FRIGESSI DI RATTALMA, Arnoldo
Nacque a Trieste il 7 genn. 1881 da Adolfo e Giulia Pavia.
Appartenne a una prestigiosa famiglia ebraica dalle profonde radici ungheresi, i Frigyessy von Racz-Almási, la quale ottenne, nel 1896, la nobilitazione in occasione del millenario della nazione magiara, e venne in seguito iscritta nel Libro d'oro della nobiltà italiana. Il padre Adolfo, nato a Rácz Almas (Budapest) il 16 apr. 1843, laureatosi in legge, iniziò la sua carriera di assicuratore lavorando per la Prima Compagnia ungherese di Budapest, per poi essere chiamato, nel 1871, alla direzione della Compagnia di riassicurazione Salus di Vienna, acquistata quattro anni più tardi dal potente gruppo assicurativo triestino facente capo alla Riunione adriatica di sicurtà (d'ora in avanti RAS), per meglio gestire e aumentare il lavoro della riassicurazione. Nel 1876, dopo aver favorito tale operazione, e grazie all'amicizia di uno dei padri fondatori della RAS, il direttore gerente Alessandro de Daninos, entrò in quella prestigiosa compagnia, inaugurando l'avvento della struttura amministrativa dell'impresa e decretando il passaggio dal consolidato meccanismo parentale alla necessità tecnocratica. Nel 1878 infatti, soltanto due anni dopo il suo esordio nella RAS, fu nominato segretario di direzione e divenne protagonista di un'ascesa tale da portarlo a ricoprire il ruolo che appartenne al de Daninos.
Insieme con G. Parisi, S. de Sandrinelli, G. Pavia, C. Ralli, E. Brunner e O. Gentilomo, Adolfo segnò un rinnovamento generazionale e manageriale dell'amministrazione sociale della RAS, i cui predecessori erano state figure del calibro di A. Pavia, F. Seismit-Doda, E. Neumann e E. de Lutteroth.
Il matrimonio con Giulia Pavia, figlia di Arnoldo (benemerito del Risorgimento per aver difeso Porto Marghera nel 1848), segretario dell'agenzia generale della RAS a Milano - rappresentata dalla nota casa bancaria Giulio Belinzaghi -, generò una solida alleanza fra le due grandi famiglie di assicuratori, che insieme concentrarono, fino alla metà degli anni Trenta, il controllo direttivo della compagnia nelle mani del F. e di Giovanni Pavia, fratello di Giulia.
Il F. fu assunto dalla RAS compiuti non ancora ventun'anni, il 1° genn. 1902, dopo un intenso tirocinio trascorso presso una compagnia affiliata di Vienna, l'InterUnfall, dove ricevette gli insegnamenti di due grandi attuari, L. Spitzer e L. Riedel, cui andava il merito di uno studio innovativo del ramo assicurativo vita, che ridefinì e aggiornò le condizioni di quel contratto fino agli anni Quaranta. La formazione culturale del F., di studi rigorosi e di profonda conoscenza e identificazione nei valori, nei costumi e nelle energie dell'Impero austroungarico, lo portò a orientarsi verso quel laicismo culturale proprio del borghese cosmopolita. Nel 1904 conseguì la laurea in legge presso il prestigioso ateneo di Vienna e, fra il 1904 e il 1907, completò la sua istruzione tecnica collaborando col padre, direttore gerente, e viaggiando al fianco dello zio materno, e segretario della direzione, G. Pavia, nelle principali sedi del gruppo a Vienna, Praga, Lipsia, Berlino e Francoforte. Nel 1907, ad appena ventisei anni, il F. fu nominato segretario della direzione della RAS, sostituendo G. Pavia che andò a ricoprire la carica di direttore generale per l'Italia a Milano, rispettando così una sorta di accordo strategico tra i due rami familiari. In quello stesso anno, il F. dette un decisivo contributo alla riorganizzazione territoriale del lavoro della compagnia in Italia, unificando a Milano le tre preesistenti agenzie generali di Milano, Roma e Venezia, dando vita alla direzione per l'Italia della RAS, al fine di garantire una gestione con minori spese e un alleggerimento del lavoro della direzione generale.
La stima e la fiducia dell'intera direzione della compagnia per il F. crebbero costantemente, tanto che nel 1909, dopo che gli fu affidata la responsabilità della costruzione di una nuova sede sociale della RAS in un'area urbana di Trieste, fu nominato all'unanimità segretario generale. Forte del nuovo incarico, nel 1911 contribuì alla creazione, mediante modifica dello statuto sociale, del consiglio d'amministrazione e, di lì al 1914 - dopo che in Italia entrò in vigore la legge istitutiva dell'Istituto nazionale delle assicurazioni (INA) e il progetto di monopolio delle assicurazioni vita (legge 4 apr. 1912) -, dette un notevole impulso allo sviluppo della compagnia nel Levante organizzando le direzioni per l'Austria, l'Ungheria, la Boemia e la Grecia.
