà del V sec. i corredi emergenti si connotano per la presenza, oltre che della ceramica attica a figure rosse, di numeroso vasellame di bronzo di produzione etrusca e di oggetti di ornamento personale. Sullo scorcio della metà del V sec. scompare il bucchero pesante e i corredi riferibili all'ultima fase della necropoli, che si prolunga fino alla fine del V sec., sono caratterizzati da ceramica a vernice nera e a bande di produzione locale. Altrettanto ricca e articolata è l'informazione relativa all'abitato che si ricava dalla risistemazione e dallo studio dei materiali.
Peculiare rimane la ricchezza di terrecotte architettoniche, diverse per moduli, forme, tipi e motivi decorativi, che denotano l'uso diffuso e generalizzato della decorazione fittile policroma, non necessariamente riferibile a edifici di carattere sacro-pubblico. Alcuni gruppi omogenei di terrecotte architettoniche consentono di ricostruire, sia pure ipoteticamente, alcuni tetti: un primo periodo, da collocarsi intorno alla metà del VI sec. a.C., è caratterizzato da un sistema di decorazione architettonica di tipo puramente capuano. Il legame con Capua, che connota tutta la prima fase di vita dell'insediamento, va allentandosi nel corso dell'avanzato V sec. a.C., quando si elaboreranno, nell'ambito delle officine locali, sistemi decorativi peculiari della nuova realtà sociale sannitica che assimila e rielabora stimoli provenienti dalle aree magno-greca e siceliota innestandoli sul sostrato etrusco ed etruschizzato di età arcaica. Il IV sec. a.C. rappresenta il momento della massima fioritura del centro; si moltiplicano notevolmente i tetti decorati da terrecotte policrome, nella cui produzione è possibile distinguere una corrente più ricca ed ellenizzante e una più modesta legata a prototipi arcaici. Alla prima appartiene lo splendido clipeo con Eracle che strangola il leone in un adattamento stilistico e formale di uno schema lisippeo ben documentato dalla monetazione aurea di Siracusa e da quella argentea di Eraclea. Con ogni probabilità il clipeo faceva parte di un programma figurativo di un edificio a cui appartenevano anche alcune protomi di cinghiale in funzione di acroteri laterali. Il III sec. a.C. evidenzia una sannitizzazione completa della cultura materiale che inserisce il centro di F. in un contesto omogeneo campano-sannitico.
Alla ricchezza della decorazione architettonica fittile corrisponde un florido artigianato coroplastico, evidente a partire dalla metà del V sec.; manca, per il momento, la documentazione relativa al periodo «capuano» del centro. Va sottolineata la presenza di busti femminili di tipo agrigentino databili alla metà c.a del V sec. a.C., mentre la piccola plastica, ampiamente attestata nel corso del IV sec., rivela una forte componente pestaña nell'adozione di tipi quali la Hera in trono, la kourotròphos, l'offerente con porcellino e cista, la donna-fiore. Tra i materiali relativi all'abitato va segnalata la classe dei loutèria fittili con bordo decorato da motivi impressi da matrice a stampo o a cilindretto; sono attestate numerose varianti di cui forse la più interessante è quella con corsa di bighe guidate da Nikai alate che rivela chiari legami con l'ambiente siceliota. La componente siceliota, che la lettura dei materiali delinea come uno degli elementi fondamentali nella formazione della cultura figurativa e stilistica del centro, va inquadrata in quella più vasta problematica dei rapporti tra Sicilia e Tirreno che coinvolge da un lato il mercenariato campano e dall'altro la c.d. pirateria etrusca.
Il centro, nel corso del IV sec. a.C., si consolida e acquista potere e ricchezza grazie anche alla sua particolare posizione topografica, di cerniera tra S e N, quale nodo stradale lungo una direttrice viaria che dall'interno, attraverso Nocera, Nola, Suessula giunge a Capua e, percorrendo la valle del Sacco e del Liri, all'Etruria interna, a Veio e a Cerveteri.
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