HEBBEL, Friedrich
Scrittore, nato a Wesselburen (Dithmarschen, Holstein) il 18 marzo 1813, morto a Vienna il 13 dicembre 1863. La vita lo formò fin dai primi anni alla lotta. Contro il volere del padre che, muratore, avrebbe voluto piegarlo al mestiere, fu inviato dalla madre alla scuola del borgo.
All'età di quattordici anni, mortogli il padre, H. è costretto ad entrare al servizio del giudice Mohr in qualità di scritturale e galoppino. È trattato duramente dal suo padrone, ma la ricca biblioteca del patrizio di Wesselburen gli dà modo di rifare per proprio conto, dai quattordici ai ventidue anni, la via percorsa dallo spirito germanico nell'ultimo secolo. Klopstock, Schiller, Bürger, Uhland, Goethe segnano le successive fasi del suo noviziato poetico. Quando, aiutato dalla scrittrice amburghese Amalie Schoppe e da altri, lascia, nel febbraio del 1835, il "natio borgo selvaggio", per prepararsi nella vicina città anseatica agli studî universitarî, il suo spirito, superata una profonda crisi religiosa e fissatosi in una concezione panteistica, che ricorda da vicino quella del Goethe e dello Schelling, può dirsi oramai maturo per accogliere ed elaborare in sé il mondo del pensiero e dell'arte. E fermo pure è il suo credo artistico: esser funzione della poesia significare l'eterno nella forma tangibile del concreto divenire, seguendo il corso della vita dalle sue prime scaturigini al punto in cui si perde nell'empito della palingenesi panica; essere il dramma il perfetto dei generi letterarî; maestri e modelli non più Schiller né i poeti del dramma fatalistico, ma Goethe, Kleist, Shakespeare. Onde la tragedia della libertà e del fato, alla quale s'ispirano le ballate e i drammi giovanili (Mirandola, Der Vatermord) cede ora a quella più significativa dell'età sua, delle inconciliabili antinomie morali.
Poiché è questo, a ben guardare, il tema costante che stringe in una superiore unità le molteplici esperienze degli anni di pellegrinaggio del H. (1835-45): la ricerca di una norma di vita sanzionata in modo inequivocabile dalla coscienza, d'una legge che concilii i principî della morale individualistica del romanticismo con quelli, opposti, del cristianesimo e dell'etica kantiana. Nella solitudine di Monaco, preso dalla passione per Beppy Schwarz, che gl'ispirerà poi la figura della sua Clara, impone a sé stesso di "rispettare in ogni umana creatura il suggello divino" e pensa che ogni cuore reca in sé "il germe d'una primavera eterna" mentre con uguale fermezza afferma poco dopo di non riconoscere che un'unica legge, quella di opporre forza a forza, perché la pace è solo di Dio. Tutti i momenti di questa alterna lotta sono fissati nelle pagine del diario e uelle lettere, mentre ai due opposti mondi dell'intuizione cosmica e tragica rispondono da una parte le liriche, dall'altra i primi drammi. Ora l'anima s'abbandona all'amplesso del tutto e si sente sorella delle infinite anime che popolano i regni di Dio: ora s'immerge nel vortice della vita individua.
Solo il sacrificio di una donna, Elise Lensing (1804-1854), rende a H. possibile di allargare con gli studî e coi viaggi il suo orizzonte spirituale, e di compiere, nell'assiduo colloquio con sé stesso, la conquista del suo mondo umano e poetico. Egli non può renderle amore per amore: accetta, ma non senza che il rimorso gli affiori ad ora ad ora dalla coscienza; a lei confida le sue vittorie e le sue disfatte, venera in lei l'incarnazione più perfetta dell'ideale umano e cristiano, l'"anima bella": Genoveffa.
A Heidelberg (dal 3 aprile al 12 settembre 1836) H. invano si sforza di ubbidire ai consigli dei suoi benefattori, applicandosi allo studio del diritto. Dal fondersi del motivo stellare col ricordo delle nenie materne nascono le perle della lirica hebbeliana: il Nachtlied, che lo Schumann musicherà, Nachtgefühl, Nächtlicher Gruss, Bubensonntag, Erquickung. A Monaco (dal 29 settembre 1836 all'11 marzo 1839), H., sprezzante dei disagi, non vuol più essere che "letterato e poeta".
