FREGIO
In architettura si intende per f. una zona decorativa con andamento prevalentemente orizzontale; in particolar modo nella trabeazione degli ordini classici la parte fra architrave e cornice. In scultura s'intende una composizione nella quale la figurazione è disposta entro una striscia di altezza costante che abbia una estensione in lunghezza così protratta, da non consentirne la immediata percezione come immagine, sicché debba esser seguita con lo sguardo e letta in una successione di immagini. Tuttavia i confini tra f. e immagine singola sono estremamente fluidi. Un grande gruppo di fregi palesa caratteri simili ad immagini singole, eventualmente con l'accentuazione di un asse, con la disposizione simmetrica della composizione (ad esempio il fregio orientale del Partenone), con la formazione di centri di gravità (ad esempio il gruppo di Zeus ed Atena nel fregio orientale del grande altare di Pergamo), eventualmente anche mettendo in fila temi o scene diversi (ad esempio il fregio di Telefo nel grande altare di Pergamo; il fregio del tempio di Ecate di Lagina; il fregio interno della basilica Aemilia a Roma). Sovente è solo il prevalere dell'estensione in lunghezza che giustifica la qualificazione di fregio anziché di immagine in rilievo. Soprattutto poi quando una composizione, a causa della sua estensione in lunghezza accompagnata ad un'altezza piuttosto limitata, non la si può più abbracciare tutta con uno sguardo, ma l'occhio deve vagare lungo di essa, la si indicherà come f. e non come immagine singola, anche quando la composizione sia disposta a immagine chiusa.
Il nome moderno fregio deriverebbe dalla parola latina phrygium, indicante il lavoro del frigio, cioè del ricamatore in panno e in oro residente nell'Asia Minore occidentale, nella Frigia, e il nome sarebbe stato innanzi tutto usato per le caratteristiche bordure prodotte da tale artigianato. Non è provato con questo che si debba dedurre che la composizione a f. abbia avuto principalmente origine nell'Asia Minore. Nondimeno le più antiche composizioni greche a f., che s'incontrano nella zona anatolica dell'Asia Minore e nella Frigia, sono chiaramente influenzate da modelli orientali.
I nomi greci per il f. architettonico sono ζῳϕόρος, εἰδοϕόρος e κοσμοϕόρος - oppure διάζωμα, ζώνη e ϑριγκός -; indicano dunque, assai in generale, sia un elemento della costruzione, che comprende figure di esseri viventi, o immagini ornamenti, sia la forma dell'elemento della costruzione: cintura e rispettivamente fascia; oppure, secondo la parola più antica, il ϑριγκὸς di Omero, che è poi impiegato non solo nella poesia classica (ad esempio Euripide, Ifig. Taur., v. 74), ma anche in Pausania (i, 42; viii, 2; xv, 3), sia la cresta del muro oppure anche l'orlo del tetto. Nessuna di queste parole contiene come il latino phrygium un accenno all'origine ionica del fregio.
Al termine architettonico resta tuttavia collegata tenacemente l'idea della sua appartenenza all'arte e in particolare all'architettura ionica. Il "f. ionico" è senz'altro un concetto basilare della storia dell'architettura. Ciò è tanto più strano, in quanto ciò che, in senso vero e proprio, s'intende come "f. ionico" - una striscia liscia o recante rilievi figurati e, alle volte, anche puramente ornamentali, che nella trabeazione ionica appare tra l'architrave e il gèison - è sorto soltanto in epoca relativamente tarda, ed è possibile che non abbia la sua origine nella Ionia, ma nel continente greco (v. oltre). Probabilmente l'architetto Hermogenes (v.), costruttore del tempio ionico di Artemide a Magnesia, in un'opera fondamentale che trattava di questa costruzione, sulla quale si basano Vitruvio e tramite suo i teorici dell'architettura del Rinascimento, dichiarava per la prima volta il f. elemento canonico della trabeazione ionica. Quanto meno sta il fatto che un f., nel senso della definizione data sopra, può apparire senza difficoltà in ogni parte di un edificio greco, con esclusione però proprio della cosiddetta trabeazione ionica.
