frode sportiva
fròde sportiva locuz. sost. f. – Delitto previsto dall'art. 1, l. 13 dicembre 1989, n. 401 introdotto per superare le difficoltà applicative del più generale delitto di truffa (art. 640 codice penale). Il delitto di frode in competizioni sportive punisce con la reclusione da un mese a un anno e la multa da 258 a 1032 euro le offerte o promesse di denaro o di altra utilità o vantaggio, ovvero, alternativamente, il compimento di altri atti fraudolenti posti in essere al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione. Sono due gli ambiti di operatività registrati per questa disposizione normativa: uno più certo, l’altro decisamente più controverso. Sicura è l’applicabilità dell’art. 1 in parola al fenomeno del cosiddetto calcio scommesse: del resto, anche storicamente la previsione della frode in competizioni sportive fu espressamente motivata proprio dall’esigenza di contrastare un primo emergere di questo grave problema sportivo e sociale. Il fiorire a partire dal 2011 di nuove indagini relative a interferenze su partite di serie A, serie B e Lega Pro ha comportato l’ipotizzabilità del delitto di associazione per delinquere, finalizzata allo scopo di commettere in via stabile e organizzata una pluralità di delitti di frode in competizione sportiva. Molto più incerta è risultata la configurabilità del delitto di f. s., e in particolare degli altri atti fraudolenti, nei confronti dell’atleta che avesse assunto sostanze destinate a migliorare artificiosamente il proprio rendimento agonistico (cosiddetto autodoping). La Suprema corte di cassazione ha fondamentalmente negato tale applicabilità, sulla base essenzialmente di argomenti da un lato di carattere testuale, dall’altro di natura teleologica, riferiti cioè alla matrice storica (totoscommesse) della l. n. 401. Solo talune pronunce di merito, peraltro anche in rapporto a vicende eclatanti (come nel caso del ciclista Pantani), hanno viceversa affermato l’applicabilità della f. s. nell’ambito del doping. In ogni caso, oggi quest’ultima materia è globalmente regolata dalla l. 14 dicembre 2000, n. 376, recante Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping, il cui art. 9 sanziona per un verso le condotte di cosiddetto eterodoping date da procacciamento, somministrazione, favoreggiamento dell’impiego di sostanze dopanti, adozione di pratiche mediche vietate; dall’altro l’autodoping consistente o nell’assunzione di sostanze dopanti o nella sottoposizione a pratiche mediche vietate. In proposito, la l. 376/2000 contempla non solo la pena detentiva da tre mesi a tre anni e la multa da 2582 a 51.645 euro, ma anche l’interdizione temporanea dall’esercizio della professione nell’ipotesi di reato commesso da sanitario e l’interdizione permanente dagli uffici direttivi del CONI e delle federazioni sportive riconosciute dal CONI nell’ipotesi in cui a commettere il reato sia un componente di questi organismi; si prevede infine la confisca obbligatoria delle sostanze farmaceutiche e delle cose servite o destinate a commettere il reato.