Le lezioni dei filosofi del misticismo, Fr. Schelling, J. Görres, Fr. Baader, le terribili esperienze del colera, che infierì nell'inverno del 1836, la morte della madre, dell'amico Rousseau, dispongono l'anima del poeta ai pensieri eterni. Invoca disperatamente (canti del ciclo Dem Schmerz sein Recht) il sonno, la morte. Lo salva dalla disperazione l'assidua lettura e meditazione dei grandi. Per la prima volta s'incontra in Dante, "signore dei cieli, non pur della terra, come Omero"; trova nel filosofo romantico Solger la conferma della propria visione teocentrica del mondo, e lo prende a sua guida spirituale; trae dal Lessing, dallo Schiller, dal Hegel, dallo stesso Solger conforto al suo concetto d'un corso e ricorso provvidenziale degli eventi umani, per cui i genî e gli eroi, compiuta la loro missione, sono da Dio rigettati e soccombono all'interiore dissidio, che la gesta eroica ha gettato nelle loro coscienze. Onde fino dai primi abbozzi drammatici del periodo di Monaco, un Timoleone, un Giuliano, un Napoleone, una Giovanna d'Arco, la tragedia delle antinomie morali appare inclusa entro il più vasto ciclo della tragedia storica ed etica, in cui l'uomo, pur nella disfatta, scrutando e condannando sé stesso, celebra, colpevole e incolpevole insieme, la propria divina natura: tragedia che è quasi sintesi, come la rivela lo studio genetico, del dramma schilleriano e del dramma del Kleist.
L'oscuro bisogno di stampare anche nella realtà della vita vissuta l'immagine della propria anima migrante, spinge il poeta ad attraversare a piedi, nel marzo del 1839, tutta la Germania, da Monaco ad Amburgo. Lo attende all'arrivo Elise, che lo accoglie nella sua casa, si prodiga durante la malattia, gli dona, nel novembre del 1840, un figlio. Durante questo secondo soggiorno ad Amburgo (31 marzo 1839-12 novembre 1842) la lotta disperata con la morte, la riconoscente tenerezza per Elise, contrastata dalla passione per Emma Schröder, il rimorso di aver offeso in Elise la santità della madre, maturano i germi, già concepiti a Monaco, dei primi drammi: Judith (1841), Genoveva (1843), Der Diamant (1847).
L'esperienza della colpa che, annientando l'uomo, lo redime e lo esalta, se a Monaco era stata ancora in parte visione estetica, ora è vissuta nell'intimità della coscienza. Ne sorgono le prime tragedie, che nella salda unione del dramma religioso col dramma umano rivelano già il carattere essenziale dell'intuizione hebbeliana. Jutdith e Genoveva formano con la Maria Magdalene, che, concepita a Monaco e scritta parte a Copenaghen e parte a Parigi, fu pubblicata nel 1844, per la comune genesi e per l'affinità nell'interiore sviluppo tematico un'unica trilogia, preludio a sua volta alla più vasta sinfonia tragica degli anni maturi. Centro ideale, la maternità, che H. celebra in Virgo et Mater e nel sonetto Das Heiligste come il compiersi d'una catarsi cosmica. Il primo dramma s'apre con la visione della vergine di Betulia, che indarno nella notte di amore allarga le braccia per accogliere lo sposo; e si chiude col grido della donna posseduta da chi l'ha strappata al suo Dio: "Non voglio partorire un figlio ad Oloferne". Sola col suo Dio e con la vita che nel silenzio e nel mistero le germina in seno, Genoveffa trova in sé la forza di respingere la passione di Golo, di sostenere lo strazio di vedersi condannata da colui che solo, dopo Dio, conosce i segreti del suo cuore. Più terribilmente sola è Clara, senza il conforto d'una fede che le riveli il Padre che volentieri perdona a chi molto amò: onde la morte è per lei insieme rifugio, espiazione, olocausto d'amore. Contro la rocca della maternità i titani dell'umano volere sferrano i loro assalti, fratelli degli eroi dello "Sturm und Drang" travolti dal turbine delle passioni, e del superuomo operante di là dal bene e dal male, e pur diversi in questo, che la loro volontà non è cieca, ma poggia pur essa sull'eticità umana: solo che della legge è il fraintendimento e il capovolgimento. Onde la figura più viva del dramma Maria Magdalene doveva riuscire quel Mastro Antonio, nel quale H. raffigurò suo padre, e che, mentre s'illude d'essere il più esemplare degli sposi e dei padri, ignora lo stesso primo principio dell'istituto familiare: il confidente amore. Mancano a questi titani le virtù della pietas e della charitas. Il dualismo è portato dall'esterno e dall'anima dell'individuo nel centro morale delle coscienze, nell'Idea stessa, per usare il termine hebbeliano e hegeliano; per cui il dramma nuovo assume l'austerità d'un dramma sacro, in cui si celebra la passione e la morte di un Dio. Dio muore nelle coscienze: solo nella catarsi tragica egli risorge dalle rovine d'un mondo infranto. Ma da questa impostazione teocentrica del dramma, che prelude al frammento del Christus e invera la teoria tragica del Solger, deriva altresì un altro aspetto, inatteso, della tragedia hebbeliana: il tragicomico. L'inanità degli sforzi compiuti per sovvertire le leggi eterne, desta in chi si sollevi nella sfera dei valori assoluti, il tragico riso. Contemporanei alla prima affermazione del tragico sono i due scritti teorici Mein Wort über das Drama (1843) e Vorwort zur Maria Magdalene (1844), ove H. si sforza di dare unità di sistema ai principî già parzialmente enunciati nelle critiche e nei saggi scritti per il Telegraph del Gutzkow.
