fretta
La voce, che ricorre solo in poesia, denota " desiderio o necessità di far presto " una cosa; spesso corrisponde a " prestezza ": vidi due mostrar gran fretta / de l'animo, col viso, d'esser meco (If XXIII 82); E se non fosse il foco che saetta / la natura del loco, i' dicerei / che meglio stesse a te che a lor la fretta (XVI 18); e v. anche Rime XCIX 5, Pg XX 149, XXI 4, Fiore CLXXI 5, CLXXXIV 13. L'affrettarsi, che necessariamente dà luogo a movimenti scomposti, è ritenuto da D. non consono alla figura dell'uomo dignitoso, che dev'essere sempre pacato nei gesti e magari immobile (Farinata, Sordello, ecc.): Quando li piedi suoi lasciar la fretta, / che l'onestade ad ogn'atto dismaga... (Pg III 10).
Detto di corpi e sfere celesti, sta per " celerità di movimento ": Pd I 123 quel [cielo] c'ha maggior fretta, cioè il Primo Mobile; XXIII 12 la plaga / sotto la quale il sol mostra men fretta.
Il sintagma ‛ far f. a uno ' equivale a " stimolarlo ", " incitarlo " a far presto qualcosa: poi mi farai, quantunque vorrai, fretta (If XXXII 84).
Talora è in espressioni avverbiali: Maria corse con fretta a la montagna (Pg XVIII 100); e mai non fu mastino sciolto / con tanta fretta a seguitar lo furo (If XXI 45); andiamo a maggior fretta (Pg VI 49); li augei... / volan più a fretta (XXIV 66); e quelli in fretta / le man distese, e prese 'l duca mio (If XXXI 130); La spada di qua sù non taglia in fretta / né tardo (Pd XXII 16).
Va notato, inoltre, che il tema della f., nettamente presente peraltro nell'Eneide (II 373-374, IV 571-574, VI 176-177, VII 156-157, ecc.), ha nell'economia della Commedia un'importanza grandissima. Infatti, Virgilio ha abitualmente f. (si veda soprattutto Pg XII 85-87) e sprona continuamente il discepolo. D. stesso, per la f. di passare ad altro argomento, tronca più volte la spiegazione già iniziata (If IV 146-147, Pg XXIX 97-99, XXXIII 136-141). Codesta f., che nel Purgatorio è motivata sia dal desiderio del poeta di vedere Beatrice (Pg VI 49, ecc.), sia da quello delle anime di terminare al più presto la loro purificazione e così congiungersi con Dio (vi sono tuttavia, tra le anime che non hanno ancora iniziato la loro purificazione, alcune eccezioni dovute a motivi estetici: le anime appena arrivate al Purgatorio che si fermano a parlare con D. quasi obliando d'ire a farsi belle [II 75] e poi ad ascoltare il canto di Casella sì contenti, / come a nessun toccasse altro la mente [vv. 116-117]; Belacqua [IV 97-135]; e vi è il caso tutto particolare di Stazio che, pur di conoscere di persona Virgilio, sarebbe stato pronto a prolungare di un anno il soggiorno nel Purgatorio: XXI 100-102) e che nel Paradiso risponde tanto alla velocità naturale dei cieli e a quella degli angeli che si sforzano così di rassomigliare maggiormente a Dio (XXVIII 100-101), come al moto naturale, istintivo dell'ormai purificato poeta verso Dio (I 91-141), ha in tutto il poema una sua profonda giustificazione estetica. Infatti, il rapido succedersi delle scene, mentre conferisce unità al poema, gli dona altresì quella mirabile varietà che ne è uno dei pregi maggiori.