Friuli-Venezia Giulia
Geografia umana ed economica
di Stefania Montebelli
Il declino demografico registrato nella decade 1980-1990, nella quale il movimento naturale è stato caratterizzato da una pesante contrazione della natalità (7,5% nel 1990), insufficiente a compensare la mortalità a tal punto da rendere, nello stesso anno, il saldo negativo al −5%, ha portato a una serie di conseguenze capaci di influenzare il successivo andamento demografico delle quattro province friulane. Il peso regionale di Pordenone, che dal 20,7% del 1971 è passato al 23% nel 1990, è continuato ad aumentare fino a raggiungere la quota di 294.395 ab. alla fine del 2004. L'incremento demografico delle altre province, invece, ha subito nel decennio 1991-2001 un trend negativo (a Udine si è passati dai 521.871 ab. del 1991, ai 518.840 ab. nel 2001; a Gorizia, dai 138.014 ab., ai 136.941 ab., a Trieste, nello stesso arco temporale, dai 261.207 ab., ai 242.235 ab.). A questo periodo di decremento della popolazione residente, ha fatto seguito, nel 2004, una netta ripresa nei territori di Udine e di Gorizia, mentre continua l'andamento di forte contrazione demografica nella provincia di Trieste. Questa ripresa demografica che coinvolge le tre province, fatta eccezione per quella di Trieste, è aiutata anche dall'incremento della popolazione straniera residente (58.915 ab. alla fine del 2004) di cui quella proveniente dall'Europa dell'Est rappresenta nella regione una quota ben più alta della media nazionale, circa il 58,8%. L'aumento demografico regionale dell'ultimo anno è osservabile dai tassi di fecondità che, rispetto al minimo del 1995, hanno subito, al 2004, una consistente ripresa (+27%), legata anche alla componente di immigrati stranieri.
Condizioni economiche
La ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del 1976, ha condotto prima a un ripristino, poi a un potenziamento delle attività industriali e commerciali, innescando un vivace processo di sviluppo, soprattutto nelle zone toccate dalla calamità naturale, che ha concluso la sua fase crescente negli anni Ottanta, quando, cioè, alla fine della fase di ripristino post-terremoto, è seguita quella di raffreddamento dell'economia friulana, toccata dalle ripercussioni della normalizzazione. Le zone non terremotate, con particolare rilevanza quelle delle province di Gorizia e Trieste, hanno, invece, sofferto un periodo economicamente negativo che ha condotto, negli anni Ottanta, a una profonda crisi legata proprio alle agevolazioni concesse alle aree terremotate. Tale crisi ha avuto come conseguenza la cessazione di alcune attività che lavoravano in settori di tradizione, come quello dell'industria siderurgica e petrolifera di Trieste (che hanno subito la chiusura rispettivamente dello stabilimento di Servola e della raffineria Aquila della Total) e quello dell'industria cotoniera di Gorizia (che ha condotto alla chiusura del Cotonificio triestino). Questa situazione sfavorevole ha indotto, alla fine degli anni Ottanta, l'Ente regionale a interventi di riequilibrio emanando, in particolare, una legge (Pacchetto Trieste-Gorizia) che ha interessato il settore infrastrutturale, potenzialmente utile ad aprire nuove prospettive di sviluppo all'economia regionale. Gli anni Novanta sono stati caratterizzati da una buona crescita, soprattutto degli scambi sui mercati esteri, arrestatasi in tutto il panorama nazionale nel 1996 con ripercussioni avvertite, a livello regionale, nel secondo semestre del 1998, quando si è verificato un sostanziale calo. Ad aumentare del 28,3%, tra il 1998 e il 2002, sul totale del terziario, è stata la quota dei servizi vari a imprese e famiglie, mentre è scesa quella legata ai servizi alla regione, al commercio, alle amministrazioni pubbliche e dell'intermediazione finanziaria, ai trasporti, al magazzinaggio e alle comunicazioni. La domanda estera ha ripreso ad alimentare il mercato solo nel 1999, e questo ha permesso un aumento del livello delle attività legate ai settori meccanico, mobiliero, elettronico e metallurgico. Nello stesso anno si è registrato un andamento incerto dei comparti meccanico e alimentare, compensato da una significativa crescita dell'edilizia privata e degli appalti di opere pubbliche, che ha condotto a un incremento dell'occupazione nei settori dell'edilizia e dei servizi. Una crescita, quella delle costruzioni, che è andata rallentando nel 2004, in controtendenza rispetto al complessivo incremento dell'attività economica