A Copenaghen (14 novembre 1842-27 aprile 1843), dove si porta per sollecitare dal re Cristiano VIII la nomina a professore d'estetica nell'università di Kiel, H. ha davanti al Ganimede del Thorvaldsen la prima rivelazione d'un'arte che s'appaga della pura bellezza. Nelle liriche, che ora acquistano una più commossa aderenza alla realtà umana, si ridestano via via, alla vigilia della composizione della Maria Magdalene, le rimembranze dei primi anni: la figura di Wilhelmine Haak (Letzter Gruss), il ricordo del pericolo corso per salvare il suo gattino (Aus der Kindheit). E per l'anima di Elise, impietrata nel dolore, il poeta implora un'unica goccia di balsamo (Gebet). Si stringe d'amicizia all'Öhlenschläger, e ottiene dal re una borsa di studio per un viaggio all'estero. Dopo un breve soggiorno ad Amburgo parte per la Francia.
Durante la dimora a Parigi (13 settembre 1843-26 settembre 1844) e in Italia (Roma, 3 ottobre 1844-16 giugno 1845; Napoli, 19 giugno-8 ottobre 1845), vieppiù s'accentua in lui il conflitto fra la pietas dell'uomo che sente i proprî doveri di sposo e di padre - nell'ottobre del 1844 muore il piccolo Max, nel maggio dell'anno seguente Elise dà alla luce un secondo figlio - e l'inflessibile volontà dell'artista, che vuol serbare intatta la propria libertà creatrice. Non bastano a disacerbargli la pena le conversazioni col Heine, col Ruge e con l'amico Bamberg.
Sdegnoso di ogni dottrina ottimistica, convinto che il problema dell'individuazione, della morte e del male è filosoficamente insolubile H. svolge nel suo messaggio natalizio ad Elise (Das abgeschiedene Kind an seine Mutter), in versi oscuri e gravidi di contenuta passione, il suo credo filosofico e religioso, che avrà la sua solenne riconferma nell'ultimo canto del poeta morente, il Bramino. Già medita il Moloch e il Christus, compie la Maria Magdalene, raggiunge nelle due concitate visioni dello Heideknabe e del Liebeszauber, che rimarranno i due suoi capolavori nel genere della ballata, la perfetta aderenza della forma al fantasma interiore. In Italia, ove ebbe amici gli artisti tedeschi che si davan convegno al Caffè Greco, il Wiegand, il Gurlitt, il Rahl, il Kolbenheyer, e, durante il breve soggiorno a Napoli, Hermann Hettner, i compagni ce lo descrivono tutto assorto in sé stesso e nei problemi della sua arte. Pure sa esprimere con religioso stupore il prodigio della primavera italica (Das Opfer des Frühlings), il trionfo della forma perfetta emergente dall'oscuro travaglio del divenire (Juno Ludovisi), l'umana poesia del rito cattolico (Das Venerabile in der Nacht).
Un altro più profondo rivolgimento, al quale forse il clima spirituale italiano non fu del tutto estraneo, avviene in lui: il più deciso prevalere, nell'opera d'arte, della pietas sull'egocentrica affermazione dei diritti dell'individuo.
