freddo
Il termine è usato sia come aggettivo che come sostantivo.
1. Aggettivo. In senso proprio, per " privo di calore ", è riferito a neve (Rime C 21), genericamente a elemento (CII 28) e alle lacrime dette corpo freddo (v. 34), a piova (If VI 8), alla fredda crosta del Cocito (XXXIII 109; cfr. gelate croste, in XXXIV 75, ghiaccia, XXXII 24, gelata, XXXIII 91); ad acqua (Pg XXVI 21), a rivi (XXXIII 111), a nube (Pd VIII 22). E detto della stagione invernale, in Rime CII 9 tempo... freddo, e If V 41. È riferito a luogo, in Cv III IX 16 luoghi oscuri e freddi, e in If XXX 66 i... canali freddi e molli dei ruscelletti del Casentino. Specificamente è detto dei luoghi posti a settentrione, in If XXXII 27 Non fece al corso suo sì grosso velo / di verno la Danoia in Osterlicchi, / né Tanaï là sotto 'l freddo cielo, e Pg XXIX 101 Ezechïel... li dipigne / come li vide dalla fredda parte / venir con vento e con nube e con igne (cfr. Ezech. 1, 4 " Et vidi, et ecce ventus turbinis veniebat ab aquilone, et nubes magna, et ignis involvens "). In Pg IX 5 di gemme la sua [dell'Aurora] fronte era lucente, / poste in figura del freddo animale / che con la coda percuote la gente, la qualifica di f., riferita ad animale (v.), ben si addice allo scorpione, come ritennero tutti i commentatori antichi (per esempio il Buti: " lo Scorpio... è freddo animale di sua natura e però la sua puntura è venenosa "), in armonia con la scienza medievale che lo considerò un animale a sangue freddo.
Per estensione, in Pg XIX 11, è detto delle membra del corpo umano, " intorpidite " e quindi " appesantite " dal freddo, come s'intuisce dal verbo aggrava che segue (con lo stesso valore, in Pd XXI 36, è riferito alle piume che le polo insieme, al cominciar del giorno, / si movono a scaldar), o " irrigidite dal gelo " della morte, come in Rime CII 24 io sarò di morte freddo. Ugualmente, nella locuzione ‛ cader f. ', in Rime LXVIII 22 E allor trarrà si poco vento / che non mi meni, si ch'io cadrò freddo; / e per tal verrò morto; in immagine figurata, in Rime CV 12 questa vertù [la Giustizia]... nuda e fredda giace. Per " inerte ", " pigro ", in Rime CII 63 ogni uom mi par freddo, in contrapposizione alla baldanza del poeta. È detto della complessione dei poveri, fredda e secca, in Fiore CVII 9. Il termine compare, in immagine di chiara intonazione stilnovistica, riferito al cuore insensibile della donna, in Rime CII 8 non par ch'ell'abbia cor di donna, / ma di qual fiera l'ha d'amor più freddo (in uguale immagine s'incontra il sostantivo al v. 38 di tutta crudeltate il freddo / le corre al core, e 53; così ai vv. 23 e 64); è riferito invece al sembiante altero e sdegnoso, in CII 31.
2. Sostantivo. In senso proprio, per " temperatura fredda, rigida ", in Rime C 35 'l freddo lor spirito ammorta; CII 25 e 27 per algente freddo / l'acqua diventa cristallina petra / là sotto tramontana ov'è il gran freddo; CII 30; Cv IV XVIII 4, in un'integrazione di Busnelli-Vandelli [...lo freddo è generativo de li nuvoli]; If XXXII 71 vid'io mille visi cagnazzi / fatti per freddo; Pg V 111 'l freddo il coglie; XIX 2 'l freddo de la luna; XXIX 38, Pd II 108; XI 46 Perugia sente freddo e caldo. (Si veda con lo stesso valore FREDDURA). Secondo la teoria umorale espressa da Alberto Magno nel quarto libro del De Meteoris e nel De luventute et senectute, e ripresa da Avicenna (cfr. B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 1967, 125 e nota 55), il f. è elemento caratteristico della terza e della quarta età dell'uomo: Senettute... s'appropria al freddo e al secco ... Senio... s'appropria al freddo e a l'umido (Cv IV XXIII 13).
Per la sensazione prodotta dalla bassa temperatura, in If XXXII 38 Ognuna [delle ombre] in giù tenea volta la faccia; / da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo / tra lor testimonianza si procaccia; Fiore CVII 3 freddo e fame gli va sì accorando, e CLIV 4 i' avrei spesso freddo e caldo.
Il termine vale " infreddatura ", " raffreddore ", in Rime LXXIII 9 La tosse, 'l freddo e l'altra mala voglia / non l'addovien per omor ch'abbia vecchi, / ma per difetto ch'ella sente al nido. Cfr. Barbi-Maggini, ad locum.
Nella sestina doppia Amor, tu vedi ben (Rime CII) f. è una delle cinque parole rima e ricorre 14 volte (i luoghi sono stati già citati nel corso della voce, secondo il valore semantico e grammaticale che via via assumono nel contesto).