FRAVASHI
. Nome iranico che nella tradizione mazdea designa una nozione molto complessa. È uno dei cinque elementi del composto umano (ahū "vitalità", daēnā "persona", baodhah "percezione". urvan "anima", fravashi: Yaèt, 13, 155) che preesiste all'uomo, si unisce all'anima dopo la morte e ne assicura l'immortalità. Le Fravashi sono descritte nell'Avesta recente (Yaèt, 13; v. avesta, p. 630 seg.), quali esseri preesistenti anche alla creazione del mondo, del cielo (vers. 2), della terra (9-10), degli uomini (11, 15), delle piante (14), dell'acqua (4 segg., 14). Favoriscono la concezione, custodiscono il seme nel seno materno, facilitano le nascite. Hanno un culto speciale; vengono invocate la sera o durante la prima parte della notte col loro nome (50), i devoti ne ricordano le relazioni di famiglia o di tribù, l'aiuto concesso ai parenti nella lotta e nelle guerre (67); ai consanguinei impetrano acqua e pioggia e ne custodiscono i campi. Nel culto erano assegnati alle Fravashi i cinque ultimi giorni dell'anno mazdeo.
Nella nozione di fravashi si trovano dunque elementi di varia origine: essa ha somiglianze con la dottrina delle daēnā delle Gāthā, parte costitutiva spirituale, che rende l'uomo capace di libera elezione; ma ne differisce perché fravashi si attribuisce solo all'uomo buono, mentre daēnā è proprietà che spetta a ogni uomo. Nella nozione di fravashi inoltre si trova l'idea che ogni uomo ha una replica spirituale, che ha con esso relazione, sebbene non ne sia dipendente, analogamente al ko‛ degli Egiziani e in parte al Genio dei Romani; il culto infine sembra vedere nelle fravashi anime di trapassati. Così, circa l'origine di tale nozione, benché taluno (Lommel) creda che essa rappresenti una specificazione della dottrina sulla daēnā, è più probabile la teoria che cerca nella concezione dei trapassati presso i primitivi l'origine della dottrina delle fravashi, poi arricchita di alcuni elementi di quella della daēnā.
Bibl.: N. Soderblöm, Les Fravashis, Parigi 1899; J. H. Moulton, Early Zoroastrianism, Londra 1926, pp. 254-285; H. Lommel, Die Religion Zarathustras, Tubinga 1930, pp. 150-156.