FREGELLAE
La colonia latina di F. venne fondata nel 328 a.C. lungo la Via Latina, immediatamente a sinistra del Liri, poco prima della confluenza con il Sacco (Liv., VIII, 22, 1). La città riprende il nome di un precedente insediamento volsco (identificabile con l'odierna Roccadarce), distrutto dai Sanniti intorno al 350. Nel 320, durante la seconda guerra sannitica, F. venne conquistata dai Sanniti e completamente distrutta: verrà ricostruita dai Romani nel 313 (Liv., IX, 28, 3).
La posizione occupata da F., su un pianoro elevato, isolato da fiumi e paludi, ne fece uno dei più importanti capisaldi difensivi romani per gli attacchi provenienti da S: questa funzione apparve essenziale tanto nel corso della guerra contro Pirro (Flor., Epit., I, 13, 24), quanto della guerra annibalica (Liv., XXVI, 9, 3; 11).
L'importanza della città risulta confermata anche dalla funzione di portavoce delle altre colonie latine, che essa ebbe modo di esercitare in almeno due occasioni: nel 209, quando il fregellano Marco Sestilio fu inviato a Roma per ribadire l'appoggio delle colonie rimaste fedeli, in uno dei momenti più difficili della guerra annibalica (Liv., XXVII, 10); nel 177, quando L. Papirio Fregellano venne incaricato di difendere gli interessi dei Latini nel corso di una grave crisi sociale, provocata al tempo stesso dall'emigrazione massiccia verso Roma e dallo spostamento a F. (e probabilmente in altre colonie latine) di 4000 famiglie sannite e peligne (Liv., XLI, 8, 8).
L'episodio più noto della vita della città coincide con la sua distruzione, che avviene durante la crisi graccana. Il fallimento della legge di Fulvio Fiacco, che concedeva la cittadinanza agli Italici, provocò nel 125 la ribellione di F., che venne investita da un esercito romano (al comando del pretore L. Opimio), conquistata e totalmente distrutta. Una parte dei superstiti venne probabilmente dedotta nella colonia romana di Fabrateria Nova, fondata l'anno seguente (124 a.C.) in una località di pianura, in prossimità della confluenza del Liri e del Sacco. Il nome della città si conservò in una stazione della Via Latina, Fregellanum, ricordata nell'Itinerarium Antonini, corrispondente probabilmente all'odierna Ceprano.
L'identificazione del sito occupato dalla città con l'odierna località di Opri (sulla riva sinistra del Liri, poco più di 1 km a SE di Ceprano) dovuta al Vitagliano (1653), è stata definitivamente dimostrata da Giovanni Colasanti, e confermata dagli scavi in corso. Si tratta di un esteso pianoro (più di 80 ha) limitato da profondi scoscendimenti, occupato quasi interamente dall'abitato, come si deduce dalla presenza di manufatti antichi (quasi esclusivamente di età repubblicana) diffusi su tutta la superficie.
Gli scavi, iniziati nel 1978, sono stati realizzati per le prime campagne dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio, in collaborazione con le Università di Perugia e di Cambridge, in seguito dalle due Università. I numerosi saggi praticati in vari settori dell'abitato hanno definitivamente dimostrato l'identificazione con F.: la cronologia dei materiali rinvenuti, infatti, non oltrepassa la soglia del 125 a.C., se si escludono i pochi resti di una villa imperiale, che si insediò al centro del pianoro, di cui risulta ancora visibile una conserva d'acqua in opera a sacco di calcare. La presenza stessa di questa villa dimostra l'abbandono della città, divenuta ormai terreno agricolo: alcune tombe a cappuccina a essa pertinenti sono inserite entro edifici distrutti, di cui tagliano i pavimenti.
Le esplorazioni finora condotte hanno dimostrato l'esistenza di un impianto regolare, impostato su un grande asse NS (ancora utilizzato come sentiero di campagna) sotto il quale corre una grande cloaca (o, piuttosto un acquedotto) costruita in opera quadrata, che corrisponde probabilmente al tratto urbano della Via Latina. Solo nel settore NE si è riconosciuto un quartiere impostato su un asse divergente, nettamente inclinato rispetto a quello principale.
Gli scavi realizzati sul pianoro hanno rivelato l'esistenza del foro (1990), lungo c.a 150 m, con coppie di pozzetti costruite con lastre di calcare sui lati corti, destinate a sostenere pali utilizzati, evidentemente, come sostegno per le corde che, tirate su tutta la lunghezza della piazza, separavano i corridoi (saepta) utilizzati nelle votazioni. All'angolo NO del foro sono stati messi in luce i resti di un piccolo tempio.
Immediatamente a Ν (scavo 1991) si trovano i resti del comizio, che presenta la normale forma circolare inserita entro un recinto quadrato. Su di esso si affacciava, a N, la curia, preceduta sulla fronte da un tribunal e inquadrata sugli altri tre lati da un portico a grandi colonne, delle quali si sono rinvenute le basi. All'interno di questo, a E e a O, si aprivano due serie di cinque ambienti, in alcuni dei quali (quelli a O) si deve forse identificare, dato il ritrovamento di un gruppo di monete d'argento di Neapolis, l’aerarium.