Nel 1915, con l'ingresso dell'Italia in guerra a fianco dell'Intesa, le autorità austriache decisero di trasferire la direzione generale della RAS, guidata dal padre del F., a Vienna. Il F. decise invece, inaugurando quella divisione dei ruoli familiari che poneva innanzi alle vicende storiche gli interessi della compagnia, di rimanere a Trieste per curare il troncone italiano dell'azienda insieme con alcuni esponenti triestini di sentimenti italiani, che con lui furono capaci d'intrecciare preziose relazioni con i nuovi interlocutori della finanza italiana. Primo fra tutti S. Segrè Sartorio, presidente dell'Associazione tra gli Italiani irredenti e consigliere del Credit, fautore di quella macchina propagandistica che va sotto il nome di Unione economica nazionale, presieduta da G. Pitacco, il cui collegamento politico con Roma era rappresentato dal deputato Giuseppe Marchesano. Il F. s'iscrisse al Partito nazionalista e con G. Pavia, A. Carminati e A. Marangoni chiese la revoca del decreto del governo italiano che sottoponeva a sindacato la RAS (dall'agosto 1916 al settembre 1917), assicurando che il capitale azionario della compagnia era ormai in mani italiane. Il 7 febbr. 1917, dopo quarant'anni d'instancabile attività nella RAS, morì il padre del F. e questi fu designato a succedergli nella carica di direttore generale. Nell'agosto 1918, a sorte della guerra appurata, il F. partecipò al patto di sindacato fra élite triestina e vecchia élite austriacante per mantenere il controllo della Banca commerciale triestina (presieduta da G. Scaramangà), al centro di tutti gli interessi industriali e finanziari della piazza giuliana; ma, a guerra finita, la corsa all'accaparramento del capitale azionario detenuto dalle banche austriache e tedesche, guidata da B. Stringher (ministro del Tesoro dal gennaio 1919), fu tale da far fallire quel tentativo di compromesso, imponendo l'uscita di scena del Wiener Bankverein, liquidando il Credit-Anstalt e spianando la strada verso la conquista dei gruppi industriali-armatoriali Cosulich e Lloyd Triestino da parte della Comit di G. Toeplitz, del gruppo Cini-Volpi, del Credit e dell'Ansaldo-Bis.
Fu quella una fase molto difficile nella sua vita, durante la quale peraltro il F. dimostrò le sue grandi doti di manager assicurativo.
In quegli anni, i problemi di maggior rilievo riguardarono la pesante svalutazione monetaria conseguente agli eventi bellici, che incise gravemente sulla gestione finanziaria della compagnia. Il F. reagì elaborando un complesso e articolato programma di ricostruzione ed espansione che riguardò l'Austria e i paesi già soggetti all'Impero. In poco più di un decennio, la gestione del F. generò risultati davvero straordinari: il numero degli addetti del gruppo RAS passò da 10.000 a 30.000 unità, le agenzie crebbero da 5.000 a 13.000, le compagnie affiliate, presenti in tre continenti, raggiunsero le 25 unità.
Nel 1920, il F. si unì in matrimonio, seguendo il rito ebraico, a Nidia Castelbolognese, appartenente a una delle famiglie che maggiormente si era distinta, per attivismo politico, tra quelle irredentistiche. La loro felice unione, dalla quale ebbero cinque figli, fu determinante nel suggellare la legittimazione politica dei Frigessi, i quali, nonostante il legame familiare con i Pavia, erano indubbiamente famiglia legata al mondo austroungarico.
Negli anni Venti il F. si rese interprete di numerose iniziative. Dalla nuova alleanza finanziaria della RAS col Credit - la prestigiosa banca d'affari italiana che subentrò nella compagine azionaria della società a sostituire parte della componente austrotedesca e che guidò i sindacati di collocamento delle sue azioni per alcuni decenni - nacquero la Banca di Credito italo-viennese (1920) e il Credito tessile italiano (1927).