Così noi conosciamo, certo in dipendenza di influssi e modelli orientali (meno dall'Egitto che non dalla Mesopotamia e dall'Asia Anteriore preellenica, cfr. Demangel, Frise ionique, 40 e ss., 56 e ss., 219 e segg.), fregi nella parte inferiore di fusti di colonne che è possibile derivino da fregi su ortostati delle pareti della cella, situati su una soglia del muro (periodo arcaico: tempio di Artemide a Efeso e tempio a Sardi, probabilmente l'antico tempio di Apollo a Naucrati; periodo classico e successivo: tempio ad Efeso, ad Afrodisiade e a Lagon). Ci sono inoltre fregi i quali, come sul basamento del grande altare di Pergamo ricoprono l'intero zoccolo, di cui sarebbe precursore il fregio sullo zoccolo del Sarcofago delle Piangenti. Esistono fregi che come fascia semplice o doppia ornano uno zoccolo, come nel monumento delle Nereidi di Xanthos o nel Mausoleo di Alicarnasso. Inoltre ci sono fregi che possono ricoprire un intera parete, forse come ulteriore sviluppo di dipinti corrispondenti, così il f. di Telefo nel recinto porticato dell'altare di Pergamo; fregi che delimitano un muro nella parte superiore, ad esempio del tipo dello heròon di Gölbaşi Trysa (v.); infine fregi che, a guisa di sima oppure come elemento della costruzione che poggia su di questa, formano la chiusura superiore di un'opera architettonica del tipo, ad esempio, del f. che si leva sulla trabeazione del Sarcofago delle Piangenti. L'esistenza di simili fregi nell'architettura monumentale è dimostrata da un f., con danzatrici, da Karaköy, situato sullo spiovente di un tetto che proviene probabilmente dalla sima del frontone del tempio arcaico di Apollo a Mileto; dal f., egualmente appartenente alla sima di un frontone da Velletri, ambedue di marmo, nonché dai numerosi fregi in terracotta, pertinenti a simai, dell'Asia Minore, della Grecia e dell'Etruria (elenco: Demangel, op. cit., pp. 130 ss.).
Per tutti questi fregi è significativo che essi non abbiano alcun rapporto architettonico realmente chiaro con la costruzione che li comprendeva. Tutt'al più si potrebbe parlare di un rapporto di tal natura per i fregi sopra uno zoccolo, del tipo del grande fregio di Pergamo, in cui una cornice chiaramente definibile, un proffiato elemento basamentale nella parte inferiore, un cornicione che risalta dal piano di fondo del rilievo nella parte superiore, assegnano alle figure del rilievo una situazione chiaramente definita dal punto di vista architettonico. Già per i fregi attorno alle colonne, in età arcaica o classica, sarebbe difficile parlare di un analogo rapporto con l'architettura. Essi hanno il carattere di un manicotto posto intorno al fusto della colonna. Ancora meno impegnativa secondo un "ordine" architettonico è la situazione degli altri fregi già nominati; considerati da un punto di vista architettonico essi non presentano alcuna necessità funzionale e sono più o meno aggiunta ornamentale. In generale si ha l'impressione che, in certo modo, qualsivoglia superficie adatta può contenere un f., dato che questo ha unicamente un carattere ornamentale non legato ad alcuna funzione. A questo riguardo è caratteristico, ad esempio, il f. di figure che orna l'architrave del tempio ionico arcaico di Apollo a Didima, forse ad imitazione di rilievi in metallo applicati, dal quale, probabilmente, deve derivare il f. sull'architrave del tempio di Assos, uno dei pochi edifici dorici nella zona d'influenza ionica. Egualmente anche una figurazione a forma di f. ricopre l'architrave nel monumento delle Nereidi di Xanthos. Questi fregi sono puro ornamento, che, se anche venisse a mancare, non lascerebbe nessuna lacuna nella costruzione organica del tempio o dell'edificio sepolcrale, dato che, in tal caso, l'architrave sarebbe architrave e non f., e quindi tutti i casi sin qui citati del possibile collocamento di fregi nell'architettura, ad eccezione del f. dello zoccolo sul grande altare di Pergamo, costituiscono un elemento supplementare. Qualora non vi fossero i fregi, guardando l'edificio non ci si accorgerebbe della loro mancanza, non essendo essi vincolati neppure ad un luogo determinato nella struttura architettonica. Tanto ciò è vero che in diversi casi non si è sinora riusciti ad assegnare il posto originario a diversi resti di fregi provenienti da noti edifici. L'esempio più tipico a questo riguardo potrebbe essere l'indecisione circa la esatta collocazione del f. delle Amazzoni nel Mausoleo di Alicarnasso.