A NO del pianoro della città si stacca un piccolo promontorio, probabilmente esterno alla cinta urbana: qui lo scavo (iniziato nel 1978) ha riportato alla luce un santuario che, in base alle iscrizioni rinvenute (un altare con la dedica aisc[o]lap[io] e una statuetta di terracotta dedicata a Salus) è attribuibile a Esculapio. I resti, in cattivo stato di conservazione, hanno permesso di ricostruire la presenza di un grande triportico dorico, con pareti decorate in primo stile e ricca decorazione di terrecotte architettoniche. Del tempio, disposto in posizione assiale, con la facciata rivolta a S, verso la città, sono stati recuperati, oltre a scarsi resti delle strutture, numerose terrecotte, tra le quali sono particolarmente significativi i frammenti di un frontone figurato. La cronologia del complesso, gli anni centrali del II sec. a.C., ne fa uno dei più antichi esempi di quell'architettura ellenistico-repubblicana che, specie per quanto riguarda i santuari del Lazio meridionale, conoscerà un ampio sviluppo nei secoli successivi. La scoperta di un grande deposito di terrecotte votive, databile in gran parte nel corso del III sec. a.C., dimostra l'esistenza di un culto nella stessa località fin dall'inizio della colonia: non è chiaro se si tratti già di un culto di Esculapio, o di quello di una divinità, forse femminile, legata alla fertilità e al culto delle acque.
A E del foro è stato scavato, in più campagne successive (1980-1991) un quartiere residenziale: grandi domus ad atrio, il cui impianto attuale sembra appartenere ai primi decenni del II sec. a.C., anche se non mancano abbondanti resti della fase precedente, databile tra la fine del IV e il III sec. a.C. Particolarmente interessanti, tra questi ultimi, le strutture di una casa solo parzialmente esplorata, conservata per più di 2 m di' altezza, con muri di mattoni crudi poggianti su tre strati di tegole legati con argilla, che conservano praticamente intatta la loro decorazione in primo stile, certamente la più antica finora nota nell'Italia centrale (fine IV-prima metà III sec. a.C.). Agli stessi anni, o poco dopo, è databile un emblema circolare in mosaico, con figure geometriche, rinvenuto in un'altra casa.
Le abitazioni della fase successiva, immediatamente posteriori alla guerra annibalica, appartengono tutte - tranne una - al tipo canonico, con atrio compluviato. L'eccezione è costituita da una casa priva di impluvio, e quindi verosimilmente con atrio testudinato, di tradizione ancora arcaica. Si tratta di dimore chiaramente appartenute alla classe dirigente della città, come si ricava, oltre che dalle dimensioni e dal livello qualitativo, dalla presenza dei vestibula destinati ai clientes. Particolarmente ricco è l'apparato decorativo, che comprendeva pavimenti di signino con inserzione di tessere di calcare (ma talvolta anche mosaici in tessellato, per lo più bianchi), decorazione parietale in primo stile e ricche terrecotte architettoniche, concentrate nella zona dell'atrio. Spicca tra queste un gruppo di fregi fittili, alti in media 30 cm, destinati probabilmente a essere inseriti nella decorazione parietale dipinta del tablino. Di grande interesse è la rappresentazione di scene di battaglia terrestre (tra un esercito romano e una falange macedone) e navale, nella quale si devono riconoscere, con tutta probabilità, episodi della guerra contro Antioco III di Siria (194-189 a.C.), cui parteciparono certamente anche i Fregellani. Si tratta dell'esempio più antico finora noto in Italia di rappresentazione storica, la cui presenza nella parte ufficiale della casa era evidentemente destinata a commemorare le glorie familiari. Recente (1989) è la scoperta di un altro fregio con rappresentazioni di tripodi delfici sormontati dall’omphalòs, di Vittorie che coronano trofei e di personaggi maschili non identificati: anche in questo caso si tratta probabilmente di un'allusione a imprese militari in Grecia (forse in relazione con Acilio Glabrione, console nel 194 a.C., e incaricato della prima fase della guerra contro Antioco III, il quale restituì la libertà al Santuario di Delfi, sottraendolo alla lega etolica).
In una fase successiva (decenni centrali del II sec. a.C.) tutte queste case subiranno una ristrutturazione radicale, trasformandosi in manifatture industriali, da identificare quasi certamente con fulloniche. La presenza di grandi quantità di scorie di fusione del ferro in altre zone dell'abitato conferma la profonda trasformazione economica e sociale di F., alla quale forse allude anche il celebre passo di Catone (Agr., 135,1) che ricorda l'importanza di Minturnae (il porto di F.) come centro della vendita di strumenti agricoli. Sembra evidente che questa radicale ristrutturazione, che trasforma la città in un grande centro di produzione manifatturiera, debba essere connessa con le massicce migrazioni dall'area sabellica in direzione del Lazio, ricordate da Livio (XLI, 8), e che già nel 177 a.C. avevano visto ben 4000 famiglie sannitiche e peligne spostarsi a Fregellae. La funzione economica della città sopravviverà del resto anche alla sua distruzione, come si deduce dalla notizia di Strabone (V, 3, 10, probabilmente ricavata da Posidonio) sulla persistenza nel luogo di un importante mercato ancora nel corso del I sec. a.C. A questo era collegato probabilmente un Tempio di Nettuno, ancora esistente nel 93 a.C. (Obseq., 52).
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