Nel 1921 il F. creò la direzione di Milano, dalla quale dipendevano le reti agenziali della Libia e dell'Africa orientale. Nel 1923, all'indomani della nomina di Mussolini alla guida del governo, contribuì con E. Morpurgo delle Assicurazioni generali e G. Treves de La Fondiaria all'elaborazione del nuovo duraturo assetto giuridico e organizzativo del sistema delle assicurazioni private, creato dal d.l. del 1923. Gli ampi poteri di controllo, previsti anche per l'INA, furono tollerati per molteplici motivi. L'autorità preposta alla vigilanza non rappresentò più l'antagonista, bensì l'alleato politico, dal momento che i due gruppi assicurativi triestini (Generali e RAS) avevano ottenuto che fosse cancellato il monopolio pubblico delle assicurazioni vita.
Nei primi anni Trenta il F. dovette affrontare i riflessi della grande crisi mondiale, seppure nel settore assicurativo si manifestassero in modo meno grave rispetto agli altri comparti dell'attività economica e con un certo sfasamento temporale. Egli adottò una politica di raccoglimento volta ad agevolare il consolidamento delle organizzazioni aziendali esistenti nei vari paesi, riuscendo a compensare le perdite subite nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi.
Furono gli anni del crollo dei gruppi Brunner e Cosulich - importanti famiglie triestine che occuparono una posizione di riguardo nell'azionariato della RAS -, dovuto prevalentemente all'eccessiva esposizione nei confronti delle banche (Comit e BCT) e alla brusca rivalutazione della lira del 1926, cui seguì il crac della BCT, assorbita dalla Comit. Fu la definitiva vittoria del capitale nazionale su quello delle vecchie élites, che si tradusse per la RAS nel rafforzamento dell'alleanza con Volpi, suggellata da S. Segrè Sartorio, anche se gli unici patrimoni destinati a salvarsi furono proprio quelli investiti nelle assicurazioni: le uniche a base azionaria passate indenni dalla crisi, dove si trovavano, per la RAS, le ultime grandi famiglie degli Afenduli, dei Glanzmann, dei Ralli e dei Sordina.
In quel periodo, l'evento di maggior rilievo nella vita sociale della compagnia fu senza dubbio la scomparsa di Giovanni Pavia (1932) - amministratore delegato e direttore generale della direzione italiana della RAS -, il quale stava lavorando a un poderoso progetto di riorganizzazione e potenziamento strutturale del mercato italiano, da sempre fondamentale per la vitalità e lo sviluppo della società, che il F. portò a termine subito dopo la sua morte.
Il F. assunse provvisoriamente le cariche che furono del Pavia, che andavano a sommarsi un anno dopo a quella di presidente della compagnia, affidatagli in seguito agli eventi che colpirono Eugenio Brunner, accentrando così su di sé tutte le funzioni direttive della RAS.
Si trattò di una mossa dettata dalla sfiducia che egli provava nei confronti del cugino Giorgio Pavia, figlio di Giovanni, non ritenendolo in grado di succedere al padre. Un'altra carica che il F. ereditò dal Pavia fu quella di consigliere del Credito italiano.
Il 1° ott. 1934 attribuì le cariche di direttore generale e amministratore delegato della RAS a Enrico Marchesano - già alto dirigente della Banca commerciale italiana - che aveva conosciuto quando era stato amministratore delegato della BCT. Il F. trasmise al Marchesano tutte le conoscenze atte a trasformarlo in un capace dirigente assicurativo, maturando con lui un rapporto dapprima professionale, poi fiduciario, d'invidiabile solidità.
Fino al 1939 il F. e il Marchesano s'impegnarono a rafforzare la compagnia, che esordiva accanto alle Assicurazioni generali, quale interlocutrice diretta e autorevole dei gruppi industriali dominanti. All'indomani della fine della banca mista, la RAS giocò un ruolo di primo piano nella sottoscrizione delle obbligazioni dei cosiddetti "enti Beneduce" (il F. fu autorevole consigliere dell'Icipu e di Finmare), del capitale azionario dell'Imi (20 milioni su 551) - istituto presieduto da un altro triestino, Teodoro Mayer - e nella privatizzazione della holding elettrica Bastogi (partecipando al blocco con 25.000 azioni su 301.350 poste a sindacato). In quest'ultimo caso in particolare il F. riuscì, diventandone consigliere, ad affiancarsi al Gotha dell'industria italiana rappresentata da G. Agnelli, G. Volpi, A. Pirelli ed E. Conti.