L'unico f. che, da un punto di vista architettonico, ha chiaramente un posto fisso - sia che rimanga liscio (ad esempio nel tempio di Zeus Sosipolis di Magnesia), sia che sia adornato con motivi puramente decorativi (come ad esempio il f. del Ptolemeion di Samotracia), oppure contenga, come nella maggior parte dei casi, una rappresentazione figurata (si veda Demangel, La frise ionique) - è quello della cosiddetta trabeazione ionico-attica, per la quale tuttavia non può sussistere alcun dubbio che il f. sia stato inserito, turbando l'ordine più antico, come un successivo accessorio.
Il fatto che di questa forma di trabeazione ci fosse stata una diffusione risalente all'attività dell'architetto Hermogenes (v.), costruttore dell'Artemision di Magnesia (metà del ii sec. a. C.), sul quale essa compare con validità di modello, ha chiaramente avuto per conseguenza che il trattato di Vitruvio, così importante per il futuro, non menzioni più per nulla l'originaria trabeazione ionica microasiatica priva di f., tanto più logica nella sua sintassi. In conseguenza di ciò essa non ebbe importanza né per il periodo romano-imperiale, né per il Rinascimento.
La forma più antica della trabeazione ionica denota molto chiaramente la sua origine dalla costruzione in legno con tetto piatto, come è documentata nel retroterra della zona costiera grecizzata, ad esempio dalle facciate delle tombe rupestri della Licia e della Frigia, ma anche da numerosi ritrovamenti di terrecotte. Sulla trave principale costituita da diversi fasciami sovrapposti (architrave a fasce), che termina con un kymàtion, si trova posata trasversalmente una serie di travette più leggere, costituenti il vero e proprio strato di copertura al quale corrisponde, nella costruzione in pietra, la cosiddetta dentellatura con le sue testate di travette che sporgono. Su di essa poggia successivamente il vero e proprio piano del tetto, con la sua fronte (= il geison), e l'orlo liscio o ondulato (= la sima). Mancherebbe di qualsiasi funzione e sarebbe perciò senza senso un f. in questa successione di elementi della trabeazione, che rappresentò la norma per gli edifici arcaici e classici dell'ordine ionico fino all'ellenismo. Di conseguenza il f. manca, anche se più tardi la trabeazione ionica dell'Asia Minore, priva di f., all'incirca nella forma foggiata dall'architetto Pytheos per il tempio di Atena di Priene, non fa che mascherare l'accordo tra dentellatura e zona di copertura.