Che se è vero che H., nelle lettere ad Elise, difende sempre più spietatamente la propria libertà e rifiuta il matrimonio, è vero altresì che nei due drammi che s'ispirano all'Italia, Julia e Fin Trauerspiel in Sizilien (1851), pur sotto l'immagine romanticamente deformata, il vero volto dell'Italia del Risorgimento traspare nei sensi di umanità e di giustizia. Nel frammento del Moloch, invero, il cui primo atto fu scritto in Italia, il motivo della pietas si pone al centro stesso del dramma. Nella figura di Velleda la tragedia della maternità ha ancora potente rilievo ed è pur lei, la madre, che impersona in sé la coscienza etica della stirpe. Ma la luce di questa coscienza oramai s'irraggia nelle coscienze ancor dormenti dei primi uomini, e la trama s'allarga fino ad abbracciare la storia delle religioni e del consorzio civile. Così il Moloch si rivela come l'anello fra il primo e il secondo ciclo della produzione hebbeliana.
Reduce dall'Italia, disperato del proprio avvenire, H. è trattenuto a Vienna, ove giunge per la via di Ancona e di Trieste il 4 novembre 1845, dall'entusiastica ammirazione dei giovani per il poeta di Maria Magdalene e dall'amore dell'attrice Christine Enghaus (1817-1910). H. stringe il nodo che promette di dare pieno appagamento a tutte le più profonde esigenze della sua natura d'uomo e d'artista: Elise è sacrificata. Più tardi, morto anche il secondo figlio di Elise, la pietà di Christine vincerà il rancore del poeta, che non sa perdonare all'amica di non aver accondisceso spontaneamente al sacrificio, e avviene una riconciliazione. Le lettere, di recente pubblicate, che Elise scrive da Amburgo a H. e a Christine, ci rivelano tutti i tesori di quel gran cuore di madre.
Una falange di giovani ingegni si stringe ben presto intorno al H.: vi primeggiano i critici Siegmund Engländer ed Emil Kuh. Nella formazione di questi giovani il poeta vede quasi una missione religiosa. Vivendo nel cuore della grande monarchia nel momento in cui si preparano i rivolgimenti del '48, il suo spirito s'apre ai problemi sociali e politici. Propugna un'oculata riforma delle istituzioni, ma d'altra parte difende come inviolabili i valori umani della famiglia, dello stato, della legge. Nell'anno della rivoluzione prende parte alla vita pubblica, ma, come liberale moderato, se ne ritrae, quando vede prevalere gli elementi radicali. E ritorna alla sua arte. Nell'autunno del '48 H. attende al compimento dello Herodes und Mariamne. Superiore ai partiti, addita ai contemporanei qual'è la sua visione della vita storica, fermo nella sua convinzione che il problema sociale e politico è essenzialmente problema morale e religioso. Intanto il suo dramma viene a poco a poco conquistando la scena e ottiene in pari tempo il consenso dei maggiori critici, quali il Rötscher, il Vischer, il Hettner, il Gervinus. Il Bamberg e il Taillandier diffondono la sua fama anche all'estero, e ne giunge un'eco pure in Italia. L' Uhland e il Mörike lodano le sue liriche; a Berlino il poeta s'incontra nel '51 col Tieck, a Francoforte nel '57 col Jordan e con lo Schopenhauer; il Grillparzer ne riconosce, benché riluttante, la diversa grandezza; è in corrispondenza col Dingelstedt, che gli apre il teatro di Weimar, con l'Üchtritz, col Groth, col Hettner, con Adolf Stern.
Non più la solitudine, adunque, ma il commercio spirituale col mondo. Anche la sua poesia quindi assume un carattere corale, per cui si viene accostando a quella pur tanto diversa dello Schiller. Affievolitasi la vena lirica, H. si fa negli epigrammi maestro di saggezza, mentre nei saggi critici svolge i principî d'un'estetica che, poggiando sull'esperienza dell'opera creatrice, concilia l'idealismo col realismo. Anche le tragedie del secondo periodo idealmente si raggruppano in due grandi trilogie, costituite, la prima, dal Herodes und Mariammne (1850), dall'Agnes Bernauer (1855) e dal Gyges und sein Ring (1856), la seconda dai Nibelungen (1862) e dai due frammenti del Demetrius e del Christus.