Dopo aver esplorato, nel 1936, nuove possibilità di sviluppo per la RAS in Sudamerica e nel Messico, cominciò per il F. - in conseguenza della promulgazione delle leggi razziali in Italia nel 1938 - il periodo più difficile della sua vita, come peraltro per i maggiori assicuratori d'origine ebraica (E. Morpurgo delle Generali e G. Treves di Fondiaria). Il F. fu destituito da presidente della RAS e sostituito dall'amico Fulvio Suvich, il quale s'adoperò per fargli ottenere la "discriminazione": un atto che, se provocò i vivi risentimenti degli ambienti della finanza ebraica nordamericana, servì tuttavia a fargli mantenere le cariche di direttore generale e amministratore delegato della RAS. Dopo l'8 sett. 1943 le persecuzioni antiebraiche condotte dagli occupanti tedeschi lo costrinsero alla clandestinità.
Lasciato il timone della direzione della RAS al fidato Marchesano, in un periodo di forti dissesti causati dagli eventi bellici, con documenti falsi (col nome di Mariani) forniti dal CLN, egli si rifugiò prima a Perugia, poi a Laviano presso il consigliere di Stato e amico Bruno Fornaciari e infine a Roma, da dove - dopo la liberazione della città (giugno 1944) - instaurò numerosi contatti con le imprese assicuratrici nordamericane in vista della fine del conflitto.
Il 13 maggio 1945 fu arrestato per ordine del Governo militare alleato a Firenze, dove si trovava per affari, e internato nel campo di concentramento di Terni, dove rimase fino al 30 luglio, sotto l'accusa di collaborazionismo con i Tedeschi. Il motivo dell'arresto, mai chiaramente spiegato, fu legato al fatto che la Commissione alleata di controllo riteneva di essere in possesso di una documentazione che provava accordi presi fra le compagnie italiane e tedesche per un pool riassicurativo europeo, di cui il F. sarebbe stato promotore con M. Sulfina delle Generali. Nel settembre dello stesso anno il Governo militare alleato decise la sua rimozione da qualsiasi carica sociale ed egli divenne oggetto di una violenta campagna accusatoria da parte della stampa italiana e della risentita lobby ebraica americana.
Il F. tuttavia in quegli anni mise a disposizione le sue preziose conoscenze: dapprima contribuendo all'attività della nascente Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), ente insediato dal ministro dell'Industria G. Gronchi (1946), poi al lavoro preparatorio delle commissioni del ministero della Costituente (13 luglio - 2 ag. 1946) sulle materie concernenti le assicurazioni private. Il F. si mostrò poi molto polemico contro alcune clausole imposte dal trattato di pace del 1947, a causa dei limiti ch'esse avrebbero instaurato nei confronti delle attività di carattere internazionale, come le assicurazioni; difficoltà che si andavano ad aggiungere alla perdita delle piazze storiche della RAS, colpite dall'ondata di nazionalizzazioni nei paesi in cui si andavano affermando regimi comunisti (Ungheria, Bulgaria, Polonia, Cecoslovacchia e Jugoslavia): tra l'altro, per effetto dell'"accordo La Malfa" del dicembre 1947 - che prevedeva la cessione, in conto riparazioni, di tutti i beni italiani posseduti in questi paesi -, la RAS perse un notevole patrimonio. Frattanto, fra il 1946 e il 1947, temendo per le sorti del territorio di Trieste la cui cessione era richiesta dalla Jugoslavia comunista, il F. decise di trasferire la sede legale della compagnia a Milano.
Grazie a una paziente serie di trattative, che giunse sino al presidente degli Stati Uniti H. Truman, il F. riuscì, nel maggio del 1947, a essere reintegrato ai vertici della RAS. Il F. passò gli ultimi anni della sua vita lavorando intensamente alla paziente ricostruzione della compagnia, potendo contare su collaboratori come D. Zaffiropulo, L. Szalai e L. Riedel, e la fece ancora una volta risorgere, grazie soprattutto a una nuova e massiccia espansione all'estero (il numero dei paesi in cui il gruppo RAS era presente raggiunse la cifra di quaranta). Parallelamente il F. promosse una serie di aumenti del capitale sociale, portato dapprima da 100 a 800 milioni di lire e poi da 800 a 2.400 milioni, che si resero necessari ai fini dell'adeguamento ai nuovi livelli monetari postbellici, e che furono compiuti mediante apporto di capitale fresco.
Il F. morì a Trieste per una trombosi l'8 apr. 1950. Con la sua morte si verificò un radicale cambiamento della natura patrimoniale della RAS e il definitivo distacco dell'azionariato dalle grandi famiglie triestine.