La forma normale della trabeazione attico-ionica propagata da Hermogenes, con un f. di figure tra l'architrave e la dentellatura situata sotto il gèison, apparve per la prima volta nel monumento a Lisicrate eretto ad Atene nel 334-3, a. C. e fu preparata nell'alquanto più antico Philippeion ad Olimpia (incominciato verso il 339 a. C.) con f. allo stesso posto, privo di ornamenti. Questa forma normale della trabeazione attico-ionica con f. è preceduta da 200 anni di continuo sforzo per conquistare un posto al f. nell'ambito della trabeazione ionica e di creare così nella costruzione di ordine ionico un luogo per una rappresentazione figurata, quale fin dai primi tempi non mancava negli edifici di ordine dorico con la serie delle metope (Kähler, Das gr. Metopenbild). Gareggiando con questo, si dovette cercare di trasformare ‛la dentellatura della trabeazione ionica in una zona portante una rappresentazione figurata e ciò può essere avvenuto in uno dei santuari panellenici, per la prima volta forse a Delfi. Infatti la trasformazione dell'architrave in elemento contenente un fregio, sul tipo del Didymeion arcaico, doveva essere in contraddizione con il concetto tettonico greco ed una rappresentazione a f. sulla sìma, come nel contemporaneo Artemision di Efeso, difficilmente poteva essere ritenuta un equivalente delle metope. Con l'accrescimento in altezza ed il travestimento della dentellatura, si crea una superficie unita, che viene ornata di figure e che si trova situata al piano del soffitto tal quale come la dentellatura che essa sostituisce. Potrebbe darsi che in questo procedimento la guarnizione con lastre di terracotta inchiodate in serie (come quelle di Sardi, Gordion Larissa sull'Ermo) che si trova nell'architettura ionica in legno del VI sec., abbia fatto sentire la sua influenza. È significativo che la parte su cui è posto il f., verso cui l'architrave si stacca con un kymàtion, come elemento costruttivo corrispondente alla dentellatura nell'architettura arcaico-ionica, sporga sopra il kymàtion e non sia situata nel piano dell'architrave. È significativo anche che il f. non circondi completamente questi arcaici edifici ionici come una fascia continua, ma che ogni lato sia inquadrato in se stesso, per cui la forma strutturale, tettonica, si sovrappone alla raffigurazione. Sinora l'esempio più antico conosciuto per questa forma del f. "ionico" è il Tesoro degli Cnidî a Delfi (circa 546 a. C.), in cui forse soltanto sulla facciata le raffigurazioni del f. erano eseguite plasticamente; posteriore di venti anni è il Tesoro dei Sifni con il f. completamente conservato; di un decennio più recente è quello di Massalia (515 a. C.), un po' più antico è un thesauròs anonimo che risale al 520 circa. La supposizione che la vicinanza di edifici dorici abbia promosso l'inserzione del rilievo nella trabeazione ionica e che i tesori di Delfi costituiscano i primi esempi del "f. ionico" nell'architettura in pietra, diviene più probabile, dato che questo gruppo di edifici ionici ha anche altre carattenstiche doriche, come per esempio l'architrave liscio e non a fasce.
Questo tentativo di inserimento di un f. nella trabeazione Ionica non viene subito imitato, ed è possibile che ciò sia in relazione con la decadenza della lonia dopo il 499. L'iniziativa in questo sviluppo si trasferisce, nel periodo classico, in Attica, ‛dove verso la metà del V sec., come sembra, il f. penetra senza difficoltà nella struttura dell'"architettura interna" dell'ordine dorico. Quasi contemporaneamente nel tempio di Efesto sull'agorà (il cosiddetto Theseion; v. atene) e nel tempio al Capo Sunio la trabeazione dorica, che chiude i muri della cella sotto il soffitto, viene trasformata in un f. scolpito collegato con la fascia liscia sulla parte posteriore della trabeazione dorica del colonnato (fascia corrispondente ai triglifi e alle metope della parte esterna). Per questo il tempio del Sunio, probabilmente come ulteriore sviluppo della soluzione più semplice testimoniataci nel tempio di Efesto (che però è alquanto più recente), contiene un pronao regolare circondato tutto intorno da un fregio. Contemporaneamente al tempio di Efesto, anche il vicino Partenone ricevette un f. che cingeva tutto intorno la cella. Foiché qui l'architrave è fornito tanto sulla parte anteriore che su quella posteriore dell'edificio di cimase a gocce come se su di esse dovessero esserci dei triglifi, fu forse solo durante la costruzione che si giunse all'idea di introdurre al posto della serie dei triglifi un f. continuo. Anche a giudicare dalla pianta del Partenone, dato che le ali, cioè lo spazio tra il colonnato e i muri laterali della cella, sono insolitamente strette (sebbene la loro scarsa profondità possa essere determinata dalla conformazione spaziale della cella), è da ritenersi che originariamente non si fosse presa in considerazione l'esistenza di un f. sulla cella; il tempio di Efesto e il tempio al Capo Sunio, invece, stando alla loro pianta, già nell'elaborazione del progetto mostrano che fu tenuto conto della particolare conformazione della trabeazione e del fregio.
