Wagner, Fritz Arno
Direttore della fotografia tedesco, nato a Schmiedefeld am Rennsteig il 5 dicembre 1889 e morto a Gottinga il 18 agosto 1958. Il ruolo centrale di W. nella storia della fotografia cinematografica è legato al contributo decisivo da lui dato all'elaborazione della poetica luministica dell'Espressionismo, utilizzando le zone d'ombra come veicolo del mistero e rispettando nel contempo i valori plastici del linguaggio fotografico, ma anche alla sua capacità di far convivere talune suggestioni espressioniste con le istanze realiste del documentarismo.
Figlio di un piccolo imprenditore, studiò materie commerciali all'Università di Lipsia, prima di trasferirsi nel 1910 a Parigi per seguire i corsi dell'école des Beaux Arts. Per mantenersi agli studi, lavorò come segretario alla Pathé Frères; imparò anche a usare la macchina da presa, e fu corrispondente per il cinegiornale Pathé a Vienna, Berlino e New York. Tornato in patria, durante la Prima guerra mondiale fu operatore in molte operazioni belliche. Terminate le ostilità iniziò a lavorare nel cinema a soggetto. Dopo un breve apprendistato come secondo operatore (1919-20), entrò alla Decla-Bioskop come direttore della fotografia. Nel 1921 firmò le immagini di due film di grande importanza figurativa, Schloss Vogelöd di Friedrich W. Murnau e soprattutto Der müde Tod (Destino) di Fritz Lang. Murnau ne fece un vero e proprio braccio destro, coinvolgendolo anche nella scelta del taglio delle inquadrature in Nosferatu ‒ Eine Symphonie des Grauens (1922) e in Der brennende Acker (1922; Il campo del diavolo). Altrettanto importante fu il contributo di W. in Schatten ‒ Eine nächtliche Halluzination (1923) di Arthur Robison. L'esperienza di cinegiornalista portò W. a evitare la frontalità della ripresa e a cercare le angolazioni più coraggiose; abituato a girare in esterni e senza l'ausilio di mezzi illuminanti, seppe spingere i contrasti fino agli estremi confini della curva sensitometrica, soprattutto nei film di Murnau. Il suo lavoro fu meno innovatore in quelli di Lang; va comunque ricordata la perturbante sensualità del bianco e nero di M (1931; M, il mostro di Düsseldorf). Forte della fama conquistata grazie ai film dei maestri dell'Espressionismo tedesco, venne chiamato da Abel Gance a firmare la fotografia del suo kolossal Napoléon, noto anche come Napoléon vu par Abel Gance (1927; Napoleone). Richiesto dai maggiori registi tedeschi, portò la drammaticità dei contrasti espressionisti nella Neue Sachlichkeit e nei film realisti di Georg W. Pabst, come Westfront 1918. Vier von der Infanterie (1930; Westfront), per la quale ritrovò i drammatici ricordi della sua carriera di operatore di guerra, e Kameradschaft (1931; La tragedia della miniera), che contaminava reminiscenze horror con uno sguardo 'sociale'. Non seguì l'esempio di Murnau e Lang quando lasciarono la Germania, ed ebbe in patria una carriera lunga e prolifica, durante e dopo il Nazismo.