Fonti e Bibl.: Utili informazioni sull'attività del F. provengono dal suo archivio privato, recentemente donato dal figlio, Adolfo, all'Arch. stor. della Banca commerciale italiana a Milano. Qui si trovano anche i contributi progettuali del F. per la Corporazione delle assicurazioni, per la costituzione dell'ANIA e per la Costituente. Preziose sono risultate le testimonianze rilasciate dallo stesso figlio del F. e da G. Sapelli, che ha contribuito al recupero di quelle carte. Nell'Arch. stor. della RAS a Trieste si possono consultare i documenti degli organi societari; presso l'ASBCI, si vedano anche i volumi della collana "Inventari": Presidenza e Consiglio d'amministrazione (1896-1934), Milano 1990; Società finanziaria industriale italiana (Sofindit), ibid. 1991; Segreteria generale e fondi diversi (1894-1926), ibid. 1994; Segreteria dell'amministratore delegato G. Toeplitz (1916-1934), ibid. 1995, tutti ad Indices. Si vedano inoltre: Genova, Arch. stor. del Credito italiano, dossier n. 1229 e Verbali del consiglio d'amministrazione, voll. 20-31; Roma, Arch. stor. della Banca d'Italia, Carte Beneduce, ad Indicem; Roma, Arch. centr. dello Stato, Segreteria particolare del duce, ad nomen; Presidenza del Consiglio dei ministri, ad nomen; Arch. di Stato di Milano, Gabinetto di prefettura, cart. 529. V. Bario, Annuario delle assicurazioni, Roma, anni 1902, 1908 e 1915, ad voces; M. Alberti, Le società di assicurazione a Trieste, in Riv. delle società commerciali, V (1915), pp. 858-895; L. Sanzin, Cenni e dati sulle società triestine per azioni, Trieste 1924, s.v. RAS; Biografia finanziaria. Guida degli amministratori e dei sindaci delle società italiane per azioni, Roma 1929, ad vocem; Riunione Adriatica di Sicurtà, Nel primo centenario della Riunione Adriatica di Sicurtà (1838-1938), Trieste 1938; G. Luzzatto, Il porto di Trieste, Roma 1945; L. Sanzin, A. F. di Rattalma, Milano 1955; C. Pagnini, I giornali a Trieste dalle origini al 1959, Milano 1960; R.A. Webster, L'imperialismo industriale italiano. 1908-1915. Studio sul prefascismo, Torino 1974, ad Indicem; B. Michel, Banques et banquiers en Autriche au début du XXme siècle, Paris 1976; Amministrazione pubblica e istituzioni finanziarie. Tra Assemblea costituente e politica della ricostruzione, a cura di A. Orsi Battaglini, Bologna 1980, ad Indicem; E. Sori, La penetrazione economica italiana nei territori degli Slavi del sud (1896-1914), in Storia contemporanea, 1981, n. 2, pp. 217-270; G. Sapelli, Uomini e capitali nella Trieste dell'Ottocento. La fondazione della Riunione Adriatica di Sicurtà, in Società e storia, 1984, n. 26, pp. 821-894; F. Suvich, Memorie, 1932-1936, Milano 1984; V. Segre, Storia di un ebreo fortunato, Milano 1985; A. Vivante, Irredentismo adriatico, Trieste 1985, ad Indicem; G. Voghera, Il Direttore generale, Milano 1985; E. Apih, Trieste, Roma-Bari 1988, ad Indicem; F. Guarneri, Battaglie economiche fra le due guerre, Bologna 1988, ad Indicem; A. Millo, L'élite del potere a Trieste, Milano 1989, ad Indicem; E. Tedeschi, La Riunione adriatica di sicurtà: 1838-1988. Trieste, Milano 1989; G. Piluso, Finanza, industria e Stato in Italia: la Bastogi (1905-1940), tesi di laurea, Univ. degli studi di Milano, Fac. di lettere e filosofia, a.a. 1989-90; G. Sapelli, Trieste italiana. Mito e destino economico, Milano 1990, ad Indicem; Id., Dai piani alti alle cantine, l'archivio della RAS, in Archivi e imprese, I (1990), 1, pp. 36-44; Id., Sistemi di status, reticoli matrimoniali e simbologia della morte: l'élite della RAS, in Annali di storia dell'impresa, 1991, n. 7, pp. 57-130; S. Battilossi, Accumulazione e finanza. Per una storia degli investitori istituzionali in Italia, in Annali Assi, 1992, n. 8, pp. 183-259; R. Baglioni, L'irresistibile ascesa delle assicurazioni ai vertici del capitalismo italiano (1861-1940), tesi di laurea, Univ. degli studi di Firenze, Fac. di scienze politiche, a.a. 1993-94; Id., L'Archivio A. F. di Rattalma, in Archivi e imprese, VIII (1997), 15, pp. 155-174.