Questa recente adozione del f. nell'architettura dorica si verificò, a quanto appare, ad Atene che allora, essendo a capo della lega marittima delioattica, era divenuta anche per la Ionia insulare il centro delle aspirazioni non solo politiche, ma anche artistiche. Il Metroon ad Agre, il tempietto della Nike, l'Eretteo, l'ordine ionico nel passaggio dei Propilei, nell'interno del Telesterion di Eleusi e del tempio di Apollo a Bassai (Figalia), costruito dall'architetto di questo edificio e del Partenone, sono documenti significativi per la penetrazione dell'ordine ionico nella zona d'influenza dell'architettura attica, dove l'architrave liscio come nel Metroon ad Agre o nell'interno del tempio di Apollo di Figalia, sono da considerare come dorismi nell'ambito dell'ordine ionico.
Il primo edificio ionico di Atene con f. è il Metroon ad Agre (cosiddetto tempio presso l'Ilisso) della metà del V sec., in cui il f., come nei tesori delfici sostituisce la dentellatura, ma non sporge più, come nel periodo arcaico, oltre l'architrave; in esso, di conseguenza, anche le figure non vengono più incorniciate a cassetta, ma si dispongono sopra un fondo continuo. La situazione del f. nella trabeazione quale sostituto della dentellatura mancante, corrisponde come negli edifici arcaici al piano del soffitto. Un caso simile si verifica anche nell'Eretteo e nel tempio di Atena Nike che, seguendo il tempio presso l'Ilisso, accolgono la nuova sintassi della trabeazione ionica, ma che al posto dell'architrave liscio impiegano quello ionico fascettato. Anche in questi esempî il soffitto poggia dietro il f., logicamente sull'architrave e qualifica così il f. stesso come l'elemento costruttivo che sostituisce la dentellatura; d'altro lato, dove si rinuncia al f., come ad esempio nella loggetta delle cariatidi dell'Eretteo, deve necessariamente riapparire la dentellatura, e questa fu mantenuta nelle zone orientali fino al periodo ellenistico, rinunziando al f., così che persino edifici ionici in santuari del continente, come ad esempio il Leonidaion (una fondazione di Nasso), hanno la trabeazione con dentellatura e senza fregio (seconda metà del IV secolo).
Il nuovo rapporto nei riguardi dell'ordine architettonico si rivela, ad esempio, nel fatto che questo è valutato, indipendentemente dal contesto strutturale, solo secondo il suo aspetto estetico e non secondo il suo significato tettonico (così che, oltre all'ordine dorico e a quello ionico, può essere inventato persino un terzo ordine, il corinzio) e prepara nel IV sec. la trabeazione attico-ionica. Questa fu propagata successivamente da Hermogenes, con dentellatura e f. una accanto all'altro. Il Philippeion ad Olimpia, il teatro di Epidauro e il monumento a Lisicrate ne sono i primi esempi.
Le ulteriori esemplificazioni di età ellenistica e di età romana dell'uso del f. nel contesto architettonico non spostano il problema da quella soluzione che vediamo raggiunta a questo punto, e non ne rappresentano che variate ripetizioni.