Campeggia nella prima ancora la donna, non più martire soltanto, ma vindice eroina, che conscia dei diritti della sua anima, arma la mano o lo spirito a difenderli; la seconda, fastigio dell'opera hebbeliana, ha per oggetto la decisiva battaglia fra i due opposti principî di vita, il principio individualistico germanico del diritto e della forza, e il principio altruistico dell'amore cristiano. Già nelle tragedie del primo gruppo la tela storica è ampia, e la luce dell'ethos si diffonde in ogni parte, ma non tutte le figure ne sono ugualmente permeate. In quelle del secondo gruppo il poeta seppe infondere, con maggior sommissione all'ideale realtà del divenire storico, in ogni frammento dell'opera, lo spirito unico e molteplice d'una civiltà e d'un'epoca. Ma fin dal primo dramma, mentre risuona il grido di Rachele che piange i suoi nati, palpita nei cieli la stella messaggera di redenzione. E la voce d'Agnese sacrificata alla ragion di stato si leva più alta della voce del giudice, a protestare la santità del suo amore. Così alla figura di Teodorico che reggerà il mondo nel nome del Dio crocifisso, risponde nel Demetrius il gruppo delle due madri che, orbate tutte e due del figlio, si stringono all'eroe, che da esse ha appreso la grandezza del soffrire, e nel frammento del Christus il grido del Pargolo divino che nella culla chiede alla madre di abbracciare la croce.
Può ben dirsi che se Ibsen riprenderà nel suo dramma, con una visione più analitica che sintetica, con un più angosciato senso della nostra solitudine e dell'incombente mistero, gli sviluppi del dramma hebbeliano, il testamento più vero di Federico Hebbel sarà raccolto da Tolstoj e Dostoevskij. E prova di questa vitalità ideale dell'opera hebbeliana, è il coincidere della rinascita di H. col risorgere dei valori etico-religiosi al principio del nuovo secolo.
Ediz.: E. Kuh (Amburgo 1865-67, voll. 12), rist. da H. Krumm, (Lipsia 1913-14, voll. 14). Ed. crit., R. M. Werner, Berlino 1901 segg. (voll. 24, di cui 12 voll. opere, 4 voll. diarî, 8 voll., epistolario); id., Säkularausgabe, ivi 1912-21 (voll. 16); P. Bornstein, Monaco 1911 segg. (in ordine cronologico, finora 6 voll.). - Opere scelte: Th. Poppe (Gold. Klassikerbibl., Berlino, 1923, voll. 6); K. Zeiss (Meyers Klassikerbibl., volumi 4); H. Wahl (Lipsia 1924, voll. 2); W. Liepe (Lipsia 1925, voll. 4); E. Gross (Berlino 1920-27, voll. 4); Der junge H., ed. P. Bornstein, Berlino 1925, voll. 2 - Diarî: H. Krumm e K. Quanzel, Lipsia 1926 (voll. 3). Epistolario: Fr. H.s Briefwechsel mit Freunden u. berühmten Zei tgenossen, ed. F. Bamberg, Berlino 1890-92 (voll. 2); Aus Fr. H.s Korrespondenz, ed. Fr. Hirth, Monaco e Lipsia 1913; Elise Lensing, Briefe an Fr. und Christine H., Berlino 1928. - Testimonianze e documenti: P. Bornstein, F. H.s Persönlichkeit, Berlino 1924 (voll. 2); Hebbel-Dokumente, a cura di R. Kardel, Heide 1931; H.-Kalender für des Jahr 1905, a cura di R. M. Werner e W. Bloch, Berlino 1904.
Versioni italiane: Giuditta, M. Loewy e S. Slataper, Firenze 1911; Maria Maddalena, F. Pasini e G. Tevini, Lanciano 1912; E. Costantini, col comm. di A. Farinelli, Milano 1914; E. Molinari (testo ted. con introduz. e note), Milano 1930; Agnese Bernauer, G. Necco, Torino 1924; Gige e il suo anello, A. Belli, Milano 1916; I Nibelungi, I (Siffredo dalla pelle di corno), E. Teza, Padova 1903; E. Donadoni, Milano 1916; Diari, S. Slataper, Lanciano 1912.
