FREEMAN, Lawrence, detto Bud
Tenorsassofonista statunitense di jazz, nato a Chicago il 13 aprile 1906, morto ivi il 15 marzo 1991. Vissute le prime esperienze giovanili nella Chicago degli anni Venti con i compagni della celebre Austin School, era passato dal sassofono in do al sassofono tenore, elaborando un proprio stile, indipendente da quello allora dominante di C. Hawkins, come si può osservare già nelle storiche registrazioni del dicembre 1927 (Sugar, China boy, Nobody's sweetheart e Liza) incise dai McKenzie and Condon's Chicagoans. Del 1928, dopo una tournée in Francia, sono i primi dischi a suo nome: Crazeology e Can't help loving that man.
All'autunno 1933 risalgono quattro brani che lo rivelano solista maturo e originale: Tennessee twilight, Madame Dynamite, Home cooking e The eel (una sua composizione). Il 2 novembre 1935, con un sestetto comprendente il chitarrista E. Condon e il trombettista B. Berigan, incise altri quattro notevoli brani, servendosi sporadicamente anche del clarinetto: Keep smiling at trouble, The buzzard, Tillie's downtown now e What is there to say.
Dopo aver militato nelle big bands di Ray Noble (1935), di T. Dorsey (1936-38) e di B. Goodman (1938), F. registrò nel 1938 quattro brani con la sua Gang e dodici con un trio comprendente il pianista J. Stacy e il batterista G. Wettling. Nel 1939 formò la Summa cum laude Orchestra con cui (1939-40) incise alcuni brani nei quali appare ormai compiuto il processo di trasformazione del dixieland in dixieland-swing. Più tradizionali sono invece i brani registrati il 23 luglio 1940 con il gruppo dei Famous Chicagoans.
Dopo gli anni di guerra, F. si esibì con Condon soprattutto a Chicago (1945-47), e compì una tournée a Rio de Janeiro (1947); nel 1952-53 fu in Chile e in Perù. Le incisioni migliori di questo periodo sono state raccolte in Midnight at Eddie Condon's; del 1953 è l'LP in quintetto con il chitarrista G. Barnes. Tornato negli Stati Uniti, studiò per un breve periodo con L. Tristano; nel 1954 si esibì come solista ospite nelle All Stars di L. Armstrong, con cui registrò anche alcuni brani (notevole soprattutto il suo intervento in Basin street blues). Tra i dischi migliori degli anni successivi ricordiamo: The test of time (1955) col trombettista R. Braff; The Bud Freeman All Stars (1960) col trombettista Sh. Baker; con l'LP della ''Verve'' Condon (1961), che presenta in After you've gone un suo assolo di alto livello; Two guitars and a horn (1962) con i chitarristi C. Kress e G. Barnes; Chicago (1962) con il trombettista Roy Eldridge e il pianista Ray Bryant; Freeman & Co. (1966) col baritonista inglese J. Barnes (v. particolarmente Oh lady be good); The complet Bud Freeman (1969) con il sopranista Bob Wilber; Superbud (1974) col trio del pianista inglese K. Ingham; The joy of sax (1975), in trio con J. Stacy e col batterista Cl. Leeman (si tratta del suo miglior album recente); Song of tenor (1975); Buck & Bud (1976) col chitarrista B. Pizzarelli; e The dolphin has a message (1980). In Europa, e particolarmente a Londra, F. ha soggiornato a lungo, incidendo dischi importanti; tra questi segnaliamo Tenor of jazz (1967), in cui si confronta con altri tre grandi tenorsassofonisti: Ben Webster, E.L. Davis ed E. Miller. F., che dal 1969 al 1974 ha militato nella World's Greatest Jazz Band diretta da Y. Lawson e da Bob Haggart, si è esibito spesso in Italia e ha registrato con la Milan College Jazz Society di L. Patruno.
F. è uno dei maggiori esponenti del jazz tradizionale bianco; in possesso di una sonorità ovattata inconfondibile e di un fraseggio scarno ed essenziale, ha influenzato non solo tenorsassofonisti di stile dixieland come E. Miller e N. Caiazza, ma ha esercitato un fascino particolare su L. Young e sulla sua formazione.
Provvisto di una cultura vasta e raffinata, ha scritto due libri di carattere autobiografico: You don't look like a musician (1974) e If you know of better life (1976).
Bibl.: G. Hoefer, Freeman's big influence on saxists, in Down Beat, 1952; J. Steiner, Chicago jazz, a cura di N. Hentoff e A. McCarthy, New York 1959; J. Lucas, Ya Hafta Hanid to Bud: half a century of Freeman, in The Mississippi Rag, 1978; D. Travis, An autobiography of black jazz, Chicago 1983; M. Richards, B. Freeman, in Jazz Journal International, 1984; C. Deffaa, B. Freeman: the early years, in The Mississippi Rag, 1986.