regionale che ha, invece, migliorato la sua performance, dopo la flessione del biennio 2001-2003, con una ripresa del settore industriale, vivacizzato dalla domanda estera, e dei vari servizi al commercio. Nel 2004, l'incremento del fatturato e l'aumento del 2,3% della produzione industriale, ha riguardato, però, i soli mercati esteri (6,0%), interessati al settore siderurgico legato ai comparti e ai prodotti del metallo, ai mezzi di trasporto e delle apparecchiature meccaniche, mentre si è assistito a una notevole contrazione del mercato interno (−1,1%). L'aumento delle vendite all'estero ha coinvolto la produzione cantieristica, quella dei metalli e dei suoi vari prodotti (circa il 40% rispetto a quella del 2003), delle apparecchiature elettriche e ottiche (incrementate rispettivamente del 10,2% e del 12,1%), mentre non sono diminuite le difficoltà sul mercato estero per la produzione di mobili che ha subito nuovamente una riduzione del tasso d'esportazione di circa lo 0,7%, rispetto al già negativo trend del 2003 (−8,8%). Fatta eccezione per alcuni comparti della produzione, il valore delle esportazioni regionali nel 2004 è aumentato del 19,6%, rispetto al 2003, riportandosi, così, ai valori precedenti la flessione negativa iniziata nel 2001. Sono fortemente aumentate le esportazioni destinate ai mercati extraeuropei (con un'incidenza sul totale regionale del 40,9%), soprattutto quelle che alimentano i flussi verso la Russia, la Cina (importanti con questi due Paesi anche i flussi legati alle importazioni) e la Turchia, mentre subiscono una riduzione dell'1,6% le esportazioni verso gli Stati Uniti. Questo positivo andamento dell'export regionale ha subito una battuta d'arresto nel primo semestre del 2005 con una forte flessione del 3,3% dovuta prevalentemente alla produzione di mezzi di trasporto, mobili, prodotti tessili e dell'abbigliamento. Il turismo, che interessa in maggior misura le aree costiere di Grado, Aquileia e Lignano Sabbiadoro, presso le quali è concentrata più della metà del turismo regionale e la quasi totalità del turismo balneare, continua a subire dal 1999 una flessione negativa con una riduzione dei flussi che, nel 2004, ha portato a un calo delle presenze del 2,3%. Calo che interessa per lo più la componente straniera che, sempre meno attratta dalle località marine regionali rispetto a quelle delle zone limitrofe, diminuisce in termini di presenza (−5,2%). Diversa la situazione turistica legata alle mete montane con una maggiore stabilità delle presenze (0,3%) e un lieve incremento degli arrivi (2%). Il traffico legato ai porti è cresciuto, dopo la contrazione del biennio 2002-03, con un aumento del 2% del movimento merci allo scalo di Trieste che, alla riduzione del traffico del legname e del carbone, ha sopperito con quello in forte aumento degli oli minerali. Inoltre, nel 2004, c'è stato un consistente aumento del traffico di autotreni movimentati che caratterizzano lo spostamento ro-ro ferry (trasporto dei camion da un terminale marittimo all'altro). Per quanto concerne l'occupazione e il mercato del lavoro, la situazione regionale al 2004, in conformità all'andamento nazionale, ha subito una diminuzione (−0,7%) rispetto all'anno precedente, soprattutto dei lavoratori dipendenti presenti nelle grandi imprese. A questa diminuzione si è contrapposto un incremento del numero dei lavoratori autonomi per lo più concentrati nel settore dei servizi e dell'edilizia, (le Casse edili regionali, formate per lo più da piccole e medie imprese, hanno avuto un leggero aumento dell'occupazione).
Nel 2004 la forza lavoro è diminuita dello 0,7% rispetto al 2003, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 3,9%. La forza lavoro extracomunitaria presente nella regione, calcolabile nella percentuale degli immigrati con permesso di soggiorno per motivi di lavoro, rappresenta solo il 53% del totale degli stranieri soggiornanti nel Friuli-Venezia Giulia. Il flusso di assunzione di lavoratori extra-comunitari nella regione è stato, nel 2003, pari a 18.149 unità, per la metà nella sola provincia di Udine, dato che, assieme a quello del saldo positivo di 3093 unità, conferma la resistenza del mercato del lavoro anche per la componente extracomunitaria.
bibliografia
Banca d'Italia, Note sull'andamento dell'economia del Friuli-Venezia Giulia nel 2004, Trieste 2005.
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Il mercato del lavoro nel Friuli-Venezia Giulia, Rapporto 2005, Trieste 2005.