Bibl.: H. Wütschke, Hebbels Bibliographie (Veröffentlichungen der deutschen bibliograpischen Gesellschaft, VI), Berlino 1910; Th. Bieder, in Deutsches Volkstum, 1926, pp. 357-65; L. Brun, in Revue germanique, XVII, pp. 15-32, 432-43. E. Kuh, Biographie Fr. H.s., voll. 2, 3a ed., Vienna 1912; R. M. Werner, H. Ein Lebensbild, Berlino 1913; A. Janssen, Die Frauen rings um Hebbel, in Hebbel-Forschungen, VIII, Berlino 1919; A. Bartels, H.s Herkunft u. andere H.-Fragen, ivi 1921; H. Nagel, Fr. H.s Ahnen, ivi 1923; W. Rutz, Fr. H. und Elise Lensing, Mnaco 1922; S. Friedmann, Il dramma tedesco del nostro secolo, II, Milano 1893; A. Schennert, Der Pantragismus als System der Weltanschauung und Ästhetik Fr. H.s, Lipsia 1903; 2a ediz., 1930; P. Bornstein, Fr. H.s Herodes und Marianne, Amburgo e Lipsia 1903; 2a ediz., 1930; P. Bornstein, Fr. H.s Herodes und Mariamne, Amburgo e Lipsia 1904; E. Meinck, H.s und Wagners Nibelungentrilogien, in Breslauer Beiträge zur Literatur, J. V, Lipsia 1905; Frenkel, Fr. H.s Verhältnis zur Religion, in H.-Forschungen, II, Berlino 1907; P. Zincke, Die Entsehungsgeschichte von H.s Maria Magdalene, in Prager Studien, XVI, Praga 1910; R. Meszleny, Fr. H.s Genoveva, in H.-Forschungen, IV, Berlino 1910; A. Malte-Wagner, Das Drama Fr. H.s, Amburgo e Lipsia 1911; A. Tibal, H., sa vie et ses œuvres de 1813-45, Parigi 1911; A. Malte-Wagner, Goethe, Kleist, H. und das religiöse Problem ihrer dram. Dichtung, Lipsia 1911; E. Lahnstein, H.s Jugenddramen u. ihre Probleme, Berlino 1911; A. Farinelli, H. e i suoi drammi, Bari 1912 (con bibl.); P. Sickel, H.s Welt- und Lebensanschauung, Amburgo 1912; E. Dosenheimer, F. H.s Auffassung vom Staate u. sein Trauerspiel Agnes Bernauer, Lipsia 1912; A. Gubelmann, Studies in the lyric poems of Fr. H., New Haven 1912; Fr. Bruns, F. H. und O. Ludwig, in H.-Forschungen, V, Berlino 1913; L. Brun, H., sa personnalité et son oeuvre lyrique, Parigi 1914 (trad. ted., ampliata, Lipsia 1922); R. Ebhardt, H. als Novellist, Berlino 1916; H. Sädler, H.s Moloch, Ein Kultur- und Religionsdrama, Berlino 1916; O. Walsel, Fr. H. und seine Dramen, 2a ed., Lipsia 1919; J. M. Campbell, The life and the Works of Fr. H., Boston 1920; G. Gabetti, H. e Wagner nell'evoluzione del dramma tedesco del sec. XIX, in Nuova Antologia, 16 agosto 1920; S. Slataper, Scritti letterari e critici, Roma 1920; G. A. Borgese, La vita e il libro, 3a serie, Milano 1921; M. Sommerfeld, H. und Goethe, Bonn 1923; A. Morhenn, Fr. H.s Sonette, in H.-Forschungen, XI, 1923; J. Bab, Das Wort Fr. H.s, Monaco 1925; K. Strecker, Fr. H., Amburgo 1925; W. Michalitschke, Fr. Hs. Gyges und sein Ring, in Prager Studien, XXXIII, Praga 1925; F. Weichenmayr, Dramatische Handlung und Aufbau, in Fr. H.s Herodes und Marianne, Halle 1928; E. Diebold, Fr. H. und die zeitgenössische Beurteilung seines Schaffens, in H.-Forschungen, XVII, Berlino 1928; L. Blaustein, Das Gotteserlebnis in H.s Dramen, Berlino 1929; E. E. Schmid, H. und Kleist, in H.-Forschungen, XXI, Berlino 1930; H. Meyer-Benfey, H.s A. Nernauer, Weimar 1931; Hebbel-Dokumente. Unveröffentliches aus dem Nachlass, herausgegeben von R. Kardel, Heide (Westholstein) 1931; Edna Purdie, F. H. A study of his life and work, Oxford-Londra 1932.