March, Fredric
Nome d'arte di Frederick Ernest McIntyre Bickel, attore cinematografico statunitense, nato a Racine (Wisconsin) il 31 agosto 1897 e morto a Los Angeles il 14 aprile 1975. Attivo sin dalla fine degli anni Venti, è stato una figura centrale del cinema hollywoodiano per circa tre decenni. Legò il suo nome a opere celebri e a registi famosi come William Wyler, Ernst Lubitsch, Howard Hawks, Elia Kazan, Geor-ge Cukor, Cecil B. DeMille, ma soprattutto al duplice ruolo ricoperto in Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1932; Il dottor Jekyll) di Rouben Mamoulian, per il quale nel 1933 ottenne l'Oscar come miglior attore protagonista. Fu premiato nella stessa categoria nel 1947 per The best years of our lives (1946; I migliori anni della nostra vita) di Wyler, mentre ottenne la Coppa Volpi a Venezia per Death of a salesman (1952; Morte di un commesso viaggiatore) di Laslo Benedek e l'Orso d'oro a Berlino per Inherit the wind (1960; … e l'uomo creò Satana) di Stanley Kramer.Dopo aver combattuto nella Prima guerra mondiale ed essersi laureato in economia, iniziò a lavorare come impiegato di banca e come indossatore prima di intraprendere la carriera di attore teatrale all'inizio degli anni Venti a Broadway, dove diventò uno dei nomi di punta della Theatre Guild Repertory Company. Nella seconda metà del decennio, assunto dalla Paramount, si fece notare anche sul grande schermo, inizialmente relegato al ruolo di partner di alcune dive come Clara Bow (The wild party, 1929, L'allegra brigata, di Dorothy Arzner) e Claudette Colbert (Manslaughter, 1930, di George Abbott). Con The royal family of Broadway (1930) di Cukor e Cyril Gardner, ironico ritratto della famiglia Barrymore che era già stato un suo successo teatrale, ottenne una prima nomination all'Oscar. Dopo The night angel (1931; L'angelo della notte) di Edmund Goulding, in Dr. Jekyll and Mr. Hyde mostrò un trasformismo inconsueto per l'epoca. Il personaggio si pone a metà tra l'eroe romantico e il mostro da horror e la sua centralità viene sottolineata dalle soggettive in cui gli spazi (l'aula dell'università, l'abitazione della prostituta Ivy) sono visti attraverso i suoi occhi. Accanto a Norma Shearer recitò in Smilin' through (1932; Catene) di Sidney Franklin, e interpretò poi il prefetto Marco Superbo in The sign of the cross (1932; Il segno della croce) di DeMille, Benvenuto Cellini in The affairs of Cellini (1934; Gli amori di Benvenuto Cellini) di Gregory La Cava, un nobile in We live again (1934; Resurrezione) di Mamoulian, il conte Vronskij in Anna Karenina (1935) di Clarence Brown, il doppio ruolo di Jean Valjean e Champmathieu in Les misérables (1935; Il sergente di ferro) di Richard Boleslawski e, infine, Lord Bothwell in Mary of Scotland (1936; Maria di Scozia) di John Ford. Nella prima metà degli anni Trenta si mostrò a proprio agio soprattutto nel ruolo dello scrittore che rivaleggia con l'amico pittore (interpretato da Gary Cooper) nel conquistare la stessa donna in Design for living (1933; Partita a quattro) di Lubitsch, e in quello della Morte che, scesa sulla terra, s'innamora di una ragazza in Death takes a holiday (1934; La morte in vacanza) di Mitchell Leisen. Nel 1936 venne diretto da Hawks in The road to glory (Le vie della gloria), dove impersona un tenente che si innamora di un'infermiera durante il conflitto mondiale, e si confrontò poi con uno dei suoi ruoli più intensi in A star is born (1937; È nata una stella) di William A. Wellman, che gli valse una seconda nomination. In questo film disegna con intensità il declino di Norman Maine, un attore hollywoodiano di successo che per la progressiva perdita di popolarità si rifugia nell'alcol. Lavorò ancora con Wellman, al fianco di Carole Lombard, nella commedia Nothing sacred (1937; Nulla sul serio), e fu poi un pirata in The buccaneer (1938; I filibustieri) di DeMille, un detective sulle tracce di una donna che ha commesso un omicidio in Trade winds (1938; Crociera d'amore) di Tay Garnett e il marito di una donna che, dopo una crisi spirituale, porta alla rovina la famiglia in Susan and God (1940; Peccatrici folli) di Cukor. Tornato all'attività teatrale dalla fine degli anni Trenta, nel decennio successivo rallentò quella cinematografica. Costruì con efficacia la personalità di un tedesco che fugge a Parigi perché antinazista ma è poi costretto a tornare in patria per rivedere un'ultima volta la moglie in punto di morte in So ends our night (1941; Così finisce la nostra notte) di John Cromwell, lo stesso regista che l'aveva già diretto l'anno prima in Victory (Vittoria). Passò poi con professionalità dal dramma (il pastore nomade di One foot in heaven, 1941, Un piede in paradiso, di Irving Rapper) alla commedia (lo spaesato governatore manipolato da un'affascinante strega in I married a witch, 1942, Ho sposato una strega, di René Clair). Fu però Wyler che in The best years of our lives gli regalò uno dei suoi ruoli più belli: quello di Al, sergente reduce di guerra il quale tenta di riadattarsi a una realtà che però inconsciamente rifiuta e di cui M. seppe far affiorare con straordinaria sensibilità il disagio. Superati i cinquant'anni, venne ancora scelto come protagonista per Christopher Columbus (1949; Cristoforo Colombo) di David MacDonald e offrì un saggio di virtuosistica tecnica in Death of a salesman (per il quale ricevette una terza nomination). Fu poi un coraggioso direttore di circo in Man on a tightrope (1953; Salto mortale) di Kazan e un affarista senza scrupoli in Executive suite (1954; La sete del potere) di Robert Wise. Il suo consumato mestiere gli permise di confrontarsi anche con ruoli secondari come nel bellico The bridges at Toko-Ri (1954; I ponti di Toko-Ri) di Mark Robson, nello storico Alexander the Great (1956; Alessandro il Grande) di Robert Rossen o in The man in the grey flannel suit (1956; L'uomo dal vestito grigio) di Nunnally Johnson. Offrì però un'altra grande prova, ancora grazie a Wyler, in The desperate hours (1955; Ore disperate), conferendo forte dignità al proprio personaggio, un padre disposto a tutto pur di difendere la famiglia dai banditi che minacciano la sua vita e quella della moglie e dei figli. All'inizio degli anni Sessanta interpretò un avvocato dell'accusa in Inherit the wind, un padre che nasconde per anni il figlio criminale di guerra in una cantina in I sequestrati di Altona (1962) di Vittorio De Sica e il Presidente degli Stati Uniti in Seven days in May (1964; Sette giorni a maggio) di John Frankenheimer. Fu poi coprotagonista di Hombre (1967) di Martin Ritt e nel 1973 interpretò il suo ultimo film: The iceman cometh di Frankenheimer.
D.C. Peterson, Fredric March: craftsman first, star second, Westport (CT) 1996.